IL CILE


"Il giudizio ai militari non può continuare in eterno".

Questa la dichiarazione fatta recentemente da un magistrato cileno.

Se, dopo dodici anni dal ritorno formale della democrazia parlamentare, parte della società cilena chiede ancora giustizia, ciò significa che per tutto questo tempo non si è riusciti a fare, fino in fondo, i conti con un passato che ha sconvolto la vita del paese, l'ha lacerato ed ha lasciato ferite ancora troppo profonde perché si possa mettere la parola "fine" ad una ricerca di giustizia e di risarcimento morale, che non si può estinguere con il solo trascorrere del tempo.

Mentre Pinochet, figura chiave ed emblematica della dittatura che ha sofferto il paese per quasi 17 anni (ma che non ne è l'unico responsabile) può trascorrere i suoi ultimi anni senza eccessive preoccupazioni di venire chiamato a rispondere delle sue responsabilità, ogni anniversario del colpo di stato (un tragico 11 settembre del 1973) si trasforma in una dura contrapposizione tra differenti o, meglio ancora, assolutamente antitetici modi di concepire la convivenza sociale.

Uno scontro tra chi ha affidato ai militari il compito di "mettere ordine" nella società e nell'economia (ma quale tipo di società e quale economia?) e chi ha rifiutato una "pace" sociale che ha tolto la libertà di parola e di partecipazione politica a molti ed una economia che, soddisfatta dai dati macroeconomici (alla data attuale disastrosi anch'essi) non si cura che corrispondano a meno teoriche possibilità per tutta la popolazione di soddisfare le proprie necessità primarie.



Il Cile prima di Allende

Il Cile non sfugge al destino comune (pur con gli ovvii distinguo) degli altri paesi latinoamericani, passati tra l'800 ed i primi anni del '900 dalla colonizzazione europea ad una pesante ingerenza statunitense, mirante a proteggere e sviluppare i propri interessi economici e politici.

Le risorse minerarie di cui il Cile è ricco si trasformano nella sua condanna ad una forte dipendenza economica, offrendo l'occasione per una brutale ingerenza politica nella gestione dello Stato, le cui spese ed investimenti già all'inizio del '900 vengono finanziati dal capitale statunitense.

La prima metà del '900 fu politicamente caratterizzata da forti tensioni sociali, che espressero un combattivo movimento operaio che si tentò di placare con governi populisti o dichiaratamente di destra.

Nel periodo a cavallo della seconda guerra mondiale si alternarono al potere governi conservatori e governi con programmi di sinistra.

Nel 1958, in una situazione di forte inflazione, che il governo in carica non riusciva a contenere, il socialista Salvador Allende, candidato del Fronte Popolare comprendente anche il Partito Comunista allora illegale, perse le elezioni contro Alessandri, candidato della destra. Sei anni più tardi, le elezioni del 1964 videro la vittoria del democristiano Eduardo Frei, che aveva saputo lanciare l'immagine del proprio partito come l'unico male minore possibile, sia per la sinistra che per i settori di destra, spaventati dalla possibilità che un governo di sinistra si allineasse con la giovane rivoluzione cubana.

Il governo Frei varò importanti riforme sia nel settore minerario che in quello agricolo, il cui esito però, a causa della mancata volontà politica di attuarle in modo deciso e radicale, fu deludente. Specialmente gli scarsi risultati ottenuti con la riforma agraria (vennero beneficiate solo 17.400 famiglie contro le 100.000 preventivate) provocarono grande malcontento tra i contadini, che chiedevano alla Democrazia Cristiana la eliminazione totale del latifondo. Si susseguirono scioperi agricoli, occupazioni di terre ed un accelerato processo di sindacalizzazione delle masse contadine.

I primi due anni del governo Frei godettero di una favorevole congiuntura economica a livello internazionale oltre che dell'appoggio degli Stati Uniti, che concessero al Cile la quota maggiore dei prestiti destinati all'intera America latina.

A partire dal 1967 cominciarono le prime avvisaglie della recessione economica e nel 1968 una grave siccità fece calare paurosamente la produzione agricola e quella di energia elettrica.

Questa situazione favorì il radicalizzarsi politico di parte dei ceti medi e permise l'unificazione delle forze popolari che avevano votato Frei con quelle che avevano appoggiato Allende.

In vista delle elezioni presidenziali del 1970 e data l'incapacità della Democrazia Cristiana di impedire la crescita del movimento popolare, il 21 ottobre 1969 alcuni settori della destra tentarono un colpo di stato con l'aiuto dei militari. Il golpe fallì perché non ottenne l'appoggio di tutta la destra, convinta della prossima vittoria elettorale.

Nel settembre 1970 Salvador Allende, candidato di una coalizione di Unità Popolare formata dai partiti socialista, comunista, radicale, Mapu e Sinistra cristiana, diventerà presidente della repubblica.

Il mese successivo verrà assassinato il generale Schneider, comandante in capo dell'esercito, allo scopo di impedire, gettando la colpa del crimine sulla sinistra e provocando l'intervento militare, che il neo eletto presidente potesse prendere possesso della sua carica.



L'esperienza di Unidad Popular

L'attività iniziale del nuovo governo è pienamente in linea con i suoi programmi elettorali.

La riforma agraria viene portata avanti in modo molto più radicale di quello adottato dal precedente governo e già nel primo anno il numero di ettari espropriati è superiore a quello dei precedenti 6 anni.

Viene costituita una "Area di proprietà sociale", formata dalle industrie espropriate ai grandi monopoli e nazionalizzate, oltre che da quelle già di proprietà dello Stato, area che, nei programmi governativi, avrebbe dovuto essere affiancata da un'area mista, a capitale statale e privato, e da un'area privata.

Vengono nazionalizzate le banche private, anche se straniere, e le miniere di rame, ferro, salnitro e carbone.

Per quanto riguarda le miniere di rame, è importante notare che esse vengono indennizzate in base ai profitti ottenuti dalle stesse imprese negli altri paesi latinoamericani (la cosiddetta clausola degli "eccessivi profitti"), partendo dal presupposto che quanto guadagnato dalle imprese nordamericane in Cile era superiore che nel resto dell'America Latina, grazie ad un minore costo della manodopera ed a un suo conseguente maggiore sfruttamento.

In campo sociale vengono favoriti gli investimenti nei settori della sanità, dell'educazione, dell'edilizia popolare. I salari vengono aumentati in modo inversamente proporzionale, concedendo aumenti maggiori alle retribuzioni più basse. Tutte queste misure incontrano largamente il favore dell'elettorato che nel 1971, in occasione delle votazioni comunali, dà alla coalizione di Unità Popolare quasi il 50% dei voti.

Il governo si trova a dover scegliere tra una radicalizzazione del suo intervento politico ed il restare nell'ambito della legalità costituzionale. Nel discorso annuale che il presidente tiene di fronte alle due camere per illustrare l'operato del governo in campo amministrativo, sociale e politico, il 21 maggio 1971 Salvador Allende chiarisce che "la via cilena al socialismo" consiste nell'avanzare nelle riforme nel completo rispetto del sistema e della costituzione democratica: la conquista del potere viene fatta coincidere con la conquista delle istituzioni.

L'opposizione intanto si riorganizza, si appianano le contraddizioni tra la Democrazia Cristiana ed il Partito Nazionale, di destra, che aveva appoggiato il colpo di stato militare del 1970. Vengono ritirati i capitali dalle banche, le installazioni industriali non vengono sfruttate al massimo mentre i proprietari agricoli mettono in atto un boicottaggio delle semine che si ripercuoterà poi pesantemente sui rifornimenti alimentari del paese.

Gli Stati Uniti iniziano il boicottaggio del rame cileno, facendone cadere il prezzo con l'immissione sul mercato di rame proveniente dalle proprie miniere. La grande borghesia cilena supera le proprie divisioni interne per unificarsi contro il governo e per riconquistare l'appoggio dei settori medio e piccoli borghesi utilizzando tutti gli apparati dello stato (parlamento, magistratura, mass-media, ecc.).

Si basa, soprattutto, sulla burocrazia statale i cui componenti, grazie ad una legge fatta approvare da Frei subito prima di cedere il potere ad Allende, non potevano essere deposti.

Il nuovo governo si trova così nell'impossibilità di agire pienamente. Proprio per farlo arrivare in questa situazione di empasse, Frei aveva concesso al presidente neo eletto l'appoggio del proprio partito in cambio della firma del "patto costituzionale", un impegno assunto da Allende a rispettare la struttura dello Stato (impossibilità di modificare la struttura militare, limitazione degli espropri delle imprese, salvaguardia delle libertà costituzionali individuali).

Cercando se non l'appoggio, almeno la neutralità della vecchia classe politica, il governo Allende è frenato nel prendere posizioni decise nella realizzazione del proprio programma e questa posizione ambigua gli risulta fatale, non riuscendo a conquistare la neutralità dei settori borghesi e scontentando quelli popolari, che non si sentono appoggiati nelle loro rivendicazioni. E' in quest'ottica che si capisce l'atteggiamento del governo nei confronti delle Forze Armate ritenute fedeli, in quanto teoricamente apolitiche, al governo legittimo.

Successive dichiarazioni del generale Pinochet permetteranno di sapere che già all'inizio del 1973 la parte dell'esercito che auspicava l'intervento golpista cominciava ad organizzarsi. Alla fine del 1972, infatti, erano già stati destituiti gli ufficiali costituzionalisti, sostituiti con elementi favorevoli ad un colpo di stato.

In questa situazione di tensione istituzionale e politica, alle elezioni amministrative del marzo del 1973 la coalizione di governo ottiene il 44% dei voti ma, ciò nonostante, il governo viene costretto a ritirare il progetto volto alla democratizzazione dell'educazione ed a modificare il progetto di riadeguamento dei salari, provocando lo sciopero dei minatori di El Teniente, la più grande miniera di rame cilena.

Il 29 giugno 1973 il 2° reggimento corazzato di Santiago si rivolta, ma il fatto non viene gestito politicamente dal governo, permettendo all'opposizione di sferrare l'attacco finale, con una serie di attentati antigovernativi: scioperi dei trasportatori e di altre categorie, assassinio del consigliere militare della Marina, appello del parlamento affinché le Forze Armate riportino "l'ordine", le provocate dimissioni dei generali lealisti Prats, Pickering e Sepulveda, che le accettano nel tentavo di evitare più duri attacchi al governo.

Il tipo di soluzione da dare alla crisi è ormai stabilito.

L'11 settembre 1973 la "via pacifica al socialismo" viene troncata dal bombardamento della Moneda, il palazzo presidenziale nel quale, preferendo non consegnarsi ai militari, troverà la morte il presidente Salvor Allende.

L'istituzionalizzazione del regime militare

Il colpo di stato è la risposta della grande borghesia all'esperimento politico, sociale ed economico iniziato, pur se tra incertezze ed ambiguità, dalla coalizione di Unidad Popular.

L'intervento militare è brusco e violento come repentino è il cambiamento che si vuole imporre al paese. Le Forze Armate, unico reale potere che riunisce in sé il potere esecutivo (riservato al generale Pinochet, capo della giunta militare) ed il potere legislativo (che spetta alla giunta nel suo insieme), divengono lo strumento attraverso il quale il settore della borghesia finanziaria impone la propria visione economico-politica dello Stato.

La permanenza dei militari al governo, dopo avere portato a termine il loro compito di reprimere gli oppositori e di instaurare con la forza un nuovo regime politico, si spiega con la necessità continua di "difendere" e mantenere il ritrovato ordine sociale.

Dato che i benefici della nuova svolta economica sono destinati ad una ristretta élite (non tutta la borghesia ma solo quella finanziaria), il numero dei potenziali oppositori del regime si allarga, compromettendone la vita stessa. Ne consegue la necessità di un governo forte, che sappia imporre le misure economiche adottate e che impedisca il nascere di un'opposizione organizzata. Da un punto di vista ideologico, il consenso dei restanti settori borghesi e dei ceti medi viene ricercato facendo appello alla "sicurezza nazionale" minacciata dal pericolo comunista, identificato con qualunque rivendicazione economica e politica dei ceti popolari.



Il modello economico

In Cile viene introdotta la teoria neomonetarista, applicata dai seguaci dell'economista statunitense Milton Friedman, i cosidddetti "Chicago Boys", secondo la quale l'unico regolatore economico è il mercato, libero da ogni costrizione ed intervento dello Stato, che non deve intervenire neppure in materia di diritto del lavoro, lasciando che la contrattazione venga svolta tra l'imprenditore ed ogni singolo lavoratore.

Le industrie statali vengono poste in vendita, già nel primo anno di dittatura, ad un prezzo nettamente inferiore al loro valore, favorendo le società finanziarie che, uniche a poterle acquistare in un momento di scarsità di denaro circolante, possono ricavare grossi guadagni rivendendole successivamente. Anche il settore bancario viene privatizzato e si aprono i mercati (quello finanziario e quello delle merci) alle importazioni. La borghesia finanziaria può così accedere ai crediti esteri, rifornendo poi il mercato interno ad alti tassi di interesse, accumulando ingenti capitali ed accentrando nelle proprie mani gran parte delle risorse economiche del paese, divenendo il vero arbitro dell'industria e dell'economia cilene.



Il modello sociale


Conseguenza del modello economico, tende a rafforzarlo, negando ogni ingerenza del singolo cittadino nella gestione di interessi che non siano i propri, immediati e strettamente delimitati.

Nessuna categoria deve occuparsi di aspetti della vita sociale che non le competano direttamente, snaturando il ruolo dei sindacati. Da tale concezione corporativa della società consegue la illegittimità della volontà di occuparsi di politica.



Le modernizzazioni


La struttura della società andava adeguata alla linea economica che veniva imposta al paese. Vengono così introdotti in settori sociali fondamentali alcuni profondi mutamenti (a volte veri e propri sconvolgimenti), chiamati "modernizzazioni", per sottolineare la volontà del regime di adeguare il paese alla nuova realtà. Con queste riforme la società viene regolata nei suoi rapporti interni in modo tale da assicurare la stabilità economica e politica del regime.

Le riforme riguardano il decentramento dell'amministrazione statale; il potere giudiziario che, perdendo la sua indipendenza, diviene il sostegno istituzionale del regime, difendendolo dagli attacchi degli oppositori; la riforma del sistema previdenziale, la cui gestione passa a società finanziarie private e quella della sanità, legata a quella della previdenza sociale, con la scelta di avvalersi dell'assistenza sanitaria statale o privata, cui di fatto può accedere solo chi percepisce stipendi medio-alti, lasciando quella statale, più scadente, ai settori sociali più poveri.

Riformato anche il diritto del lavoro con la soppressione dei Tribunali del Lavoro, la drastica riduzione (ed abolizione per molte categorie) della contrattazione collettiva, la vanificazione di fatto, con una serie di norme limitative, del diritto di sciopero, l'abolizione della rappresentanza sindacale interna, l'abolizione di ogni tipo di garanzia contrattuale in fatto di orario di lavoro (elevabile fino a 72 ore settimanali), la riduzione del periodo di ferie (massimo 15 giorni annui per tutti) e la riduzione del salario.

Una delle prime riforme portata a termine dal regime, iniziata subito dopo il colpo di stato, data la sua importanza, è quella dell'istruzione. Gli interventi sul sistema educativo tendono alla sua riduzione, ad uno stretto controllo militare sui contenuti dell'insegnamento e sulla disciplina da imporre affinché il sistema stesso divenga funzionale agli obiettivi del regime. Diversi istituti tecnici passano ad associazioni padronali agricole e industriali, al fine di fornire manodopera poco istruita, disciplinata e orientata fin dai primi anni a soddisfare le esigenze dei datori di lavoro.

Le università vengono smembrate, mantenendo solo alcune facoltà: quelle di carattere tecnico vengono declassate a istituti superiori e quindi privatizzate, mentre altre (ad esempio scienze sociali) vengono abolite.



La Costituzione del 1980


E' l'ultimo atto della istituzionalizzazione del regime. La giunta militare già legiferava in contrasto con i dettami della Costituzione del 1925, in vigore all'epoca del colpo di stato. Per ovviare formalmente a tale situazione era stato emanato il decreto n. 788 (2 dicembre 1974), che stabiliva la prevalenza delle leggi dello stato militare sulle norme costituzionali.

Nel luglio 1980 il Consiglio di Stato trasmette alla giunta le sue osservazioni sul testo preparato da una apposita commissione; l'11 agosto viene annunciato il plebiscito per l'approvazione della nuova costituzione, che si terrà l'11 settembre dello stesso anno. Lo stato d'emergenza, in vigore dall'11 settembre 1973, impedisce la discussione politica del progetto, essendo vietata ogni forma di riunione e di libera espressione. Pinochet, nel discorso di presentazione del progetto costituzionale, fa minacciosi riferimenti ad "un ritorno alla situazione giuridica e politica anteriore al 10 settembre 1973", ricordando implicitamente ai cileni la dura repressione militare di 7 anni prima, mentre esponenti dell'economia minacciano una pesante crisi economica, conseguenza della eventuale crisi politica in caso di vittoria del "no" al progetto costituzionale. Secondo le dichiarazioni ufficiali il testo verrà approvato con il 67% dei voti. Il plebiscito, contestato anche dal relatore speciale delle Nazioni Unite per la mancanza di liste elettorali (distrutte dopo il colpo di stato), che impediva il controllo dei votanti, per la mancanza di controlli sulle operazioni di voto e per la decisione di conteggiare come validi i voti nulli e le schede bianche, riguardava il testo costituzionale che sarebbe entrato in vigore 8 anni più tardi e l'insieme delle norme transitorie, entrate in vigore l'11 marzo 1981 per regolare la vita dello stato nel periodo di transizione, al termine del quale le Forze Armate avrebbero avuto il diritto di presentare il candidato unico alla carica presidenziale.

Nel periodo di transizione verrà ulteriormente rafforzato il potere esecutivo, cui viene concessa ampia facoltà di perseguire gli oppositori, senza doverne rendere conto ad alcun organo statale. Le espulsioni dal paese, le condanne al confino, gli arresti possono avvenire per via amministrativa, senza un ordine della magistratura. Per il reato di professare idee politiche contrarie al regime viene introdotta la retroattività, ciò che permette di colpire anche gli oppositori che si erano limitati a dissentire, senza compiere atti perseguibili dal codice penale.



La democrazia "protetta"


Le elezioni tenutesi il 14 dicembre 1989 portano alla presidenza il democristiano Patricio Alylwin (che, per potere sconfiggere elettoralmente gli antichi alleati di estrema destra, non esita ad unirsi alle stesse forze politiche democratiche e di sinistra che il suo partito contribuì per anni a perseguitare) e segnano formalmente la fine del regime militare, ma non la sua sconfitta politica.

Dalle dichiarazioni di Pinochet, rilasciate poco prima delle elezioni, risulta evidente come i militari si fossero preparati per tempo ad una ritirata ordinata, che permettesse loro di continuare a gestire gran parte del potere reale.

Nulla di più lontano, quindi, dalla sconfitta del regime militare argentino, avvenuta sull'onda della disastrosa guerra delle Malvine, di questo "retrocedere" su posizioni di controllo del nuovo governo civile.

Ponendosi questo obiettivo, le Forze Armate cilene hanno per tempo posto le basi per lasciare il futuro governo senza il controllo di almeno quattro apparati statali di fondamentale importanza:
  1. quello militare, autonomo e "nume tutelare" degli interessi dello Stato;
  2. quello ideologico, avendo già sotto controllo il sistema scolastico ed inserendo nelle privatizzazioni dell'ultima ora anche quella dell'ente televisivo;
  3. l'apparato economico e finanziario, sancendo l'autonomia dallo Stato del Banco de Estado e della maggior parte del patrimonio nazionale;
  4. l'apparato giudiziario, provvedendo alla nomina di nuovi magistrati, fedeli al regime e futuri garanti dell'impunità per i militari colpevoli delle violazioni dei diritti umani.
Misure prese in un quadro più ampio di privatizzazioni accelerate di beni statali a favore dei grandi gruppi economici e di nuove nomine di funzionari statali, che ha garantito un congelamento della situazione, volto ad impedire ogni possibilità di accogliere eventuali richieste di miglioramenti economici e sociali.

Per chiarire in maniera inequivocabile le reali intenzioni dei militari, a nome di tutti i comandanti delle Forze Armate e dei Carabineros Pinochet dichiarò che il governo civile, oltre a rispettare la Costituzione del 1980, avrebbe dovuto accettare senza riserve, pena un secondo colpo di stato, alcune condizioni che, oltre al preciso impegno a sviluppare azioni per impedire la lotta di classe, riguardavano il mantenimento dello status di privilegio delle Forze Armate rispetto agli altri organi dello Stato:
  1. inamovibilità dei comandanti in capo delle Forze Armate e dei Carabineros;
  2. astensione da pare del governo dal prendere decisioni riguardanti le Forze Armate;
  3. applicazione della legge antiterrorismo;
  4. mantenimento in vita della legge di amnistia per i delitti commessi dalle Forse Armate durante i primi anni del regime;
  5. rispetto delle opinioni del Consejo de Seguridad Nacional, di cui i militari costituivano una componente importante;
  6. impedire rappresaglie politiche contro le Forze Armate, formulando una aperta minaccia di un ricorso alla forza qualora i militari venissero "umiliati e vilipesi".
La nuova "democrazia" cilena nasceva pesantemente ipotecata. E' importante avere ben presente quali sono stati i vincoli imposti dalle Forze Armate ed il loro reale peso politico, certamente non esauritosi in pochi anni, per capire l'attuale situazione del paese.

Sono passati solo 8 anni dalla fine del mandato di un presidente che nella notte dello stesso giorno in cui il bombardamento della Moneda stroncava l'esperienza del "socialismo cileno", stese il comunicato ufficiale del suo partito, la stessa Democrazia Cristiana che nel 1989 si presentò all'elettorato come "alternativa" al regime militare: "I propositi di ristabilire la normalità istituzionale, la pace e l'unità tra i cileni, espressi dalla Giunta Militare di Governo, interpretano il sentimento generale e meritano la patriottica collaborazione di tutti i settori".