L'ascolto
nelle strutture ospedaliere
La difficoltà di confrontarsi con la dimensione emotiva, propria e altrui, risulta amplificata nei contesti come le strutture ospedaliere, istituzionalmente deputate a prendersi cura del dolore nelle sue varie forme. In questi luoghi, si trovano a convivere da un lato i pazienti e i loro familiari, dall'altro medici e - in generale - il personale ospedaliero, ciascuno costretto a confrontarsi con situazioni "difficili" e ad alta intensità emotiva. Il paziente deve affrontare non solo il dolore fisico, il senso di "precarietà" e la perdita di autonomia - a partire dalla necessità di delegare ad altri la gestione del proprio corpo - ma anche il disorientamento derivante dal ritrovarsi, e a volte perdersi, in un luogo di cui si faticano a comprendere regole, ragioni e persino il linguaggio. L'inevitabile rinuncia al proprio mondo - e cioè a pudori, intimità, abitudini, riti, relazioni e impegni - e l'accesso ad un ambiente così poco familiare e così denso di incognite, genera angoscia e confusione: il malato si trova così a cercare conforto e certezze attraverso comportamenti eccessivamente richiedenti ("eccessivamente" rispetto alle sue oggettive esigenze materiali), e/o atteggiamenti sospettosi, se non ostili, verso il personale ospedaliero. La paura, infatti, genera rabbia verso la malattia, verso il corpo disobbediente, verso gli altri, trasformati in incolpevoli bersagli, da un paziente sempre più irrazionale e sordo ad ogni appello al "ragionevole". D'altra parte, il personale ospedaliero si trova quotidianamente a contatto con ciò che le persona ammalata sperimenta solo eccezionalmente. Non v'è giorno in cui essi non vedano e non tocchino il dolore, non assistano al terrore, non sperimentino la consapevolezza della morte e dei propri limiti di fronte a tutto ciò. Accade così che di fronte all'individuo angosciato il personale ospedaliero si limiti troppo spesso a fornire informazioni tecniche o superficiali rassicurazioni, come se lo stato d'animo del paziente fosse un intralcio all'esercizio della professione o una inutile perdita di tempo. Il fatto è che stare dentro il disagio altrui è difficile quasi quanto sostare nel proprio e ciò rende l'avvicinamento alla dimensione emotiva un processo faticoso, talché frequentemente ci si affida agli strumenti dell'intelletto rilevando solo in seguito la loro inadeguatezza. Ascoltare - cioè non tentare di guarire l'altro dalle sue emozioni né fornirgli vaghe consolazioni, ma comprendere emozionalmente e contenere - costituisce una modalità di accostare la sofferenza che risulta essere efficace non solo sotto il profilo relazionale ma anche rispetto all'organizzazione del lavoro. Da qui la proposta di un corso sull'ascolto nelle strutture ospedaliere, della durata di due giorni, che è rivolto a tutti i professionisti delle strutture sanitarie che rientrano nell'obbligo della formazione ECM.
Il corso Obiettivi Questa comprensione permette alla persona di lasciare emergere la propria sofferenza e di incanalarla in modalità espressive salutari per sé e non disturbanti per gli altri: certamente l'origine della sua rabbia e della sua angoscia non spariranno per il solo fatto di aver trovato ascolto, ma neppure si imbatterà nei frustranti inviti a fare ricorso al buon senso o in sbrigative rassicurazioni - del tipo "vedrai che passerà" oppure "ogni problema ha la sua soluzione" - le quali il più delle volte generano frustrazione: la comprensione e l'ascolto, invece, possono restituire fiducia e speranza poiché riducono il senso di solitudine. Il percorso mira inoltre a esaminare l'efficacia dell'ascolto nella prevenzione della conflittualità tra pazienti e personale ospedaliero.
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