Luigi
De Bellis

 


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Opere riportate:

     
  Don Giovanni in Sicilia  
  Il bell'Antonio  
  La governante  
     

 





Vitaliano Brancati



IL BELL'ANTONIO: Commedia  in tre atti


Scritta nel 1952, la commedia fu pubblicata nello stesso anno da Laterza in appendice al pamphlet Ritorno alla censura. A causa del veto dell'autorità, fu rappresentata per la prima volta solo nel 1965.

L'ispirazione della commedia ha la stessa matrice polemica del pamphlet, in cui Brancati denunziava lo spirito censorio dei governi democristiani del dopoguerra che soffocava la libertà di espressione artistica e, in un clima di restaurazione moralistica, aveva già preso di mira alcuni suoi lavori: «L'Italia possidente non ama la cultura perché la cultura, nella sua vera essenza, vuol dire prima di tutto libertà di espressione. [...] Dopo tre anni dalla rovina della casta militare, ecco l'Italia rivolgersi di nuovo a una casta feudale: quella del clero».
Scrivendo La governante, l'autore era consapevole che la commedia avrebbe urtato la pruderie del potere laico e clericale, incapace di comprendere il risvolto morale della situazione incentrata sulla contrapposizione di due coscienze, quelle del possidente Leopoldo Platania e della governante Caterina, gravate per le loro scelte dal peso di due morti.

Nel primo atto, Leopoldo Platania, sessantenne benestante, vive con il figlio Enrico e la nuora Elena a Roma, dove vent'anni prima si è trasferito dalla Sicilia, in seguito alla morte di una figlia quindicenne, suicidatasi per un rimprovero mossogli dal padre, durante una festa, in un accesso di moralismo. La sciagura ha determinato in Leopoldo la rottura con i pregiudizi sessuali siciliani e la scelta, per sé e i familiari, di una nuova vita ispirata a costumi più spregiudicati. In casa Platania ha assunto servizio da pochi giorni una giovane governante francese, di religione calvinista, Caterina Leher, che stupisce il padrone con le sue inattese convinzioni morali conformi al rispetto dei valori tradizionali che l'hanno indotta a scegliere proprio «una famiglia all'antica, un po' patriarcale». Leopoldo, conquistato dalla ferma moralità della governante, intende ritornare su posizioni più austere e imporre al figlio e alla nuora comportamenti più controllati. In questo clima di ritrovata moralità, quando Caterina denuncia le tendenze omosessuali della cameriera siciliana Jana, il padrone di casa, inorridito, licenzia all'istante la ragazza, costringendola a ritornare in Sicilia.

Il secondo atto si apre con l'arrivo nel salotto Platania dello scrittore quarantenne Alessandro Bonivaglia, che manifesta «una cognizione lugubre» delle cose. Questo personaggio, che con l'intuizione dell'artista coglie la verità dei comportamenti degli altri, sarà il lucido testimone dello sviluppo degli eventi e del loro tragico epilogo. Bonivaglia, a cui viene riferito l'allontanamento di Jana, capisce che la ragazza è stata vittima di un sospetto suscitato proprio dalla sua primitiva innocenza, e intuisce piuttosto un legame omosessuale fra Caterina e la nuova cameriera Francesca. La governante avverte che lo scrittore è riuscito a leggerle nel profondo e lo aggredisce sul piano artistico: «Lei descrive non le cose che ama, ma le cose che le suscitano ripugnanza. Ecco la sua vera ispirazione: la ripugnanza!».

Sorpresa per caso da Leopoldo in intimità con Francesca, nel terzo atto la governante rivela finalmente le proprie angosciose contraddizioni: «Io ho letto dei libri che mi giustificavano. Erano libri di grandi scrittori. Ma non sono riusciti a ottenere da me che io mi perdonassi». Alla richiesta delle ragioni che l'hanno indotta a calunniare Jana, risponde di aver provato un gusto perverso nel sentire condannare in un'altra quella che avverte come una propria colpa: «E dopo perché cominciai a provare gusto, un gusto velenoso ma che mi ristorava, nel sentir condannare quella cosa». Caterina chiede al padrone di trattenerla nella casa dove sta imparando a vincere se stessa, e Leopoldo acconsente; ma quando con una lettera giunge la notizia che Jana, nel ritornare in Sicilia, è stata coinvolta in un incidente ferroviario e poi è morta, si ritira disperata nella sua camera e si impicca. Toccherà allo scrittore Bonivaglia fare la macabra scoperta.

La governante, all'uscita in volume nel 1952, fu lodata da Eugenio Montale, che in una lettera all'autore vi riscontrava suggestioni cecoviane. «Nella Governante», spiega Sandro De Feo, «come in certi interni tragicomici di Cecov la tensione di comico e di tragico è affidata a incidenti minimi, a malintesi banali, a parole che sembrano grosse e fanno soltanto ridere, o a parole da nulla o addirittura a silenzi che ci danno i brividi». Un'ascendenza molieriana nel carattere di Caterina ha colto invece Nino Borsellino, secondo il quale: «Caterina, la protagonista, è un Tartufo reinterpretato in chiave freudiana».

La commedia fu rappresentata la prima volta, postuma, il 23 gennaio 1965 al Teatro Duse di Genova, dalla Compagnia di Anna Proclemer e di Giorgio Albertazzi, con la regia di Giuseppe Patroni Griffi. Del 1984 è una messinscena di Luigi Squarzina, con Carla Gravina e Turi Ferro. Nel 1974 ne fu tratto un film omonimo, con la regia di Gianni Grimaldi; interpreti Turi Ferro (Leopoldo Platania), Martine Brochard (Caterina), Paola Quattrini (Elena, nuora di Leopoldo), Pino Caruso (Enrico Platania), Agostina Belli (Jana), Vittorio Caprioli (Alessandro, lo scrittore).

 

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