Il libro, pubblicato nella collana «Lo Specchio» si compone di tre parti:
«Infanzia di Nivasio Dolcemare», «Luis il Maratoneta» e «Senza donne» la prima
delle quali, molto più lunga delle altre due, è anche la più scopertamente
autobiografica.
In «Infanzia di Nivasio Dolcemare», scritto nel 1941 i riferimenti
autobiografici sono presenti fin dal nome (Nivasio è anagramma di Savinio) e
dall'ambientazione, perché anche il protagonista, come l'autore, nasce ad Atene
e lì trascorre gli anni della fanciullezza e dell'adolescenza. Il tema
dell'infanzia è uno degli aspetti fondamentali della poetica saviniana:
nell'immaginario del bambino tutto è possibile e interscambiabile, indecifrabile
dallo sguardo adulto. Anche la Grecia e la sua storia, nell'ottica infantile,
vengono ricondotte alla pura dimensione mitologica, a sua volta manipolata e
addomesticata dall'intrecciarsi dei particolari comici e curiosi del mito con le
occasioni più banali della realtà borghese. I primi anni della vita di Nivasio
si svolgono in un'atmosfera abitata da una folla di personaggi: Antoine Calaroni,
animatore dei salotti; la violinista Deolinda Zimbalíst, divenuta
successivamente istitutrice in casa Dolcemare; il generale Papatrapatakós; i due
ottantenni inseparabili Mikos e Takos; e la vedova Vianelli con due figlie, alle
quali, dopo la morte del capofamiglia, sono state chiuse le porte della
cosiddetta buona società, a causa del loro comportamento troppo frivolo. Nello
scenario dei numerosi e diversi caratteri risalta il dramma del giovane
Dolcemare, segnato da una singolarità che lo isola dagli altri, al punto da
spingerlo a cercare in Dio una risposta al vuoto che avverte in sé e attorno a
sé (sceglierà il cristianesimo ortodosso).
Particolarmente interessante è la motivazione che Savinio offre della scelta
religiosa di Nivasio, riconducendola all'importanza dell'arte: contemplando
infatti l'apoteosi di San Dionigi Acropagita, dipinta nell'abside della Chiesa
cattolica di Atene, e ravvisando nelle fattezze dei vari personaggi raffigurati
quella società per lui ogni giorno più vacua, il protagonista decide di passare
alla Chiesa greca. Questo atto «libero e temerario» spinge Nivasio a uscire di
casa nottetempo, per recare conforto e nutrimento al Dio solitario e misogino,
nella speranza di imbattersi prima o poi in Lui, cercandolo negli uomini più
macilenti incontrati per strada.
Ma la smitizzazione saviniana, l'humour dissacratore, fa sì che Nivasio
riconosca o creda di riconoscere il suo Dio «greco» nella persona del signor
Saranti, il più grande sensale della capitale ellenica, a cui la famiglia
Dolcemare si rivolge per assumere una nuova cameriera. In una società che vive
di un ordine fittizio, nulla corrisponde alla propria apparenza: la cameriera
Ermione è in realtà il famigerato ladro Cosma il Saltatore, mentre l'innocente
nuova domestica Pertilina riceve in casa i vari graduati del ventisettesimo
reggimento fanteria. E non solo le persone, anche gli oggetti non sfuggono a
questa sorte, come per esempio i mobili di casa Trimìs (la biblioteca è un
armadio; l'armadio è un letto; i sedili delle poltrone celano un «pitale» o un
«mantice sonoro»), cosicché ogni cosa viene sottratta alla propria funzione. Si
rivela così il meraviglioso che cova sotto la piatta quotidianità, e si
manifestano le zone d'ombra davanti alle quali il commendatore Visanio (altro
anagramma dell'autore), padre di Nivasio, scantona con dignità: fa cilecca
l'arma dall'aspetto micidiale su cui il suddetto commendatore ha fondato la
sicurezza della propria famiglia. Dunque, nel sovvertimento generale, lo
scrittore accompagna Nivasio dai primi anni della fanciullezza ai turbamenti
dell'adolescenza, e non lo abbandona quando scende nelle «sabbie mobili della
Noia Vorace», quando la vita gli parla «solo di bassura e di morte», quando
insomma l'infanzia volge al termine, perché anche l'artista altro non è che un
bambino, sospeso tra le immagini evanescenti e minacciose della realtà.
In "Luis il maratoneta», attraverso la nascita e la breve storia delle
Olimpiadi, si riaffaccia il tema del gioco, definito da Savinio «l'occupazione
preferita» dall'uomo. La Grecia appare ancora una volta grottescamente ritratta
nelle fisionomie dei suoi abitanti; non stupisce quindi che, nel tripudio
generale dovuto al ripristino dei giochi olimpici nel 1896, a cui assiste anche
Nivasio Dolcemare, il vincitore sia descritto come un «canino in maglietta e
mutandine». Luis il Maratoneta, dopo essere assurto alla gloria di eroe della
nuova Grecia, "scende dal piedistallo" pur riportando un nuovo successo:
infatti, arriva ad Atene primo tra i fuggiaschi in rotta dopo la sconfitta
subita dalla Grecia ad opera della Turchia, nella guerra del 1897. Così -
nuovamente - il senso del ridicolo saviniano trionfa nell'abbassamento di
grandezze passate e presenti.
Ancora l'infanzia, e le connesse sensazioni visive e olfattive, sono al centro
del breve racconto intitolato Senza donne. Seguendo il padre in alcune ispezioni
alla linea ferroviaria in costruzione nell'arida piana della Tessaglia, Nivasio
entra in contatto con nuovi paesaggi, le cui immagini si confondono nel ricordo.
E qui Savinio approfitta dell'atmosfera rarefatta e incontaminata di luoghi del
tutto e da sempre isolati come gli antichi monasteri delle Meteore, dove
l'accesso è rigorosamente vietato alle donne per giungere alla paradossale
conclusione che la negazione, l'assenza di qualcosa, in questo caso la donna,
sono la condizione migliore per accoglierla in sé: «Come l'arte - scrive
l'autore - così anche l'amore più alto è quello che non si fa dal vero». La
fisicità dà ombra all'ineffabilità del sentimento, mentre l'idea della donna,
che «nasce dalle più riposte pieghe della nostra mente» , è forte e presente
proprio perché trae nutrimento e concretezza dall'immaginario.
L'interesse nei confronti del romanzo è confermato da varie traduzioni, tra cui,
degna di nota negli ultimi anni quella in lingua inglese: Childhood of Nivasio
Dolcemare, 1987.
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