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"L'estrema destra in Italia"
 

La Vulgata vuole che la destra radicale del dopoguerra si sia formata alla scuola di un Maestro che non era mai stato fascista, ma piuttosto vicino all’ala più sulfurea del nazismo esoterico, il barone Julius Evola, un intellettuale dagli interessi vasti ed intriganti: pittore dadaista, ricercatore alchemico, dedito allo joga tantrico. Certo il tradizionalismo integrale, con la sua dottrina dei cicli della decadenza, era perfetto per consentire ai reduci di Salò di elaborare il lutto della disfatta.
Ma le cose non sono andate propriamente così: perché a fondare il padre di tutti i gruppi extraparlamentari, come delle bande più o meno armate, i Fasci di azione rivoluzionaria (FAR), è il più alto gerarca sopravvissuto alla catastrofe della guerra civile, Pino Romualdi, vicesegretario del Partito Fascista Repubblicano.
E quando alla fine del 1946 il leader sceglierà – nonostante il suo status di clandestinità – che è giunta l’ora di fare politica alla luce del sole nel nascente
Movimento sociale italiano (MSI), il suo braccio destro, il reduce Cesco Baghino garantirà continuità all’organizzazione clandestina, ma al tempo stesso militerà nel partito, di cui giungerà ad essere l’ultimo presidente onorario, allo scioglimento nel 1995. E gran parte della destra radicale continuerà ad aver un rapporto elastico con il MSI, al punto che l’esperienza più dirompente, lo spontaneismo armato alla fine degli anni Settanta, nascerà proprio nelle sezioni del Fronte della Gioventù e del FUAN, le organizzazioni dei giovani e degli universitari del partito.
Come una altra riduzione semplicistica da sfatare è quella che rappresenta la contrapposizione tra i due gruppi extraparlamentari storici,
Ordine nuovo e Avanguardia nazionale, come lo scontro tra le due anime del neofascismo. La prima è ossessionata dalla purezza dottrinaria, tesa alla ricerca spirituale e dedita alla "duplice guerra santa", dove l’aspetto prevalente è la sfida interiore e non il risultato pratico.
La seconda è cresciuta nel culto dell’azione, orientata a privilegiare la militanza attivistica e disposta anche a giustificare pragmaticamente comportamenti spregiudicati, purché funzionali agli scopi strategici.
Anche in questo caso lo schemino è fuorviante. Perché il livre de chevet degli ordinovisti, "Gli uomini e le rovine" (
Clemente Graziani lo definirà al processo contro il Movimento politico Ordine nuovo "il vangelo della gioventù nazionalrivoluzionaria") era stato scritto da Evola per legittimare un’operazione di piccolo cabotaggio: l’accettazione da parte del principe Junio Valerio Borghese della presidenza onoraria del Msi. E il comandante della Decima Mas sarà fino alla morte il nume tutelare dell’ala "interventista".
Anche noi, in questa mappa dell’arcipelago nero, saremo talvolta costretti alle semplificazione didascalica, necessità rafforzata dalla non linearità di Internet (ognuno sarà libero di scegliersi il suo percorso di navigazione). Ma all’inizio del viaggio avvertiamo forte l’esigenza di una messa in guardia generale sulla complessità e l’articolazione interna del pluriverso dell’estrema destra italiana
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