Premessa
Lo scienziato deve fare ordine: la scienza si fa con i fatti così come una casa si fa con i mattoni; ma l'accumulazione dei fatti non è scienza più di quanto un mucchio di mattoni non sia una casa.
J.H.Poincaré
|
Il lavoro di didattica della fisica che qui presento costituisce il frutto di alcuni anni di esperienza e di riflessione nell'ambito delle attività di insegnamento del Corso di Fisica e Laboratorio tenuto presso un liceo scientifico statale.
Sembra difficile scrivere ancora un libro dedicato al modo di condurre un esperimento di fisica e trovare qualcosa di nuovo e di interessante da raccontare. Eppure, anche questo settore della scienza evolve, sebbene lentamente, e sedimenta nuove idee oltre a rinnovate possibilità metodologiche e apertura di inconsueti scenari sul piano della prassi concreta dell'indagine scientifica permettendo di discutere qualche originale intenzione che riguarda la pratica empirica di laboratorio.
Lo scopo che mi sono prefisso è quello di fornire un esempio di condotta di esperimento di laboratorio abbastanza completo e articolato su un argomento molto conosciuto e sviluppato in tutti i programmi di fisica dei vari ordini scolastici.
L'iniziativa di presentare un esperimento di fisica semplice e significativo nelle sue linee metodologiche e contenutistiche ha il pregio di continuare una nobile e importante tradizione, che mi ha portato sempre a vedere il Laboratorio di fisica e la dimensione empirica della disciplina occupare una parte significativa delle mie attenzioni nello sviluppo di un curricolo triennale liceale di fisica. Mi ritengo uno di quegli insegnanti che crede molto nella funzione centrale e decisiva del Laboratorio nella didattica della fisica, perché in questo modo, a mio parere, si perpetua nel tempo quel processo di rivalutazione del sapere scientifico che ha sempre visto la dimensione sperimentale essere un momento importante e un punto di riferimento significativo del fare fisica.
L'obiettivo principale di questo modo di articolare il discorso è quello di consentire agli allievi di riflettere adeguatamente sulle tematiche proprie della natura del sapere scientifico che considera l'esperimento di fisica come uno dei momenti più importanti di realizzazione del metodo sperimentale.
Ci si rende perfettamente conto che, per quanto ovvii sul piano della teoria della didattica, la realizzazione di esperimenti da parte degli allievi e la applicazione della legge attraverso l'analisi di fenomeni trattati da un punto di vista quantitativo sono frequentemente disattesi dalla pratica corrente dietro la motivazione della scarsità di tempo. Si ritiene a questo proposito che sia meglio ridurre considerevolmente il numero degli argomenti trattati piuttosto che dare una immagine distorta di una disciplina scientifica sviluppandone esclusivamente l'aspetto 'discorsivo'.[1]
In Italia per diversi motivi, che non è qui il caso di commentare, l'insegnamento della fisica ha sempre privilegiato i processi deduttivi e teorici piuttosto che quelli induttivi e sperimentali favorendo pertanto un apprendimento passivo e recettivo di concetti e di idee invece che privilegiare una metodologia di indagine conoscitiva spiccatamente autonoma, riflessiva e critica basata sull'esperienza.
Salvo rare ed episodiche eccezioni, l'insegnamento della fisica è sempre stato, nel nostro paese, in gravissima crisi. Lo è anche oggi e, forse, lo sarà anche domani. Le ragioni che hanno prodotto questo stato di cose sono da ricercare nelle più svariate e diverse situazioni. Una di queste è sicuramente quella che riguarda l'eccessiva astrattezza e il considerevole apriorismo con cui è stata e viene ostinatamente presentata la scienza in generale e la fisica in particolare.
Il metodo tradizionale di insegnamento della fisica ha sempre sviluppato meccanismi di indagine sintonizzati su tecniche di comunicazione orali e formali, caratterizzati da una quasi totale assenza di esperimenti di laboratorio. Viceversa, per una nutrita serie di ragioni il Laboratorio è da me considerato essenziale nel processo curricolare della disciplina e inscindibile da un corretto insegnamento formativo.
In primo luogo perché aiuta lo studente a ragionare; sviluppa lo spirito critico e contribuisce direttamente al suo definitivo passaggio da uno stadio di sviluppo intellettuale concreto-operazionale ad uno formale-astratto.
In secondo luogo poiché integra consapevolezza teorica e operatività manuale, permette di superare la separazione innaturale ed artificiale tra le “due Culture” e attribuisce pari dignità e valore ai vari aspetti dell'attività umana, intellettuale e tecnico-pratica.
Infine, perché realizza operativamente, uscendo dal vago e dalle nebulosità teoriche, la linea metodologica (catena delle operazioni intellettuali) del metodo sperimentale, laddove si identifica quest'ultimo come metodo di indagine e schema razionale di studio e di analisi fisica dei fenomeni naturali, abituando gli allievi ad un "habitus" mentale veramente scientifico e fornisce loro, di riflesso, un ampio e polivalente spettro di capacità e conoscenze.
Il processo di realizzazione di una esperienza, di elaborazione e interpretazione dei dati sperimentali, di costruzione di un modello, di formulazione di un'ipotesi, di astrazione di una legge e di una successiva organizzazione di più leggi in teoria, è estremamente formativo, perchè costringe lo studente ad essere non più spettatore, più o meno passivo, ma protagonista di un lavoro significativo e motivante. Esso permette di costruire, con l'aiuto e la guida dell'insegnante (inteso correttamente come creatore e organizzatore di situazioni di apprendimento utili e necessarie), il proprio edificio scientifico-culturale con indubbia motivazione al lavoro stesso.
In questa prospettiva quale può essere il ruolo dell'esperimento e del Laboratorio? Se partiamo dall'idea che la dimensione empirica della fisica è un elemento fondamentale della didattica di questa disciplina allora l'esperimento assume una triplice valenza.
In primo luogo, perché una legge scientifica può avere la portata che ha solo se viene messa in relazione ad un contatto col mondo reale che ne dimostri la validità e la significatività.
In secondo luogo, perché la costruzione scientifica è costituita da un incessante, mutuo, fertile e oscillante rapporto tra momento teorico e momento sperimentale.
In terzo luogo, infine, perché permette di esplicitare i vincoli generali ai quali devono sottostare le buone ipotesi scientifiche per diventare leggi fisiche permettendo, peraltro, di capire quali sono le norme (i canoni metodologici) che dirigono le attività a cui tutti devono sottomettersi nella accettazione delle leggi della fisica.
Un esperimento scientifico è un procedimento che consiste nel far apparire un determinato effetto, investigabile ed analizzabile, in circostanze preparate secondo un piano preciso e in funzione di certe ipotesi relative ai possibili effetti. Caso tipico d'esperimento è far emergere una dipendenza funzionale fra grandezze variabili. Se c'è motivo di ritenere, per via di talune ipotesi, che una data grandezza B dipenda da una grandezza A, in un dato sistema che può in generale comportare altre grandezze, e se si desidera precisare la natura della relazione fra le grandezze A e B, si fa variare in modo sistematico la grandezza A, mantenendo fisse le altre o comunque neutralizzandole, e si osserva quali sono i valori assunti dalla grandezza A. Si può allora sulla base dei dati numerici raccolti, trovare per approssimazione la funzione che meglio rappresenta la funzione studiata.[2]
Lo scopo principale di un esperimento di fisica, dunque, è specificamente quello di tracciare un itinerario significativo che permetta di pervenire alla legge di un fenomeno fisico partendo da una serie di misure di grandezze fisiche rilevate sperimentalmente durante una esercitazione di laboratorio di fisica nel quadro di un apparato teorico. In questo quadro programmatico mi propongo esplicitamente l'obiettivo di ricercare sperimentalmente la correlazione fisico-matematica esistente fra alcune variabili caratteristiche di un fenomeno fisico, attraverso procedimenti sia induttivi, sia ipotetico-deduttivi che evidenzino, in maniera chiara e significativa, la natura empirica della fisica.
In una prospettiva più ambiziosa e culturalmente più significativa l'intento è quello di porre l'accento sui caratteri distintivi della scienza fisica, cercando di far vedere quest'ultima come "un progresso di idee tendente a una rappresentazione concettuale sempre più unificata della realtà" [3] che, sebbene non deduce da principi a priori le leggi della natura, ha la necessità di avere quadri di visione come ordine di concetti che scaturiscono da una opportuna collaborazione di considerazioni sperimentali (esperienze), di argomentazioni teoriche e di intuizioni elementari eletti a sistemi di ipotesi. In una logica epistemologica corretta, poi, queste asserzioni ipotetiche, queste congetture, si cimentano e si correggono in un costante interscambio di flussi conoscitivi nella verifica delle conseguenze dedotte, nella conferma di risultati previsti, cedendo così a induzioni sempre più precise e comprensive.
Com'è noto il presupposto della fisica come scienza empirica è il metodo sperimentale posto a fondamento dell'attività di indagine nella costruzione del sapere scientifico.
Quando si parla di metodo sperimentale vengono quasi sempre in mente dei luoghi comuni che si legano ad alcuni stereotipi più frequenti quali “dal particolare al generale”, “l'importanza dell'esperimento”, “l'induzione di una legge fisica da una serie di dati sperimentali”, ecc... Vale la pena spendere qualche parola per chiarire subito di che cosa si tratta.
Non vi è dubbio che nella scienza empirica in generale, e nella fisica in particolare, la costruzione del sapere scientifico passa sempre attraverso una sequenza di processi che riguardano la maniera mediante la quale si perviene alla acquisizione e alla accettazione della conoscenza.
Questo processo di acquisizione ubbidisce ad una logica ben precisa che alcuni Autori basano su un ciclo epistemologico che riguarda una terna di azioni ben precise. Esse sono la Rappresentazione, l'Intervento e il Controllo.
Immaginiamo di accingerci ad esaminare le modalità con cui avviene un fenomeno. Il fatto stesso di avere scelto quel fenomeno e di volerlo conoscere più in dettaglio significa che del fenomeno ci siamo già fatti delle "idee", anche se provvisorie e che vogliamo sottoporre a prova. In altre parole, abbiamo intenzione di operare basandoci sui poteri di lavoro contenuti in un certo modello del fenomeno: siamo nella casella "Rappresentazione" nel ciclo epistemologico. Il secondo passo è progettare un "Intervento", cioè controllare se le osservabili contenute nel modello, o almeno alcune di esse, sono veramente legate dalle relazioni ipotizzate... Il terzo passo consiste nel "Controllo" dei risultati dell'intervento. Contiene tutta una serie di operazioni di raccolta e di confronto dei risultati e soprattutto la discussione del loro significato e validità rispetto alla ipotesi di partenza. Se il controllo conferma le predizioni contenute nell'ipotesi, l'ipotesi stessa viene rafforzata; se numerosi e diversificati tipi di intervento e di controllo portano tutti ai risultati previsti dal modello ipotizzato, il modello diventa sempre più attendibile ed accettato dalla comunità scientifica... L'insieme delle fasi di Rappresentazione ® Intervento ® Controllo, formano nell'ordine, il processo di deduzione. D'altra parte, se dal controllo dei risultati dell'intervento si ricavano conclusioni contrastanti coll'ipotesi, si deve concludere che il modello è falso: deve valere un altro modello il quale sostituisca il precedente nella casella "Rappresentazione". Il difficile è trovarlo. Il processo attraverso il quale vengono generate nuove teorie è detto induzione. Si è soliti contrapporre i due processi di deduzione ed induzione affermando che il primo è un processo di ragionamento che porta dal generale al particolare ed il secondo viceversa. Visti alla luce del ciclo epistemologico, i due processi risultano in realtà diversi da tale semplicistica definizione e molto più ricchi di significato. Il primo richiede al ricercatore un profondo senso della realtà scientifica e l'intuito necessario per identificare quali sono i parametri critici da puntualizzare nell'intervento. Il secondo comporta fantasia e forza di sintesi, senza le quali non è possibile disporre ed organizzare in un nuovo modello i dati disponibili; in altre parole richiede alla mente umana la potenza necessaria alla creazione del nuovo. Proposto un nuovo modello, il ciclo ricomincia: la teoria viene controllata tramite intervento; un sì la conferma (o corrobora, per usare la terminologia corrente), un no la può bloccare.[4]
Come si può notare questa maniera di affrontare la gestione dei processi scientifici costituisce la via privilegiata dell'acquisizione della conoscenza scientifica. E' evidente altresì che l'unico tribunale inquisitore in grado di confermare o meno la veridicità di un modello e, quindi, delle asserzioni proposte è l'esperimento che, in ultima analisi, costituisce il punto finale attraverso il quale si concludono tutte le dispute teoriche. In ciò consiste il metodo sperimentale o metodo galileiano. Esso
prende il nome da Galileo, che in veste di filosofo, o meglio metodologo, propose il metodo e se ne fece attivo propagatore come dell'unico metro indipendente da ideologie con cui costruire la scienza... La logica della scienza è interna alla scienza stessa e le sue leggi sono assolutamente indipendenti da altre strutture costruite dall'uomo.[5]
Il ciclo precedente è molto generale. Da un punto di vista più specificamente operativo partirò dall'idea fondamentale che studiare un fenomeno fisico significa che
si vuole cercare di sapere come si sviluppi, da cosa sia provocato, cosa possa influire sul suo svolgimento. Per far questo dobbiamo dapprima essere in grado di osservare il fenomeno più volte sia in identiche condizioni, che in condizioni diverse, che possano influire sul suo svolgimento. Il poter osservare un fenomeno quante volte vogliamo, significa che lo sottoponiamo a esperimenti. Perchè un esperimento sia ben fatto occorre che le condizioni in cui si fa avvenire il fenomeno ciano ben note e controllate dallo sperimentatore...Osservare un fenomeno in un esperimento significa compiere delle misure su di esso durante il suo svolgimento. Per poter fare delle misure su di un fenomeno nel corso di un esperimento occorre prima trovare quali proprietà caratteristiche del fenomeno occorra osservare... Si chiamano grandezze fisiche le proprietà misurabili in qualsiasi fenomeno.[6]
In questa prospettiva e in un senso almeno approssimativo e non rigoroso l'essenza del metodo consiste nel concetto di variabile indipendente come variabile "manipolata" dallo sperimentatore in situazione controllata, nell'intento di accertare la validità di una relazione di interdipendenza espressa con linguaggio matematico e ipotizzata nell'ambito di un modello teorico fra l'andamento di questa variabile fisica e l'andamento di un'altra grandezza, chiamata variabile dipendente, entrambe caratterizzanti l'evoluzione del sistema fisico in studio. Definito quest'ultimo come un insieme di elementi che si trovano in interazione si può affermare che l'oggetto dell'indagine teorica ed empirica è il fenomeno che si manifesta nella realtà indagata. Realtà che ha una sua struttura e che deve essere investigata sia con la costruzione di un modello fisico, sia con la formulazione di ipotesi di comportamento fisico, sia mediante attività di indagine di tipo quantitativo-operazionale, basata su meccanismi operativi di misurazione e attraverso rilevazione di informazioni numeriche (dati), in maniera tale da costruire una forma oggettiva di conoscenza (legge del fenomeno) che permette di comprendere, spiegare e prevedere il complesso mutamento degli elementi del sistema che esprimono il fenomeno indagato.
Da questo punto di vista il ruolo del Laboratorio nella didattica di un corso triennale liceale è in stretto rapporto con l'esigenza di mettere a fuoco le implicazioni di carattere metodologico che riguardano la gestione delle attività empiriche in un laboratorio e le procedure più strettamente tecniche (metodo dei minimi quadrati, metodo grafico di anamorfosi, legge di propagazione degli errori, test del c², ecc...) che caratterizzano la fase di elaborazione dei dati per la conferma, o meno, del modello proposto.
Non si dimentichi mai che l'attività sperimentale di laboratorio, cioè gli esperimenti, costituiscono l'elemento forse più significativo e peculiare che caratterizza la fisica come disciplina scientifica di tipo empirico rispetto alle discipline umanistiche e alla stessa Matematica.
Duplice è, dunque, il ruolo che svolge il Laboratorio : da un lato v'è il tentativo di evidenziare tematiche di carattere generale molto importanti, volte a costruire processi che si pongono lo scopo di ricercare, mediante una attività di “riscoperta guidata”, le leggi dei fenomeni in studio nella forma smagliante della “ricerca”, dell'esame concreto, dell'esperienza vissuta in forma personale. Dall'altro, v'è la consapevolezza dell'importanza di far emergere nuclei di contenuto fisico che collocano al centro dell'indagine scolastica l'uso intelligente degli strumenti fisico-matematici al servizio di una attività di tipo empirico nel panorama della ricerca scientifica.
L'esperimento che mi accingo a proporre è essenzialmente uno studio fisico di un fenomeno, ottenuto analizzando il fenomeno stesso in termini di indagine quantitativa. La peculiarità che lo contraddistingue è semplicemente quella di proporre un "percorso culturale" completo, in grado di esaminare e spiegare, in termini di sintesi unificatrice, una classe di fenomeni anche diversi. Esso in definitiva si propone di polarizzare l'attenzione dell'allievo più che sulla precisione conseguita, sui processi e le metodologie afferenti al mondo della elaborazione dati che costituiscono, a giudizio dei più, il discorso scientifico portante delle scienze empiriche.
Particolarmente significativo sembra poi il tipo di approccio che userò, basato sul concetto di integrazione tra teoria e pratica di laboratorio, tra metodologie matematico-statistiche e procedimenti induttivi, tra tematiche teoriche e processi empirici, tra analisi fisica e riflessione epistemologica.
Nell'uso del laboratorio, M. Mayer evidenzia ciò che il laboratorio non deve essere:
Non deve essere un luogo di verifica di leggi, né di dimostrazioni, dato che le verifiche, limitate poi a un solo esperimento, non hanno senso; né può essere ridotto, se vogliamo che sia un laboratorio scientifico, ad un luogo in cui si collezionano dati o osservazioni. Ma può essere il luogo in cui ipotesi già discusse cercano il loro riscontro sperimentale; in cui teorie proposte dagli studenti, elementari e ingenue certo, si confrontano; in cui i dati raccolti vengono organizzati in leggi dei cui limiti di validità si è consapevoli; in cui si “progetta” l'esperimento, e non solo lo si esegue. D'altra parte se il controllo sperimentale delle ipotesi non fosse necessario, in che cosa Galileo sarebbe diverso dagli aristotelici, e la filosofia, o anche la matematica, sarebbero diverse dalle scienze naturali? Il laboratorio ha quindi un senso, anche epistemologico, se è chiaramente un luogo di ricerca, in cui la discussione, le domande e le risposte, non avvengono solo tra gli studenti, o tra gli studenti e l'insegnante, ma tra studenti e fenomeni, oggetti, fatti, sensazioni...
La modalità di svolgimento del lavoro è essenzialmente centrata sul metodo della riscoperta guidata della legge di un fenomeno piuttosto che sulla generica verifica sperimentale della legge stessa, al fine di evitare una banale e meccanica attività di verifica.
Più esplicitamente il percorso didattico prevede alcune fasi ben precise e determinate che prevedono un alternarsi di esposizioni teoriche, di interventi empirici e di elaborazioni matematiche di dati.
Di sicuro v'è l'idea che solo nel loro insieme queste componenti sono in grado di dare una immagine completa del modo con il quale oggi la ricerca scientifica opera concretamente nel campo dell'acquisizione della conoscenza. In particolare svilupperò l'indagine attraverso i seguenti momenti operativi: studio dei problemi scientifici e analisi di situazioni problematiche, formulazione di ipotesi esplicative, costruzione di modelli interpretativi, organizzazione dei dati (tabelle e grafici), conferma di correlazioni tra grandezze, comparazione tra modelli e dati, corroborazione ripetuta degli asserti legislativi e relativo confronto tra comportamento sperimentale, comportamento descritto dal modello e comportamento previsto dalla legge.
Com'è noto
il processo mediante il quale si sviluppa la conoscenza scientifica si basa su di una continua interdipendenza tra la fase dell'osservazione sperimentale - tradotta nella misura delle grandezze fisiche che consentono la descrizione del fenomeno in studio - e la fase relativa alla costruzione di uno schema teorico-interpretativo. In generale, partendo da un'osservazione sperimentale si procede verso la formulazione di un modello teorico, che il più delle volte, suggerisce la necessità di nuove verifiche sperimentali e quindi nuove misure, necessariamente più accurate di queste o di altre grandezze fisiche. E' l'insieme dei dati sperimentali raccolti che stabilisce se il modello teorico proposto è completamente provato dall'esperienza, oppure se questo insieme non è sufficientemente accurato, così da richiedere nuovi dati con i quali verificare ancora la teoria. Ed è proprio questo insieme di dati che può essere in grado di indicare la non corrispondenza della teoria all'osservazione sperimentale e quindi la necessità della formulazione di un nuovo schema interpretativo.[7]
Per conseguire questo obiettivo procederò utilizzando un approccio metodologico basato su fasi successive, nelle quali si possono individuare, a grandi linee, i seguenti momenti di riflessione specifica :
- analisi preliminare del fenomeno con assunzione di alcune ipotesi generali che costituiscono il modello teorico in esame;
- formulazione di una ipotesi inerente alla dipendenza funzionale tra le varie grandezze fisiche in esame;
- progettazione ed esecuzione dell'esperimento, in modo tale da rilevare tutti i dati necessari e le informazioni che riusciranno utili nella successiva fase di elaborazione. In particolare userò ripetutamente il metodo della 'separazione delle variabili' attraverso il quale si mantengono fisse alcune grandezze fisiche - cioè si conservano nelle condizioni in cui si trovano - e si fa variare una delle altre per vedere la sua influenza su quelle rimanenti;
- elaborazione dei dati forniti dall'esperienza; tratterò le informazioni numeriche secondo convincimenti matematici, riassumendole in tabelle ordinate di dati, in grafici cartesiani ed equazioni dai quali, in seguito, confermerò l'ipotesi formulata in precedenza corroborandone ripetutamente la struttura matematica della legge fisica;
- discussione dei risultati, limiti di validità della legge 'scoperta', considerazioni critiche e rilievi finali.
A conclusione di questa serie di argomentazioni generali mi preme osservare, tuttavia, che un esperimento di fisica non consiste soltanto nel registrare quel che succede al banco di un'aula sperimentale. Nell’esperimento, la fase della registrazione dei dati non è la sola che ha significato. Invero, è più importante tutto quello che precede e segue la fase di rilevazione delle informazioni quantitative perché sembra manifestamente ovvio che per ottenere qualche effetto fenomenico è necessario attuare tutta una serie di interventi e di preparativi che permettano poi allo sperimentatore di manipolare e ripetere più volte artificialmente il fenomeno stesso eliminando quelle cause che ne possono perturbare lo svolgimento, cioè operando in condizioni più adatte alla ricerca. Da questo punto di vista l'esperimento può essere definito come una ripetizione artificiale del fenomeno in condizioni controllate col presupposto di un inquadramento preliminare di tutta la serie di interventi empirici, teorici e strumentali.
Un aspetto che didatticamente ritengo non sia da trascurare, ma che viceversa è esplicitamente da evidenziare, è quello che riguarda l'immagine che in genere i giovani hanno a proposito dell'attività sperimentale di laboratorio.
Essi del lavoro empirico in laboratorio tendono ad avere una immagine distorta e falsata da miti ormai superati. Gli studenti quasi sempre sono del parere che in un laboratorio di fisica non devono esistere imprevisti e che non sia immaginabile che esperimenti programmati con cura possano poi produrre risultati inaspettati o peggio che si manifestino degli errori.
A questi convincimenti questa ricerca si indirizzerà concretamente nella pratica per far intendere che la prassi didattica prevede possibili 'pieghe impreviste' che possono manifestarsi in un laboratorio e che al contrario queste rappresentano da un lato una costante e una peculiarità della dimensione empirica della disciplina e dall'altro una ricchezza e una potenzialità formativa da sviluppare opportunamente.
In questa prospettiva il presente lavoro vuole avere la pretesa di introdurre, in maniera significativa e originale, alcune delle più importanti tematiche empiriche della fisica secondo lo spirito più autentico della 'ricerca scientifica', prospettando contemporaneamente sia una collezione di argomenti teorici e di fatti empirici di grande rilevanza e spessore culturale, sia, soprattutto, un "metodo di lavoro" che ha come caratteristica principale l'esaltazione della dimensione sperimentale nella unitarietà del sapere scientifico che si articola, come è noto, in un mutuo, fertile e saldo rapporto tra teoria ed esperimento.
L'esercitazione è corposa, ricca di suggerimenti concettuali ed empirici; a volte complessa, comunque di portata più vasta di quanto possa apparire a prima vista. In ogni caso mi sono sforzato di renderla il più possibile completa e nello stesso tempo semplice, anche se mi rendo conto che le due situazioni (la completezza e la semplicità) sono spesso inconciliabili tra di loro.
Come si potrà notare le considerazioni presentate si basano sull'uso di strumenti e tecniche di conduzione le più semplici possibili. Non è stato infatti previsto l'uso esplicito del calcolo differenziale e integrale. L'esperimento è presentato nei suoi molteplici e variegati aspetti, trattando sia la dimensione teorica generale, sia la tecnica e la metodologia della misura nonché alcuni concetti basilari di analisi statistica e di elaborazione dei dati sperimentali, sia, infine, la riflessione epistemologica che, generalmente, non è mai presente in lavori del genere aventi un taglio specificamente sperimentale.
Penso così che questa indagine, strutturata su diversi piani, possa contribuire a fornire un panorama articolato e se non organico almeno problematico di alcuni aspetti che riguardano il rapporto tra l'attività empirica di laboratorio e la riflessione critica all'interno di alcune categorie fondamentali della scienza - che riguardano cioè la natura e lo studio dei procedimenti dell'attività scientifica - mostrando che è senz'altro possibile la convergenza tra i differenti livelli delle specificità culturali che caratterizzano la fisica.
Quello che segue, dunque, vuole essere un chiaro e concreto esempio di percorso didattico per l'acquisizione di competenze metodologiche e contenutistiche nel campo di una scienza empirica, come la fisica, che considera centrale nel proprio credo epistemologico la dimensione sperimentale della disciplina stessa e il considerevole ruolo formativo rivestito dall'esperimento.
Sono del parere che questo approccio non è l'unico possibile, né che esso sia da preferire ad altri per la semplice ragione che possono esistere altri itinerari, afferenti a stili didattici diversi, altrettanto efficaci e utili, che possono permettere anche qui di ottenere analoghi risultati nel campo dell'apprendimento della cultura scientifica. Tuttavia, vi sono due importanti ragioni che mi hanno indotto ad effettuare questa scelta.
In primo luogo la consapevolezza che non si può ulteriormente rimandare la riflessione in merito alla “validità” o meno del metodo induttivo di tipo cosiddetto galileiano.
Tranne rare e lodevoli eccezioni, purtroppo, nella scuola italiana praticamente si insegna solo questo. Come è noto, nella ricerca scientifica il “metodo induttivo” non è più usato da nessuno. "Questo modo di accostarsi alla scienza, unitamente all'immagine popolare che lo riflette, è del tutto errato e persino pericolosamente fuorviante".[8] Anzi, è ormai assodato da molti decenni sia dal punto di vista epistemologico, sia dal punto di vista della concreta prassi procedurale della ricerca scientifica che esso non solo non assicura conoscenza (nel senso non solo filosofico del termine), ma che addirittura "il principio d'induzione è superfluo, e che non può non condurre a contraddizioni logiche". [9]
Celebre è la critica all'inferenza induttiva, all'inferenza cioè che procede da asserzioni singolari (quali i resoconti dei risultati di osservazioni o di esperimenti), ad asserzioni universali (quali ipotesi o teorie), la quale afferma che "è tutt'altro che ovvio che si sia giustificati nell'inferire asserzioni universali da asserzioni singolari, per quanto numerose siano queste ultime; infatti qualsiasi conclusione tratta in questo modo può sempre rivelarsi falsa : per quanto numerosi siano i casi di cigni bianchi che possiamo aver osservato, ciò non giustifica la conclusione che “tutti” i cigni sono bianchi". [10] Resta pertanto possibile che si possono trovare altri tipi di cigni che non si uniformino alla generalizzazione che tutti i cigni sono bianchi. [11]
In secondo luogo, in sintonia con le tesi di Karl Raimund Popper e in relazione ad ulteriori e diversi approfondimenti riguardanti il problema dei cambiamenti di paradigma (nei quali il problema del “metodo” è sicuramente una questione significativa) sono giunto alla conclusione che non si può non sviluppare una adeguata e potente riflessione circa le prospettive del metodo falsificazionista alla prova dei fatti in laboratorio con un preciso e puntuale riferimento pratico ad un concreto esperimento di fisica allo scopo di fare uscire dal vago delle nebulosità teoriche, delle astrattezze filosofiche e delle verbosità retoriche il contenuto e il significato della investigazione popperiana.
Lo stimolo viene immediatamente nel momento in cui si presenta l'opportunità della riflessione sul metodo sperimentale e sull'analisi logica di questa procedura inerente a un esperimento concreto che si desidera svolgere. Nel momento in cui, cioè, si pone il problema del controllo empirico di una ipotesi non si può fare a meno di riflettere sui metodi di acquisizione del pensiero scientifico e, in particolare, del sapere fisico. Lo iato "inferenza induttiva"-"inferenza deduttiva" è uno dei più importanti temi di riflessione critica nel quadro dell'odierna metodologia della scienza naturale che non può non essere sviluppato con adeguata intensità.
E' noto che un moderno e valido insegnamento nel campo delle scienze empiriche individua il ruolo dell'insegnante nel coordinamento delle attività di apprendimento, nelle quali i punti salienti del processo educativo sono da ricercarsi nella “individuazione” di mete problematiche, nella “discussione” circa la formulazione di ipotesi e di modelli da sottoporre a critica e controllo (come tentativo di soluzione dei problemi stessi), nella “eliminazione” degli inevitabili errori attraverso la discussione critica e, soprattutto come si diceva sopra, nella fase sperimentale che assume un'importanza decisiva, non solo sotto il profilo delle conclusioni conoscitive, ma per il considerevole motivo che riguarda il metodo di indagine scientifica e il corretto approccio che deve essere utilizzato nel campo delle scienze empiriche.
La “produzione” di asserzioni, di sistemi di costrutti, di asserti, di proposizioni o di argomentazioni scientifiche di grande respiro culturale, la “costruzione” di modelli interpretativi della realtà fenomenica, la “formulazione” di ipotesi, il “controllo” empirico mediante la conferma, la “corroborazione” o l'invalidazione, la smentita o, meglio, la “falsificazione” di ipotesi precedentemente accettate dal circuito scientifico, la “generalizzazione” delle singoli asserzioni controllate empiricamente in un sistema completo e coerente di leggi per produrre una teoria, permettono di acquisire autentica cultura scientifica e quindi Cultura, che è lo scopo fondamentale del fare scuola in un liceo.
L'esempio di condotta di un esperimento di fisica che ci accingiamo a trattare ha il carattere di un progetto di ricerca. Perché "Progetto di ricerca"? Una possibile risposta a questa domanda può venire dal significato che ho voluto dare al titolo del lavoro. Con il termine ricerca qui ho inteso l'analisi di un tema specifico, o meglio, uno studio impegnativo di un argomento, più o meno tecnico, che si rivolge a degli specialisti i cui risultati se non presentano delle novità e se sono abbastanza conosciuti hanno tuttavia l'ambizione di essere considerati delle indagini che tendono a suggerire proposte di soluzione di problemi all'interno di una tradizione didattica.
La “ricerca” è svolta dagli allievi in collaborazione con l'insegnante ed ha lo scopo di migliorare la qualità dell'insegnamento-apprendimento scolastico, realizzando il fine educativo di permettere all'allievo di essere un “piccolo ricercatore”, che mette alla prova un metodo di lavoro, che si rende protagonista autentico dell'apprendimento stesso attraverso una crescita continua e in prima persona, nella consapevolezza che esistono dei temi culturali di grande rilevanza in fisica e che si può tentare di inserirli al centro dell'attività di studio.
E' evidente che gli allievi che si sintonizzano su questa linea sono costretti ad assumere - di fronte alla fisica - non un ruolo passivo e recettivo bensì un doppio ruolo attivo di ricercatori a livello metodologico da una parte, e di sperimentatori a livello applicativo dall'altra. La precisa connessione, poi, che intercorre tra teoria e pratica nello sviluppo della ricerca in esame costringe tutti ad evitare apprendimenti teorici che non trovino la loro conclusione in una sintesi operativa, consapevole e motivante.
Nella Ricerca si parte da un problema, da un'idea. La necessità di risolvere il problema, e di capirlo meglio, è la molla che mette in moto un progetto di ricerca. Il progetto, poi, va attentamente studiato, analizzato, programmato e realizzato con chiarezza di intenti e capacità critica, consapevoli da un lato dell'impegno che sarà necessario immettere nel lavoro e dall'altro senza lasciarsi condizionare dalle difficoltà alle quali sicuramente si andrà incontro.
Il progetto viene di solito condotto in piccoli gruppi di lavoro con procedure specifiche su temi precisi inseriti nel programma del Corso a partire da dati concreti ottenuti in laboratorio. Non posso non concordare con G. Preti, per il quale la scienza moderna si viene presentando come un complesso di osservazioni empiriche e tecniche operative (esperimenti) le quali però acquistano significato teoretico e insieme potenzialità pratiche solo sullo sfondo di una rete di concetti e assiomi (o “leggi”), i quali vengono formulati intellettualmente ad opera della ragione, o, come diceva il Galilei, dal “discorso”.[12] In questa prospettiva un progetto di ricerca richiede e sviluppa capacità di analisi e di critica, apre orizzonti nuovi, sviluppa disponibilità a capire e permette all'allievo di appropriarsi di concetti, di idee, di nozioni, di metodi, di procedimenti e di tecniche di indagine estremamente importanti nel campo scientifico e fondamentali nel campo della elaborazione dei dati sperimentali. L'itinerario che in genere si segue in questi casi ha a che vedere con l'arte di interrogare la natura e di interpretarne le risposte, ed è il seguente: ci si pone delle domande a partire da un problema concreto per conseguire un risultato concreto. Mediante l'esperimento si raccolgono i dati da elaborare e si costruiscono da questi e dalle premesse teoriche, attraverso l'uso del metodo della ricerca scientifica, quadri concettuali di sapere aperto, significativo e culturalmente rilevante (tabelle di dati, diagrammi cartesiani, istogrammi, indici sintetici, funzioni interpolanti e di regressione, test di verosimiglianza, coefficienti di correlazione, ecc...). Il progetto di ricerca che ci riguarda è quello che vede il concetto di funzione esponenziale applicata a un importante fenomeno fisico del programma di fisica al centro della riflessione conoscitiva. Si vuole capire come evolve il fenomeno, che cosa è un fenomeno transitorio, come si misurano le grandezze fisiche ad esso associate, come si valutano le incertezze sperimentali e come si applicano i metodi statistici che permettono di valutare la bontà relativa di un modello matematico. Si vogliono comprendere, altresì, in cosa consiste l'attività intellettuale, congetturale e di elaborazione dei dati sperimentali rivendicata dalla scienza, come si perviene alla generalizzazione progressiva dedotta dai fatti anteriori e confermata incessantemente con nuove osservazioni empiriche di laboratorio. Ci si chiede come è possibile rendere intelligibile il fatto fisico se il mondo può essere, o meno, indovinato nel contesto teoretico della scoperta; se esso può essere interrogato e sotto quali diverse condizioni ipotetiche può essere realizzata la riflessione metodologica e la disamina sperimentale. Si pretende di capire come si creano e si strutturano catene di ragionamenti deduttivi tra ipotesi e loro confutazione, tra ipotesi e loro corroborazione. Ci si interroga in quale maniera è possibile perfezionare convincimenti certi e sicuri sulla validità delle congetture e sulla fondatezza delle procedure mediante cui si sono ottenuti i dati probativi e zetetici. Ci si domanda come si ricercano le spiegazioni dei fenomeni e in cosa consistono le ipotesi di struttura, cioè gli schemi e i modelli matematici, concettuali, astratti che aiutano il fisico a orientarsi nel dedalo dei labirinti immaginativi della ricerca teoretica. Ma, soprattutto, interessa conoscere quali sono le rigorose regole metodologiche di laboratorio, le prescrizioni comportamentali e le varie fasi che sintetizzano e caratterizzano la pregnante attività di formulazione delle ipotesi scientifiche da tradurre successivamente in leggi fisiche. Queste considerazioni sono sufficienti a indicare la complessità dei temi del lavoro e l'impegno che sarà necessario sviluppare per conseguire l'obiettivo di produrre una ricerca significativa. Dopo anni di esperienza di didattica della fisica nella scuola secondaria superiore mi sono convinto che la legge esponenziale non ha, nei libri di testo di fisica elementare come nella prassi didattica, lo spazio e l'interesse che l'argomento merita e che le dovrebbe essere riservato.
A mio parere sembra che, almeno in Italia, non viene prestata la dovuta attenzione a una funzione correlante la cui struttura matematica è così straordinariamente fertile sia nel campo della comprensione della fenomenologia fisica, sia soprattutto in quella della utilizzazione concreta della elaborazione dati.
L'educazione scientifica sottolinea Kuhn, ha caratteristiche singolari: entro limiti del tutto sconosciuti ad altri campi creativi essa è condotta attraverso manuali o libri appositamente scritti per studenti attraverso i quali questi ultimi acquisiscono la sostanza del loro sapere. Più che di problemi da risolvere i libri di testo parlano di problemi che già sono stati risolti. Meglio: presentano come da risolvere problemi risolti e insegnano a risolverli non in modi nuovi, ma così come essi sono stati risolti. In essi la scienza viene presentata come una tradizione già consolidata e stabilita, appare nei suoi aspetti di tradizione rigida.[13]
L'esempio di condotta di un esperimento di fisica relativo alla funzione esponenziale che qui presento mostra come l'approccio teorico ed empirico al fenomeno transitorio di tipo esponenziale permette di cogliere gli aspetti matematici e fisici più significativi e particolarmente importanti sul piano metodologico e di comprendere, altresì, le caratteristiche principali del fenomeno nella maniera più semplice possibile, lineare, dal semplice al complesso senza affrontare di botto l'impatto immediato con la struttura matematica della legge che è forse, dal punto di vista della elaborazione dati, l'aspetto più difficile da comprendere e da digerire.
D'altronde mi è sembrato didatticamente utile far vedere agli allievi come questo tipo di approccio empirico alla funzione esponenziale, mutatis mutandis, sia valido e possa essere ripetuto pari pari in altri casi importanti di fenomenologia che sono governati dalla stessa legge. Basti citare gli importanti esempi di processi naturali riguardanti 1) il raffreddamento di un liquido, 2) il decadimento radioattivo, 3) il deflusso di un liquido da un capillare, 4) la variazione della pressione atmosferica a temperatura costante dovuta all'altitudine, 5) la condotta di un gas ideale nelle trasformazioni adiabatiche, 6) la distribuzione della temperatura nei punti interni di un corpo riscaldato ad un'estremità, 7) le oscillazioni di un pendolo in un mezzo viscoso con smorzamento debole, 8) l'andamento della tensione di vapore di un liquido in funzione della temperatura, 9) la decrescita economica del livello di benessere che un individuo ricava dal consumo di due beni, 10) il modo in cui si indebolisce il potenziale elettrico vicino alla superficie di una particella colloidale, 11) il cambiamento a temperatura costante della pressione di un gas in un recipiente che fuoriesce lentamente attraverso un foro, 12) la diminuzione dell'energia trasportata da un'onda luminosa che attraversa uno strato sottile assorbente, 13) l'attenuarsi della probabilità di trovare n molecole nel volume di un gas perfetto, 14) la repulsione a piccole distanze esistente fra due ioni nella teoria del legame ionico eteropolare, 15) la maniera nella quale si abbassa il potenziale mesonico di Yukawa il cui campo è responsabile dell'attrazione fra un protone e un neutrone, 16) la riduzione della frequenza delle molecole in funzione dell'energia delle particelle nella legge di distribuzione di Boltzmann, 17) il comportamento della velocità di un carrello in moto inerziale con resistenza laminare, e di tanti altri casi in economia, biologia, 18) il decremento della velocità di propagazione nella trasmissione uditiva, ecc...[14]
[1] P.MARAZZINI-L.MAZZONI, Temi di Fisica (Guida al testo), Bergamo, Istituto Italiano ATLAS, 1989, p.4;
[2] J.LADRIERE, I rischi della razionalità. La sfida della scienza e della tecnologia alle culture, Torino, SEI, 1977, p.30.
[3] I.NEWTON, Principi di Filosofia Naturale. Teoria della Gravitazionale (Prefazione di F. Enriques), Bologna, Zanichelli, 1925, p.5.
[4] NICE TERZI, Traccia di costruzione delle leggi fisiche: la meccanica, Milano, CLUED, 1979, pp.I-4,5.
[5] NICE TERZI, op. cit., p.I-6.
[6]F.MENZINGER, Le basi del metodo sperimentale.Il laboratorio di fisica, Urbino, Nuova Italia Scientifica,1992, p.13.
[7] C.CAMETTI-A.DI BIASIO, Introduzione all'elaborazione dei dati sperimentali, Roma, CISU, 1994, p.9.
[8] A.F.CHALMERS, Che cos'è questa scienza. La sua natura e i suoi metodi, Milano, A.Mondadori, 1979, p.14.
[9] K.POPPER, Logica della scoperta scientifica, Torino, Einaudi, 1970, p.7.
[10] K.POPPER, op. cit., pp.5-6.
[11] K.POPPER, Società aperta universo aperto, Roma, Borla, 1983, p.79.
[12] G.PRETI, Storia del pensiero scientifico, Milano, A. Mondadori, 1975, p.187.
[13] P.ROSSI, Trasmissione e ricerca nelle scienze, in «Insegnamenti scientifici e ricerca didattica», Firenze, La Nuova Italia, 1982, p.16.
[14] Da un punto di vista statistico, la forma esponenziale delle leggi della fisica è seconda solo alla correlazione lineare.