I rimatori siculo-toscani

Dopo la battaglia di Benevento (1266) e la morte di Manfredi, la civiltà letteraria siciliana entra in crisi, ma i funzionari di Federico II avevano intrattenuto frequenti rapporti con gli esponenti del partito ghibellino del centro e del nord Italia; inoltre, tali funzionari provenivano dalla scuola di Giurisprudenza di Bologna, dove aveva studiato il ceto amministrativo delle città toscane ed emiliane. Si spiega così la diffusione della poesia siciliana in queste due regioni.

Il problema filologico e le tematiche

Prestissimo i canzonieri manoscritti della poesia siciliana cominciarono a circolare in Toscana, forse ancora prima della morte di Federico II (1250). Copisti e poeti locali contribuirono gradualmente, con molte incertezze e differenza tra un luogo e l’altro, a trapiantare nel volgare toscano le rime provenienti dalla Magna Curia: del resto, negli anni in cui Federico era presente in Toscana, molti rimatori di qui si unirono al coro dei poeti di corte e le poesie furono scritte, pur con molti sicilianismi, del volgare, o nei volgari di questa regione.

I codici che ci hanno trasmesso le rime dei siciliano, tra i quali il più famoso è il Vaticano 3793, ci hanno pure conservato le rime di poeti lucchesi, senesi, fiorentini, aretini, pisani, detti appunto siculo-toscani, che sono stati i tramiti del passaggio di quella grande esperienza lirica in un territorio destinato a diventare in breve il vero crogiolo della nostra maggiore letteratura ...

I poeti toscani sembrano per lo più prediligere, della poesia siciliana, la forma facile e cantabile della canzonetta, con innesti spesso efficaci di modi popolari e borghesi: in questo ambito viene accolto il tipo metrico della ballata, non usata dai siciliani. È un trobar leu in cui si distingue particolarmente Buonagiunta Orbicciani, notaio di Lucca, ammiratore di Iacopo da Lentini, di cui imita la casistica della nascita e degli effetti del sentimento d'amore, con predilezione per le note psicologiche dell'oppressione amorosa. Le sue creazioni, raffinate ma fredde, sono di carattere provenzaleggiante e forse per tale motivo Dante lo ha scelto per mettere in rilievo la positività della nuova poesia, che definisce Dolce stil novo (Pg XXIV, 49-60), rispetto alla precedente scuola poetica.

Sperimentano forme metriche nuove, dando ampio spazio alla canzone politica, derivata dal sirventese provenzale. Riflettono, in questo fattore, il clima civile delle lotte politiche fra le varie città e fra i vari partiti dei comuni.

Probabilmente è "colpa" di Dante se così poco si parla dei poeti siculo-fiorentini, dal momento che il sommo poeta, bollando di municipalismo e selvatichezza stilistica tutto ciò che è avvenuto prima dello Stilnovo, ha praticamente cancellato la memoria di queste prime, importanti esperienze, addirittura tacendo il nome di poeti come Chiaro Davanzati e Monte Andrea. Ma anche i poeti fiorentini che vengono prima di Guittone d'Arezzo, che rappresenta un vero discrimine tra i siculo-toscani e ciò che è venuto dopo, sono degni di considerazione, da Neri de' Visdomini a Bondie Dietaiuti a Compiuta Donzella, la prima poetessa della nostra letteratura.

 

Guittone d'Arezzo

 

Le scarne notizie biografiche deducibili dalla sua opera inducono a datarne la nascita intorno alla metà degli anni Trenta ad Arezzo. Intorno al 1265 o poco prima Guittone entrò nell’Ordine dei Milites Beatae Mariae Virginis, detti anche frati Gaudenti, abbandonando moglie e figli. Guittone fu in esilio volontario da Arezzo per un periodo non meglio precisabile (forse prima del 1258, giusta la datazione della canzone XV) e, soprattutto dopo la sua conversione, ebbe stretti contatti con Pisa e Firenze. Morì presumibilmente nel 1294.

 

Il codice che tramanda la parte più consistente della sua produzione distingue tanto le canzoni quanto i sonetti in due gruppi, cioè i componimenti di Guittone, tematicamente affini alla tradizione cortese e quelli di frate Guittone, successivi alla conversione e legati alla nuova situazione morale e civile dell’Aretino. Ma nel complesso della produzione di Guittone la lingua, lo stile e alcuni temi rimangono costanti nei 250 sonetti e nelle 50 canzoni:

1) componimenti politici;

2) liriche d'amore;

3) poesia religiosa (Laudi).

 

Sul modello della lirica provenzale Guittone arricchì la tradizione ereditata dai siciliani di tematiche morali e civili, e ampliò il lessico lirico e le possibilità espressive sperimentando il trobar clus in volgare toscano. Fu anche al centro di una fitta rete di rapporti letterari, come documentano gli scambi in versi e il fiorire di un gruppo di poeti che si rifanno esplicitamente ai temi e allo stile del caposcuola.

 

Nonostante la sua importanza nella storia letteraria duecentesca, su Guittone pesano ancora i giudizi di Cavalcanti (che gli rimprovera il "difetto di saver"), e soprattutto di Dante (in Pg XXIV, 56 e XXVI 124; De vulgari eloquentia I 13 e II 6).

 

C'è però da dire che per Dante stesso Guittone risulti di una certa importanza, sia dal punto di vista contenutistico (riprenderà la tematica storico-politica del rimpianto per la gloria passata di Firenze in contrapposizione con il deprecabile presente, successivo alla rotta di Montaperti del 1260 - Guittone è guelfo come Dante), sia dal punto di vista formale (sarà il modello delle rime «petrose», difficili stilisticamente come i componimenti di Guittone).


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