Molti dei capitoli del libro, dedicati dall'autore al fratello Giorgio de
Chirico, e recante il sottotitolo «Microscopio-Telescopio», furono pubblicati su
vari periodici italiani e francesi e, in particolare, sulla stessa «Voce», tra
il febbraio e il dicembre del 1916.
L'opera si presenta come un autentico miscuglio di generi: «ogni delimitazione
di genere è impossibile, ogni spalliera di retorica e di estetica sono dinanzi a
questo libro impensabili» (Giovanni Papini). Tra le sezioni (tutte titolate) che
costituiscono il testo, è possibile ritrovare brevi componimenti di tipo
teatrale («Prelude. Tète-antichambre de ministre», «Drame de la ville
méridiane», «Drame de l'après-midi entre deux saisons»), prose su argomenti di
attualità, còlti e commentati secondo l'ottica straniante dell'autore («Il Papa
in guerra», «L'ora ebrea»), vari spunti autobiografici («Il rocchetto di
Venere», «Un bagno russo», «Ferrara-Partenza», «Isabella Hasson»), una sorta di
micro-canzoniere («La festa moratoria» ), e infine brani con una più accentuata
pretesa storico-filosofica, per quanto anch'essi sostenuti da una linea di
pensiero eccentrico e contraddistinti da una miscellanea di suggestioni («Epoca
Risorgimento», «Dio-ruotalibera», «L'orazione sul tetto della casa»). Inoltre,
la seconda parte è occupata quasi interamente dalla «Partenza dell'argonauta»,
lunga narrazione romanzesca divisa a sua volta in vari capitoli.
Il libro nasce nel vitale ambiente fiorentino e ferrarese degli anni della
guerra: a questo periodo risale l'amicizia intensa di Savinio con alcuni grandi
intellettuali del tempo, come Giovanni Papini o Ardengo Soffici, che l'autore
aveva avuto modo di conoscere e frequentare, insieme al fratello, il pittore
Giorgio de Chirico. L'esperienza delle avanguardie (con le sue provocazioni e le
sue irriverenze) è in parte riscontrabile nell'assemblaggio disorganico e
granguignolesco dei pezzi che compongono il libro, e che ne fanno un esempio di
letteratura atematica, se non addirittura anti-tematica. Anche le tecniche
adoperate dallo scrittore, per mettere in atto un teatro di beffe, lazzi e
oscenità di vario tipo, sono per molti versi avvicinabili a quelle futuriste,
dadaiste e, soprattutto, precorrono molti aspetti del successivo surrealismo. Lo
stesso sottotitolo dell'opera, «Microscopio-Telescopio», allude a una volontà
deformante: questi strumenti - che sono poi esemplari dell'atteggiamento
dell'autore - permettono di ingrandire ciò che è piccolo, insignificante, o di
avvicinare e portare in primo piano ciò che è lontano, apparentemente
irraggiungibile, in un continuo cambio di prospettiva. L'inserimento di clementi
propri della realtà e della natura "bassa", derivanti molto spesso dall'universo
corporeo, anzi corporale in senso stretto, rientrano proprio in questa logica:
la lontananza, che microscopio e telescopio contribuiscono ad annientare, non è
soltanto fisica, ma anche sociale, civile, morale. Peculiare è la riabilitazione
di ciò che la "decenza borghese" ha bandito. L'universo hermaphroditico è
infatti costellato di svariati tipi di escrementi («elisir d'orina», «piscio di
gatto», «dolci neri a forma di schisti, di coproliti, di feci fossilizzate»), di
elementi tratti dalla sfera sessuale o che a questa si richiamano più o meno
esplicitamente («odore di verginità», «abbracciamenti frenetici e profumate
morbidezze di sapienti linguate», «il mio treno fiero del suo altissimo
fumaiolo»), di tutto un materiale repellente o animalesco, per caratterizzare il
quale l'autore spesso mette in atto continui processi di reificazione delle
componenti umane e di umanizzazione degli oggetti inanimati (per esempio, le
donne vecchie sono descritte «accosciate come orrendi gallinacei», mentre il
treno è paragonato a una «tenia»).
Costante è anche il riferimento alla mitologia, abbassata e rivisitata in chiave
ironica, umoristica (l'autore dichiara di voler raggiungere una «divina
frivolezza»). Hermaphrodito, secondo il mito, è il figlio di Hermes e Afrodite,
dotato dl duplice sessualità, e dal pulito di vista filosofico testimonia di una
realtà che sfugge al principio di una sola verità. Egli è pertanto l'esempio di
una felice compresenza degli opposti, che trova il suo contraltare retorico
nella figura prediletta da Savinio, l'ossimoro.
La «Partenza dell'argonauta» rappresenta una dimostrazione evidente
dell'abbassamento del tema mitologico: l'argonauta non è altri che l'autore
stesso che viene trasferito, insieme con il suo reparto dell'esercito, da
Ferrara a Salonicco. Le avventure fantastiche e le peripezie, l'enfasi e il tono
eroico della narrazione di Apollonio Rodio si convertono qui in un lungo
tragitto in treno e in nave, nel corso dei quale viene presentata una congerie
di tipi umani bizzarri o insignificanti, di paesaggi squallidi, conditi da note
di disgusto legate a odori spiacevoli di gabinetti o di bordello, oppure animati
da qualche particolare curioso, o anche sciocco e superfluo. Rilevante il
ritratto di Mazzini («Epoca Risorgimento»), accostato a Nietzsche e definito
«lirico» perché passionale, gratuito (egli possiede «lo stato scemo dell'uomo di
genio»; «Mazzini? Uomo-epoca. Vuoto di sostanza, come ogni felice principiamento»).
La Ferrara della pittura metafisica, presente in più capitoli, ritorna come
motivo frequente e come sfondo delle rievocazioni autobiografiche («"Frara"
città del Worbas», «La festa moratoria»).
Il linguaggio di Hermaphrodito si presenta assolutamente onnivoro e lo stesso
Savinio definisce l'opera «moltilingue»: il plurilinguismo qui svaria tra i
registri e le lingue più diverse (l'ultima parte del «Rocchetto di Venere»
accoglie vocaboli russi, francesi, greci, spagnoli e perfino latini), e inoltre
si concretizza spesso, all'interno dell'italiano, nella combinazione di
neologismi, arcaismi, giochi etimologici e calembours. L'inevitabile sensazione
di sovraccarico, il peculiare espressionismo saviniano è riconducibile all'idea
del linguaggio come pulsione, gioco disinteressato, desiderio e distruzione:
tuttavia questo onirismo linguistico-retorico non è casuale, ma, diversamente
dalla scrittura automatica del successivo surrealismo, è sapientemente
organizzato e controllato dall'autore.
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