ZOROASTISMO
MAZDEISMO
MANICHEISMO
Il profeta Zoroastro o Zarathustra, originario della Media, riformò il Mazdeismo. Egli andò via dal suo paese e si rifugiò in Iran Orientale ove trovò numerosi proseliti, tra cui viene annoverato il principe Histape, padre di Dario. La popolazione locale era continuamente esposta al pericolo delle invasioni delle popolazioni nomadi, per cui era ben disposta ad accettare una nuova religione basata sulla redenzione.
La morale zoroastriana si basa sulla triade "buon pensiero, buone parole, buone opere".
Secondo Zoroastro il mondo era retto da due principi: il BENE ed il MALE. Il primo si identifica in Ahuramazdah, aiutato da altre divinità ispirate alle forze della natura, il secondo nello spirito malefico Ahriman. I due spiriti hanno ingaggiato una lotta, interpretata come la lotta tra il pensiero e l’intelligenza, terminata con la vittoria dello spirito buono.
Siamo di fronte ad un "monoteismo imperfetto", in quanto è presente solo il bene. Anche l’umanità partecipa a questa lotta, in quanto è divisa tra uomini retti e pii e uomini cattivi ed atei, che seguono due divinità diverse.
Dopo la morte, ognuno verrà giudicato: i buoni andranno in paradiso, i cattivi subiranno una lunga pena. Vi sarà poi un giudizio universale, secondo il quale tutti subiranno la prova del fuoco.
L’uomo deve evitare e combattere l’eretico, deve essere buono con gli animali, curarli e trattarli bene. Un buon principe combatte per la religione, difende il popolo, nutre il povero, protegge il debole. E’ considerato cattivo chi è un pessimo giudice, l’uomo che abbandona il campo e colui che opprime gli altri.
I sacrifici di sangue sono vietati, perché gli animali sono venerati. La bevanda inebriante haoma è anche essa vietata. I morti non possono essere né sepolti, né bruciati, né immersi per non sporcare i tre elementi sacri che sono la terra, l’acqua ed il fuoco. I cadaveri vengono esposti sulle montagne o su torri innalzate a questo scopo: le ossa scarnificate si devono poi racchiudere in ossari che vengono deposti in tombe in muratura o scavate nella roccia.
Questa religione ha molti punti in comune con il buddhismo, nato in India nello stesso periodo. Entrambi i movimenti nascono dalla protesta contro le pratiche crudeli ed i riti sanguinari delle antiche religioni ariane. Il primo era frutto della classe aristocratica, il secondo era un’espressione del popolo. Per questo motivo il buddhismo si è diffuso molto di più dello zoroastrismo.
Tuttavia quest’ultima religione venne venerata presso le corti imperiali persiane e speso difesa come religione di stato.
Questa religione è stata quella a lungo più venerata nell’impero persiano. Essa nacque nel periodo achemenide ed era legata anche al potere che la classe sacerdotale gestiva nella struttura sociale.
Il grande dio era Ahuramazdah, creatore di tutto. E’ lui che guida gli atti del re, a cui ha dato direttamente il potere. Tuttavia bisogna precisare che la Persia degli achemenidi non era uno stato fondato sulla religione, cioè integralista, come avverrà per i califfi arabi che regneranno al posto dei persiani.
Vi sono altre divinità: Mitra (sole) che verrà venerato anche dai romani; Mah (luna), Zam (terra), Atar (fuoco), Apam Napat (acqua), Vayu (vento). Questo modello religioso si sviluppa con Dario a cui il potere è conferito da dio stesso. Si tratta di divinità legate alla natura ed alle esigenze primarie degli iranici.
Con Antaserse II assistiamo alla presenza di questa trinità: Ahuramazdah, Mitra, dio del sole, dei contratti (legato al commercio) e della redenzione, Anahita, dea delle acque, della fecondità e della procreazione.
I Persiani veneravano le loro divinità con sacrifici di sangue, secondo l’influenza indo-iranica. Tra i sacerdoti ricordiamo la classe particolare dei magi, di origine meda, che era l’espressione di una religiosità di tipo sciita, la quale svolgeva un’attività a parte rispetto agli altri sacerdoti e deteneva un fortissimo potere presso la corte. Rappresentavano una comunità isolata che praticava il matrimonio tra consanguinei e non usavano l’inumazione dei cadaveri, come avveniva tra i Persiani, ma li esponevano all’aria per essere escarnificati.
Essi credevano nel BENE e nel MALE. Essi preparavano l’haoma, una pozione inebriante impiegata durante i riti religiosi. Dal commercio di tale bevanda traevano numerosi proventi economici. Inoltre i magi custodivano le tombe reali, educavano la gioventù maschile, interpretavano i sogni, celebravano i sacrifici, prendevano parte all’incoronazione reale presso Pasagarde. Si osservi come molte pratiche dei magi saranno simili a quelle celtiche. Ciò è dovuto alla comune origine della religione nel popolo scita.
I Persiani non avevano numerosi templi, ne ricordiamo tre: a Pasargade, realizzato da Ciro, a Susa, costruito da Antaserse II ed a Naqs-i Rustam, eretto da Dario. La maggior parte delle cerimonie religiose veniva praticata all’aria aperta, su altari poste in campagna.
Alcuni imperatori achemenidi eressero alcune statue alle divinità, come è avvenuto ad Ectabana o presso Babilonia per la dea Anahita.
Non si tratta di una religione monoteista, ma è indubbio che il ruolo principale è svolto da Ahuramazdah.
Nel periodo partico il culto della dea Anahita, conosciuta anche come Artemide, occupò un ruolo principale. Sorsero numerosi templi in tutto l’impero dedicati a questa divinità: Arsak, Ectabana, Kengavar, Susa, Istahr, Siz. In questo periodo ebbero un forte sviluppo anche i magi, che gestirono un potere in tutto l’impero.
Il dio Mitra conobbe una rapida diffusione nell’impero romano nel periodo di dominazione di Pompeo in oriente. Egli, infatti, riportò numerosi prigionieri a Roma che trasmisero la propria religione.
All’inizio della dominazione sasanide, nella regione del Fars erano venerate le divinità Ahuramazdah e Anahita. Il re Sapur I si pose l’obiettivo di creare una religione di stato che potesse esprime il neonazionalismo iranico. Trovò la risposta nel manicheismo che suscitò l’avversione della classe sacerdotale mazdaica e venne distrutto con la scomparsa dell’imperatore.
Mani, uomo nobile, si professava inviato da dio, al pari di Zaratustra, Gesù e Buddha. Egli si ispirava alle tradizioni iranica, babilonese, buddhista e cristiana.
Secondo la sua religione, il mondo è formato dalla lotta tra il BENE ed il MALE, luce e tenebre. Nell’uomo l’anima ed il corpo rappresentano rispettivamente la luce ed il corpo: la morale manichea si sviluppa attorno alla liberazione dell’anima dal corpo.
Quando tutta la luce e tutte le anime tenute prigioniere saranno liberate e saliranno al sole, il cielo e la terra (la materia) crolleranno e si separeranno, mentre il regno della luce durerà in eterno.
I fedeli si dividono tra eletti ed uditori. I primi si identificano nel clero che è tenuto al celibato, devono astenersi dalla carne ed evitare la cupidigia e la menzogna. I secondi hanno diritto di sposarsi, possono lavorare, devono conservarsi puri e non aspirare alla ricchezza.
Non sono ammessi sacrifici cruenti né immagini divine, ma preghiere e digiuni. I manichei praticano il battesimo, la comunione e ricevono l’assoluzione prima della morte.
Il manicheismo subì l’influenza gnostica, in quanto dimostrò un’avversione per l’ebraismo, considerata la religione delle tenebre. Gli inni, di ispirazione babilonese, sono enunciati da Zoroastro; dal cristianesimo vengono presi il dogma della trinità ed alcune parti del Vangelo; i nomi degli angeli erano siriani.
Sapur I vede la debolezza delle religioni tradizionali iraniche e cerca di contrapporre all’ascesa del cristianesimo e del buddhismo, che nel regno Kusana era divenuta religione di stato, questo nuovo culto, sperando di farlo divenire religione di stato.
Il mazdeismo si trovò minacciato all’interno, nonché stretto all’esterno dalle altre religioni monoteiste. Alla morte di Sapur I, si diffusero violente persecuzioni contro tutte le religioni, in particolare contro il manicheismo. Mani venne sottoposto a giudizio e condannato al supplizio. I suoi fedeli lasciarono l’Iran e si recarono in Asia centrale, la Siria e l’Egitto, dove diffusero la propria religione. Essa conobbe un discreto successo in Cina (dove si diffuse anche il cristianesimo nestroriano), Mongolia e Nord Africa, dove venne combattuto da S. Agostino. Da qui il manicheismo si diffuse nel sud della Francia, dando vita alla seta purista dei Catari, che nel 1200 venne combattuta aspramente dai cattolici che ne massacrarono tutti i proseliti.
Con l’imperatore Narsete il manichiesmo conobbe un nuovo periodo di successo, in quanto fu posto in contrapposizione con il cristianesimo che si stava diffondendo in Mesopotamia, finchè lo zoroastrismo non lo annientò definitivamente in Iran, divenendo religione di stato.
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