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Medio Persia L’ESPANSIONE DELL’IMPERO MEDO-PERSIANO
Come i medi, sembra che i persiani fossero dominati da diverse famiglie
nobili. Da una di queste ebbe origine la dinastia degli Achemenidi, da
cui discese il fondatore dell’impero persiano, Ciro il Grande.
Ciro, che secondo Erodoto (I, 107, 108) e Senofonte era di padre
persiano e di madre meda, unì i persiani sotto il suo comando.
Fino a quel momento i medi avevano avuto il predominio sui persiani, ma
Ciro riportò una rapida vittoria sul re medo Astiage e ne conquistò la
capitale, Ecbatana (550 a.E.V.). L’impero medo passò così sotto
l’egemonia dei persiani. Anche se i medi rimasero soggetti ai persiani
finché durò la dinastia degli Achemenidi, non c’è dubbio che
l’impero assunse una duplice natura. Infatti si legge: “La stretta
affinità fra persiani e medi non fu mai dimenticata. Benché
saccheggiata, Ecbatana rimase una delle residenze reali preferite. I
medi ricevevano gli stessi onori dei persiani; ricoprivano alte cariche
amministrative e posti di comando negli eserciti persiani. Gli stranieri
parlavano abitualmente di medi e persiani; quando usavano un termine
solo, era ‘i medi’”. — Sotto Ciro l’impero medo-persiano
si estese ulteriormente a O raggiungendo il Mar Egeo in seguito alla
vittoria dei persiani su Creso re di Lidia e alla conquista di alcune
città greche sulla costa. Ciro riportò la sua più importante
vittoria nel 539 a.E.V. quando, alla testa degli eserciti alleati medi,
persiani ed elamiti, conquistò la potente Babilonia. Con la caduta
di Babilonia ebbe fine il lungo periodo di supremazia semitica,
sostituita dalla prima potenza mondiale di origine aria (iafetica).
Anche il paese di Giuda (come pure la Siria e la Fenicia) venne a
trovarsi sotto la dominazione medo-persiana. Per decreto di Ciro, nel
537 a.E.V. fu concesso agli esiliati ebrei di tornare nella loro patria,
che era rimasta desolata esattamente per 70 anni. A Ecbatana fu
ritrovata, diversi anni dopo la sua emanazione, una memoria di Ciro
relativa alla ricostruzione del tempio di Gerusalemme.
CAPITALI PERSIANE
In armonia con la duplice natura dell’impero, un medo di nome Dario
diventò il sovrano dello sconfitto regno dei caldei, probabilmente però
non un sovrano indipendente dall’autorità di Ciro. Babilonia
continuò a essere una delle capitali dell’impero medo-persiano, e
anche un centro religioso e commerciale. Ma sembra che gli imperatori
persiani non sopportassero le sue estati torride; quindi raramente
Babilonia fu per loro più che una residenza invernale. Ci sono
testimonianze archeologiche che, dopo la conquista di Babilonia, Ciro
tornò ben presto a Ecbatana (l’attuale Hamadan), che sorge ai
piedi del monte Alwand a un’altitudine di oltre 1900 m sul livello
del mare, dove inverni con molta neve e freddo pungente sono compensati
da estati incantevoli. La prima capitale persiana fu Pasargade,
circa 650 km a SE di Ecbatana, ma più o meno alla stessa altitudine.
Presso Pasargade gli imperatori persiani Dario, Serse e Artaserse
Longimano costruirono in seguito la residenza reale di Persepoli,
fornita di una vasta rete di gallerie sotterranee, evidentemente per
il rifornimento di acqua potabile. Un’altra capitale era Susa
(Susan), vicino al fiume Coaspe (Karkheh) nell’antico Elam, che aveva
una posizione strategica centrale fra Babilonia, Ecbatana e Persepoli.
Qui Dario il Grande costruì un sontuoso palazzo adibito generalmente a
residenza invernale poiché, come a Babilonia, anche a Susa d’estate
faceva molto caldo. Tuttavia col passar del tempo Susa diventò sempre
più il vero centro amministrativo dell’impero.
RELIGIONE E LEGGE
Sembra
che i re persiani, benché capaci di crudeltà come i sovrani semiti
dell’Assiria e della Babilonia, cercassero per lo meno all’inizio di
manifestare una certa lealtà e legalità nei rapporti con i popoli
vinti. La loro religione aveva a quanto pare una componente etica.
La principale divinità
era Ahura Mazda.
Dario
I menziona Ahura Mazda quale creatore del cielo, della terra e
dell’uomo, e ringrazia questo dio per avergli dato sapienza,
abilità fisica e il regno.
Un altro dio importante era
Mithra, venerato, oltre che come
dio della guerra, anche come difensore dei patti e dei contratti, i
cui occhi e orecchi erano sempre vigili per scorgere gli eventuali
violatori degli accordi. A proposito dei persiani lo storico greco
Erodoto (I, 136, 138) scrive: “Ai loro figli, a cominciare dai cinque
anni fino ai venti, insegnano tre cose solamente: montare a cavallo,
tirar d’arco e dire la verità. . . . La cosa più riprovevole
è dai Persiani comunemente considerata la menzogna”. Anche se la
loro storia rivela che i sovrani persiani non furono immuni da doppiezza
e intrighi, tuttavia una certa fedeltà di fondo a qualche credo tribale
che imponeva di ‘mantenere la parola’ è evidente dalla loro
insistenza nel sostenere l’inviolabilità della “legge dei medi e
dei persiani”. Infatti quando il decreto di Ciro venne ritrovato circa
18 anni dopo la sua emanazione, il re Dario riconobbe la legittimità
della posizione degli ebrei circa la ricostruzione del tempio e diede
ordini che fosse prestata loro la massima collaborazione.
L’ordinamento dell’impero persiano rivela una notevole abilità
amministrativa. Oltre al consiglio della Corona (o comitato consultivo
del re) composto di “sette principi di Persia e di Media”, c’erano
i satrapi preposti alle principali regioni o nazioni, come Media, Elam,
Partia, Babilonia, Assiria, Arabia, Armenia, Cappadocia, Lidia, Ionia e,
con l’espansione dell’impero, Egitto, Etiopia e Libia. I satrapi
avevano una certa autonomia governativa, che includeva
l’amministrazione di questioni giudiziarie e finanziarie locali.
All’interno della satrapia sembra ci fossero governatori di grado
inferiore responsabili dei distretti giurisdizionali (che ai giorni del
re Assuero erano 127), e all’interno dei distretti giurisdizionali
c’erano principi dei particolari gruppi etnici che ne costituivano la
popolazione.
Sembra che i re dell’impero
medo-persiano fossero zoroastriani.
Anche se non si può affermare o smentire che Ciro il Grande seguisse
gli insegnamenti di Zoroastro, dall’epoca di Dario I in poi le
iscrizioni attribuite ai monarchi menzionano ripetutamente Ahura Mazda,
la principale divinità zoroastriana. Dario I menziona Ahura Mazda
quale creatore del cielo, della terra e dell’uomo, e ringrazia questo
dio per avergli dato sapienza, abilità fisica e il regno. Sembra che i medi-persiano fossero zoroastriani. Un aspetto proprio dello zoroastrismo è il dualismo, cioè il credere in due esseri divini indipendenti, uno buono e l’altro malvagio. Ahura Mazda era ritenuto il creatore di tutte le cose buone, mentre Angra Mainyu il creatore di tutto ciò che è malvagio. Si pensava che quest’ultimo potesse provocare terremoti, uragani, malattie e morte, e anche fomentare tumulti e guerre. Si credeva che spiriti minori aiutassero questi due dèi a svolgere le loro mansioni.
Il simbolo del dio Ahura Mazda era molto simile a quello dell’assiro
Assur, cioè un disco solare alato, da cui a volte emerge un uomo
barbuto insieme alla coda verticale di un uccello.
Può darsi che Ahura Mazda facesse parte di una triade. Questo è
suggerito dal fatto che Artaserse Mnemone invocò la protezione di Ahura
Mazda, di Anahita (dea dell’acqua e della fertilità) e di Mithra (dio
della luce), e attribuì la ricostruzione della sala con le colonne di
Susa alla grazia di queste tre divinità.
Diversi studiosi identificano
Anahita con la babilonese Ishtar.
Uno osserva: “Era adorata come ‘la Grande Dea il cui nome è
Signora’, l’‘onnipotente immacolata’, che purifica ‘il seme
maschile e il grembo e il latte materno’. . . . Era infatti
l’equivalente iraniano dell’Anat siriana, della babilonese
Inanna-Ishtar, della dea ittita di Comana e della greca Afrodite”. —
Secondo lo storico greco Erodoto (I, 131)
anche i persiani adoravano
le forze della natura e i corpi celesti. Egli scrive: “È a mia
conoscenza che i Persiani seguono questi costumi: statue, templi e
altari non hanno l’abitudine di erigerne, anzi considerano stolti
quelli che lo fanno: secondo me, è perché essi non hanno mai pensato,
come i Greci, che gli dèi siano della stessa natura degli uomini.
“Sono soliti, invece, salire sulle più alte cime dei monti e fare
sacrifici a Zeus, il nome con cui designano tutta la volta del cielo,
e onorano con vittime il sole, la luna, la terra, il fuoco, l’acqua e
i venti.
“Queste
sole sono le divinità cui sacrificano fin da tempo immemorabile; ma
hanno imparato anche, e l’hanno appreso dagli Assiri e dagli Arabi, a
sacrificare ad Afrodite Urania, che gli Assiri chiamano Militta, gli
Arabi Alilat, i Persiani Mitra”. Lo Zend Avest_a, l’insieme degli
scritti sacri zoroastriani, contiene effettivamente preghiere al fuoco,
all’acqua e ai pianeti, come pure al sole, alla luna e alle stelle. Il
fuoco è chiamato persino figlio di Ahura Mazda. I SATRAPI
Viceré,
o governatore di una provincia,
dell’impero babilonese o di quello persiano, nominato dal re, e
principale autorità di un distretto giurisdizionale. Dopo la
conquista di Babilonia da parte dei medi e dei persiani, Dario il
Medo nominò 120 satrapi sull’intero regno. In qualità di
rappresentanti ufficiali del re, essi dovevano rendere conto a lui e
avevano libero accesso alla sua presenza. Quindi esercitavano notevole
influenza e potere come autorità civili e politiche. Riscuotevano tasse
e inviavano alla corte reale il tributo stabilito.
A proposito dell’organizzazione satrapica sotto Ciro il Persiano è
stato scritto: “Ciascuna [provincia] era retta da un satrapo il cui
titolo letteralmente significava ‘protettore del Regno’. Succeduto a
un precedente re e preposto a un territorio davvero immenso, in effetti
era egli stesso un monarca ed era circondato da una piccola corte. Non
solo era responsabile dell’amministrazione civile, ma comandava
anche i militari reclutati nella satrapia. Quando questa carica
diventò ereditaria, costituì per l’autorità centrale una minaccia
che non poteva essere ignorata. Per far fronte a questa minaccia furono
istituiti certi controlli: il segretario, il principale funzionario
amministrativo e il generale che comandava la guarnigione di stanza
nella cittadella della capitale di ciascuna satrapia erano direttamente
agli ordini del gran re in persona, e dovevano far rapporto a lui. Un
controllo ancora più efficace era esercitato dall’‘occhio del re’
(o ‘orecchio del re’ o ‘messaggero del re’), [funzionario] che
ogni anno faceva un’attenta ispezione di ciascuna provincia”. —
Probabilmente per ovviare allo svantaggio di avere la capitale
imperiale quasi in un angolo dell’estesissimo territorio, si adottò
un rapido sistema di comunicazioni: un regio servizio postale che
impiegava corrieri che cavalcavano cavalli da posta; in tal modo il
trono era collegato con tutti i distretti giurisdizionali. Le strade
regie, una delle quali andava da Susa fino a Sardi in Asia Minore, erano
ben tenute.
DALLA MORTE DI CIRO A QUELLA DI DARIO
Il regno di
Ciro il
Grande terminò nel 530 a.E.V. con la sua morte, avvenuta durante
una campagna militare. Gli succedette il figlio Cambise II che riportò
la vittoria sull’Egitto.
Le
circostanze relative alla fine del regno di Cambise sono confuse. Una
versione, fornita da Dario il Grande nell’iscrizione di Bisutun, e
ripresa da Erodoto (III, 61-67) e da altri con qualche variante, è che
Cambise avesse fatto mettere segretamente a morte suo fratello Bardiya
(che Erodoto chiama Smerdi). Poi, mentre Cambise si trovava in Egitto,
un mago di nome Gaumata (pure lui chiamato Smerdi da Erodoto), facendosi
passare per Bardiya (Smerdi), usurpò il trono e riuscì a ottenere il
riconoscimento ufficiale. Cambise, mentre ritornava dall’Egitto, morì,
lasciando quindi il trono all’usurpatore. L’altra versione,
preferita da alcuni storici, è che Bardiya non fosse stato ucciso e che
lui stesso, non un impostore, avesse usurpato il trono durante
l’assenza di Cambise.
Ad ogni modo il regno di Cambise terminò nel 522 a.E.V. e il regno
successivo durò sette mesi, terminando anch’esso nel 522 a.E.V. con
l’assassinio dell’usurpatore (Bardiya o Gaumata lo pseudo Smerdi).
Eppure sembra che durante questo breve regno una seconda accusa contro
gli ebrei venisse presentata all’allora re di Persia, chiamato in
alcuni testi antichi “Artaserse”.
Dario I (Dario il Grande, figlio di
Istaspe) salì evidentemente al
trono dopo avere organizzato o istigato l’uccisione di colui che
occupava il trono di Persia. Sotto Dario l’impero ebbe un periodo di
espansione. Egli estese il dominio persiano fino all’India a E, e alla
Tracia e alla Macedonia a O.
A quel tempo i sovrani di Persia occuparono i territori in tre direzioni
principali: a N, a O e a S. Tuttavia nel 490 a.E.V., durante una
campagna contro la Grecia, gli eserciti di Dario furono sconfitti a
Maratona. Dario morì nel 486 a.E.V.
I REGNI DI SERSE ED ARTASERSE
Nel tentativo di vendicare
la sconfitta subita dai persiani a Maratona, nel 480 a.E.V. Serse sferrò
un imponente attacco contro la Grecia. Dopo aver riportato una difficile
vittoria alle Termopili e aver distrutto Atene, l’esercito di Serse fu
sconfitto prima a Salamina e poi a Platea, ed egli fu costretto a far
ritorno in Persia. Il regno di Serse fu contrassegnato da alcune riforme
amministrative e dal completamento di molte opere architettoniche
iniziate dal padre a Persepoli. A proposito della fine del regno di
Serse, opere di scrittori greci menzionano difficoltà coniugali,
disordini nell’harem, e una presunta influenza esercitata su Serse da
alcuni cortigiani. Secondo la storia secolare, Serse fu assassinato da
uno dei suoi cortigiani.
Gli
storici non sono pienamente concordi sui regni di Serse e di Artaserse.
Alcune opere di consultazione pongono l’anno di accessione di
Artaserse nel 465 a.E.V. Certi documenti attribuiscono a suo padre Serse
un regno che continuò fino al 21° anno. Il regno di Serse viene
generalmente fatto iniziare nel 486 a.E.V., con la morte del padre
Dario. Il suo primo anno di regno viene fatto iniziare nel 485 a.E.V., e
il suo 21° anno, e anno di accessione di Artaserse, viene spesso
identificato col 465 a.E.V. In quanto ad Artaserse, gli studiosi in
genere ritengono che il suo ultimo anno di regno abbia avuto inizio nel
424 a.E.V. Secondo certi documenti, quello sarebbe stato il 41° anno
del regno di Artaserse. Se così fosse, il suo anno di accessione
sarebbe stato il 465 a.E.V. e il suo primo anno di regno sarebbe
iniziato nel 464 a.E.V.
Ci sono però validi motivi per ritenere che l’ultimo anno di Serse e
anno di accessione di Artaserse sia stato il 475 a.E.V..
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