Il Conte d'Almaviva fa due chiacchiere con quel casinista di Marco Travaglio

"Quelli che conoscono le domande giuste
in Tv non li invitano mai"


 

20 Marzo 2001

Il redattore ordinario Marco Travaglio racconta al Barbiere un po' della sua vita, con quel girovagare da un giornale all'altro. Ricorda i suoi libri, ben otto fino ad oggi: e ha appena 36 anni.

Preannuncia la sua ultima fatica, "Se li conosci li eviti", un volume scritto a quattro mani con Peter Gomez dell’Espresso, che stavolta farà tremare molti leader del centro-sinistra.

Ma, soprattutto, ha ancora molte cose da dire sul suo "L'odore dei soldi", di cui Editori Riuniti sta freneticamente tirando 40 mila copie, dopo che le prime 18 mila sono andate esaurite.

Sulle affermazioni fatte da Berlusconi in diretta telefonica al "Raggio Verde" e sul diritto di un giornalista di fare domande, e degli elettori ad avere risposte,  proprio in campagna elettorale, e non dopo, "a babbo morto".

Sugli "zerbini le belle statuine" che, al contrario, animano le trasmissioni politiche e i talk show.  Sono le tre del pomeriggio, e Travaglio risponde dalla scrivania della redazione torinese di "Repubblica”.

Tanto per cominciare, tu sei conosciuto per non essere un giornalista "di sinistra".

"E infatti non lo sono. Ho lavorato sempre con Indro Montanelli. E' lui che  mi ha assunto al "Giornale", dove sono stato per sette anni. Poi, quando l'ha lasciato, nel '94, l'ho seguito alla Voce sino all'aprile del '95.

Quindi tre anni di disoccupazione, con prestazioni da free-lance per Cuore, per Il Messaggero, per L'Indipendente, Sette, Il Borghese, per Enzo Biagi in tv, per l'Espresso di Claudio Rinaldi, fino alla chiamata di Repubblica. Sono un moderato e mi sentivo di destra quando la destra era impersonata da Indro Montanelli. Ma adesso è diventata la robaccia che tutti vediamo..."

 Il tuo libro, scritto assieme ad Elio Veltri, è uscito il 24 febbraio. Quante recensioni ha avuto prima della tua "apparizione" a Satyricon?

"Una sola, anche se molto ampia: quella scritta da Claudio Rinaldi su Repubblica. Con il paraculismo che dilaga, nei giornali e in tv, era molto inverosimile che schiere di colleghi suicidi si buttassero su una storia come questa.

Quando abbiamo fatto la nostra presentazione a Montecitorio, con Paolo Sylos Labini, Paolo Flores d'Arcais, Marcelle Padovani ed Elio Veltri, la sala era zeppa di giornalisti stranieri, "Financial Times" in testa, che mi ha anche intervistato. Solo due o tre i colleghi italiani...

E il contatto con Daniele Luttazzi, chi te l'ha procurato?

"Tra quei pochi italiani alla presentazione c'era la giornalista del "Manifesto" Daria Lucca. Luttazzi ha letto il suo resoconto, e mi ha chiamato. Era rimasto molto colpito dal fatto che Dell'Utri e Berlusconi fossero indagati a Caltanissetta, in una inchiesta sui mandanti occulti delle stragi di Capaci e di via D'Amelio e che la gente non ne sapesse nulla.

Del resto, anche i processi di Palermo finiscono solitamente in trafiletti di venticinquesima pagina...Dopo aver letto il libro, mi ha chiamato a casa anche Norberto Bobbio. "Sono rimasto sgomento", mi ha detto" e ha subito firmato l'appello di Sylos che definisce un pericolo per la democrazia la vittoria della Casa delle libertà".

Berlusconi ha sostenuto di essere stato scagionato dal processo sulle stragi,  e molti dicono che il vostro libro non contiene nulla di nuovo.

"Non è vero che sia stato scagionato: è vero che c'è una richiesta di archiviazione tuttora all'esame del gip. In ogni caso, il nostro non è un libro sulle stragi e contiene materiale mai pubblicato prima.

L'intervista a Borsellino due mesi prima della morte, per esempio, era stata trasmessa solo dalla Rai satellitare "News 24", e dopo le 23 e 30, ora in cui in tv di solito mandano l'algebra e i logaritmi".

Berlusconi ha sostenuto che quell'intervista è stata manipolata e che comunque non dice niente.

" Fabrizio Calvi, il giornalista francese che l'ha fatta, la sorella di Borsellino, Rita, e la figlia Fiammetta, l’hanno riconosciuta come autentica

In quell'intervista Borsellino fa sapere che c'è un'inchiesta aperta su Dell'Utri, Mangano e Berlusconi, di cui non si è poi saputo più nulla, e dubita che i cavalli di cui parla Mangano appartengano alla razza equina, visto che dovevano essere consegnati in albergo.

Allo stesso modo, non era mai stato pubblicato integralmente il rapporto del consulente della Banca d'Italia Francesco Giuffrida, compilato per la Procura di Palermo, dove si dice chiaramente che dei 115 miliardi di finanziamenti in gran parte in contanti, 500 miliardi di oggi, serviti a capitalizzare le holding della Fininvest, è totalmente ignota la provenienza. Cosa del resto confermata dal rapporto del maresciallo capo della Dia di Palermo Giuseppe Ciuro: ci sono soldi che arrivano a getto continuo - ha scritto - e non si sa da dove. Ma vi sono altre importanti questioni, niente affatto archiviate".

Quali, Travaglio?

"Il processo a Dell'Utri per concorso esterno in associazione mafiosa, iniziato tre anni fa a Palermo, ancora in corso e niente affatto archiviato. E poi i resoconti completi degli interrogatori resi da Berlusconi a Torino al processo per Publitaria, con sentenza definitiva della Cassazione, che ha condannato Dell'Utri a più di due anni per falsa fatturazione e frode fiscale

Ancora: le carte della legge Tremonti sulla detassazione degli utili reinvestiti, e come tali norme abbiano fatto risparmiare a Mediaset 245 miliardi. Tutta questa roba nessuno l'aveva mai pubblicata".
 
Petrina ti ha accusato di linciaggio contro Berlusconi per quella tua apparizione in tv.

"Chi, scusa? Non lo conosco, non so chi sia".

Mario Petrina, il presidente dell'Ordine dei giornalisti.

"Ah. Al signor Petrina vorrei dire che io in televisione ho fatto delle domande e che avevo diritto a ottenere delle risposte, adesso, e non dopo le elezioni, "a babbo morto".

In tutti i paesi del mondo, Stati Uniti in testa, è proprio in campagna elettorale che la gente vuole sapere tutto sul candidato che si appresta a votare, si chiami Gary Hart, fatto fuori per aver mentito sull'amante o quella ministra di Clinton destituita un'ora dopo essere entrata in carica, per non aver pagato i contributi alla colf. 

Figuriamoci che importanza hanno per la gente notizie molto più importanti, come le origini della ricchezza di Berlusconi. Forse il modello di giornalismo del presidente dell'Ordine è rappresentato da quei colleghi che in tv non fanno domande, o al massimo chiedono al candidato quale sia il suo numero di scarpe. Deve essere per questo che, al contrario, trova scandaloso che si facciano domande.  E qui voglio dirla tutta".

Avanti pure.

"Dietro la gran parte dei programmi tv di informazione politica, c'è un accordo perverso: gli intervistati si scelgono gli intervistatori. Non solo, si scelgono anche le domande. Questa sì, questa no altrimenti non vengo. E se non vengo cade la "par condicio" e non puoi andare in onda.

E' così, grazie a questi ricatti, che l'opinione pubblica viene disinformata, che colleghi di loquela prorompente diventano all'improvviso afasici, e che si prestano a fare gli zerbini e le belle statuine.

Ci sono giornalisti che conoscono le domande giuste, ma non vengono invitati mai. Il mal vezzo che ho descritto, sia chiaro, non appartiene soltanto al Polo. Recentemente i collaboratori di Rutelli hanno rifiutato il sottoscritto come intervistatore, quando il candidato premier è intervenuto ad una rete televisiva privata lombarda..."

Hai gia’ scritto un bel po’ di libri. A quale sei più affezionato? E cosa ci riserva il prossimo?

"Beh, sì, ne ho fatti tanti. Otto, fino ad oggi, e alcuni a quattro mani. Il primo era del '93, "Lo stupidario del calcio" a cui ha fatto seguito l'anno dopo "Palle mondiali". Poi "Il pollaio della libertà", sul governo Berlusconi, rifiutato da Rizzoli e pubblicato da Vallecchi.

"Il processo" (a Romiti) e via dicendo. Quello a cui sono più affezionato è "Il manuale del perfetto impunito" scritto per Garzanti. Il prossimo avrà per titolo "Se li conosci li eviti", con gli atti processuali e le sentenze su 30 protagonisti della vita politica, molti dei quali della sinistra. Ne vedrete delle belle. Il libro sta per uscire. L'ho scritto assieme a Peter Gomez, grande giornalista giudiziario dell'"Espresso". Ecco, lui sì, saprebbe quali domande fare. Ma in televisione non lo invita mai nessuno".

Il Conte d'Almaviva


 

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