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sono dieci componimenti in esametri, chiamati ècloghe (=«poemetto scelto, staccato»)
composte fra il 42 e il 39, cioè il periodo della confisca del proprio terreno dopo la battaglia di Filippi (42 a. C.); risentono ancora del gusto neoterico in cui il poeta si è formato
Virgilio introduce il genere bucolico sul modello degli Idilli di Teocrito (box pag. 54 del Nova opera di G. Garbarino, Paravia 2011)
Virgilio, nato in campagna, è ovvio che canti l’affetto per la natura, seppur idealizzandola fino a farla diventare irreale
cerca di perfezionare il modello (come è proprio dell’epoca artistica che vive), apportando notevoli novità:
- non fa ridere come Teocrito
- sono pastori sofferenti (predilige, ad esempio, l’ora del tramonto)
- rappresenta il paesaggio proiettandovi i propri sentimenti, trasformandolo in correlativo oggettivo del proprio stato d’animo
- spesso troviamo riflessi allegorici della crisi storica che Roma sta attraversando, come - ad esempio - nella famosa IV ecloga, in cui si parla di una nuova età dell’oro, con un misterioso puer destinato a portare la pace nel mondo (vedi approfondimento).
le ambienta in Arcadia, un mondo utopico (ben diversa dalla regione della Grecia meridionale). Cerca di ricreare artificialmente la realtà, senza poter essere realistico (vedi approfondimento)
la medesima artificiosità la riscontriamo nei pastori, che sono umili, ma sono dei colti poeti innervati della atarassìa epicurea (riemerge il neoterismo della doctrina e dell’ars).
altri temi sono l’amore, considerato alla stregua di Lucrezio come dementia e furor; il canto (cioè la poesia, la letteratura, l’arte) viene considerato capace di placare l’animo, di riavvicinare l’uomo alla natura, di stemperare le passioni violente.
lo stile è quello tenuis, umile (humilesque myricae), ma ciò non significa sciatteria, perché c’è sempre il rigido controllo del labor limae di stampo neoterico.