CRITICA LETTERARIA: GIUSEPPE PARINI

 

Luigi De Bellis

 
 
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Giudizi e testimonianze attraverso i secoli

Il Parini rinnovatore della poesia italiana

Satira e contemplazione nella poesia del Parini

Poetica e temi del Parini dalle "Odi" al "Giorno"

La poesia del Parini e i problemi della società del suo tempo

Impegno morale e ricerca formale nel Parini





 


POETICA E TEMI DEL PARINI DALLE "ODI" AL "GIORNO"

DI  WALTER  BINNI



Il Parini è il poeta della medietas settecentesca, della illuministica armonia fra natura e ragione, sensibilità e lucido controllo intellettuale: le figure umane del suo mondo e il carattere squisitamente letterario si illuminano e si giustificano nell'ambito della cultura e del gusto del secolo dell'illuminismo e del sensismo. Uno sfondo comune di ideali e di forme sta dietro sia alle Odi sia al Giorno; nel poema, però, la poetica del sensismo si fa più evidente nella ricreazione efficace degli oggetti colti nella loro precisa struttura, al di qua di ogni trasfigurazione fantastica, nell'accumularsi limpidissimo di una folla di immagini, nella stessa costruzione generale dell'opera che comunica un senso di esauriente esposizione, di distesa descrizione di cose e di teorie.

Natura-ragione, sensibilità ragionevole son sempre i termini veri del problema pariniano, le ragioni limitate e profonde prima della tempesta romantica, dopo la superficiale letizia arcadica; il segreto della sua «verità» viva in ogni forma della sua poetica, nel suo tono medio che è il trionfo poetico della tipica medietas settecentesca, del vigore sano e lucido di un'epoca che nella sua potente curiosità, nel suo umanesimo indagatore e rivoluzionario, si controllava sempre nel buon senso, nella convergenza di tutti gli interessi non in alta solitudine, ma in una armonia di sensibilità e di ragione in termini di concreta civiltà, con limiti da un lato moralistici, dall'altro inevitabilmente edonistici.
Il Pariní fu il poeta (l'espressione cioè, non solo il decoratore) di questa civiltà umana, di un umanitarismo che importava proprio una figura poetica non estrema, non passionale ma equilibrata e precisa: donde i limiti e l'accusa desanctisiana di «artista» vanificabile storicamente nel controllo della poetica, ma incosciamente vera per il clima poetico generale in cui quella poetica personale si inseriva traendone il massimo in linee già inizialmente, nativamente poco slanciàte e libere. E come il mondo romantico ama quale suo tipo umano l'eroe d'eccezione, la belle dame sans merci, la personalità viva del proprio impeto inqualificato fino ai limiti della decadenza romantica, e l'ideale illuministico è il cittadino, l'uomo medio, la misura di un'umanità generosamente orizzontale; cosí il figurino del poeta romantico è quello di un cuore nel suo sfrenato e dolente pulsare, mentre quello del poeta settecentesco è una ordinata sensibilità in un programmatico acquisto di maggiore ordine e di maggiore naturalezza che sottendono non esteriormente didascalismo efficace, precisione elegante, perfetta.
Tutte le Odi sono esemplificazioni di quanto abbiamo detto, sia quelle galanti, legate più al fascino edonistico delle sensazioni emananti da un mondo condannato nella sua disumanità, ma non negato nella sua perfezione estetica e nel. suo fondo di civiltà misurata ed estensibile con una aggiunta di maggior sanità naturale, sia quelle più crudamente illuministiche che non si risolvono mai in puro discorso lontano da misure poetiche altrove affermate. Nel Bisogno, ad esempio (pubblicato un anno dopo l'uscita del libro del Beccaria: indice di questa perfetta consonanza di un ambiente attivo e coerente, di una poetica pienamente «contemporanea»), tuta la costruzione si svolge nei termini di una intenzione creatrice nata sulla sintesi letteraria illuministica.
L'argomento, il protagonista (gli eroi del Parini sono il magistrato giusto, il medico, la fanciulla studiosa) vengono stretti in una poesia senza grandezza, che mira a sottolineare i nodi di un sensibilizzato ragionamento (la legge, emanazione della Ragione è infallibile, ma i giudici devono tener conto che i rei sono stati sollecitati dal bisogno che non permette loro di vivere nella vera condizione umana, nella pura luce della Ragione) con un breve ritmo di canto, con un'aggettivazione sempre perspicua, con una costruzione mai involuta e d'altronde con la concisione e la elettezza del linguaggio classico. Semplicità che degenera spesso in facilità insipida, ma che centralmente coincide con il tono di idealità diffuse, di verità del tempo, con un tono socievole che il Parini sa mantenere anche nei momenti di maggiore sdegno o di maggiore eleganza lirica, e che aderisce all'intenzione antiromantica di scarsa preminenza personale, di poeta come voce di civiltà.
La cura sensistica di questa poetica è certo più precisata nel Giorno e il «bianco cumulo di neve alpina» è meno decisivo della continua volontà del Giorno di ricreazione sensibile ed efficace sulla sensibilità del lettore di quelli che il Parini chiamava «oggetti dell'arte»: le cose nella loro evidenza strutturale, non nella loro simbolicità, nella loro impressione di macchia, di colore, di pretesto fantastico. Si pensi subito ai «pruriginosi cibi» al «domabile» midollo del cervello e in contrario ai termini del romanticismo sia pure neoclassico, agli «occhi ridenti e fuggitivi» di Silvia, alle «urne confortate di pianto» del Foscolo. In questo un'estrema eleganza che nasce dal suo mondo di tensione alle «vergini muse», all'assoluta perfezione viva di magnanimità, nel Leopardi un fugace trascorrere di immagine in cui l'evidenza poetica è proprio nella sua. mobilità sentimentale, nella sua perfezione non marmorea. Il classicismo invece delle espressioni pariniane nasce da un'esigenza di pregnante definizione e ricreazione di un oggetto nella sua dimensione sensoriale.
In questa direzione è pacifica l'abilità affascinante del Parini nella ricreazione degli oggetti nelle loro relazioni e strutture: alto giuoco stilistico e pericolosa gara fra poeta e immagine della realtà. Par quasi di attendere ogni tanto una caduta, una incrinatura, una piega: invece ogni immagine ci si presenta perspicua ed elegante, piena di fascino sensoriale; ogni ostacolo espressivo è brillantemente superato, ogni moto di pensiero è tradotto nella sua sensibile funzione (e pur sempre avvertito nella sua possibile schematicità razionalistica), ogni azione è resa in tutta la sua snella complessità. Se questo e non invece un'alta trasformazione fantastica fosse lo scopo ultimo della poesia, il Parini sarebbe inarrivabile, esemplare per ogni poeta.
Ma il Giorno è il trionfo della poetica sensistico-illuministica non solo per la sua forma di cattura dell'immagine degli oggetti in giri, in ritmi che ne evidenziano la complessa realtà (si noti il raffinatissimo seppur stucchevole disegno metrico, il rilievo offerto all'evidenza delle entità descritte, dai frequenti enjambements, dalle cesure, dai troncamenti improvvisi a sottolineare, a colorire, a indicare) e la mettono in relazione con un ritmo vitale indagatore e sereno, ma come un po' angusto nella sua troppo precisa umanità (che altrove riesce a più spaziosa se pur non altissima sanità), e per i particolari con cui questa poetica si realizza senza sbavature e filamenti; ma è il trionfo di quella poetica proprio anche per la sua generale costruzione. La stessa continuità di poema che vuole esaurire il suo tema perfettamente, a costo di stancare (e qui occorre ribattere che il notato difetto nasce non solo contenutisticamente dalla presenza uniforme del manichino «giovin signore», ma dalla volontà di completa illustrazione e dalla stessa succulenta efficacia della sensistica e classicistica evidenza), secondo uno schema preordinato dalla ragione, corrisponde alla generale tendenza illuministica di esauriente esposizione, di germinazione della poesia su di una distesa descrizione di cose e di teorie
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2001 © Luigi De Bellis - letteratura@tin.it