CAPITOLO V
5.2 Il ruolo dell'esperimento e l'uso del laboratorio
Se partiamo dall'idea che la dimensione empirica della Fisica è un elemento fondamentale della didattica della Fisica, allora l'esperimento assume una doppia valenza. In primo luogo, perchè una teoria scientifica può avere la portata che ha solo se viene messa in relazione ad un contatto col mondo reale che ne dimostri la validità e la significatività. In secondo luogo, perchè la costruzione scientifica è costituita da un incessante, mutuo, fertile e oscillante rapporto tra momento teorico e momento sperimentale.
Un esperimento scientifico è un procedimento che consiste nel far apparire un determinato effetto, investigabile ed analizzabile, in circostanze preparate secondo un piano `reciso e in funzione di certe ipotesi relative ai possibili effetti. Caso tipico d'esperimento è far emergere una dipendenza funzionale fra grandezze variabili. Se c'è motivo di ritenere, per via di talune ipotesi, che una data grandezza B dipenda da una grandezza A, in un dato sistema che può in generale comportare altre grandezze, e se si desidera precisare la natura della relazione fra le grandezze A e B, si fa variare in modo sistematico la grandezza A, mantenendo fisse le altre o comunque neutralizzandole, e si osserva quali sono i valori assunti dalla grandezza A. Si può allora sulla base dei dati numerici raccolti, trovare per approssimazione la funzione che meglio rappresenta la funzione studiata. [1]
Lo scopo principale di un esperimento di Fisica, dunque, è specificamente quello di tracciare un itinerario didattico significativo che permetta di pervenire alla legge di un fenomeno fisico partendo da una serie di misure di grandezze fisiche rilevate sperimentalmente durante una esercitazione di laboratorio di fisica. Ci si propone, cioè, l'obiettivo di ricercare sperimentalmente la correlazione fisico-matematica esistente fra alcune variabili caratteristiche del fenomeno in esame, attraverso procedimenti induttivi che evidenzino, in maniera chiara e significativa, la natura empirica della fisica.
In una prospettiva più ambiziosa e culturalmente più significativa, l'intento è quello di porre l'accento sui caratteri distintivi della scienza fisica, cercando di far vedere quest'ultima come un progresso di idee tendente ad una rappresentazione concettuale sempre più unificata della realtà, che non deduce da principi a priori le leggi della natura, ma piuttosto come ordine di concetti, che scaturiscono da una opportuna collaborazione di considerazioni sperimentali (esperienze), di argomentazioni teoriche e di intuizioni elementari eletti a sistemi di ipotesi. In una logica epistemologica corretta, poi, queste asserzioni ipotetiche, queste congetture, si cimentano e si correggono in un costante interscambio di flussi conoscitivi nella verifica delle conseguenze dedotte, nella conferma di risultati previsti, cedendo così ad induzioni sempre più precise e comprensive.
Com'è noto il presupposto della Fisica come scienza empirica è il 'metodo sperimentale' posto a fondamento dell'attività di indagine nella costruzione del sapere scientifico. Molto brevemente, l'essenza del metodo consiste nel concetto di variabile indipendente come variabile manipolata dallo sperimentatore in situazione controllata, nell'intento di stabilire l'esistenza di una relazione di interdipendenza, espressa con linguaggio matematico, fra l'andamento di questa variabile fisica l'andamento di un'altra grandezza, chiamata variabile dipendente, entrambe caratterizzanti l'evoluzione del sistema fisico n studio. Definito quest'ultimo come un insieme di elementi che si trovano in interazione si può affermare che l'oggetto dell'indagine empirica è il fenomeno che si manifesta nella realtà indagata. Realtà che ha una sua struttura e che deve essere investigata sia con la costruzione di un modello fisico, sia con la formulazione di ipotesi di comportamento fisico, sia mediante attività di indagine di tipo quantitativo-operazionale, basata su meccanismi operativi di misurazione e attraverso rilevazione di informazioni numeriche (dati), in maniera tale da costruire una forma oggettiva di conoscenza (legge del fenomeno) che permette di comprendere, spiegare e prevedere il complesso mutamento degli elementi del sistema che esprimono il fenomeno indagato.
In questa prospettiva, il ruolo del Laboratorio nella didattica di un corso triennale liceale, è in stretto rapporto con l'esigenza di mettere a fuoco le implicazioni di carattere metodologico che riguardano la gestione delle attività empiriche in un laboratorio e le procedure più strettamente tecniche (metodo dei minimi quadrati, metodo grafico di anamorfosi, propagazione degli errori, test del χ2, [2] che caratterizzano la fase di elaborazione dei dati per la conferma, o meno, del modello proposto.
Non si dimentichi mai che l'attività sperimentale di laboratorio, cioè gli esperimenti, costituiscono l'elemento forse più significativo e peculiare che caratterizza la Fisica come disciplina scientifica di tipo empirico rispetto alla discipline umanistiche e della stessa Matematica.
Duplice è, dunque, il ruolo che svolge il Laboratorio : da un lato v'è il tentativo di evidenziare tematiche di carattere generale molto importanti, volte a costruire processi che si pongano lo scopo di ricercare, mediante una attività di riscoperta guidata, le leggi dei fenomeni in studio. Dall'altro, v'è la consapevolezza dell'importanza di far emergere nuclei di contenuto fisico che collochino al centro dell'indagine scolastica l'uso intelligente degli strumenti fisico-matematici al servizio di una attività di tipo empirico nel panorama della ricerca scientifica.
L'esperimento non deve essere episodico, ma deve avere carattere di continuità, perchè si vuole che gli alunni diventino degli operatori nel laboratorio. Inoltre deve essere inserito in un piano di lavoro predeterminato nelle sue grandi linee, possibilmente insieme agli altri insegnanti sia della stessa materia sia delle altre discipline.[3]
L'esperimento, qualunque esso sia, è essenzialmente uno studio fisico di un fenomeno, ottenuto analizzando il fenomeno stesso in termini di indagine quantitativa. La peculiarità che lo contraddistingue è semplicemente quella di proporre un "percorso culturale" completo, capace di esaminare e spiegare, in termini di sintesi unificatrice, una classe di fenomeni anche diversi. Esso in definitiva, si propone di polarizzare l'attenzione dell'allievo più che sulla precisione conseguita, sui processi e le metodologie afferenti al mondo della elaborazione dati che costituiscono, a giudizio dei più, il discorso scientifico portante delle scienze empiriche.Particolarmente significativo sembra poi il tipo di approccio che si userà, basato sul concetto di integrazione tra teoria e pratica di laboratorio, tra metodologie matematico-statistiche e procedimenti induttivi, tra tematiche teoriche e processi empirici.
Nell'uso del laboratorio, M. Mayer evidenzia ciò che il laboratorio non deve essere:
non deve essere un luogo di verifica di leggi, nè di dimostrazioni, dato che le verifiche, limitate poi a un solo esperimento, non hanno senso; nè può essere ridotto, se vogliamo che sia un laboratorio scientifico, ad un luogo in cui si collezionano dati o osservazioni. Ma può essere il luogo in cui ipotesi già discusse cercano il loro riscontro sperimentale; in cui teorie proposte dagli studenti, elementari e ingenue certo, si confrontano; in cui i dati raccolti vengono organizzati in leggi dei cui limiti di validità si è consapevoli; in cui si progetta l'esperimento, e non solo lo si esegue. D'altra parte se il controllo sperimentale delle ipotesi non fosse necessario, in che cosa Galileo sarebbe diverso dagli aristotelici, e la filosofia, o anche la matematica, sarebbero diverse dalle scienze naturali? Il laboratorio ha quindi un senso, anche epistemologico, se è chiaramente un luogo di ricerca, in cui la discussione, le domande e le risposte, non avvengono solo tra gli studenti, o tra gli studenti e l'insegnante, ma tra studenti e fenomeni, oggetti, fatti, sensazioni.
La modalità di svolgimento del lavoro è essenzialmente centrata sul metodo della riscoperta guidata della legge di un fenomeno piuttosto che sulla generica verifica sperimentale della legge stessa, al fine di evitare una banale e meccanica attività di verifica. Più esplicitamente il percorso didattico prevede alcune fasi ben precise e determinate : lo studio dei problemi scientifici, l'analisi di situazioni problematiche, l'organizzazione dei dati (tabelle e grafici), [4] la formulazione di ipotesi esplicative, la costruzione di modelli interpretativi, la conferma di correlazioni tra grandezze, la comparazione tra modelli e dati, il confronto tra il comportamento sperimentale, il comportamento descritto dal modello e il comportamento previsto dalla legge.
Per conseguire questo obiettivo, si procederà utilizzando un approccio metodologico basato su fasi successive, nelle quali si possono individuare, a grandi linee, i seguenti momenti di riflessione specifica :
- analisi preliminare del fenomeno con assunzione di alcune ipotesi generali che costituiscono il modello in esame;
- formulazione di una ipotesi inerente alla dipendenza funzionale tra le varie grandezze fisiche in esame;
- progettazione ed esecuzione dell'esperimento, in modo tale da rilevare tutti i dati necessari e le informazioni che riusciranno utili nella successiva fase. In particolare si userà ripetutamente il metodo della 'separazione delle variabili', attraverso il quale si tengono fisse alcune grandezze fisiche e si fa variare una delle altre per vedere la loro influenza su quelle rimanenti;
- elaborazione dei dati forniti dall'esperienza, prima con carta e matita eseguita dall'allievo e, successivamente, se possibile, mediante l'uso del mezzo informatico (generalmente mediante Lotus 1-2-3, [5] o mathcad). Si 'manipoleranno' così le informazioni numeriche, riassumendole in tabelle ordinate di dati, in grafici cartesiani ed equazioni, dai quali, in seguito, si confermerà l'ipotesi formulata in precedenza corroborandone la legge fisica;
- discussione dei risultati, limiti di validità della legge 'scoperta', considerazioni critiche e conclusioni.
A conclusione di questa serie di argomentazioni è necessario osservare, tuttavia, che un esperimento di Fisica non consiste soltanto nel registrare quel che succede al banco di un'aula sperimentale. Così come nell'esperimento, la fase della registrazione dei dati non è la sola che ha significato, ma forse è più importante tutto quello che precede e segue la fase di rilevazione delle informazioni quantitative perchè sembra manifestamente ovvio che per ottenere qualche effetto fenomenico, è necessario attuare tutta una serie di interventi e di preparativi che permetteranno poi allo sperimentatore a manipolare e ripetere più volte il fenomeno eliminando quelle cause che ne possono perturbare lo svolgimento, cioè in condizioni più adatte alla ricerca. Da questo punto di vista l'esperimento può essere definito come una ripetizione artificiale del fenomeno in condizioni controllate col presupposto di un inquadramento preliminare di tutta la serie di interventi empirici, teorici e strumentali.
Un aspetto che didatticamente non è da trascurare, ma che viceversa è esplicitamente da evidenziare, è quello che riguarda l'immagine che in genere i giovani hanno a proposito dell'attività sperimentale di laboratorio. Essi, del lavoro empirico in laboratorio, tendono ad avere una immagine distorta e falsata da miti ormai superati. Gli studenti quasi sempre sono del parere che in un laboratorio di Fisica non devono esistere imprevisti e che non sia immaginabile che esperimenti programmati con cura possano poi produrre risultati inaspettati o peggio non corretti.
A questi convincimenti si lavorerà concretamente nella pratica per far capire loro che la prassi didattica prevede possibili pieghe impreviste che possono manifestarsi in un laboratorio, e che anzi questa rappresenta da un lato una costante e una peculiarità della dimensione empirica della disciplina e dall'altro una ricchezza e una potenzialità formativa da sviluppare opportunamente.
[1] J.LADRIERE, I rischi della razionalità. La sfida della scienza e della tecnologia alle culture, Torino, SEI, 1977, p.30.
[2] F.MENZINGER, Le basi del metodo sperimentale. Il Laboratorio di Fisica, Urbino, La Nuova Italia Scientifica, 1992, pp.87-91 etc.
[3] Documento redatto dai partecipanti al Seminario per collaboratori nei laboratori centralizzati di Fisica, Chimica, Scienze per insegnanti di Scuole secondarie, in La Fisica nella Scuola, Anno XII, n.1, Gennaio-Marzo 1979, pp.1-56.
[4] F.LA PENNA,Strumenti, errori e grafici nella sperimentazione fisica, in F. LA PENNA-P.PANI-R.RENZETTI-A.TADDEINI, Il Laboratorio di Fisica. Metodologia, errori e grafici, esperienze, Roma, Edizioni A.I.F. Sezione romana, 1980, pp.16-75.
[5] S.PARACCHINI-L.RIGHI, Esplorare la Fisica con Lotus 1-2-3, Milano, Principato, 1989