CRITICA LETTERARIA: GIUSEPPE PARINI

 

Luigi De Bellis

 
 
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Giudizi e testimonianze attraverso i secoli

Il Parini rinnovatore della poesia italiana

Satira e contemplazione nella poesia del Parini

Poetica e temi del Parini dalle "Odi" al "Giorno"

La poesia del Parini e i problemi della società del suo tempo

Impegno morale e ricerca formale nel Parini





 


SATIRA E CONTEMPLAZIONE NELLA POESIA DEL PARINI

DI  DOMENICO PETRINI



La poesia del Parini nasce, secondo il critico, non già dall'intenzione morale e dall'ironia che ne deriva, ma dal gusto trepido del contemplatore perdutamente innamorato del mondo aggraziato e prezioso che viene evocando. E', quindi, una poesia essenzialmente descrittiva, che si sostiene su una grazia delicata e leggiera: l'unità del Giorno è da ricercarsi proprio nell'eleganza formale che si approfondisce e raggiunge i risultati più alti quando il poeta è sfiorato dal turbamento e dalla malinconia nell'avvertire il senso del trascorrere e del perire delle cose più rare e perfette e più da lui amorosamente cantate, mentre l'intervento della satira determina squilibri negativi.

Quel che meno vive nella poesia del Giorno è l'ironia. Il Giovin signore rimane un pretesto per raccogliere le fila dei motivi descrittivi: pretesto, perché non è uscita un'anima in cui tutto quel mondo si raccogliesse, si riflettesse, vivesse. E del resto un'anima in mezzo a questo mondo fatto di forme sarebbe stata una stonatura: l'unità più profonda del Giorno è proprio nella mobilità delle macchiette, dei personaggi, delle scene, e si risolve, si delinea, si ferma in una unità stilistica che è sempre uguale a se stessa. Per Parini sarebbe equivoco vedere questa continuità stilistica come un motivo d'unità esteriore che mal raccoglie la frammentarietà della materia: è essa l'anima stessa dell'arte pariniana, quando questa si fa poesia, perché è essa stessa quasi momento del mondo elegante, con la sua preziosa eleganza.
Un descrittivo, Parini, che gode delle forme di questo suo mondo: rileggiamo:

Alfine il Sonno
ti sprimacciò di propria man le còltrici
molle cedenti, ove, te accolto, il fido
servo calò le seriche cortine...

Sottolineate gli aggettivi e vedrete che quel che dà il tono ai versi non è quel fido servo così scolorito nella banalità della parola trita, ma è la pacata grazia di quelle coltrici molle cedenti e di quelle seriche cortine. E nel Giorno è sempre così: i motivi morali cedono sempre dinanzi a quelli di colore. Ripenso a tanti momenti di più pieno abbandono al rococò:

Ogni cosa è già pronta. All'un de' lati
crepitar s'odon le fiammanti brage
ove si scalda industrioso e vario
di ferri arnese a moderar del fronte
gl'indocili capei. Stuolo d'Amori
invisibil sul fuoco agita i vanni,
..........................................
Ivi e nappi eleganti e di canori
cigni morbide piume; ivi raccolti
di lucide odorate onde vapori;
ivi di polvi fuggitive al tatto
color diversi o ad imitar d'Apollo
l'aurato biondo, o il biondo cenerino
che de le sacre Muse in su le spalle
casca ondeggiando tenero e gentile.

Qui la mitologia è proprio quella, tutta ornamentale, di Savioli nella rappresentazione di un mondo le cui linee si perdono nella grazia incerta di un'umanità irreale, il trapasso alla mitologia, a questa mitologia che vive solo della sua delicatezza, non è richiamo di letterato e non è cambiamento di motivo. Ricordo la rappresentazione del Piacere, la costruzione del canapè, l'invenzione delle carte.
L'ironia, non che esserne l'anima, è il limite della poesia del Giorno, che ne fa troppo spesso una cosa dell'età sua e non del mondo eterno dell'arte.
E' da essa. che discendono e quella costruita contrapposizione di un'età eroica della nobiltà al decadimento presente; e quello spingere la descrizione, che si vorrebbe talora più rapida, ai limiti della virtuosità.
I momenti puramente descrittivi sono quelli precisamente in cui meglio l'eleganza fine della letteratura del Giorno si fonde con un mondo con cui essa s'intona.
Passa, a questo contatto, quello stridore rapido tra la perfezione dell'aggettivo, la rarità del periodo classicistico e la battuta da satira: non c'è più un Parini che orna e nasconde la mossa plebea, ma un Parini che s'incanta delle forme di un mondo che pienamente si cala nell'evidenza di una ricercatezza che è la sua stessa vita. Sono i momenti dell'oblio, ma insieme quelli dell'amore. Il riso di Parini, quel riso cupo e chiuso, scompare e nel ritmo dei versi questo mondo elegante trova una luce nuova che gli viene in pieno dalla squisita ricercatezza della forma artistica. La grazia di esso è tutta in questa perfezione di forme: l'eleganza dimentica la volgarità del mondo che velava e si ritrova forma di un mondo che la riconosce pienamente sua.
Nascono trepidi, dai versi del Giorno, figurine e aspetti, nuovi di vita, ritratti con l'incanto di un innamorato: non c'è più il plebeo che entra con le sue scarpe di contadino della Brianza e calpesta tappeti e costumi, ma c'è l'abate elegante e galante cui questo mondo sorride in rari momenti d'abbandono.
La forza della moralità pariniana è in ciò, che questi momenti d'abbandono elegante nel Giorno restano echi e frammenti: la forza della sua poesia è che questi momenti ci sono. E la satira tenta invano di fermarli e sottometterli a sé: talora c'è un contrasto aspro tra i due motivi in un seguito breve di versi.
È che quando Parini si sente vicino a questo mondo dell'eleganza, lo vive come lontano, come stanco, con un sapore di momento che passa fuggevole nella sua delicata vivacità. E' il motivo più profondo della poesia pariniana e del Giorno: bisogna coglierlo quando può districarsi dal complesso turbato della satira.
In Parini, artista umanamente dotato, questa poesia della voluttà si faceva più profonda quando dall'oblio dell'abbandono si riscoteva al dolore del passaggio delle cose. Allora la poesia di Parini ha toni indimenticabili: il descrittivo scopre una sua passione, trepida nel suo sconforto, che della voluttà sente la malinconia. Ma sono momenti rari, frammenti.
C'è un sentore di stagioni morenti in certi versi di Parini: un morbido disfarsi di cose, che rende più appassionati gli affetti nella coscienza del loro passaggio.
Non c'è dubbio: immagini di grazia molle e abbandonata sorgono a ogni passo dalla polemica del Giorno e nel poeta che combatte scoprono il poeta che ama. Frammenti che si districano a mala pena dal tono satirico, e sono brevi momenti d'oblio che il poeta vuol sempre a sé risottomettere per volgere ai suoi fini, ma che pure con la loro presenza ed anche con la loro continuità dicono che una poesia del piacere, della grazia, della voluttà circola prepotente sotto l'eloquenza satirica del Giorno. Sono i momenti che Parini sembra riconciliato col suo mondo.

2001 © Luigi De Bellis - letteratura@tin.it