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T E R R A L B A

   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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S. CIRIACO




TRA STORIA E LEGGENDA


Un giorno don Giovanni Antioco Pilloni si recava da Terralba a Uras col suo bel cavallo. Ad un tratto si vide comparire davanti un grosso serpente che terribilmente impediva il suo passaggio e non voleva lasciarlo proseguire. Il malcapitato sacerdote si spaventò talmente a tale inaspettata apparizione: cercò di prendere la rincorsa e scappare all'impazzata per lasciare indietro il rettile. Il serpe, più astuto e più svelto di lui, si aggrovigliò tra le gambe del quadrupede impedendone la fuga. Il cavallo imbizzarrito cerva di divincolarsi dando calci e nitrendo selvaggiamente, ma la morse diveniva sempre più stretta. La lotta tra cavallo e cavaliere da una parte e del grosso serpente dall'altra, diveniva sempre più furibonda e pareva che quest'ultimo l'avesse vinta. Vistosi ormai sull'orlo della sconfitta, don Antioco chiamò in aiuto 'Santu Triagus', quindi la triade composta dai Santi Ciriaco, Largo e Smaragde, i quali subitamente intervennero in aiuto. Lo spaventato sacerdote si accorse che il rettile è il nemico infernale, colui che tese la trappola ai nostri progenitori.
Oggi abbiamo la conoscenza di Triagus (triade di santi) solo attraverso il simulacro di S. Ciriaco. Questo perché il committente, non potendo portare tre statue, scelse di avere il simulacro più famoso, quindi parlando oggigiorno di S. Triagus intendiamo solo S. Ciriaco e solo lui viene festeggiato.
In passato i terralbesi imponevano ai loro figli il nome di Triagus in onore e ringraziamento di qualche favore ottenuto dal santo, ma lentamente, forse i n seguito alla costruzione del nuovo cimitero nel sito chiamato "su cungiau de Triagus Boi", nessuno sceglieva più questo nome, divenuto sinonimo di lugubre.
E' scontato che dentro e fuori dalle chiese venivano seppelliti i morti, ma con le leggi napoleoniche, che proibivano certe consumanze, anche Terralba si dovette adeguare.
Pure intorno alla chiesetta di S. Ciriaco si seppellivano i morti, specialmente quando non si seppellivano più intorno alla parrocchiale di S. Pietro, perché erano cominciati i lavori di ristrutturazione della nuova chiesa, e anche perché, sia nei cimiteri di S. Lucifero (intorno alla chiesetta) e di Santa Maria (nel grande cortile chiuso da mura), non c'era più spazio.



SECONDO LA LEGGENDA


Dietro la chiesa, dalla parte dell'altare, verso oriente, proprio vicino allo stanzino che fungeva da gabinetto, con la porta all'esterno, vi era piantato un ulivo.
Secondo la leggenda, esso venne piantato da S: Ciriaco, il giorno che liberò dal diavolo, in sembianze di serpente, don Pilloni. L'albero venne piantato già grande e alle sue radici venne incatenato il serpente cattivo. S. Ciriaco scavò una buca profonda e sotto le radici, ben incatenato, sotterrò anche il serpente che osò impaurire chi si recava a compiere il ministero sacerdotale.
Il diavolo, furbescamente, chiese ed ottenne che con sé fosse sotterrato anche un grande tesoro, fatto di diamanti, smeraldi, marenchi d'oro e tanti gioielli. L'astuta bestia, in cuor suo, pensava che prima o poi qualche ingordo e avido di ricchezze avrebbe cercato di dissotterrare il tesoro, e così avrebbe liberato anche lui dalla prigionia sotterranea. Per possedere il tesoro si doveva scavare a mezzanotte di luna nuova, quindi quando era buoi fitto. Bisognava essere soli e senza nessun segno cristiano (croci, immagini, acqua santa, ecc.). Colui che avesse avuto il coraggio di far questo sarebbe divenuto straricco.
Quando il 16 dicembre 1948 si chiese al vescovo l'autorizzazione per demolire la vecchia e cadente chiesa, ormai inservibile, si mise mano al piccone, e l'anno seguente era già distrutta.
L'albero del tesoro fu sradicato e distrutto, ma con esso si distrusse anche la credenza secolare dell'incantesimo. Il tesoro si è ridotto in cenere senza che nessuno ne abbia potuto godere, ma con esso si è liberato il diavolo.



PREGHIERA A S. CIRIACO



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