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È un'opera mai pensata da Dante, ma una raccolta operata da moderni delle liriche che il poeta via via compose dalla giovinezza agli anni maturi dell'esilio, fino a quando tutta la sua attività creatrice si raccolse e si conchiuse nella stesura e nel compimento della Divina Commedia. Sono le poesie non incluse né nella Vita nova, né nel Convivio; anche per questo sono di argomento e di stile assai vario.
A partire dalle prime raccolte a stampa di rime antiche (Milano, 1518; Venezia, 1518; Firenze, 1527) il numero delle "estravaganti" attribuite a Dante andò aumentando progressivamente, fino a che non s'ebbe l'edizione critica curata da Michele Barbi per il testo della Società Dantesca Italiana (Le opere di Dante, Firenze, 1921). Distinte ora le genuine da quelle di dubbia attribuzione e dalle apocrife, le Rime, considerate nel loro complesso e nella loro varietà, e nelle loro convergenze o discordanze di tono e di modi poetici, restano un documento significativo dei tentativi d'arte attraverso i quali Dante, con irrequietudine di ricerche letterarie e lungo travaglio di lingua e di stile, giunse a conquistarsi la sua propria personalità di poeta.
Presumibilmente l'entrata in politica nel 1295 determinò diverse scoperte nel panorama esistenziale e letterario del poeta. Come anche allo stesso periodo va attribuito l'incontro importante con la poesia trobadorica del periodo aureo, e soprattutto quello con il trobar clus dell'elaboratissimo Arnaut Daniel.
È possibile suddividere le Rime in cinque gruppi:
1) rime stilnovistiche, composte negli anni della Vita nova; sono il gruppo più numeroso e totalmente dominate dalla tematica amorosa, con forti influssi della poesia siciliana e di Cavalcanti (nelle sue poesie meno angosciose)
2) tenzone (= scontro poetico) con Forese Donati (1290-1296): sono sei sonetti di genere comico e vigorosamente realistici,
3) rime allegoriche e dottrinali,
4) rime «petrose» (1296-98) per una donna chiamata Petra,
5) rime dell'esilio (1302-1307) di argomento civile.
Le rime «petrose»
Dedicataria è una donna crudele e sensuale, indifferente all'amore del poeta (il nome Petra è presumibilmente un senhal cioè un nome fittizio che allude alle qualità della persona designata, secondo le consuetudini provenzali); ispiratore è Arnaut Daniel, di cui Dante imita il poetare oscuro e l'impiego della sestina, ma riemerge anche il modello guittoniano.
Si nota la corrispondenza coerente tra materia e modo della rappresentazione: alla violenza della passione corrisponde uno stile violentemente realistico, reso anche attraverso la ricerca dei suoni aspri e duri, in piena antitesi con lo stile dolce prediletto nella fase stilnovistica.
Basta analizzare la canzone Così nel mio parlar voglio esser aspro, esempio di stile aspro, da studiare in parallelo con l'analisi formale che abbiamo fatto della canzone Al cor gentile rempaira sempre amore di Guinizzelli.
In verde è indicato il livello fonico; con l'evidenziatore azzurro è indicato il livello metrico; sottolineato il livello lessicale; con l'evidenziatore giallo il livello sintattico; in rosso il livello retorico.
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Così nel mio parlar voglio esser aspro |
40 |
Egli alza ad ora ad or la mano, e sfida |
Livello fonico
Dante ricerca insistentemente lo scontro aspro e sgradevole di due o tre consonanti, soprattutto in rima, cioè nella collocazione che ha maggiore evidenza.
Ad esempio aspro / diaspro (vv. 1 e 5); petra / impetra (vv. 2-3); arretra / faretra (vv. 6-7); ferza / terza /scherza / sferza (vv. 67,68, 71, 72); ...
Ma i suoni aspri non mancano neppure all'interno del verso, come a v. 1, parlar, a v. 4, durezza, ...
Livello metrico
Spesso Dante utilizza rime rare e difficili, cioè con combinazioni di suoni rari e poco comuni, quindi molto difficili da trovare.
Sembra inutile riportarle, poiché le parole sgradevoli sono - come detto - soprattutto in rima, ma sottolineiamo soltanto la famosa squatra / atra / latra / latra (vv. 54-59: le ultime due sono rime equivoche, poiché la prima è aggettivo, la seconda è verbo) che ritroveremo nell'Inferno per descrivere l'azione di Cerbero nel cerchio dei golosi
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Cerbero,
fiera crudele e diversa, |
Livello lessicale
Dante ricerca termini rari, di forte espressività, come impetra (v.3, con il senso ambiguo di 'ottiene' e di 'chiude in sé come una pietra'), diaspro (v. 5), ancide (v. 9), atarme (v. 13), manduca (v. 32), bruca (v. 33), rezzo (v. 57), scherana (v. 58), borro (v. 60), squille (v. 69), ...
Livello sintattico
È una sintassi complessa, ricca di subordinate e faticose circonvoluzioni. Basta vedere la proposizione ai versi 27-34, fortemente subordinata e contorta. Ci sono anche nessi sintattici inusuali, che generano ambiguità e rendono poco scorrevole la lettura: inversioni, ellissi, ...
Livello retorico
Si nota un esorbitante uso del linguaggio figurato. La poesia sembra essere nient'altro che un susseguirsi di immagini (per lo più di morte, violenze e sofferenza) e paragoni.
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