Geoffrey Chaucer The Canterbury Tales

Commento

Analisi dell'opera

Un'antica copia de I Racconti di Canterbury assai ricca di miniature Opera poetica di Geoffrey Chaucer, scritta tra il 1387 e il 1389, rimasta incompiuta. È una raccolta di novelle quasi tutte (tranne due in prosa) in decasillabi rimati, quello che diventerà il verso per eccellenza della poesia inglese, l'heroic couplet (il distico eroico), inserite nella cornice (simile per molti aspetti a quella del Decameron di Boccaccio) di un pellegrinaggio al santuario di S. Thomas Becket a Canterbury. I pellegrini accolgono la proposta dell'oste della Locanda del Tabarro di narrare ciascuno due storie all'andata e due al ritorno per alleviare la noia e i disagi del viaggio. Essi rappresentano le varie classi della società inglese del tempo, dal clero (il Frate, la Priora, il Monaco, il Parroco, ecc.) agli artigiani (il Carpentiere, il Tessitore, ecc.), dai commercianti (una Drappiera di Bath) agli agricoltori (il Fattore, il Mugnaio, l'Aratore), dai professionisti liberali (il Cerusico, l'Uomo di Legge, il Chierico di Oxford) ai militari (il Cavaliere, lo Scudiero, ecc.).

Essendo essi una trentina, i racconti avrebbero dovuto essere 120, ma ne furono scritti solo 21 completi e 3 incompleti, contenuti in nove frammenti, il cui ordine è controverso. Oggetto di discussione è pure la derivazione del piano generale dei racconti dal Boccaccio; comunque sia, Chaucer ha fatto un'opera nuova e originale soprattutto per il suo interessarsi alla realtà concreta della vita quotidiana, dipingendola in modo diretto, senza lo schermo di allegorie, in un linguaggio vivace, schietto, che è alla base dell'inglese moderno; egli rende infatti dell'inglese parlato a Londra, il tardo inglese di mezzo (middle-English), una lingua di ampia dignità letteraria.

Le novelle, che risalgono a varie fonti letterarie latine e medievali (Ovidio, Leggenda Aurea, Roman de la Rose, Roman de Renart, Gower, ecc.), interessano a Chaucer più che altro come mezzo per completare il ritratto del personaggio cui le attribuisce, tracciato con gustoso umorismo e vivezza di particolari nel prologo, ripreso per un approfondimento psicologico negli intermezzi, che in forma di monologo o più spesso di dialogo dà un movimento drammatico all'opera.

Pier Paolo Pasolini trasse dai Racconti di Canterbury, nel 1972, un film dallo stesso titolo, che fa parte della cosiddetta Trilogia della vita.