Luigi
De Bellis

 


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Elsa Morante



LA STORIA: Romanzo


Per una precisa scelta dell'autrice e dell'editore, Giulio Einaudi, fu pubblicato direttamente in edizione economica, e ciò contribuì a decretarne il clamoroso successo.

Il romanzo nasce con forti ambizioni politiche, oltre che letterarie, e risponde alla necessità di un confronto diretto con la realtà e la storia contemporanea. La struttura del testo conferma questo impegno intellettuale, offrendo al lettore due racconti paralleli: la narrazione romanzesca della storia di Ida Ramundo e di suo figlio Useppe, lungo tutto l'arco della vita del bambino, dal 1941 al 1947, e il racconto della «Storia» ufficiale, dal 1900 fino al 1967. L'opera è suddivisa in otto parti, ciascuna intitolata con l'anno in cui si svolgono gli avvenimenti narrati e preceduta da una cronologia che sintetizza i principali eventi politici, militari ed economici. La cronologia è la cornice necessaria entro cui inscrivere la drammatica vicenda che si sviluppa nel corso del racconto, e anch'essa risente dell'ottica di cui il romanzo è permeato: la Storia è «uno scandalo che dura da diecimila anni», come recita il sottotitolo della prima edizione; i deboli, gli analfabeti, i poveri sono le vittime sacrificali del potere, eppure «la vita, nella sua realtà, sta tutta e soltanto dall'altra patte: con le vittime dello scandalo», sottolinea l'autrice nell'introduzione all'edizione americana del 1977. E sono loro, i «deboli», i veri protagonisti, gli eroi della sua «Iliade dei giorni nostri».

Il romanzo si apre con alcune citazioni significative: dal Vangelo di Luca al verso di César Vallejo usato come dedica, «Por el analfabeto a quién escribo»; dal diario di un sopravvissuto di Hiroshima alle lettere dei caduti in Russia. Altri testi, inseriti tra la cronologia e il racconto svolgono la funzione di controcanto poetico alla vicenda narrata: tra questi, le filastrocche dei bambini ebrei deportati, un verso di Marina Cvetaeva, una poesia di Miguel Hernàndez e una frase di Gramsci. Dopo l'esposizione degli avvenimenti che coprono l'arco temporale dal 1900 fino al 1940, ha inizio la narrazione vera e propria: «Un giorno di gennaio dell'anno 1941» a Roma nel quartiere di San Lorenzo, Ida Ramundo, al ritorno dal mercato, viene assalita e violentata da Gunther, un giovane soldato tedesco. La donna è una maestra elementare di trentasette anni, rimasta vedova con un figlio, Nino, adolescente ribelle e sfrontato. Precocemente sfiorita, Ida conserva nella sua indole umile e remissiva una «dolcezza passiva», simile a «l'idiozia misteriosa degli animali». Il primo capitolo è dedicato alla ricostruzione della sua storia familiare: il padre Giuseppe era un maestro elementare calabrese, anarchico e idealista; la madre Nora un'insegnante padovana trapiantata a Cosenza, di famiglia ebrea. Figlia unica, Ida manifesta fin da piccola i segni del «male innominato», l'epilessia, che scompaiono con l'adolescenza, lasciandole in eredità un'attività onirica abnorme. La ragazza segue le orme dei genitori e diventa insegnante a sua volta; incontra Alfio Mancuso, un giovane messinese scampato al terremoto del 1908, e lo sposa. Insieme si trasferiscono a Roma, dove nasce nel 1926 il loro primo e unico figlio, Antonio, detto Nino. Nel giro di pochi anni Ida perde il padre, morto di cirrosi epatica, e il marito, ammalatosi dopo un viaggio in Africa in cerca di fortuna. Un'altra tragedia familiare viene causata dalla promulgazione delle leggi razziali del 1938; il fantasma della persecuzione antiebraica mina l'equilibrio mentale della madre Nora, già provata dalla morte del marito: la donna si lascia annegare mentre tenta un'improbabile fuga in Palestina, e la descrizione della sua fine è uno dei momenti di lirismo più alti del romanzo.

La vita oscura di Ida viene stravolta dalla violenza subita, che si configura come un'Annunciazione "al contrario"; rimasta incinta, per non suscitare uno scandalo nasconde a tutti la gravidanza e partorisce in casa di una levatrice conosciuta nel ghetto di Roma, soprannominata Ezechiele per il suo aspetto mascolino. Il figlio nasce il 28 agosto 1941, prematuro ma in buona salute, pieno di voglia di vivere, e prende il nome del nonno, Giuseppe. Per i primi mesi il neonato viene nascosto il più possibile alla vista degli estranei, nonostante Nino infranga i divieti materni invitando gli amici a vedere il suo portentoso fratellino; infatti il piccolo si mostra precoce nel parlare e già a un anno sa pronunciare il proprio nome, «Useppe». Con la sua straordinaria sensibilità il bambino riesce a stabilire un rapporto privilegiato con ogni essere vivente e riconosce la magia nascosta negli oggetti più insignificanti. Il suo primo compagno di giochi è Blitz, il bastardino di Nino, capace di insegnargli il linguaggio dei cani, che lo accudisce mentre la madre è a scuola. La seconda guerra mondiale - che ha fatto da sottofondo al racconto con il rumore minaccioso delle incursioni aeree e le folli profezie della vecchia ebrea Vilma - ora irrompe sulla scena narrativa: Nino si arruola come volontario nelle Brigate Nere, mentre Ida e Useppe si salvano miracolosamente dal bombardamento di San Lorenzo del 1943, nel quale perdono la casa e il cane Blitz, rimasto sepolto sotto le macerie. La donna trova rifugio in un ricovero per sfollati alla periferia eli Roma, in un capannone di Pietralata, già occupato dalla numerosa famiglia romano-napoletana dei «Mille» e dal comunista Giuseppe Secondo, con la sua gatta Rossella e due canarini; a essi si aggiunge l'anarchico Carlo Vivaldi, giovane taciturno e scontroso, scampato alla deportazione nel campo di sterminio, ma segnato per sempre dalle violenze dei nazisti. Useppe viene coinvolto nella vita promiscua e allegra dello stanzone e diventa la mascotte della comunità, mentre Ida rimane chiusa nel suo disagio e nelle sue inquietudini.
Dopo molti mesi ricompare Nino, divenuto partigiano con il nome di battaglia «Assodicuori». Alla lotta armata condotta dalla sua brigata si uniscono anche Giuseppe Secondo e Carlo Vivaldi, che svela la sua identità di ebreo e il vero nome, Davide Segre; il giovane, che rifiutava la violenza in nome dell'ideale anarchico, accetta di combattere contro i fascisti per vendicare lo sterminio della propria famiglia in campo di concentramento; ma le efferatezze compiute da entrambe le parti in lotta lasceranno segni profondi sulla sua psiche. Nel 1944 Ida e Useppe lasciano il rifugio e si trasferiscono a Testaccio, in una stanza presa in affitto presso i Marrocco, una famiglia ciociara che aspetta con ansia il ritorno del figlio Giovannino, disperso in Russia. Inizia il periodo più difficile per Ida, assillata dalla mancanza di cibo per il figlio: la ricerca disperata di viveri le fa perdere ogni riserbo e la porta a percorrere le strade della città devastata come un animale affamato, superando il terrore che le incute la presenza dei numerosi soldati tedeschi. Nelle sue peregrinazioni visita anche il ghetto rimasto disabitato dopo la deportazione degli ebrei romani del 16 ottobre 1943, di cui Ida e Useppe erano stati testimoni involontari.

La guerra finisce in modo improvviso e incomprensibile per le vittime, così come era iniziata. Ida rivede Nino che ha abbandonato gli ideali comunisti e si dedica a piccoli traffici di contrabbando. La fine del conflitto non cancella gli orrori commessi e tutto il peso della sofferenza si abbatte sugli innocenti come Useppe: il bambino comincia a essere tormentato dagli incubi e il primo grave attacco di epilessia si manifesta in concomitanza con la morte del fratello, che perde la vita in un incidente d'auto. Il colpo è durissimo per Ida, che non si abbandona alla disperazione solo per risparmiare altro dolore al piccolo Useppe, e riprende una vita normale. Poiché il lavoro non le permette di occuparsi totalmente del figlio, lo affida durante il giorno alle cure del cane di Nino, il pastore Bella «Pelozozzo», che ha ritrovato la strada di casa dopo la morte del padrone e svolge un ruolo protettivo per Useppe, quasi come una seconda madre. Con Bella il bambino vive le sue ultime avventure, in luoghi trasfigurati dallo sguardo infantile, trasformati in dimore fantastiche dove ogni essere vivente fa sentire la propria voce; i due incontrano Scimò, un ragazzo scappato dal riformatorio, con il quale condividono il loro nascondiglio segreto lungo gli argini del Tevere, la «tenda d'alberi». Useppe resiste ancora per poco all'urto con la realtà: l'ultimo incontro con Davide Segre è decisivo; il giovane è ormai preda di impulsi autodistruttivi, che lo spingono verso l'alcol e le droghe. In un momento di disperazione scaccia Useppe da casa sua, insultandolo e provocandogli un nuovo attacco la notte stessa il giovane muore di overdose. A questo si aggiunge una crisi provocata dal litigio con alcuni ragazzi che avevano violato il rifugio sul fiume. Rimasto svenuto sul greto del fiume, il bambino viene soccorso da Bella che indica a Ida la strada per ritrovare il figlio. Il giorno dopo, mentre la madre è a scuola, il bambino è colpito dall'ultimo attacco fatale; oppressa da una premonizione di sventura, Ida si precipita a casa e trova il figlioletto senza vita. Così si chiarisce il profondo senso cristologico del racconto: «Tutta la Storia e le nazioni della terra s'erano concordate a questo fine: la strage del bambinello Useppe Ramundo», ultimo approdo delle «spire multiple di un assassinio interminabile». Bella difende Ida e Useppe fino alla morte: è necessario abbattere l'animale per permettere alla polizia di portare via il corpo del bambino. La madre rimane nello stato catatonico in cui l'ha sprofondata la perdita del figlio e morirà dopo nove anni, senza aver ripreso a parlare, sospesa nella dimensione senza tempo del dolore.
L'ultimo paragrafo della cronologia è costituito dall'elenco degli eventi storici accaduti dal 1948 in poi e si ferma significativamente al 1967, con la frase «...e la Storia continua...»,

La Storia è ancora oggi un best-seller, tradotto nelle principali lingue del mondo. Ne è stato tratto un film per la televisione, nel 1986, con la regia di Luigi Comencini; sceneggiatura dello stesso regista, Suso Cecchi d'Amico e Cristina Comencini; interpreti Claudia Cardinale, Lambert Wilson, Fiorenzo Fiorentini.

 

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