Croce celtica irlandese
Celti: su di loro, fino a non molti anni fa, gli studenti italiani non trovavano nei libri di storia che qualche vago e convenzionale cenno. La lettura del De bello gallico di Giulio Cesare, esercizio immancabile nell'apprendimento del latino, consolidava poi l'idea che si trattasse di barbari, un termine di derivazione greca che designava l'estraneità culturale di una certa popolazione nonché la paura stessa della "diversità". L'attenzione e soprattutto l'ammirazione verso l'affascinante mondo degli antichi Celti sono andate crescendo sempre più, partendo dal Romanticismo, specie in questi ultimissimi anni, grazie al contributo di studiosi, archeologi, mostre come quella de I Celti allestita nel 1991 a Palazzo Grassi di Venezia, riviste di argomento celtico, diffusione della musica celtica (vedi anche Festa di Trigallia). Per circa duemila anni il mondo civilizzato non ha saputo altro dei Celti se non quello che dicevano di loro gli scrittori dell'antichità. Oggi è normale però nutrire molte riserve verso questi autori, troppo spesso prevenuti o vincolati, come Cesare appunto, a motivi di propaganda personale. Queste testimonianze tuttavia conservano per noi il loro valore di informazione, se non sempre su quello che i Celti erano in realtà, almeno su quanto pensavano di loro i contemporanei. La seconda fonte di notizie è costituita dall'archeologia monumentale: tracce o resti di case, di fortezze, di accampamenti, di porti, di strade, di agglomerati, di luoghi di lavoro, di utensilerie e oggetti vari. L'iconografia ci fornisce poi altri elementi di comprensione di questa civiltà: dall'arte di La Tène (metà del V secolo a.C. - Era cristiana) alla scultura pre-romanica fino ai suoi ultimi risultati; dalla scultura celto-romana alla numismatica gallica, che è di grandissimo pregio. Anche la letteratura insulare va considerata come quarta fonte di dati al fine di una conoscenza il più possibile approfondita dei Celti, dalla letteratura irlandese a quella bretone. Quello dei Celti fu il primo popolo stanziato a nord delle Alpi che uscì dall'anonimato, entrando in contatto, nella seconda metà del I millennio a.C., con le coeve civiltà mediterranee, alle quali era antecedentemente ignoto. Oggi si può affermare che l'espansione celtica verso tutte le direzioni della bussola, ha portato nella maggior parte dell'Europa occidentale un'omogeneità etnica, linguistica ed economica che precede di secoli l'azione unificatrice dell'Impero Romano. Oltre che alla cultura materiale, si deve pensare anche a un originale patrimonio spirituale elaborato, amministrato e diffuso dalla casta sacerdotale dei DRUIDI che, attenuatisi i legami tribali, corrisponde alle più autentiche e profonde radici della tradizione celtica.
Borchia celtica in argento
Resta il fatto che le origini dei Celti sono, tuttora, un mistero, anche perché, mentre per popoli come gli Egizi, i Greci o i Romani si può parlare di "civiltà" in senso più pieno e se ne può ricostruire dettagliatamente il percorso storico grazie all'abbondanza delle fonti scritte, la documentazione sui Celti, fino al contatto con i Greci e i Romani appunto, è sostanzialmente quella di una cultura, nel significato che a questo termine assegnano gli studiosi della preistoria e gli archeologi. E' un mondo complesso e affascinante nel quale ci si immerge lasciandosi alle spalle il proprio. Infatti tra i Celti e noi si stende l'universo della cultura greco-latina e della tradizione cristiana, che hanno oscurato la memoria legata a quella antica civiltà, caratterizzata da una concezione della vita più incentrata sul "perché" che sul "come". Il problema da risolvere per loro non era quello di come dominare le forze della natura e della creazione, ma di come riuscire a penetrare a fondo il mistero del destino umano per abbandonarvisi con una sorta di rassegnata e inesorabile ebbrezza. Questo il fascino peculiare dell'antico mondo celtico, un mondo il cui punto di forza e paradossalmente di debolezza fu la fantasia e l'individualità, motivo per cui il suo epilogo ebbe inizio proprio quando la disincantata civiltà romana, che viveva agli opposti concettuali, alla fantasia opponeva la prammatica praticità e all'individualismo, l'arma più distruttrice e dominatrice mai creata: il servizio militare. L'eroico individualismo guerriero venne meno al confronto con la fredda e calcolata strategia militare, nonostante i Celti fossero più numerosi dei romani e impugnassero armi spaventosamente più micidiali. «Se vuoi sapere come i Romani hanno conquistato il mondo conosciuto,» afferma il grande scrittore fantasy ed esperto di strategie militari David Gemmell, «la risposta è il gladio, la corta spada che usavano. Una lama di 18 pollici con cui effettui affondi è diversa da una spada di tre piedi con cui fai dei fendenti - questo significa che puoi stare spalla a spalla su un muro, dove una lama calata di taglio ti manterrebbe a sei piedi in ogni direzione dai tuoi compagni. Non importa quanto i Celti superassero in numero i Romani, al momento del contatto erano tre a uno per i Romani». Sarà solo l'evoluzione della storia a riportare in luce i mirabili fasti di quella cultura così genuina e affascinante, così misteriosamente legata alla natura e mai completamente sondabile sino in fondo.
LINK consigliato:
LA DONNA CELTA (http://www.bibrax.org/celti/celti_donne.htm)
Il bardo (1744), di J. Thomas
Le notizie che abbiamo sui druidi
differiscono a seconda degli autori e delle epoche, ma più che
contraddirsi esse si completano. I druidi (il cui termine significa "molto
saggio") erano essenzialmente
dei sacerdoti che presiedevano alle cerimonie del culto e
soprattutto celebravano i sacrifici. Scandivano il tempo secondo
avitici rituali. Tutta la concezione del tempo, per i Celti, era
regolata sulle fasi della luna, patrona della fecondità della
terra e delle donne, basata su quattro grandi eventi stagionali,
di cui l'Irlanda ha conservato il nome. L'anno cominciava il 1°
maggio, cioè con la stagione dei giorni più lunghi. In Bretone
giugno è detto "mezza estate". L'inverno cominciava il
1° novembre, in bretone inizio dei "mesi neri", così
come mostra il nome di ottobre "sotto-autunno". Tutte
le conoscenze e i segreti erano appannaggio dei druidi. E'
possibile che all'inizio, essi formassero un'unica classe ma poi
la loro organizzazione si sviluppò, divenne più complessa e
perciò si articolò in classi diverse. Una di queste riuniva in
Gallia i Vates, specializzati in
sociologia, in storia e in scienze naturali, per finire, vi
furono ai margini della collettività druidica, i Bardes,
sorta di poeti-cantastorie ufficiali della società celtica e
nello stesso tempo, cronisti. Infatti, in un'epoca in cui non
esistevano i giornali, gli avvenimenti erano divulgati da
interminabili cantilene che il popolo ascoltava con passione.
Nella gerarchia irlandese, invece, a fianco dei druidi, compaiono
i Filid, che svolgevano in qualche modo
le funzioni scientifiche e poetiche ed erano quanto a dignità
uguali ai druidi, nonché disposti secondo una rigida gerarchia.
La parola druido significa "molto
saggio". Gli antichi avevano sentito parlare di loro fin dal
IV sec. a.C. e avevano un profondo rispetto per le loro
conoscenze e la loro saggezza.
Il druido;
illustrazione di Keith Parkinson
Non abbiamo nessun testo che riassuma l'insegnamento dei druidi, ma sappiamo che, senza essere esoterico o segreto, tuttavia esso era riservato agli allievi delle loro scuole, specie di seminari agresti, lontani dall'agitazione del mondo e frequentati soprattutto dai figli dell'aristocrazia. La quercia per i druidi era particolarmente sacra, poiché vi si raccoglieva il vischio. I boschi, più ancora dei laghi e dei fiumi, erano luoghi di presenza divina. Il bosco era a tal punto parte integrante della cultura dei Celti che per loro non era possibile dissociarlo dagli sforzi per abbattere il nemico. Per i Romani abbattere i santuari forestali dei Celti era importante quanto sconfiggerne le truppe sul campo di battaglia. La visione della vita che i Celti acquisivano per mezzo dell'insegnamento druidico, l'assenza di paura per la morte e dell'aldilà, non si spiegherebbero senza una credenza radicata nell'immortalità dell'anima e nella possibilità per l'uomo di conoscere le forme di esistenza più diverse. Infatti il loro amore per la vita in tutte le sue manifestazioni, la loro apertura verso tutte le esperienze, rivela in loro il senso dell'unità del cosmo, più di duemila anni prima che la scienza moderna, con tutte le sue tecniche, avesse solo cominciato a supporla. I druidi rappresentavano il cardine dell'unità dell'impero spirituale celtico, i promulgatori dell'armonia e della sapienza, i signori degli elementi (acqua, fuoco, vento, terra). Fu proprio per questo che i conquistatori romani arrivarono a sopprimerne la casta e proibire le loro riunioni e il culto, per colpire al cuore la società celtica.
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