Prima della pubblicazione in volume (con il sottotitolo «Introduzione alla
critica e storia della poesia e della letteratura»), la prima e la seconda
sezione del trattato uscirono sulla rivista «La Critica»: rispettivamente, La
poesia e la letteratura (1935) e La vita della poesia (1936). I primi quattro
capitoli della prima sezione e il secondo e il quarto capitolo della seconda
furono poi ristampati in Filosofia. Poesia. Storia. Pagine tratte da tutte le
opere a cura dell'autore (1951).
Il trattato è diviso in quattro sezioni di natura teorica («La poesia e la
letteratura», «La vita della poesia», «La critica e la storia della poesia», «La
formazione del poeta e la precettistica»). Ciascuna parte, articolata in
paragrafi, è corredata da un'appendice di postille, nelle quali l'autore annota
indicazioni bibliografiche, storiche e filosofiche sul tema dell'arte.
Dedicata «alla memoria di Francesco De Sanctis e di Giosue Carducci», La poesia,
come dichiara lo stesso Croce nell'«Avvertenza» alla prima edizione, si colloca
in ideale continuità con l'Estetica e ciò «è chiaramente definito nella pagina
con cui essa si chiude». Qui infatti si sostiene «l'opportunità di comporre
libri teorici sulle singole arti, non perché in ciascuna siano da ragionare
particolari concetti estetici, ma, al contrario, per far valere in ciascuna i
concetti medesimi dell'Estetica». Intento dell'autore è esemplificare i
presupposti teoretici del trattato del 1902 nella concretezza di una particolare
espressione artistica.
Al centro della prima sezione c'è la differenza tra poesia e letteratura, che
emerge da un'indagine metodica sulle diverse «espressioni» sentimentale o
immediata, poetica, prosastica e oratoria. La letteratura non è riconducibile a
nessuna di esse, perché consiste in un equilibrio tra due ordini: quello poetico
e quello non poetico. La fusione tra espressioni sentimentali, prosastiche,
oratorie e poetiche modifica il «significato della parola "bellezza", che non è
più la dea che infonde un senso dolcissimo e doloroso insieme [...], ma
piuttosto una gentile e decorosa persona che mitiga e ingentilisce l'impeto
altrui e lo interpreta con la sua voce pacata e armoniosa». La letteratura,
diversamente dalla poesia, non assurge al puro sentimento lirico, ma formalizza
di volta in volta contenuti religiosi, morali, amorosi con il fine di istruire o
di divertire. La materia della poesia è, invece, il sentimento, che assume un
carattere universale nelle immagini poetiche; come, infatti, il sentimento, di
per sé, si dibatte tra universale e particolare, tra bene e male, tra godimento
e sofferenza, la poesia ne ricompone i conflitti in una visione armonica del
tutto.
Nella seconda sezione Croce descrive «la vita» della poesia che continua, in
prima istanza, nella rievocazione dello stesso poeta e, in un momento
successivo, nell'atto di fruizione del lettore. In questa catena si inserisce
anche il filologo, perché «che cosa sono questi sforzi che l'autore compie per
il riacquisto del testo dell'opera sua, che cosa sono nel loro piccolo se non
ciò stesso che, in grande, l'umanità fa e chiama "filologia"?». La comprensione
dell'opera poetica consiste nell'atto del ripercorrere il suo stesso processo
creativo: atto compiuto prima dal poeta e dal lettore, poi - con il sostegno di
una strumentazione scientifica - dai filologi. La natura rievocativa del gesto è
però assolutamente la stessa.
Nella terza sezione si chiarisce il compito del critico. Se la coscienza
estetica avverte il bello, lo «sente», non è, però, capace di formularne un
giudizio, ossia «quell'unico atto» che è «dare il nome alle cose». Se il critico
si fonda, per poter formulare il giudizio estetico, sulla rievocazione
dell'opera poetica, non potrà, tuttavia, prescindere da quegli strumenti storici
e filosofici che gli consentono di estrarre dal «fatto» poetico il «vero»
poetico: «il "fatto" per convertirsi in "vero" deve essere elaborato
mentalmente».
La parte teoretica del trattato si conclude con la quarta sezione, dedicata alla
personalità del poeta. Egli è perennemente sospeso, dice Croce, tra originalità
e imitazione. Non è possibile, infatti, parlare di originalità assoluta di
un'opera poetica: essa è preceduta sempre da altre opere e si rifà
indirettamente alla natura, grande modello di ogni arte. D'altra parte l'opera
non è nemmeno mera imitazione, ma ha in sé qualcosa di creativo: «La formazione
del poeta si travaglia in questo duplice e pur unico moto, di trovare il suo
riattacco alla tradizione della poesia, ripigliando nella sua voce l'eterno
motivo che la poesia canta, e di scavare e scoprire la propria originalità [...]
e far risonare pura la propria voce».
Il nucleo centrale della Poesia, secondo Gianfranco Contini, è la distinzione
istituita tra i diversi tipi di espressione, all'interno di un'opera letteraria,
che fanno da «appoggio» al materiale più propriamente poetico e ne costituiscono
la struttura. Tale tema segnerebbe una cesura - nonostante le dichiarazioni
dello stesso Croce nell'«Avvertenza» alla prima edizione - fra il trattato del
'36 e l'Estetica, nella quale Croce parlava unicamente di «espressione pura».
Tuttavia lo stesso Contini riconosce che l'idea delle altre espressioni come
struttura necessaria alla creazione poetica presuppone la Filosofia della
pratica, dove l'arte è concepita come totalità e, quindi, reintrodotta «nel
circolo vitale e pratico». In tal modo Croce si allontana, già da allora, da una
concezione della poesia come "folgorazione".
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