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La
lotta dei figli dei BibelForscher
[Studenti Biblici]
di Christian
Leeck
Originale in : http://www.standhaft.org/forschung/verfolgung/kinder/index.html
All'interno:
Provvedimenti disciplinari delle scuole e interesse della GestapoSottrazione della potestà e pressioni della Gestapo
Affidata l’educazione ad enti assistenziali
Affidamento a "famiglie adottive" e internamento in "collegi"
La separazione come importante componente dello strumentario persecutorio
Christian Leeck
La lotta dei figli dei Bibelforscher [Studenti biblici]
L'indottrinamento dell'ideologia razziale, che Hitler perseguì appena assunto il potere nel 1933, era riservato primariamente alla giovane generazione, poiché questa doveva garantire il consolidamento e la continuazione del nazionalsocialismo. La sorte che l'intera gioventù doveva subire a causa di questa politica culturale non è stata descritta così bene come dallo stesso Hitler, quando disse: "L'intera opera culturale ed educativa deve trovare il suo coronamento nel lavoro d'indottrinamento della consapevolezza e dell'orgoglio razziale sia istintivamente che razionalmente nella mente e nel cuore della gioventù …" (1) Se è vero che Hitler fece riferimento al raziocinio dicendo che la sua ideologia avrebbe dovuto essere impartita "razionalmente e istintivamente al cuore e alla mente" della gioventù, d'altra parte è pur vero che la scelta del vocabolo "inculcare" evidenzia il ricorso a mezzi coercitivi miranti a stimolare negli studenti dei bisogni affettivi e istintivi, imponendo loro, attraverso cerimonie patriottiche, un "orgoglio razziale", definito spesso eufemisticamente "sano sentimento patriottico". Il regime nazista mirava a inculcare nei giovani il senso di superiorità della razza ariana nei confronti dei loro coetanei compagni di scuola appartenenti ad altre razze come quell'ebrea, in modo da condizionare in modo permanente il loro modo di pensare e il loro comportamento, con pesanti conseguenze sulla quotidianità del clima scolastico. Oltre alla ristrutturazione del piano di studio si verificarono altri cambiamenti di natura ideologica e politica, che in modo subdolo miravano a inculcare negli adolescenti il patrimonio dei valori nazionalsocialisti. La quotidianità scolastica era caratterizzata dal cosiddetto "senso collettivo" e dall'abnegazione di se stessi. (2) Un ruolo importante era svolto dai rituali, come ad esempio il saluto alla bandiera, gli inni, la recitazione collettiva di poesie, i voti, il saluto e le sfilate. Oltre a tutto questo, furono rese obbligatorie le collette pubbliche e di casa in casa a favore del soccorso invernale e l'organizzazione dei discorsi pubblici di Hitler. Mediante queste incombenze quotidiane si doveva togliere ai giovani qualsiasi opportunità di sottrarsi alla "collettività" e di esercitare qualsiasi senso critico nei riguardi del Führer e dell'ideologia nazista. Lo scopo di raggiungere una completa uniformità culturale e di punire nella maniera più severa qualsiasi tentativo di deviazione, tradiva lo spirito totalitario del potere.
La strumentalizzazione della quotidianità scolastica legata ai rituali e all'ideologia nazista trascinò i figli degli Studenti biblici in gravi situazioni di conflitto. Poiché la scuola esigeva anche da loro una presa di posizione solidale con lo stato nazista, si trovarono in conflitto tra conformismo e nonconformismo. Si trattava essenzialmente di quanto il comando biblico si trovasse in contrasto con lo statuto della scuola. Il Dr. Detlef Garbe, il primo storico che studiò sistematicamente il destino dei figli degli Studenti biblici, descrive la loro reazione a questa sfida nel modo seguente: "Per gli studenti e le studentesse più grandi la scelta di come comportarsi di fronte a questa sfida non richiedeva l'intervento immediato dei genitori, poiché, avendo già assimilato l'insegnamento dei princìpi biblici come fondamento della fede nella salvezza e il monito sull'idolatria, erano in grado di identificare autonomamente nei rituali d’indottrinamento ideologico nazista, ricoperti parzialmente di patina religiosa, i contenuti di sacrilegio e apostasia. […] I bambini più piccoli, benché in un primo tempo comprendessero il conflitto a malapena, lo percepirono molto distintamente, quando si trovarono a confrontarsi tra le autorità scolastiche e i propri genitori. I rimproveri e i maltrattamenti degli insegnanti da un lato, la protezione e l'assistenza dei genitori dall'altro, li indussero ben presto ad entrare nello stesso ordine d'idee dei loro fratelli e sorelle maggiori". (3) Bisogna precisare a questo punto che la maggior parte dei figli dei testimoni di Geova non erano ancora battezzati, vale a dire che non erano ancora diventati ufficialmente membri della comunità religiosa. Si verificarono anche casi di giovani che, non avendo alcun interesse per la fede dei loro genitori, non avevano alcun motivo di astenersi dal "saluto tedesco" o da altre usanze patriottiche. Comunque, quasi tutti i giovani istruiti nella fede dei testimoni di Geova resistettero a tutti i tentativi d'indottrinamento nazionalsocialista perpetrati nella scuola.
Di regola, i giovani, stimolati dagli esempi biblici, acquisirono il coraggio di opporsi alle coercizioni. Paul-Gerhard Kusserow, essendo cresciuto con i suoi fratelli a Bad Lippspringe, un paese della Westfalia, sin dall'ascesa al potere del nazismo, rammenta nel libro biblico di Daniele che il re di Babilonia Nabucodonosor fece erigere una grande immagine d'oro e comandò che tutti si prostrassero ad essa per adorarla al suono di vari strumenti musicali. Lì si trovarono anche tre ebrei fedeli adoratori di Geova Dio che si rifiutarono di partecipare a quell'adorazione. Dissero persino allo stesso Nabucodonosor che non si sarebbero prostrati all'immagine, facendo infuriare il re, il quale li fece gettare in una fornace ardente. Lì dentro furono soccorsi da un angelo di Geova e poco dopo estratti fuori illesi. Paul-Gerhard Kusserow mette in risalto che questo ed altri racconti biblici convinsero lui e i suoi fratelli che è giusto rigettare tutto quello che costituisce idolatria". (4)
Nei primi tempi, i figli dei testimoni di Geova si astennero dal rifiutare i rituali nazisti. Per quanto era loro possibile, cercarono di sottrarsi ai conflitti, come narra Bruno Knöller, nato nel 1922: "Venne il giorno in cui detti nell'occhio in occasione del quotidiano saluto alla bandiera diventato una cerimonia sacra. Dopo che gli scolari furono radunati, venne issata la bandiera per il saluto che doveva essere fatto con la mano alzata, cantando l'inno nazionale e l'inno di Horst Wessel. Fino a quel giorno ero riuscito sempre a eludere quella cerimonia. Me l'ero svignata e mi ero nascosto persino nella toilette, ma in qualche modo ero stato notato. Fui costretto da un insegnante ad uscire e a presentarmi al raduno, e lì feci capire come la pensavo. Fui convocato davanti al corpo insegnante e mi fu chiesto perché avevo rifiutato il saluto alla bandiera". (5) Il fatto che Bruno Knöller era stato ben addestrato dai suoi genitori emerge anche dalle seguenti parole che forniscono contemporaneamente anche la motivazione del suo rifiuto: "Noi non possiamo salutare la bandiera, poiché, dal punto di vista scritturale, questo significa adorare un pezzo di stoffa morta, e quindi idolatria. […] Entra in gioco il fatto che Dio dev'essere nostro Sovrano, e di conseguenza non possiamo prostrarci ai simboli nazisti. Comunque, nostro padre ci ha sempre detto di essere cauti e di evitare, per quanto è possibile, i conflitti. È quanto abbiamo tentato di fare, tuttavia a scuola non era più possibile sottrarsi ai conflitti". (6)
I figli dei testimoni di Geova erano esposti a brutali minacce e a un enorme stress psichico, poiché gli insegnanti e i provveditori agli studi non avevano né compassione né rispetto per una coscienza morale diversa dalla loro. Le seguenti esperienze offrono un quadro della situazione in cui si trovavano molti altri coraggiosi ragazzi dei testimoni di Geova. Helmut Knöller, i cui genitori avevano abbracciato la fede dei testimoni di Geova sin dal 1933, frequentava la scuola commerciale di Stoccarda. Egli racconta: "Allorché l'insegnante entrava in aula, gli studenti dovevano alzarsi e salutarlo col braccio steso dicendo 'Heil Hitler'. Io non lo facevo. Naturalmente, l'insegnante guardava soltanto verso di me e dava spesso luogo a scene come questa: 'Knöller, venga fuori! Perché non dice 'Heil Hitler'? - 'Perché va contro la mia coscienza, signor professore' - 'Che cosa? Lei è un maiale! Vada via di qua, fetente. Un'altra volta! Puah, traditore della patria'". (7) Karl-Heinz Zietlow, nato nel 1922, rammenta il periodo scolastico trascorso ad Amburgo: "Cominciai la scuola statale nel 1929. Tutto si svolse normalmente finché non fu instaurato il 'Reich millenario' e introdotto l'obbligo del saluto 'Heil Hitler' al posto del 'Buon giorno'. Io ero stato addestrato da mio padre a non fare quel saluto con la mano alzata. […] Quando l'insegnante aveva l'ispezione ed io ero chiamato fuori dal banco davanti a lui e dicevo 'Buon giorno', egli mi mandava al mio posto per richiamarmi fuori e mettermi alla prova per sentire che cosa volessi dire. Quando dicevo per la seconda volta 'Buon giorno', mi apostrofava urlando. Talvolta mi picchiava sulla testa". (8) Prima delle elezioni l'insegnante pronunciava spesso queste minacce: "Chi vota no […] è un traditore della patria, gli capiterà qualcosa di male, e chi si azzarda a non votare, dovrà essere espulso". Per terrorizzare, le minacce includevano per lo più anche delle dicerie come questa: "Vengono approntati dei treni per portare in Siberia quelli che non votano o che votano contro. Abbiamo già allestito delle forche, sulle quali finiranno tutti loro. Prenderemo tutti quelli che danno il voto contrario". (9)
Spesso l'insegnante non si limitava agli sfoghi d'ira. Nei registri si leggono note di demerito come questa: "I ragazzi […], malgrado ripetuti avvertimenti e castighi impartiti dal direttore scolastico, hanno rifiutato di fare il saluto tedesco e di cantare gli inni nazionali". (10) Sotto l'aspetto delle "punizioni" si celavano in realtà gravi maltrattamenti fisici solitamente da parte d'insegnanti particolarmente ferventi per il nazionalsocialismo. Non essendo riusciti a realizzare un'uniformità di comportamento della classe, sfogavano la loro rabbia su quelli che frustravano i loro piani. Il che voleva dire che, in non pochi casi , ai figli degli Studenti biblici erano riservati maltrattamenti e percosse. (11) Ad esempio, Horst Henschel racconta che ogni volta che rifiutava di fare il saluto tedesco veniva picchiato dai suoi insegnanti. A volte capitava che, "forse per paura delle percosse, esclamava 'Heil Hitler!' Tuttavia ha sempre ricevuto dai suoi genitori il necessario sostegno, in modo che "la volta successiva avesse il coraggio di resistere alle aggressioni del nemico". (12) Anche i figli dei Kusserow furono il bersaglio dell'ira del loro insegnante e nonostante la loro tenera età "riempiti di lividi" per il loro nonconformismo. (13)
In altri casi gli insegnanti aizzavano i compagni contro i figli degli Studenti biblici, ordinando loro di "castigarli" per la loro condotta. Ad esempio, la signora Elise Kühnle rammenta quello che capitò a sua sorella su istigazione dell'insegnante: "L'intera classe le si scagliò addosso percuotendola. A detta degli insegnanti, questo era il meno che potesse capitare. L'intera scuola era disposta a dire 'Heil Hitler', ma solo i due bambini non lo facevano. Questo non sarebbe dovuto accadere!" (14) Quando lo scolaro di dieci anni Günter Strenge si rifiutò di recitare una poesia patriottica, l'insegnante ordinò a due suoi compagni di condurlo come un prigioniero nell'ufficio del direttore. Secondo quanto narra sua madre, il direttore lo minacciò di percuotergli le dita "fino a farle diventare blu". Gli chiese anche se in seguito volesse rifiutare il servizio militare. Avendo Günter risposto affermativamente, il direttore esortò l'insegnante a castigarlo "come al solito". In seguito il direttore ordinò l'espulsione del ragazzo, chiedendo che fosse messo in un collegio e che non dovesse più rivedere suo padre. Pochi giorni dopo il ragazzo fu prelevato da agenti della Gestapo [polizia segreta di stato] e affidato ad una famiglia adottiva. La sua sorella quindicenne fu internata in un campo di lavoro. (15)
L'essere respinto dalla classe o l'essere trattato come un estraneo era un'esperienza spesso più dolorosa delle percosse dell'insegnante. Il dodicenne Willi Seitz racconta le sue esperienze quotidiane con queste parole: "Quello che ho dovuto sopportare finora [..] non ho parole sufficienti per descriverlo. I miei compagni mi picchiavano; quando partecipavo alle gite, dovevo stare da solo, e non potevo parlare ad altri compagni, qualora ve ne fossero bendisposti verso di me. In altri termini: ero odiato e schernito come un cane rognoso". (16)
A causa di queste circostanze, per tutti i figli degli Studenti biblici ogni giorno di scuola era un'esperienza terrificante, una ripetuta umiliazione che causava un considerevole stress psichico ed emotivo. Magdalena Kusserow rammenta: "Ogni giorno noi che eravamo i più giovani della famiglia andavamo a scuola col batticuore. Gli insegnanti pretendevano che facessimo il saluto alla bandiera, che cantassimo canti patriottici e che dicessimo 'Heil Hitler' con la mano alzata. Poiché ci rifiutavamo di fare queste cose, eravamo bersagliati dagli scherni". (17) Al contrario dei loro compagni ebrei, i figli dei testimoni di Geova, se solo l'avessero voluto, avrebbero avuto l'opportunità di integrarsi nella comunità scolastica e modificare così la loro precaria condizione. Ma poiché questo compromesso avrebbe richiesto un riconoscimento del regime nazista e della sua ideologia, a motivo della loro fede cristiana preferirono, malgrado le angherie quotidiane e le opportunità di adeguamento, restare coerenti con le loro convinzioni religiose ed essere vilipesi come "asociali" e "traditori della patria".
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Provvedimenti disciplinari delle scuole e interesse della Gestapo
Il nonconformismo dei figli degli Studenti biblici ebbe conseguenze anche sul piano amministrativo. Già nel 1933 molti di loro furono espulsi dalle scuole, come nel caso di un quattordicenne di Hamburg-Eilbek, che "si rifiutò di fare il saluto a Hitler richiesto dalle autorità scolastiche" e fu per questo espulso dalla scuola nel settembre dello stesso anno. (18) Di regola, la riaccettazione e la permanenza in un'altra scuola era possibile solo a condizione che fosse fatto il "saluto tedesco". Un'ordinanza emanata dal ministero della pubblica istruzione del Reich nel 1935 dettava le seguenti disposizioni sulla "selezione degli studenti negli istituti superiori": "Studenti, che con la loro condotta sia all'interno che fuori dell'istituto scolastico abbiano recato ripetuto vituperio alla comunità o allo stato, devono essere espulsi dalle scuole". (19) Un tale provvedimento disciplinare metteva fine alla loro carriera scolastica impedendo loro di conseguire una qualifica professionale. Ad esempio, Helmut Knöller fu espulso nel 1934 dalla scuola commerciale. In seguito, il direttore della scuola si rivolse al "Deutsche Arbeitsfront" [Fronte dei lavoratori tedeschi] presso il suo istituto professionale per chiedere se il giovane si fosse "adeguato al saluto tedesco". Avendo ottenuto risposta negativa, ordinò che fosse espulso immediatamente. Il padre del giovane si servì di un avvocato per fare ricorso presso la pretura, ma come ha constatato il fratello Bruno, il ricorso non fu accolto: "Gli fu vietato di ricevere sia istruzione che lavoro sul suolo tedesco, basando la sentenza sul fatto che la sua stessa condotta lo aveva estraniato dalla collettività nazionale". (20) La stessa sorte fu riservata a molti altri giovani testimoni di Geova. Come i loro compagni di scuola ebrei, furono respinti dalle scuole e negato qualsiasi diritto all'istruzione e al lavoro, finché avessero persistito nel loro rifiuto. Avrebbero potuto comunque modificare questa loro sorte solo se avessero mutato il loro atteggiamento.
Ben presto, il rifiuto del saluto tedesco nelle scuole destò l'attenzione della Gestapo. Il comando della polizia segreta di Berlino in data 8 agosto 1934 segnalò l'aumento di casi in cui l'associazione messa al bando degli 'internazionali Studenti biblici' aveva destato l'attenzione delle autorità. Secondo tale comunicato, l'associazione religiosa si sarebbe specializzata "nell'esercitare la sua influenza anche sulla gioventù scolastica". Vi viene menzionato un caso, in cui "uno studente tredicenne si era rifiutato di cantare l'inno di Horst-Wessel e di fare il saluto tedesco con la motivazione che, essendo uno studente biblico internazionale, riconosceva solo un Führer [guida, capo, duce]: 'Geova'". I comandi della polizia segreta furono incaricati di segnalare se esistevano nei loro distretti casi di "comportamenti antipatriottici o di offesa alla morale e alle istituzioni da parte di giovani appartenenti 'all'Associazione internazionale degli Studenti biblici'". (21) Mentre questa circolare si basava sulla supposizione che gli Studenti biblici intendessero svolgere un'efficace campagna di proselitismo per "influenzare" la "gioventù scolastica", nel corso del tempo agli agenti della polizia segreta apparve sempre più chiaro che il rifiuto del saluto tedesco da parte dei figli degli Studenti biblici era motivato dall'educazione familiare legata ad una "interpretazione fondamentalista della Bibbia" e ricevuta sin dalla più tenera età, in base alla quale essi potevano essere già ritenuti - a tutti gli effetti - "membri attivi della loro setta". (22) La Gestapo riconobbe che i conflitti scaturivano dalla contrapposizione dello statuto scolastico all'educazione familiare. In un memoriale pubblicato nel dicembre 1936, la Gestapo fa questo commento: "Gli Studenti biblici cercano di corrompere i bambini con le loro eresie. Questo spiega perché sempre più spesso essi rifiutano il saluto tedesco a scuola […] Non c'è bisogno di aggiungere altro per descrivere la gravità dei conflitti di coscienza in cui si trovano questi giovani, che a scuola devono ricevere un'educazione nazionalsocialista, ma che in casa loro sono istruiti dai genitori nella dottrina internazionale filogiudaica". (23)
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Sottrazione della potestà e pressioni della Gestapo
Quasi nello stesso periodo in cui la situazione aveva destato l'attenzione della Gestapo, le autorità avevano elaborato un piano per togliere ai testimoni di Geova i loro figli al fine di proteggere questi ultimi "dall'eresia degli Studenti biblici" e di integrarli "nella collettività nazionale". Era noto che i figli dei testimoni di Geova venivano addestrati nella fede cristiana sin dalla più tenera età e che dovevano garantire la continuità della comunità religiosa. Per impedire questa continuità, lo stato volle impedire che l'educazione familiare inducesse i giovani a una resistenza passiva allo spirito del regime e a tal fine fece ricorso a mezzi coercitivi, definendoli eufemisticamente "assistenziali". (24)
Nel loro procedimento giudiziario contro i testimoni di Geova, il ministero della pubblica istruzione e l'ufficio di assistenza dei minori chiesero l'annullamento della potestà e l'affidamento di tutela d'ufficio. Secondo le leggi vigenti, i genitori potevano essere privati della potestà nel caso di "pericolo per il bene dei figli". (25) Alle autorità competenti sembrava più che ovvio che l'educazione dei testimoni di Geova costituisse un "pericolo per il bene dei figli", in base alle loro testuali parole e al loro modo d'interpretare il codice civile legato alla loro concezione del diritto nazionalsocialista. (26)
Le prime sentenze contro l'esercizio della potestà dei testimoni di Geova furono emesse, stando alle informazioni attualmente disponibili, nel febbraio 1936. Fu rimarchevole un procedimento d’appello svoltosi il 5 giugno 1936 nella pretura d'Amburgo su istanza del padre di due ragazzi contro una sentenza del 12 marzo 1936. Il rappresentante dell'ufficio di assistenza dei minori dominò il dibattito e si batté energicamente per la conferma della sentenza di primo grado, secondo cui la sottrazione della potestà era ammissibile, adducendo come motivazione le recenti esperienze relative al caso in cui "anche nell'orfanotrofio ogni tentativo di indurre il piccolo Alfred a fare il saluto tedesco era fallito. Poiché l'educazione impartita sin dalla tenera età era così profondamente radicata nei bambini, si doveva assolutamente sottrarli ai loro genitori per poterli rieducare e farli diventare membri utili della collettività nazionale". (27)
Le motivazioni dei genitori furono descritte nella sentenza in questi termini: il padre aveva dichiarato davanti alla pretura che "impartiva ai suoi figli un'istruzione biblica e che perciò non poteva impedire loro di rifiutare il saluto tedesco, poiché la salvezza può venire soltanto da Dio, non da un uomo". Alla domanda, se "fosse disposto ad educare i figli secondo i princìpi del regime, egli rispose che i suoi figli erano ammaestrati da Geova Dio".
Il tribunale provinciale confermò la sentenza di primo grado. Poiché i genitori avevano una concezione del mondo puramente religiosa e si rifiutavano di educare i figli "secondo i princìpi del regime", si ritenne necessario togliere loro la potestà sui figli: "Il bene spirituale dei figli è in gravissimo pericolo, poiché sono stati fuorviati da anni nella casa paterna su percorsi mentali che rendono loro quasi impossibile vivere nella collettività nazionale dell'attuale regime".
Il vero motivo della sottrazione della potestà non era il "bene dei minori" addotto come pretesto, ma finalizzato all’interesse del regime nazista ad integrare l’intera popolazione nel "mondo di valori della nazione". La "Hanseatische Rechts- und Gerichts-Zeitschrift" [Rivista anseatica di diritto forense] commentò lo spirito della sentenza nei seguenti termini: "I genitori devono essere privati della potestà quando la loro educazione ad un fanatismo bigotto estranea i figli ai valori dello stato nazionalsocialista". (28) Sul fatto che la condotta degli Studenti biblici fosse motivata da "fanatismo bigotto"le autorità statali non nutrivano alcun dubbio.
In altri casi, era il genitore non credente a chiedere di togliere la tutela del minore al coniuge credente. All’inizio del febbraio 1936 un uomo chiese all’ufficio per la tutela dei minori di Amburgo di togliere alla prima moglie la tutela che le era stata affidata nel 1931, poiché essa non voleva educare i figli secondo i princìpi del nazionalsocialismo. A dire il vero, l’ufficio di assistenza dei minori dovete ammettere innanzitutto che "la madre sotto il profilo del carattere e della moralità era una donna ineccepibile, che si prendeva amorevole cura dei figli, coi quali aveva una relazione particolarmente stretta", tuttavia, malgrado questo, dopo "un periodo di prova" di sei mesi, in cui fu tenuta costantemente sotto controllo dall’ufficio di assistenza dei minori, il tribunale ordinò di portare i figli sotto la tutela dello stato, dato che la testimone di Geova si era rifiutata di fare integrare i suoi figli di 10 e 11 anni nella comunità giovanile della nazione. Altri sei mesi dopo le fu tolta la tutela dei figli. Poiché la madre era rimasta "fedele ai princìpi dei ‘testimoni di Geova’" e impediva ostinatamente "l’integrazione dei figli nella comunità della gioventù hitleriana", si era deciso, "nell’interesse dei figli [...], che la madre perdesse la tutela dei figli". (29) I figli furono affidati a due diverse famiglie di agricoltori. Verso la fine della guerra essi si arruolarono per il servizio militare e furono fatti prigionieri. La separazione dalla loro madre durò complessivamente quasi dieci anni.
Troppo spesso i giudici si trovavano in imbarazzo nel formulare le loro argomentazioni, poiché erano soliti trattare situazioni familiari conformi a un modo di vivere allineato ai valori sociali del sistema, che molto difficilmente costituivano "un pericolo per il bene dei minori". Di conseguenza, la maggior parte delle vertenze giudiziarie in questioni di tutela dei minori divennero paradossali. Mentre da un lato la magistratura si preoccupava di provvedere "un’assistenza giuridica e tutelare" per il bene dei figli degli Studenti biblici "trascurati moralmente e spiritualmente", dall’altro lato non si potevano raffigurare altri effetti negativi della condotta dei genitori sul bene dei figli all’infuori del rifiuto dei consueti rituali nazisti. Spesso i tribunali giungevano a valutazioni particolarmente positive del profilo morale delle persone chiamate in causa, come si evince da un sentenza emessa nella seconda metà del 1937. Da un lato si censurava il "fanatismo religioso" e la "disposizione di spirito anomala", mentre dall’altro lato si notava nel minore eccellenti valori morali, come si evince dalla seguente argomentazione: "A prescindere dal rifiuto del saluto tedesco, la condotta del soggetto a scuola viene definita eccellente; intellettualmente sopra la media, col profitto migliore della classe, si distingue per diligenza, attenzione e impegno. Possiede ricca fantasia e un particolare talento per l’arte figurativa. Anche l’aspetto è straordinariamente simpatico. [...] Il giovane nota una maturità spirituale di gran lunga superiore alla media dei coetanei". (30) Tra la presunta negligenza nell’educare i figli, che i giudici si aspettavano di trovare, e il reale livello spirituale esisteva senza dubbio una grande discrepanza che spesso procurava ai giudici imbarazzo quando dovevano emettere le sentenze.
Dopo che fu sentenziata la sottrazione della potestà nei singoli casi trattati nel 1936 dagli uffici di assistenza dei minori, la Gestapo fece estendere questi provvedimenti a tutto il territorio del Reich dall’inizio del 1937. Con la circolare del 21 giugno 1937 il comando della polizia segreta di Berlino ordinò a tutti i distretti di polizia "di esercitare la loro influenza presso le competenti preture affinché fosse tolta, in base al § 1666 del Codice civile, la potestà a quegli aderenti all’Associazione internazionale degli studenti biblici, che con la loro opera illegale e con la loro professione di fede legata a suddetta associazione compromettano il benessere spirituale dei loro figli". (31) Esercitando questa influenza presso le preture, la Gestapo cercava d’influenzare la giurisdizione inerente a questioni legate agli Studenti biblici. Questi tentativi della Gestapo d’influenzare i tribunali civili ebbe conseguenze devastanti. Non solo il numero di sottrazioni della tutela dei minori aumentò enormemente, ma si usò anche un altro mezzo coercitivo, "l’educazione affidata ad enti assistenziali".
Affidata l’educazione ad enti assistenziali
Dall’anno 1937 venne disposta "l’educazione affidata ad enti assistenziali" ai sensi del § 62 della legge di tutela dei minori in stretta associazione con l’esautorazione dei genitori. Per la magistratura valeva sempre la necessità di questo provvedimento, quando l’educazione impartita dai genitori si contrapponeva ai princìpi esposti nella legislazione della gioventù hitleriana: "Tutta la gioventù tedesca, all’infuori della casa paterna e della scuola, dev’essere educata spiritualmente e moralmente secondo i princìpi del nazionalsocialismo al servizio del popolo e della collettività nazionale". (32) Questo comportava per i genitori sottostare agli stessi impegni educativi a cui era sottoposta la gioventù hitleriana. Poiché i testimoni di Geova non adempivano questi impegni educativi dettati dal regime e non permettevano ai loro figli d’integrarsi nella "gioventù hitleriana" o nella "federazione delle giovani tedesche", lo stato tedesco ritenne fosse suo dovere imporre ai minori figli di testimoni di Geova "l’educazione affidata ad enti assistenziali".
Nel 1937 la pretura di Schwäbisch-Gmünd trattò una vertenza con i coniugi Karl e Christine Uhlmann, che si erano battezzati come testimoni di Geova nel 1932. La causa verteva sulla sottrazione della loro potestà e sull’affidamento dell’educazione dei figli Ida ed Elisa ad enti assistenziali. Il tribunale respinse comunque la richiesta della direzione scolastica. La Signora Elise Kühnle, nata Uhlmann, rammenta quella vertenza giudiziaria: "Il pretore, anziano d’età, valutò le circostanze in maniera imparziale. Interrogò ciascuno di noi ragazzi individualmente. [...] Ad ogni modo, emise su noi un buon giudizio, mettendo agli atti che non vedeva la necessità di affidare la nostra educazione ad enti assistenziali, essendo ragazzi ben educati. Tuttavia, gli insegnanti non vollero darsi per vinti, ma continuarono a creare altri fastidi". (33) In seguito l’ufficio dell’assistenza dei minori ricorse in appello. Il tribunale provinciale dispose "un’educazione preventiva sotto tutela", contro la quale il Signor Uhlmann presentò subito ricorso presso il tribunale d’appello di Monaco di Baviera, che in data 3 dicembre 1937 si occupò del caso. La sentenza di seconda istanza, che fu menzionata da numerose riviste giuridiche e che ravvisava un abuso dei doveri di tutela da parte dei genitori perché legati "ai valori antipatriottici" degli Studenti biblici, fu formulata in questi termini:
"In questa controversia risulta incontestabile il fatto che il minore tedesco sia seriamente compromesso nel suo benessere spirituale (e morale) quando è educato nei valori religiosi degli Studenti biblici, perché quest’educazione lo estrania alla patria e alla collettività nazionale, rendendolo ostile ai regolamenti e alle leggi dello stato e incapace di diventare un membro utile alla collettività nazionale e di adempiere i suoi doveri verso lo stato e la società. [...] Una tale educazione, capace di imprimere in un giovane immaturo e privo di senso critico dottrine antisociali finalizzate a compromettere il suo rapporto con lo stato e la collettività, a grave discapito del suo benessere e della continuazione della sua vita futura, si scontra in maniera così palese contro il raziocinio e l’ordine sociale, che colui che è autorizzato all'esercizio dell’educazione, se - malgrado scrupoli religiosi – ha riflettuto profondamente, non può ignorare questa situazione e che, specialmente quando si ostina nel suo atteggiamento, nonostante questo gli sia stato censurato, debba essere giudicato come uno che agisce contro il discernimento e che quindi debba essere condannato per il cattivo uso della sua potestà. L’appellarsi alla sua convinzione religiosa non consente al genitore di esonerarsi dalla colpa. Qui non viene messo in discussione se al genitore sia lecito aderire singolarmente a quelli che definiscono insegnamenti religiosi, ma soltanto quali doveri educativi esso debba adempiere nei confronti del figlio minore e se l’educazione che impartisce sia compatibile con gli interessi del minore. [...] Un giovane, che abbia subìto i summenzionati effetti di tale educazione, verrà a trovarsi in uno stato considerevolmente carente di quelle qualità morali, che gli verrebbero invece trasmesse da un’educazione appropriata, e che, per la mancanza di questa premessa, sia da ritenere abbandonato moralmente. Con l’osservanza di questi princìpi, il tribunale provinciale, viste dimostrate le circostanze di fatto, ha ritenuto giustificata la conclusione [...] che nella casa paterna i due giovani siano esposti al pericolo dell’abbandono morale". (34)
Di quali "doti morali" mancavano i giovani al centro della controversia e in che consisteva quella "trascuratezza spirituale" e quell’offesa del "raziocinio"? Il tribunale non lasciò queste domande senza risposta, perché nella sentenza descrisse dettagliatamente la "questione di fatto".
"Dopo di ciò, in occasione della festa del lavoro nazionale le due giovani sono rimaste assenti senza giustificazione, sebbene fossero obbligate come scolare a partecipare alla festa. Inoltre avevano già rifiutato da molto tempo il saluto tedesco giustificandosi con un riferimento ad un passo biblico usato abitualmente dagli Studenti biblici. Ida aveva opposto un fermo diniego alla richiesta di un insegnante di mettersi dietro al Führer. Elise ha sempre rifiutato di cantare l’inno di Horst-Wessel e di disegnare la croce uncinata nell’ora di disegno. Alle due giovani erano state date ammonizioni e punizioni, ma senza successo". (35)
Il 5 maggio 1938 le giovani non fecero più ritorno a casa. Elise Kühnle rammenta come lei e sua sorella furono fermate in strada da agenti di polizia e due diaconesse di Stoccarda: "Un giorno un auto si fermò davanti alla scuola di Ahldorf. [...] Noi ci siamo rifiutate di entrarvi. Piangendo, abbiamo opposto resistenza, finché fummo trascinate dentro, perché non eravamo in grado di tener testa a poliziotti e insegnanti". (36) La famiglia Uhlmann è una delle tante "lacerate senza riguardo" per le loro convinzioni religiose. (37)
Questo caso aveva creato un precedente per analoghe sentenze di altri procedimenti giudiziari tenuti contro Studenti biblici: l’appartenenza all’Associazione internazionale degli Studenti biblici venne equiparata a una "minaccia per il bene dei minori". Con questa pretesa legalità trasformata artificiosamente in assioma giuridico, le autorità naziste poterono proseguire senza esitazione il "sequestro di minori" in proporzioni più estese. A questo riguardo, il Dr. Garbe commenta: "Chi dopo il 1937/38 si fosse professato Studente biblico, non solo veniva sicuramente condannato in tribunale alla prigione o deportato dalla Gestapo in un lager, ma solitamente veniva anche espropriato dei figli". (38) Le sentenze giudiziarie divennero standardizzate con questa schematica formulazione:
Affidamento a "famiglie adottive" e internamento in "collegi"
Il provvedimento giudiziario relativo all’educazione affidata ad enti assistenziali significava per i giovani un allontanamento dai loro genitori per un periodo di anni, in alcuni casi senza alcuna possibilità di contatto o collegamento. Quasi tutti i giovani separati dai loro genitori prima della guerra, restarono lontani dalla loro casa per sei o anche più anni. Nella totale incertezza e col terrore causato dallo stato di guerra, resistettero giorno per giorno. La maggior parte dei metodi educativi adottati presso istituti o famiglie adottive miravano a reintegrare i giovani nella "collettività nazionale". Le conseguenze, "sotto il profilo umano, erano commoventi". (40) Dietro ogni caso di sottrazione di potestà e di educazione in enti assistenziali si celano tragedie quasi inenarrabili.
Ad esempio, il quattordicenne Willi Wohlfahrt, un figlio minore del detenuto Studente biblico Franz Wohlfahrt, e i suoi fratelli Kristian, Ida e Anni furono sottratti ai genitori nel 1943 ed internati in un istituto di Landau (Palatinato), nel quale ricevettero l’istruzione nazionalsocialista. Nel febbraio 1945, all’età di sedici anni, fu arruolato nelle truppe d’assalto per difendere le linee del fronte, dove alla fine morì. (41)
Anche i tre più giovani figli della famiglia Kusserow, la tredicenne Elisabeth e i suoi fratellini Hans-Werner di nove anni e Paul-Gerhard di sette anni, non fecero più ritorno a casa. Nel febbraio 1939, su richiesta del direttore scolastico, la polizia li prelevò dalla scuola e li portò, all’insaputa dei genitori, direttamente in un istituto di rieducazione a Dorsten, nel quale venivano internati prevalentemente giovani criminali. Per settimane, la loro madre – il padre allora era in stato di arresto preventivo – era rimasta all’oscuro su quello che era capitato ai suoi fili minori. Grazie alla loro buona condotta, essi furono rilasciati dopo alcuni mesi, ma non per tornare a casa, bensì per essere portati dalla Gestapo a Nettelstadt presso Minden in un istituto di educazione nazionalsocialista. In seguito furono separati l’uno dall’altro per essere destinati al lavoro coatto presso "famiglie adottive". Il più giovane di loro, Paul-Gerhard, dovette lavorare presso un agricoltore di Spiddinghausen "sotto il controllo della direzione del partito". Nonostante i sei anni di separazione dalla famiglia, restarono fedeli alla loro fede cristiana. Leggevano la Bibbia segretamente "sotto il loro letto". Nonostante i maltrattamenti subìti, rifiutarono senza eccezioni il saluto a Hitler e il giuramento di fedeltà alla bandiera. (42)
La separazione dai genitori diventava particolarmente dolorosa, quando ai figli giungeva la notizia che i genitori o i fratelli erano stati condannati a morte. Sono noti vari casi come questi. (43) Ad esempio, Horst Henschel racconta che, mentre era a scuola, suo padre fu arrestato. Quando "tornò a casa, suo padre non c’era più" e Horst non lo rivide mai più. Mentre con la sua sorella minore fu affidato alla tutela di parenti nazisti, il loro padre fu condannato dal tribunale militare alla decapitazione, che fu eseguita il 10 maggio 1944. Malgrado "grandemente addolorato e in lacrime, fu anche lieto di sapere che il padre era restato fedele a Geova fino alla fine". Anche la morte della sua sorella ventunenne Elfriede, subentrata per difterite e scarlattina contratte nelle precarie condizioni igieniche nel luogo di prigionia, lo abbatté profondamente. Nonostante queste dolorose circostanze e il rifiuto dei suoi parenti di fargli leggere la Bibbia, gli riuscì di procurarsi comunque una Bibbia da una vicina di casa e di attingere nuova forza dalla lettura clandestina e dalla preghiera.
La maggior parte dei figli degli Studenti biblici, già molto tempo prima di essere affidati a enti di educazione, in non pochi casi anche diversi anni prima, avevano subìto le umilianti minacce e i tentativi d’indottrinamento dei loro insegnanti e compagni di scuola, ragion per cui il vigore della loro fede già consolidata consentì loro di non fare alcun compromesso.
In quasi tutti i casi, forse ad eccezione dei giovanissimi, le autorità naziste, gli istituti di rieducazione e le famiglie adottive non riuscirono a piegare il cuore che i figli degli Studenti biblici avevano addestrato con la verità biblica e ad allontanarli dai princìpi che avevano assimilato con lo studio biblico familiare, grazie al quale avevano potuto imitare esempi di fedeltà come quello dei tre giovani ebrei prigionieri di Babilonia, che, essendosi rifiutati di adorare un’immagine d’oro, erano stati gettati dentro una fornace ardente, o l’esempio del profeta Daniele, che, non avendo smesso di adorare Geova Dio nonostante il divieto regale, fu gettato dentro una fossa di leoni. Grazie alla loro fedeltà ai princìpi biblici la maggior parte di loro resistettero ai tentativi dei nazisti di integrarli nel sistema.
A causa della pluriennale separazione dai genitori e dell’eccessivo stress psichico, soltanto pochi di loro furono indotti a fare compromesso. Nella documentazione della Società Torre di Guardia si legge che alcuni giovani, "che erano stati separati dai loro genitori, avevano subìto un momentaneo indebolimento della fede, mentre erano minacciati dai capi del ‘movimento’di finire in un lager nazista". (44) Ad esempio, Horst Henschel rammenta che un suo parente aveva pregato gli insegnanti di non infliggergli più punizioni se si fosse rifiutato ancora di fare il saluto tedesco. In effetti, sia gli insegnanti che altri conoscenti mutarono il loro atteggiamento verso il piccolo Horst. Non lo punivano più per il suo rifiuto di scendere a compromessi, ma adottarono un atteggiamento affabile e amichevole nell’intento di destare in lui uno spontaneo desiderio di aderire ai valori del nazionalsocialismo. Horst rammenta di essere tornato di sua iniziativa nella gioventù hitleriana, sebbene nessuno ve lo avesse costretto e mancassero solo pochi mesi alla fine della guerra. (45)
I giovani che avevano resistito alle pressioni d’indottrinamento nazista furono schedati come "difficilmente correggibili" ed in seguito internati in campi di concentramento per minori sotto il controllo della polizia. Ad esempio, nel lager per minori di Moringen era detenuto un piccolo gruppo di Studenti biblici. A motivo della loro convinzione religiosa rifiutarono coraggiosamente di lavorare nella fabbrica di munizioni sotterranea. Secondo la testimonianza di un ex detenuto, un giovane Studente biblico, a cui era stato assegnato questo lavoro per la prima volta, si era fermato sulla soglia del bunker dicendo enfaticamente che non avrebbe mai preso in mano né armi né munizioni. Dopo di che alcune SS lo afferrarono e gli misero dentro la camicia alcune granate, "picchiandolo fino a farlo svenire. Allora pensammo che fosse morto. Invece era tenace. [...] In seguito acconsentì di entrare nella fabbrica di munizioni, ma solo per farvi le pulizie. Non gli misero mai più in mano munizioni". (46) In un altro caso una SS aizzò dei detenuti contro un altro giovane Studente biblico per essersi anche lui rifiutato di lavorare alle munizioni. Come ha riferito un testimone oculare, i detenuti ubbidirono a quel comando poiché "a causa del suo rifiuto di collaborare nella fabbrica di munizioni, a loro era toccato di fare più lavoro. Erano infuriati contro di lui credendolo scansafatiche. Non capivano che cosa significasse essere Studente biblico. [...] Li vidi picchiarlo selvaggiamente fino a fargli perdere i sensi". (47) Una pubblicazione di storia nazionale narra di un testimone di Geova in un lager per minori, il quale fu picchiato a morte per aver rifiutato di fare compromessi". (48)
La persecuzione dei figli degli Studenti biblici continuò nei campi di lavoro e di concentramento in cui dovettero stare in condizioni disumane, spesso separati per molti anni dai loro genitori, soffrendo continua insicurezza e angoscia mortale.
La separazione come importante componente dello strumentario persecutorio
Per risolvere il problema degli Studenti biblici, i nazionalsocialisti usavano questi mezzi assisten-
ziali e giuridici volti a conseguire effetti psicologici sulle loro vittime. Dopo il 1937, chiunque si fosse professato Studente Biblico, sarebbe stato perseguito dalla Gestapo o dalle autorità non solo per finire con assoluta certezza dentro un campo di concentramento, ma solitamente anche per essere privato dei suoi figli. La rieducazione coatta divenne un potente mezzo di pressione, tanto che - come afferma Garbe - in alcuni casi dei genitori "preoccupati della sorte dei loro figli e della loro famiglia, […] per lo meno a causa dei loro figli, cedettero a compromessi". (49) Ad esempio, un padre disse quanto segue: "Ci minacciarono di sottrarci la figlia più giovane, se non l'avessimo iscritta nella federazione delle giovani tedesche. Dovemmo adeguarci, ma nostra figlia vi è andata poche volte ed è poi restata con noi" (50) Malgrado la perdita del lavoro e lunghe pene detentive, il padre della giovane rimase saldo.
Nella maggior parte dei casi, però, le pressioni esercitate dalla Gestapo sulle famiglie restarono senza successo. Ad esempio, la Signora Marie Appel rammenta i tentativi di dissuasione operati su suo marito nello stato di detenzione preventiva: "Si sperava di fare indebolire la sua determinazione, rinfacciandogli quotidianamente nella maniera più aspra la colpa di essere disonesto e senza scrupoli nel venire meno verso la sua famiglia". (51) Sebbene i suoi figli di 9, 10, 14 e 15 anni fossero stati internati in enti di rieducazione e le condizioni di sussistenza della famiglia fossero state distrutte, Rolf Appel rimase fermo. In seguito alla sua renitenza al servizio militare, il tribunale di guerra lo condannò a morte il 29 agosto 1941 e sei settimane dopo lo fece giustiziare. Nell'ottobre 1944 suo figlio Walter, che aveva compiuto 17 anni, seguì il suo esempio; dopo oltre tre anni di separazione dalla famiglia, a motivo del "suo rifiuto di fare il servizio militare e del lavoro", fu giustiziato a Königsberg dalle SS. (52) Molti giovani testimoni di Geova condivisero la sua sorte (53). La privazione della potestà e l’ingiunzione di rieducazione tutelare nelle cause intentate contro gli Studenti biblici costituivano un’importante componente dello strumentario persecutorio nazionalsocialista. Non ci è stato possibile sapere il numero esatto dei casi in cui i figli dei testimoni di Geova furono sottratti ai loro genitori per via giudiziaria. "L’Annuario 1975" riporta comunque per lo meno 860 casi, sottolineando però che "potevano essere molto di più". (54) Anche il Dr. Garbe trae dalla sua ricerca questa conclusione: "Il numero dei giovani sottratti ai genitori era molto più alto" di quello rilevato negli anni 1971-1973 e nell’"Annuario 1975". (55) Inoltre egli accerta che "l’aumento di tali ordinanze, che condussero alla standardizzazione dei procedimenti giudiziari indetti contro tutti i gruppi di oppositori nel loro insieme, come ad esempio i comunisti, socialdemocratici, azione cattolica o la chiesa professante, [...] è rimasto sconosciuto". (56)
Da questa ricerca sulla crescente persecuzione dei figli dei testimoni di Geova emergono l’instabilità e l’insicurezza del sistema nazionalsocialista. Bersagli dei mezzi coercitivi nazisti contro gli Studenti biblici su tutto il territorio del Reich furono soltanto alcune centinaia di giovani a motivo di una moralità agli antipodi dei valori nazisti. Malgrado il loro numero esiguo e relativamente insignificante, furono considerati dallo stato nazista un grave pericolo per l’altra gioventù, dimostrando eloquentemente che coloro che detenevano il potere politico non erano per niente convinti dei loro valori. Le contromisure adottate contro la deviazione causata da "abbandono morale e spirituale" e "il bene dei giovani" erano solo pretesti per le loro ordinanze giuridiche. I veri motivi erano il timore che l’intero patrimonio di princìpi e sentimenti, non di rado definiti dai nazisti "fanatismo bigotto", attecchisse nei giovani così profondamente da essere inestinguibile, e anche la vera e propria fallacia dell’opinione che il nonconformismo degli Studenti biblici causasse grave danno e il declino della nazione tedesca. In preda alla disperazione, lo stato nazista si accanì con ogni mezzo legale ed esecutivo su alcuni giovani innocenti e del tutto inoffensivi nell’intento di convertirli al nazionalsocialismo, senza tuttavia riuscire a sopraffarli.
La separazione coatta dei figli dai loro genitori Studenti biblici può essere definita un vero e proprio "rapimento istituzionalizzato". (57) Questi mezzi coercitivi usati contro i giovani educati nella fede cristiana danno prova dell’insensibilità e amoralità dei nazionalsocialisti.
Christian Leeck frequenta il Ginnasio di Wuppertal e partecipa al dodicesimo corso di storia del Dr. Michael Harscheidt. Dal gennaio 1997 si occupa delle persecuzioni dei testimoni di Geova e della loro resistenza al regime del Terzo Reich. Le fonti bibliografiche, le illustrazioni e i riferimenti contenuti nel testo possono essere richiesti alla e-mail dell’Autore: Christian.Leeck@t-online.de
Dello stesso autore il Saggio:
"I bambini dimenticati degli Studenti Biblici".
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