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L'Archeologia
 
Il territorio di Bolotana vanta una notevole ricchezza dal punto di vista archeologico poichè presenta delle testimonianze riferibili a tutti i periodi storici che hanno caratterizzato la presenza umana in Sardegna.
 
I reperti più antichi
I primi reperti, pur facendo parte della paleontologia curati però dalla Soprintendenza Archeologica, sono i fossili, rinvenuti in modo cospicuo, in località "Surconis", appartenenti al periodo neolitico (4.000/5.000 anni fa) e persino paleolitico (ancora precedente), che contengono i corpi di animali di tutte le specie, uccelli, rettili, mammiferi ecc. ancora esistenti ai nostri giorni, e di un roditore, il "prolagus", estinto oltre 4.000 anni fa.

Domus de janasAl periodo neolitico (4.000/5.000 anni fa) appartengono le domus de janas "Sas Percas de Zancànu" tombe ipogeiche situate in pianura a breve distanza dal fiume Tirso, scavate nella roccia presentano un ambiente formato da più celle utilizzate per la sepoltura dei morti che venivano spesso scarnificati e collocati in posizione fetale.

Risalenti sempre a questo periodo troviamo i circoli rituali prenuragici e le pietre fitte di Ortachis, posti sulla montagna a 1.000 mt. di altitudine s.l.m., che avevano una funzione importante nello svolgersi delle cerimonie relative al culto delle acque, come dimostra la presenza delle copiose sorgenti ancora attive distanti pochi metri dal sito.
Il periodo nuragico
Ma la grande ricchezza di monumenti e testimonianze archeologiche del territorio di Bolotana è data soprattutto dal periodo nuragico (1500/238 a.C.). Proto nuraghi, nuraghi, tombe di giganti, villaggi, recinti e manufatti militari, pozzi sacri e fonti, dislocati per la gran parte sulla montagna dimostrano la massiccia presenza di questi edifici in una percentuale fra le più alte in assoluto di tutta la Sardegna. Solo di nuraghi se ne contano in numero di 47, disposti a raggiera e difesi da un efficace sistema di controllo del territorio che garantiva dalle sorprese di eventuali invasioni da nord (proto-nuraghe "Pèrca 'e Pàza" con la sua guarnigione a presidio dell'imboccatura della bassa valle del Coghinas), forte di "Nodu 'e Sale", situato a 1.120 mt. s.l.m. che controllava la parte sud verso la media valle del Tirso e il forte di "Mònte Estìdu" che proteggeva il lato occidentale e il forte di Ortachis che controllava la strada che collegava la media Valle del Tirso con la Campeda.

L'architettura nuragica, sia abitativa, sia funeraria, sia militare o di controllo sul territorio, è veramente superba per le soluzioni tecniche proposte e per il megalitismo che lo contraddistingue, nonchè per la praticità di quelle genti nella soluzione dei problemi esistenziali.La civiltà nuragica, anche se la storia ufficiale lo sta riconoscendo solo adesso, è stata la prima grande civiltà dell'Europa e del Mediterraneo occidentale, prima dei Celti e degli Etruschi, ed ha avuto una durata di oltre 1.000 anni, se consideriamo l'inizio con l'avvento dei proto-nuraghi, 1.800 a.C., e la fine avvenuta con l'invasione dell'isola da parte dei Cartaginesi, nel 541 a.C..


Fra i monumenti particolari, sicuramente da visitare, del territorio di Bolotana si può citare il nuraghe "Sos Pabattòlos" perchè ritenuto incompiuto, un vero e proprio cantiere abbandonato nel pieno dei lavori per chissà quale motivo. Questo consente di rivelare una delle tecniche costruttive attuate dai Sardi nuragici consistente in un piano inclinato costruito in pietra contenente sulla sommità un masso squadrato pronto ad essere posizionato sulla quarta fila della costruzione. Diversi studiosi si sono recati sul posto per studiare questo particolare metodo costruttivo, probabilmente l'unico esistente in Sardegna giunto fino ai nostri giorni.

nuraghe "Tittiriola"Di notevole pregio sono i nuraghi di "Titirriòla" per la sua maestosità e grandezza (è il più grande e il più ben conservato, composto di tre piani), di "Funtanàssida" per il suo ingresso e per l'architrave che richiamano al megalitismo miceneo, entrambi citati da uno studioso della fine dell'800, Giovanni Maria Centurione, che sostiene di averli trovati intatti, sviluppati su tre piani e con tutte le strutture integre.

Possiamo citare inoltre i proto-nuraghi di "Pèrca 'e Pàza", di "Santa Cadrìna" e di "Gàza", nonchè i fortilizi di "Ortachis", "Nòdu 'e Sàle" e "Monte Estìdu", i numerosi villaggi nuragici sparsi lungo tutto il territorio montano.
Questa ricchezza di manufatti rivela una presenza umana, specie sulla montagna, caratterizzata da una identità culturale e da una omogeneità di comportamento che fa ritenere, a diversi studiosi, che in questo territorio era stanziata una popolazione, gli Ilienses, che seppe resistere tenacemente ai popoli invasori, Punici prima e Romani poi, nel disperato tentativo di difendere la propria libertà e la propria gente.
I reperti punici e fenici
I monumenti successivi a quest'epoca rivelano appunto le soluzioni culturali proposte dai popoli conquistatori che si avvicendarono in Sardegna.
Del periodo Punico riveste una notevole importanza il forte di "Pabude" ascrivibile alla metà del IV secolo a.C., dove sono visibili i resti delle mura a cremagliera, le porte "scee" o a tenaglia, come quelle di Troia e l'acropoli costruita sfruttando un preesistente edificio nuragico.
Quanto rimane della fortezza punica di Pabude sono solo dei grossi massi rozzamente squadrati appartenenti ad una grande muraglia al limite di un pianoro in un punto di dominio e ampia visuale. La costruzione sembra che rientri in uno dei quattro fortificati, creati nell’isola nel corso del v secolo A.C. dai cartaginesi, esattamente in quello interno centro settentrionale a controllo dell'area di passaggio
che da Campeda conduceva alla valle del Tirso.
La fortezza di Pabude si suppone fosse in comunicazione con altre della zona, cioè con quella di San Simeone di Bonorva, di Palattu di Padria e forse di Talasai di Sedilo. Gli sconvolgimenti effettuati nell’area da mezzi meccanici non permettono di leggere in modo chiaro la planimetria che si ipotizza o di forma quadrangolare o a ferro di cavallo con evidente integrazione nella muratura di rocce naturali, secondo l’abituale tipologia costruttiva punica. Sul retro della muraglia si scorgono tracce di edifici. Tuttora gli archeologi discordano sull’attribuzione cronologica che potrebbe essere definita solo con futuri scavi.
La presenza di Cartagine in un territorio interno come quello di Bolotana è rivelata da un altro monumento in località "S'Ispinarba" che si trova nella pianura bagnata da fiume Tirso, dove sono visibili resti di mura che presumibilmente appartenevano a un edificio aventi funzioni di fattoria. Non lontano da questa località sono state trovate delle monete in numero notevole ed altri oggetti.
Inoltre all'interno dell'abitato del paese sono stati trovati due basamenti di colonne che, con tutta probabilità, facevano parte di un tempio dedicato a un divinità fenicia legata al culto delle acque, in quanto si trova in un punto dove ancora oggi è presente una fonte, Crispula, forse di derivazione nuragica che per effetto di una sorta di sincretismo religioso fu riutilizzato in epoche successive.
Il passaggio della cultura romana
Notevole è anche la presenza del passaggio della cultura romana in questo territorio.
Nella montagna sono visibili i resti di un paio di ville ( = città, da cui è derivato "bidda" attuale denominazione di un centro abitato), di cimiteri e di agglomerati rurali di varie dimensioni.
Anche la pianura è costellata di "vicus" , centri rurali che formavano il fulcro del latifondismo romano, in località come "Durgui", "Su Anzu", "Olarti", "Bardosu" ecc.. La presenza romana ha condizionato anche la toponomastica del territorio che tutt'oggi conserva nomi latini assieme a quelli nuragici, bizantini, spagnoli ecc...
Le strade che attraversano il territorio di Bolotana
Fra le testimonianze di questo periodo non possiamo non citare le strade che attraversano il territorio di Bolotana e che, fino a pochi decenni fa, venivano utilizzate in larga misura per gli spostamenti degli uomini e delle bestie in tutte le vicende umane che caratterizzano questo popolo di pastori transumanti e contadini all'eterna ricerca di terre da sfruttare.
La più importante di queste vie è senz'altro la cosiddetta "Ad Mediterranea" che partiva da Olbia e arrivava fino in Barbagia, Gavoi, superava il rio Taloro con il bel ponte di "Aratu" ,oggi sommerso dalle acque dell'invaso, tornava indietro e attraversava il Tirso in territorio di Illorai con un altro superbo ponte, "Pont'Ezzu" appunto, tuttora esistente, per poi arrivare nel territorio di Bolotana e, attraversando tutta la montagna, "Frida", "Buri", "Sa Serra" ecc. si riannodava al centro viario di Molaria (Mulargia), all'epoca di notevole importanza dal punto di vista delle comunicazioni per tutta la Sardegna.
Di epoca tardo-romana o bizantina troviamo i villaggi di "Santu Selighes" (menzionato anche in documenti storici medioevali), "Bidda Mazòre" situati in collina a poche centinaia di metri dall'attuale abitato, nonchè altri agglomerati di minore importanza ma è utile citare perchè quando furono abbandonati, gli abitanti si trasferirono a "Golòthana", antico nome di Bolotana, formando il paese la cui storia è giunta fino ai nostri giorni.
Le dominazioni successive, pur lasciando tracce evidenti della loro cultura sotto diversi aspetti, non hanno dato molto dal punto di vista archeologico e monumentale anche perchè in molti casi le vicende abbastanza recenti sono state cancellate o comunque trasformate dagli interventi moderni.
Di epoca giudicale dobbiamo ricordare un'opera molto importante che interessa il nostro territorio: "Sa Ia 'e Logu" una strada fatta costruire dagli Arborea, probabilmente completata all'epoca della stessa Eleonora alla fine del 1300, che parte da Oristano e, attraversando tutta la pianura di Bolotana, si collega al castello di Burgos.
Questa importante via di comunicazione viene tuttora utilizzata, seppure non in tutta la sua integrità, da pastori o addirittura da fedeli che per tradizione si recano, a piedi o a cavallo, ai santuari religiosi dei paesi del centro Sardegna.
 
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