I virus influenzali non sono entità viventi, come per esempio le cellule batteriche, ma semplicemente degli involucri contenenti materiale nucleoproteico all'interno (RNP) e sembrano come delle specie di mine antinave, con le spolette che sono le emoagglutinine, cioè antigeni. Vengono distinti nei tipi sierologici A, B e C sulla base della nucleoproteina (antigene S) tipo-specifica, e poi in sottotipi in base agli enzimi emoagglutinina (antigene H) e neuramminidasi (antigene N); i tipi A e B possono essere ulteriormente suddivisi in sottotipi e ceppi (del C non si conoscono sottotipi). Nel virus influenzale A sono note 3 varianti antigeniche maggiori (antigenic shift) dell'antigene H (H1, H2, H3) e due dell'antigene N (N1, N2) che variamente associate originano i vari sottotipi: (A/H1N1, A/H2N2, A/H3N2) responsabili, al loro comparire (ogni 11 anni circa), di pandemie influenzali (lo shift sembra avvenire in serbatoi animali, per esempio suini).

Ogni anno i virus di tipo A e B fanno ammalare il 10 %- 20 % dei cittadini degli U.S.A. e causano la morte di 36.000 persone (in media). I virus A sono stati trovati in molti animali, compreso le anatre, polli, maiali, balene e cavalli; sottotipi di questo virus sono stati trovati in uccelli selvatici i quali possono contagiare uccelli domestici. La maggior parte di questi virus causano l'infezione asintomatica o delicata in uccelli. Descrizioni storiche basate sui sintomi dell’influenza indicano che già le popolazioni del V secolo a.C. furono afflitte da tale virus. Di esse però non rimane traccia se non da scritti che riportano sintomi della malattia e vittime. Va compresa in questo gruppo anche la tremenda pandemia del 1918, chiamata "la spagnola", che fece 20 milioni di vittime nel mondo. A causarla fu il tipo H1N1 isolato, però, solo nel 1933. Ricomparve, poi, negli anni successivi (come sono soliti fare tutti i ceppi) in una forma leggermente diversa a causa dello drift antigenico, causando piccole epidemie. Nel ’77 ricomparve una forma virtualmente identica all’H1N1 (chiamata "influenza russa") che circolò nel 1950, essa però non fece molte vittime proprio perché i nati prima del ’50 risultavano già immunizzati contro questo ceppo ed ad essere colpiti furono quindi giovani e bambini. Si devono inoltre ricordare l’asiatica nel ’57 [H2N2] che causò 70 mila morti solo in US e l’influenza di Hong Kong nel ’68 [H3N2] che ne fece 34 mila. Si deve anche registrare la comparsa di un nuovo ceppo virale nel 1997 a Hong Kong [H5N1] che colpì 18 persone e ne uccise 6 (il 30%). Per fortuna si individuò subito la fonte (oche, polli e anatre) e gli ufficiali sanitari decretarono l’immediato abbattimento di tutti i capi agricoli nella regione di Hong Kong, salvando così la popolazione mondiale da un’altra pericolosissima pandemia. Ci si augura oggi che il virus sia stato veramente eliminato, tuttavia le probabilità che anche un solo virione sia sopravvissuto e possa ritornare o mutare sono molto alte.


Ricordiamo le pandemie del 1968 che uccise quasi mezzo milione di persone, si ritiene che anche la prossima avrà origine negli uccelli selvatici acquatici. Da lì potrebbe passare ai polli o ai maiali, raccogliendo geni da un altro virus influenzale che potrebbe consentirle di infettare gli esseri umani. Oppure, secondo il biologo Yu Guan, il virus potrebbe passare direttamente dalle anatre all'uomo.

La necessità di questo tipo di controllo è stata evidenziata anche dalla recente diffusione della SARS, che si ritiene possa essere dovuta a un virus trasmesso all'uomo dagli animali. I virus trasmessi dagli animali sono pericolosi perché l'uomo non ha un'immunità naturale contro di loro.
 

Per i non addetti ai lavori, diremo che:

 

Essa è  una malattia respiratoria acuta causata da un virus detto appunto influenzale e le epidemie influenzali si verificano pressoché ogni anno in un periodo che va, all'incirca, dal mese di novembre ai mesi di gennaio - febbraio. L’ideale per la diffusione del virus è frequentare locali chiusi con aria viziata: per esempio le sale del cinema, addirittura quando un tempo perfino si fumava!

La diffusione dell'infezione avveniva attraverso le microgocciole di saliva: per esempio di uno starnuto o con la tosse, il virus viene veicolato all’ignaro contagiato, ma anche una banale stretta di mano lo può diffondere, tant’è che si dice che disinfettare le mani con tintura di iodio può impedire il contagio.  Esso colpisce le prime vie respiratorie Il virus inizialmente infetta alcune cellule "dell'albero respiratorio" (faringe, laringe, trachea, bronchi e non i polmoni) dove in 4-6 ore si riproduce. Dopo questo breve periodo viene "liberato" infettando via via altre cellule adiacenti o vicine dove ancora si riproduce. Tutto ciò determina la diffusione dell'infezione da pochi punti ad un gran numero di cellule respiratorie nell'arco di diverse ore e questo periodo, detto di incubazione, varia da 18 a 72 ore circa in rapporto sia alla quantità di virus infettante sia alla capacità di difesa dell'organismo (reazioni anticorpali del sistema immunitario).

 

Alla base della epidemiologia dell'influenza vi è la marcata tendenza di tutti i virus influenzali a variare, cioè ad acquisire cambiamenti nelle proteine di superficie che permettono loro di aggirare la barriera costituita dalla immunità presente nella popolazione che in passato ha subito l’infezione influenzale. Questo significa che le difese che l’organismo ha messo a punto contro il virus dell’influenza che circolava un anno, non sono più efficaci per il virus dell’anno successivo. Per questi motivi la composizione del vaccino deve essere aggiornata tutti gli anni e la sorveglianza è fondamentale per preparare il vaccino per la stagione successiva in base ai ceppi che hanno avuto maggior diffusione nell'ultimo periodo epidemico.

 

Sintomi.

I sintomi consistono prevalentemente in febbre a carattere remittente-intermittente (con puntate sino a 39,5°C), accompagnata da dolori ossei e muscolari, astenia, cefalea e sintomi respiratori, come tosse, mal di gola, congestione nasale. In generale, la malattia evolve in modo benigno e si risolve nell'arco di 3-6 giorni. Tuttavia, nei bambini più piccoli, nelle persone con più di 65 anni, negli individui affetti da alcune patologie croniche, nei soggetti immunocompromessi e in gravidanza, possono insorgere complicanze anche severe. Nella maggior parte dei casi è presente febbre da 38 gradi fino, a volte, 41 gradi, temperatura che sale rapidamente nelle prime 24 ore di malattia e che scende gradualmente nell'arco di 2-3 giorni (a volte però la febbre può durare anche una settimana circa). I disturbi particolarmente fastidiosi sono: mal di testa frontale o generalizzato; dolori muscolari interessanti quasi ogni parte del corpo; dolori agli arti inferiori e soprattutto nella parte lombare della schiena. Il mal di gola, la tosse, il dolore o il senso di costrizione al petto (sterno), il bruciore agli occhi o il dolore al loro movimento, sono sintomi che molte volte durano per una settimana o più anche dopo la scomparsa della febbre e dei sintomi sopra descritti.

Nella maggioranza dei casi l'influenza acuta si risolve in 2-5 giorni ed in genere quasi tutti gli ammalati sono guariti entro una settimana. In una minoranza significativa (20-30%) di individui può esserci una stanchezza o debolezza generalizzata (astenia postinfluenzale) che, a volte, persiste anche per parecchie settimane, astenia molto fastidiosa, di cui non si conosce la causa, soprattutto per coloro che desiderano ritornare prontamente alle proprie attività.

Le possibili complicanze
Se normalmente l'influenza è una malattia a evoluzione benigna, in alcuni soggetti, soprattutto i più deboli come gli anziani, si possono sovrapporre altri disturbi, definiti complicanze. Le complicanze respiratorie sono le più frequenti, soprattutto le polmoniti a sovrapposizione batterica. Nella polmonite batterica, dopo che il paziente con influenza è migliorato, si assiste alla ricomparsa della febbre preceduta da brivido e le condizioni generali vanno rapidamente peggiorando. Insorge dispnea, tachicardia, cianosi e ipotensione arteriosa. Oltre alle polmoniti batteriche, complicanze possono essere anche le polmoniti virali, di solito ad elevata mortalità. Vi sono poi le complicanze cardiache. Infatti, a seguito dell’influenza, possono comparire alterazioni del ritmo cardiaco, dei toni cardiaci, segni di insufficienza cardiaca congestizia. Soprattutto nel soggetto anziano, si può avere improvvisamente arresto cardiaco e morte. E' difficile dire se tutto ciò sia dovuto ad una vera e propria miocardite, cioè un'infezione del cuore; è certo che in alcuni casi di miocardite, ad esempio durante l'epidemia di Asiatica, è stato isolato il virus influenzale dal miocardio. Una complicanza particolarmente grave può essere l'encefalite, affezione neurologica più frequente nei bambini. Un'altra complicanza dell'influenza, che si manifesta quasi esclusivamente nel bambino, è la sindrome di Reye. Essa può comparire nei bambini o ragazzi da 6 mesi a 18 anni, in terapia prolungata con aspirina, ed è caratterizzata da encefalopatia acuta con alterazione dello stato di coscienza, degenerazione grassa del fegato, in assenza di qualsiasi altra spiegazione ragionevole per queste alterazioni epatiche e cerebrali. I soggetti diabetici, invece, possono andare incontro ad un aggravamento della malattia, con sviluppo di chetoacidosi. Questa complicazione può associarsi ad ipopotassiemia e portare a morte il paziente. Una particolare attenzione anche va rivolta alle donne in gravidanza, che possono andare incontro a complicazioni a carico del sistema cardio-respiratorio, con conseguenti danni al feto da ipossia (carenza di ossigeno).

Prevenzione.
E se non voglio prendere l’influenza che faccio?

Vaccinarsi è il modo migliore di prevenire e combattere l'influenza, sia perché aumentano notevolmente le probabilità di non contrarre la malattia sia perché, in caso di sviluppo di sintomi influenzali, questi sono molto meno gravi e, generalmente, non seguiti da ulteriori complicanze. Ciò è possibile perché col vaccino viene introdotto un virus attenuato, creato cioè in laboratorio, coltivandolo in embrione di pollo.

Chi si deve vaccinare?

Il Ministero della Salute raccomandala vaccinazione:
· alle persone con età maggiore di 64 anni
· a coloro che sono in stretto contatto con anziani,
· a tutte le persone a rischio di complicazioni come disordini cronici di tipo respiratorio o polmonare (asma compreso), malattie metaboliche croniche (diabete mellito, disfunzioni renali, immunodepressione dovuta o meno ai farmaci, patologie emopoietiche, sindrome da malassorbimento intestinale, fibrosi cistica, malattie congenite o acquisite che comportino carente produzione di anticorpi) o quando sono previsti interventi chirurgici di una certa entità.
· Inoltre, il vaccino è fortemente raccomandato a bambini a partire dai sei mesi d'età ed agli adolescenti (fino ai 18 anni d'età) che sono stati sottoposti ad una terapia a lungo termine a base di aspirina (acido salicilico), la sindrome di Reye.
· è raccomandata a coloro che svolgono funzioni lavorative di primario interesse collettivo o che potrebbero trasmettere l'influenza a persone ad alto rischio di complicanze.




Non mi vaccino invece se:
· La vaccinazione è invece sconsigliata a chi è allergico alle proteine dell'uovo, anche se nel vaccino sono presenti in quantità minima (il vaccino viene prodotto utilizzando uova embrionate di pollo).

Quando mi vaccino?

Il periodo più indicato per la vaccinazione va da ottobre a fine novembre, non prima perché la protezione declina nell'arco di 6-8 mesi e, quindi, si potrebbe rischiare di essere solo parzialmente protetti nel periodo più rischioso (ottobre-febbraio).
La somministrazione è per via intramuscolare e, in tutti coloro con età superiore ai 12 anni, l'iniezione va effettuata nel muscolo deltoide (braccio), mentre, per i più piccoli è consigliato il muscolo antero-laterale della coscia.

La cura dell’influenza.

LA DIETA
A parte le numerose fesserie che si scrivono sulle riviste pseudoscientifiche, è importante che l’alimentazione sia adeguata, cioè sufficiente, con somministrazione di liquidi che si perdono col sudore e con le secrezioni e che un soggetto con si deve rimpilzare con antinfiammatori e paracetamolo o aspirine varie!! La febbre non va combattuta acerrimamente! Vedi il nostro link sulla terapia della febbre!!
Utili per l’apporto di vitamine, in particolare la C, sono sia i limoni che le arance. Fatto sicuro e accertato è che la vitamina C, disponibile a tavola grazie ai limoni, costituisce un complemento utilissimo dell’alimentazione e aumenta le difese dell’organismo: infatti il limone, spremuto a freddo sui cibi, facilità l’assorbimento del ferro dagli altri alimenti che ne sono ricchi (cavoli, spinaci, carni rosse) potenziando quindi le difese naturali contro raffreddore, mal di gola e tosse.

I VAPORI O SULFUMIGI
Respirare i vapori dell’acqua calda dove sono state disciolte alcune gocce d’essenza di mentolo o di altre sostanze vasodilatatrici, stando attenti a non ustionarsi, è uno dei rimedi più tradizionali: libera le vie aeree costrette dall’infiammazione e aiuta a respirare meglio ed il valore terapeutico risiede nel fatto che il calore blocca la reduplicazione del virus influenzale in quanto i virus del raffreddore (rinovirus) non sopravvivono sopra i 32 gradi C..


La Terapia
La terapia dell'influenza è sintomatica, cioè mirata soprattutto al mal di testa, ai dolori muscolari, alla febbre quando supera i 38 gradi e mezzo, al mal di gola, usando acido acetilsalicilico (da evitare nei bambini sotto i 6 anni per possibili complicazioni neurologiche), paracetamolo, farmaci antitosse, colluttori per il mal di gola. Il ricorso ai farmaci antivirali (amantadine/rimantadine, zanamivir, oseltamivir) a titolo profilattico costituisce un metodo complementare utile, ma che non può tuttavia sostituirsi ad una vaccinazione.
Di solito i medici consigliano fondamentalmente più che i farmaci il riposo a letto. Inoltre raccomandano di umidificare l'ambiente, di bere molta acqua per favorire l'espettorazione e di idratare il corpo. Gli antibiotici sono da riservare solamente alle complicazioni batteriche poiché non le prevengono ma anzi favoriscono la selezione di germi a loro resistenti.
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