Anticipato sulla rivista «Paragone» nel 1954, dopo la prima edizione in volume
dello stesso anno.
Il racconto, suddiviso in dieci capitoli, è incentrato sulla figura di Guglìelmo,
capo boscaiolo nativo di San Dalmazio, un piccolo paese delle Colline
metallifere, nell'immediato entroterra della Maremma toscana. Tutta la sua
vicenda, che occupa lo spazio di alcuni mesi, si svolge nel paesaggio di quella
regione, alla fine degli anni Trenta, ma di fatto in un'atmosfera intemporale,
fatta di brevi conversazioni tra persone semplici, del passare delle stagioni,
di pochi affetti fondamentali, di lavoro duro e ripetuto negli anni. La storia
comincia in autunno: Guglielmo torna al proprio paese, meditando sul lavoro
appena procuratosi - il taglio di un bosco della regione - e sui guadagni che
potrà ricavarne. Lo aspettano le sue due bambine e la sorella, chiamata ad
accudirle alla morte prematura della madre. Vedovo da tre mesi, il protagonista
è taciturno e riservato, né sembra trarre conforto dall'affetto delle figlie o
dalle buone prospettive economiche. L'unico sollievo gli viene dall'imminente
partenza per il bosco, in compagnia dei quattro lavoranti da lui scelti:
l'esperto e silenzioso caposquadra Fiore, il tranquillo Amedeo, il ventenne
Germano e il più anziano Francesco, scelto meno per le sue energie di boscaiolo
che per le straordinarie doti di narratore e intrattenitore, davvero
confortevoli nel lungo periodo di solitudine e isolamento che li aspetta.
Dopo un tortuoso cammino, e fatta sosta in una fattoria ultramoderna che stride
con il paesaggio circostante, i cinque uomini prendono a costruire il capanno
che servirà loro da ricovero durante i mesi necessari al taglio del bosco. Nei
giorni che si susseguono tutti uguali, essi vivono la quotidianità del loro
lavoro, del clima autunnale e poi invernale, favorevole o avverso, costellando
le serate di partite a carte, di dispute sul tabacco e soprattutto delle storie
macabre e fantasiose di Francesco, inesauribile nell'intrecciare superstizione,
tradizioni locali e gusto esperto per l'invenzione. Ma Guglielmo, non appena
terminato il lavoro diurno, durante le sere inoperose o i giorni festivi, si
sente invadere dal ricordo dei recenti avvenimenti che gli hanno sottratto la
moglie: la malattia di lei, la speranza, la perdita. Il giorno di Natale, egli
sceglie di non tornare ai paese, sopraffatto dalla mancanza di una reale
motivazione: rimasto solo con l'amaro e taciturno Fiore, sprofonda in una tetra
inattività. Ripreso il lavoro, si troverà ad affrontare i problemi pratici
rappresentati dal tempo inclemente, dalla visita dei montanari, dalla febbre che
lo colpisce, dalla ricerca di un carbonaio; tuttavia, specchiandosi nella
serenità di Amedeo o negli ingenui programmi del giovane Germano, gli appare
sempre più difficile resistere al carico delle sue pene. Giunge infine, con la
primavera, il momento della partenza. Guglielmo rimane accanto al carbonaio, che
per tre giorni e tre notti sorveglia la catasta di legna che diventa carbone: le
malinconiche considerazioni di costui, il ritorno solitario al paese e la
prospettiva di un'impossibile rassegnazione lo gettano in uno stato di
irrimediabile disperazione.
Ritenuto «uno dei pezzi più sapienti della narrativa degli anni Cinquanta»
(Giacinto Spagnoletti), Il taglio del bosco è scritto in uno stile limpidissimo,
che indugia su caratteri umani e paesaggi ugualmente antichi e immodificabili.
Gli aspetti naturali della Maremma toscana, sfondo di quasi tutte le narrazioni
dell'autore, sono colti nelle loro lente modificazioni, che dialogano
silenziosamente con gli umori semplici e intensi dei protagonisti.
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