Howard nacque a Peaster, nel Texas, il 22
gennaio del 1906, figlio unico del dottore Isaac Mordecai Howard,
uno dei primi medici condotti andato a stabilirsi in quella zona
semidesertica del Sudovest, e di sua moglie Jane Hester, di
origini scozzesi (gli Hester erano un clan di highlanders
ai tempi del re scozzese Robert Bruce). Dettaglio importante
quest'ultimo che spiega il grande fascino che il giovane Howard
prova per i celti
(esserne un
discendente era per lui un motivo d'orgoglio). Dopo qualche tempo la famiglia si stabilì a
Cross Plains, un villaggio non lontano, dove Horward trascorse
tutta la vita. Cominciò a scrivere racconti a quindici anni,
mentre frequentava il College nella vicina città di Brownwood;
aveva diciannove anni quando Weird Tales gli accettò il
primo racconto, "Spear and Fang", che apparve nel
numero di luglio del 1925. Chi lo conobbe lo descrive come un
giovanottone alto e robusto, con solidi muscoli sviluppati grazie
a un'intensa attività sportiva. Il carattere, però, era fragile
e incostante, turbato da improvvisi scoppi d'ira e lunghi periodi
di depressione. Di fatto, Howard era segnato da una innata,
incoercibile timidezza, che lo fece crescere introverso e
insicuro di sé. Come spesso accade, cercò di riprendersi con la
fantasia ciò che la timidezza gli aveva sottratto dalla vita.
Dapprima lettore appassionato di autori fantastici e d'avventura,
come Edgar Rice Burroughs, Talbot Mundy, Sax Rohmer, Rafael
Sabatini, cominciò presto - come si è detto - a vestire i suoi
sogni con trame inventate da lui. Scriveva di getto storie vivaci
e colorite, piene d'azione violenta e affollate di eroi possenti
e donne sensuali. Sperimentò ogni genere narrativo: il western,
il racconto sportivo, le storie di gangster, di pirati, di
mercenari, di esploratori, di agenti segreti... non c'era limite
alla sua versatilità. Il suo stile inizialmente acerbo e rozzo
gli negò le pagine delle riviste d'avventura più celebri, come
Argosy e All Story, per cui ripiegò sulla più accessibile Weird Tales , di cui divenne
rapidamente una delle "colonne". Provò la mano con
diverse ambientazioni, dal passato più o meno lontano, al
presente, al più remoto futuro, e con diversi personaggi,
finché nel 1932 non trovò la formula che gli diede fama (ma non
fortuna). Nel dicembre di quell'anno apparve su Weird Tales un suo racconto intitolato "The
Phoenix on the Sword": la prima storia avente come
personaggio centrale Conan il Cimmero, un gigantesco
barbaro, protagonista di vicende intessute di violenza e
stregoneria in un mondo immaginario precedente la storia
conosciuta degli uomini.
Conan non era peraltro il suo primo personaggio di successo
apparso su Weird Tales. Già nell'aprile del 1926 il suo
racconto "Wolfshead", incentrato sulla figura di un
licantropo vista in senso positivo, era stato molto apprezzato
dai lettori. Fu nell'agosto del 1928, tuttavia, che Howard trovò
una strada personale e originale nell'ambito della Narrativa
Fantastica. In quel mese, infatti, apparve "Red
Shadows", la prima avventura di Solomon Kane,
un guerriero puritano inglese del '500 che combatte le
manifestazioni sataniche del Male in paesi remoti dalle
ambientazioni fantastiche.
Howard Phillips Lovecraft, che all'epoca era
il più "autorevole" dei collaboratori di Weird Tales,
scrisse che con Solomon Kane il giovane Howard "ha
raggiunto effetti di grande suggestione, descrivendo enormi
città megalitiche di mondi primigeni, attorno alle cui torri
oscure, e nei tenebrosi sotterranei, aleggia un'aura di
necromanzia e di terrori pre-umani"
Questo giudizio convinse Howard a insistere con trame avventurose
ambientate in mondi fantastici, non legati alla storia
conosciuta: portò quindi l'idea agli estremi, e cominciò a
elaborare racconti fondati su civiltà dimenticate e continenti
scomparsi. Nel 1929 pubblicò due racconti ambientati in un'era
mitica nella quale la perduta Atlantide era ancora un continente
selvaggio, e il mondo era dominato dagli ancestrali Sette Imperi.
Il protagonista di tali racconti, Kull, proveniva da Valusia, uno dei
Sette Imperi; era un barbaro selvaggio che, attraverso violenze
inimmaginabili, conquistò il trono di Valusia. Kull fu il banco
di prova per mettere a punto il suo personaggio più famoso,
Conan il Cimmero!
Con la nascita di Conan nel 1932, Howard entrò nel periodo più
felice della sua vita di scrittore. Storia dopo storia, dipinse
lo straordinario affresco di una immaginaria "Era Hyboriana", fiorita
circa quindicimila anni fa, tra l'affondamento di Atlantide e la
nascita delle civiltà conosciute. Mercenario, ladro, ribelle,
assassino prezzolato, pirata, Conan compie una sanguinosa scalata
al potere fino a diventare sovrano di uno dei Regni Hyboriani,
Aquilonia. Il romanzo con il quale culminò la serie, "The
Hour of the Dragon", ebbe straordinario successo fra i
lettori, che apprezzarono la novità della creazione fantastica
di Howard, nella quale si combinavano l'azione movimentata alla
Burroughs con la Magia Nera, gli occulti misteri di Lovecraft e
l'esotismo leggendario caratteristico di scrittori come Clark
Ashton Smith e James Branch Cabell.
Grande e grosso com'era, assiduo frequentatore di palestre,
Howard era tuttavia emotivamente fragile. In particolare, era
legato da un affetto quasi morboso alla figura della madre.
Quando la donna si ammalò di cancro, il figlio cadde in uno dei
suoi ricorrenti periodi di cupa depressione. La mattina dell'11
giugno 1936, un torrido giorno d'estate, gli comunicarono che la
madre era entrata in coma e che non si sarebbe più ripresa.
Howard sedette alla macchina da scrivere e battè due versi:
All fled - all done, so lift me on
the pyre;
The feast is over and the lamps expire.
(Tutto è andato, tutto è finito: ponetemi
sul rogo;
La festa è terminata e le lampade si estinguono.)
Furono le ultime parole che scrisse. Salì in macchina, si inoltrò nel deserto e, alle otto di mattina, si puntò una pistola alla tempia e tirò il grilletto.
Tutti i personaggi intorno ai quali ruotano i mondi evocati da Howard, sono ben lontani dall'essere i cavalieri "senza macchia e senza paura" che quasi universalmente, fino ad allora, avevano popolato la Fantasia Eroica. Tale valenza anti-eroica finisce peraltro nel trasformarsi in un sostanziale arricchimento del tessuto, piuttosto piatto e asettico, della Fantasia Eroica come era stata praticata fino a quel momento. Da letteratura fondamentalmente di ideali, ne fa una letteratura di uomini. Una letteratura nella quale si agitano passioni, sentimenti vivi, valenze forti e incisive. Con Howard la Fantasia Eroica moderna pare essere giunta alla definitiva maturazione.
- HYBORIANA MAPPA DEL MONDO DI CONAN -
L'eroe più
famoso della Civiltà Hyboriana non fu un hyboriano, bensì un
barbaro, Conan il Cimmero, intorno al cui nome ruotano interi
cicli di leggende. Poco si sa della sua vita, o di come arrivò
sino al trono del più grande regno dell'Occidente, ma quel poco
che si sa con certezza mostra quanto immenso sia stato il
coraggio di quest'uomo che con le sue sole forze divenne re di
Aquilonia! Nelle sue vene scorreva il sangue degli antichi
Atlantidi, il cui continente era stato sommerso dal mare circa
ottocento anni prima. Era nato in un Clan che occupava un'area a
Nordovest della terra di Cimmeria, lungo i tenebrosi confini del
Vanaheim e delle foreste dei Pitti. Suo nonno, membro di una
tribù del sud, fu costretto a lasciare il proprio popolo a causa
di una faida di sangue per poi rifugiarsi, dopo lungo
vagabondare, tra la gente del Nord. Conan stesso nacque su un
campo di battaglia, durante una guerra tra la sua tribù e
un'orda di Vanir. Non esistono cronache che ci narrino quando il
giovane Cimmero venne a contatto per la prima volta con la
civiltà, ma la sua abilità di guerriero era già nota quando
aveva appena quindici o sedici anni. Conan fece parte di un'orda
urlante e assetata di sangue che arrivò sciamando dalle montagne
settentrionali per scacciare gli uomini di Gunder che intendevano
colonizzare le Marche Meridionali della Cimmeria. Assalì le
palizzate con le spade e con le torce e ricacciò gli Aquiloniani
al di là dei confini. Il suo istinto guerriero lo portò allora
a Sud fino ad Arenjun, la famigerata "Città dei ladri"
zamoriana, conquistandosi una nicchia come ladro di professione.
Ben presto si unì a Taurus di Nemedia per rubare il favoloso
gioiello "Il Cuore dell'Elefante" dall'inespugnabile
torre dell'infame Yara, colui che aveva imprigionato
l'extraterrestre Dio-Bestia Yag-Kosha (The Tower of the
Elephant). Vagabondando verso Ovest, sbarazzandosi dei
soldati che venivano ad arrestarlo, si recò poi nell'antica
Larsha alla ricerca di un leggendario tesoro (The Hall of
Dead). Da lì passò nella città di Numalia dove il
nobile Petanius, indebitatosi, lo asooldò per rubare un prezioso
oggetto dal "museo" privato di un ricco collezionista (The
God in the Bowl). Conan crebbe in reputazione quale uno dei
ladri più audaci finché non finì anch'egli in catene; un
nobile ambizioso, però, lo fece liberare con la richiesta di
uccidere il Sacerdote Rosso Nabonidus, che tramava contro il
trono di Corinthia (Rogues in the House). Dopo aver
viaggiato nel Turan e nel Khitai, stanco di avventure e magie,
Conan torna in patria a fare scorrerie ne Vanaheim (The Frost
Giant's Daughter), durante la quale incontrò la leggendaria
Atali, la bella figlia del gigante ibernato, Ymir. Dopo
quell'esperienza ossessionante, si recò in Argos da cui si
imbarca, per sfuggire alle guardie, sul mercantile Argus, diretto
verso il Kush. L'Argus venne catturato da Bélit, comandante
corsara shemita, la temibile Regina della Costa Nera, alla quale
Conan si unisce (Queen of the Black Coast). Ma sul fiume
nero di Zarkheba, Bélit trovò una morte orribile. Mentre la sua
pira funebre ondeggiava tra i flutti verso l'oceano, Conan tornò
alle terre Hyboriane dopo che con lei si ebbe conquistato il nome
di Amra, il Leone! Insoddisfatto delle rischiose avventure
vissute nei Regni Neri (The Vale of Lost Woman),
Conan si diresse a Nord arruolandosi sotto Amalric di Nemedia, il
generale mercenario di Yasmela, la reggente del piccolo regno
confinante di Khoraja (Black Colossus). Nominato
per volontà divina Capitano-Generale dell'esercito di Khoraja,
Conan affrontò in battaglia e uccise il perfido mago millenario
Thugra Khotan, dopodiché se ne andò via di nascosto, con
l'intenzione di far visita alla sua Cimmeria e vendicarsi dei
suoi antichi nemici, gli Hyperborei. Conan, a quasi trent'anni,
assunse il comando dei briganti kozaki per compiere scorrerie a
Ovest dell'Impero Turaniano dal quale, però, vengono sterminati.
Fuggito con una barca sul Mare di Vilayet , Conan, dopo una
pericolosa sosta in una misteriosa isola senza nome (Shadows
in the Moonlight), arrivato a Khauran, assunse
immediatamente il comando della Guardia Reale della Regina
Taramis di Khauran (A Witch Shall Be Born). Qui
egli scoprì l'inganno della sorella gemella della Regina, una
Strega che aspira al trono regale, ma cadde in una trappola e
venne crocifisso. Staccato dal patibolo dal Capo kozako Olgerd
Vladislav, Il Cimmero venne portato in fin di vita nel campo
della tribù del deserto degli Zuagir. Ripresosi, Conan guidò i
suoi Zuagir contro la capitale khauraniana, spazzò via gli
incantesimi che tenevano prigioniera la Regina e appese alla
croce a sua volta Cornelius, il suo ostile carnefice. Poi si
diresse a Sudovest, a Zamboula, dove sperperò una fortuna tra
vizi, baldorie e scommesse al gioco, finendo sul lastrico (Shadows
in Zamboula). Egli, a poco più di trent'anni, era al
culmine della prestanza fisica. Qui, dopo aver debellato un'orda
di schiavi neri cannibali, si impadronisce della Stella di
Khorala, gioiello per cui la Regina di Ophir aveva offerto
una stanza piena d'oro. Quindi inforcò il cavallo e riprese la
spada per tornare a depredare il Turan, e sventò un'imboscata
sulla misteriosa isola di Xapur (The Devil in Iron).
Conan cavalcò a est, ai piedi dei Monti Himeliani, dove divenne
capo della tribù nomade dei selvaggi Afghuli. Adesso aveva
superato i trent'anni e il suo regno corse il rischio di essergli
tolto per mano del re Yezdigerd il quale ricorse alla Magia del
Mago Khemsa, uno dei temuti adepti del Cerchio Nero (The
people of the Black Circle). Conan riuscì a combattere
la Magia con la Magia, usando l'acciaio e stroncando l'esercito
avversario. Persi in seguito i suoi uomini, Conan fuggì nel
deserto assieme al suo compagno Natala, giungendo alla secolare
Xuthal, una città fantasma di morti viventi dominata dal
Dio-Ombra strisciante, Thog (The Silthering Shadow).
Mentre Natala si diresse a Nord, verso le Terre Hyboriane (VEDI MAPPA), Conan tagliò per
le savane meridionali dei Regni Neri. Prossimo ai trentacinque
anni, Conan si unì ai pirati barachiani, con i quali rimase per
un po' di tempo. Il cimmero si conquistò il rispetto della
ciurma del Wastrel, la nave del bucaniere zingariano
Zaporavo sulla quale giunse come se niente fosse (The Pool
of the Black One). Col rispetto della ciurma giunse
però l'inimicizia del Capitano il quale, alla fine, fu ucciso in
duello da Conan su un'isola sconosciuta. In qualità di Capitano
del Wastrel, Conan proseguì con successo per due anni
la carriera di pirata. Il suo umore si sollevò maggiormente con
l'arrivo di Valeria della Confraternita Rossa, una pirata che
aveva conosciuto ai tempi delle Isole Baracha; egli la seguì a
Sud nelle terre dei Neri (Red Nails). La coppia
giunse in una città a prima vista abbandonata. Questa città -
Xuchotl - era abitata invece dagli Xotalanchi e dai Tecuhltli,
due clan rivali che usavano conficcare dei chiodi rossi nella
loro «colonna della vendetta», dove ciascun chiodo
rappresentava la vita di un rivale ucciso. Conan si alleò con i
Tecuhltli e quando la faida culminò in un sanguinoso massacro,
egli fu ben felice di lasciare quella città maledetta.
Separatosi da Valeria, Conan cercò fortuna nei Regni Neri.
Sentendo parlare dei «Denti di Gwahlur», un tesoro inestimabile
nascosto nel Keshan, Conan vendette i propri servigi
all'irascibile Re di Keshan, del quale addestrò l'esercito a
combattere contro il vicino regno di Punt (Jewels of
Gwahlur). Il Cimmero si recò nella valle dove si
supponeva si celasse l'antica città di Alkmeenon con i suoi
tesori. Qui, dopo una folle avventura con la Dea Yalaya, con i
Sacerdoti Neri e con i torvi Adepti Grigi di Bit-Yakin, Conan
conservò la vita ma perse i gioielli. Conan era alla fine dei
trent'anni e tornato in Cimmeria notò quanto vasta fu
l'epansione aquiloniana, specie verso Ovest per le Marche
Bossoniane e nei bordi delle foreste dei Pitti. E verso quelle
parti andò anche Conan, che era in cerca di ingaggi per la
propria spada. Si arruolò come esploratore a Forte Tuscelan,
l'ultimo avamposto aquiloniano sulla riva est del Fiume Nero. Qui
era in corso una sanguinosa guerra tribale con i feroci Pitti (Beyond
the Black River). Diventato Generale, Conan sconfisse i
Pitti in una grande battaglia a Velitrium, creando le basi per
una confederazione. Tornato alla frontiera, trovò le sue truppe
bossoniane divise e una taglia sul proprio capo. Dopo aver
attraversato a nuoto il fiume Thunder, entrò nelle fitte foreste
dei Pitti, diretto al lontano mare. Nel cuore della foresta,
Conan s'imbatté in una caverna che nascondeva il corpo e il
tesoro del pirata barachiano Tranicos, e sconfisse il demone di
guardia che la sorvegliava (The Treasure of Tranicos).
Prima che i Pitti lo trovassero, Conan venne salvato da una galea
da guerra sulla quale viaggiavano dei vecchi amici aquiloniani, i
quali lo vollero come capo nella loro rivolta contro Numedides.
La rivoluzione si compì rapidamente e dopo aver assaltato la
Capitale e ucciso Re Nemedides sugli scalini del trono, Conan,
ormai quarantenne, si ritrovò Re della più
grande nazione hyboriana. Ma Ascalante, Conte di Thune, iniziò a
radunare un gruppo di cospiratori per far cadere il barbaro dal
trono. Conan si rese conto di quanto volubile sia il consenso
popolare che accompagna indissolubilmente la corona (The
Phoenix on the Sword). Avrebbe potuto perdere entrambe a
causa dei malefici magici del suo antico avversario, Thoth-Amon,
se l'antico guardiano di Aquilonia, il saggio Epemitreus, non si
fosse levato dalla tomba segreta dopo 1500 anni tracciando una
fenice magica sulla spada del Cimmero, consentendo in tal modo a
Conan di vincere la diabolica magia stygiana. Il pericolo di una
guerra civile fu sventato e Conan ricevette un'urgente richiesta
d'aiuto dal suo alleato Re Amalrus di Ophir, osteggiato
gravemente dalle truppe di Re Strabonus di Koth. Re Amalrus,
tradendo Conan, si alleò con il Re di Koth; si tenne battaglia e
gli Aquiloniani morirono combattendo fino alla fine, e lo stesso
Conan rimase in vita soltanto per un capriccio del Mago di Koth
Tsotha-lanti, la mente perversa che stava dietro al complotto (The
Scarlet Citadel). Catturato dal mago, Conan riuscì a
liberarsi e a fuggire, recandosi nelle cripte di Tsotha,
imbattendosi e liberando un prigioniero che si rivelò essere il
rivale del mago di Koth, Pelias. Quest'ultimo, coi suoi
controincantesimi, trasportò Conan a Tarantia appena in tempo
per rovesciare un pretendente al trono, Arpello, e radunare un
esercito contro Strabonus e Amalrus, uccidendoli entrambi sotto
le mura dell'assediata Shamar, e Tsotha perse la testa a opera
della spada affilata di Conan. Aquilonia si riprese per mano di
Re Conan, ormai quarantacinquenne, ma nel vicino regno di Nemedia
si stava tramando un complotto: i cospiratori intendevano
spodestare Conan con il ricorso alla Magia Nera (The Hour
of the Dragon). L'esercito di Conan venne battuto dalla
Magia Nera di Xaltotun, Conan fu fatto prigioniero, e sul suo
trono venne posto l'esiliato Valerius. Fuggito di prigione grazie
all'aiuto della fanciulla Zenobia, Conan ritornò ad Aquilonia e
radunò tutti i suoi leali sostenitori contro Valerius e i
Nemediani. Dai sacerdoti di Asura, apprese che il potere di
Xaltotun poteva essere spezzato soltanto con uno strano gioiello,
il «Cuore di Ahriman». Trovato il gioiello dopo un'avventurosa
ricerca, Conan tornò ad Aquilonia, unì le sue forze a quelle
dei suoi fedeli amici e vinse Xaltotun grazie al potere del
«Cuore di Ahriman».
Come Conan morì non si sa. La leggenda vuole che scomparve nel
corso di un'ultima battaglia svoltasi nei Deserti Occidentali per
difendere l'amata Aquilonia, ma della sua fine non si è saputo e
non si sa nulla. Forse cavalca ancora con l'ascia bipenne legata
con un laccio di cuoio al polso destro, e forse, nelle notti di
luna piena, è possibile vedere il suo profilo possente
stagliarsi sul filo dell'orizzonte... Ma forse è soltanto uno
scherzo causato dal riverbero dei raggi lunari, o forse il sogno
generato da un anelito di libertà antico quanto l'uomo...
Chissà che Conan non possa tornare un giorno dalle regioni dei
sogni per sconfiggere un nuovo mostro, liberare una principessa,
o bere un bicchiere di vino in una taverna alla fine di una
giornata di sangue e di gloria...
Questo dipende solo dalla fantasia degli uomini...
Tratto da "Il Ciclo di Conan", Tomo II, a cura di G. Pilo e S. Fusco, (p.452-460), Newton Compton ed., Roma 1995.
LINKS
http://www.prosalg.no/~savage/conan/
http://www.accomazzi.net/altro/umorismo/tarlo06-conan.htm
http://www.dragorosso.com/html/conan.html
http://www.dodgenet.com/~moonblossom/heroesof.htm
Conan e l'Era Hyboriana Di Daniel Maurer
Conan vive le sue
incredibili avventure attorno al 10'000 a. C., in un'epoca
immaginaria, chiamata Era Hyboriana e situata
secondo la pseudostoria che Howard stesso elaborò
tra lo sprofondamento di Atlantide e l'inizio dei primi documenti
storici. In questo periodo la Terra ha un aspetto diverso da
quello odierno; i tre continenti (Europa, Africa e Asia) sono
attaccati assieme, con un solo mare interno costituito dal mar
Vilayet, il predecessore dell'attuale Mar Caspio. Sulle terre
emerse sorgono parecchi regni: Nemedia, Ophir, Stygia, Koth,
Zamora, Turan, Vedhya, Khitai solo per citarne i più importanti.
Tra questi il regno più superbo è Aquilonia, il quale domina
sull'occidente e di cui Conan, raggiunto l'apice della sua
carriera, usurpa il trono, diventando così l'uomo più potente
di tutto il mondo hyboriano. A nord di Aquilonia si trovano
alcune terre barbariche e in una di esse vivono i cimmeri, feroci
e indomabili selvaggi, i quali sono i diretti discendenti degli
atlantidi, e al cui popolo appartiene Conan.
In questo mondo crudo e arcano, dove la magia è ancora viva, è
possibile seguire i vari stadi della burrascosa vita di Conan.
Nato su di un campo di battaglia, figlio di un fabbro, il nostro
eroe barbaro decide di lasciare le sue terre natie, da un lato
per soddisfare il suo spirito d'avventuriero, dall'atro per
lasciarsi alle spalle le numerose faide che caratterizzano la
vita delle tribù cimmere. Alla giovane età di 15 anni è già
un abile guerriero e partecipa al sacco di Venarium. In seguito
viene fatto prigioniero dagli hyperboreani, ma si libera poco
tempo dopo ed inizia così a vagabondare da un regno all'altro.
Dapprima si guadagna da vivere come ladro, per poi passare
presto alle attività di mercenario, pirata e in fine a quella
non meno rischiosa di monarca.
Dal punto di vista fisico Conan rappresenta un vero e proprio prodigio della natura: supera di parecchio i sei piedi (1,83 m) di altezza ed ha una corporatura massiccia (mitico è quel suo "collo taurino"). I suoi muscoli d'acciaio gli danno una forza erculea che, combinata con la sua grande agilità e il suo inesauribile vigore fisico, lo rendono un avversario imbattibile (a causa di questa combinazione di caratteristiche viene spesso paragonato a un grosso felino come una tigre o un leone). Inoltre, grazie alla sua natura selvaggia, è dotato di un istinto di sopravvivenza inesauribile, il quale gli permette di sempre reagire prontamente ad ogni genere di pericolo. Insomma, dire che il gigantesco barbaro della Cimmeria (come vien spesso descritto nei romanzi) sia un uomo dalle risorse fisiche straordinarie è ancora dire poco (e non so se mi spiego).
Per illustrare quanto affermato, desidero descrivervi brevemente due scene del racconto A Witch Shall Be Born (Nascerà una Strega, 1939), che considero esemplari.
Conan si trova nel deserto, crocifisso sotto un sole cocente. Dopo strazianti ore di agonia, inizia a diventare oggetto di attenzione degli avvoltoi. Ad un certo punto uno degli odiosi volatili si posa su di lui e beccandolo, gli lacera la pelle sul mento. Conan ormai ridotto al minimo delle sue forze resiste stoicamente e prima che l'avvoltoio possa volar via, sfrutta la forza del suo possente collo per muovere la testa e così poter spezzare il collo del rapace, azzannandolo con i denti... Qualche attimo dopo quattro cavalieri lo trovano e il capo decide di lasciar determinare dal fato se Conan è degno o no di vivere; ordina a uno dei suoi uomini di tagliare la base della croce, con l'intento di far cadere Conan sempre saldamente inchiodato alla croce all'indietro: se il barbaro non si spezza l'osso del collo nell'impatto con il terreno è segno che è degno di vivere, altrimenti... pace all'anima sua. Conan si prepara alla prova stringendo i suoi muscoli d'acciaio. La croce viene abbattuta. Conan cade e sopravvive all'impatto (!!!). È disorientato, colto dalla nausea e ferito dalla violenza della caduta, ma è ancora cosciente. Qualche istante dopo uno degli uomini tenta di liberarlo, togliendo i chiodi con delle tenaglie. Conan si riprende e dopo che il "soccorritore" riesce a liberargli una mano, lo scaccia. Poi, con la mano libera, gonfia e sanguinante, si impossessa delle tenaglie e senza batter ciglio stacca gli altri chiodi da solo...
Pur essendo
prevalentemente un selvaggio, Conan, nel corso delle sue
avventure, impara parecchio dai suoi contatti con la civiltà; sa
leggere, conosce molte lingue e soprattutto è un vero maestro
nell'arte della guerra, sia intesa come arti marziali che come
abilità di condottiero di grandi eserciti (a questo proposito
sono indimenticabili le scene di battaglia del romanzo The
Hour of the Dragon (L'Ora del Dragone,
1935-1936)). Di carattere è un tipo sicuro di sé,
impulsivo, dotato d'astuzia e di ferocia; una ferocia che nei
momenti più disperati sa essere spietata e sanguinaria.
Nonostante la moralità di Conan sia discutibile, è un uomo
leale che in virtù del suo rozzo, ma sincero codice
d'onore barbarico non farebbe mai del male ai deboli e in
particolare alle donne. Il suo difetto maggiore è la scarsa
previdenza, la quale regolarmente lo porta a sperperare le
ricchezze conquistate nelle taverne e nei postriboli delle città
che visita. Anche la sua passione delle donne gli crea dei
problemi, infatti, per conquistarsi le grazie (e non solo
quelle...) di una qualche bella fanciulla, più di una volta si
caccia in guai piuttosto grossi. Come esempio mi limito a citare
il racconto The Devil in Iron (Il Diavolo di
Ferro, 1934), dove Conan nel rincorrere la bella Octavia
una concubina di un suo nemico finisce con
l'intrappolarsi nella città incantata di Dagon, in cui è
costretto ad affrontare un poderoso colosso di ferro.
La filosofia di vita di Conan la si può riassumere con le sue
stesse parole, tratte da Queen of the Black Coast (La
Regina della Costa Nera, 1934): " (...) Io voglio vivere
appieno, finché vivo. Mi basta conoscere il ricco sapore della
carne rossa e del vino che mi punge il palato, il caldo abbraccio
di braccia bianche, la folle esultanza della battaglia, quando le
spade azzurrine guizzano e s'arrossano, e io sono contento. Che i
sacerdoti e maestri e filosofi meditino pure sulla realtà e
sull'illusione. Io so questo: se la vita è illusione, all'ora
anch'io sono illusione, ed essendolo, l'illusione per me è
reale. Io vivo, brucio di vita, amo, uccido e sono
contento."
Da questa citazione si ha l'impressione che Conan sia un uomo
sostanzialmente sereno, ma non è così. Poche righe più sopra
afferma: "Il capo dei miei dèi è Crom. Abita in una grande
montagna, ma perché invocarlo? Ben poco gli importa se gli
uomini vivono o muoiono. È spietato e senza amore, ma alla
nascita soffia nell'anima dell'uomo il potere di lottare e
uccidere. Cos'altro dovrebbero chiedere gli uomini agli
dèi?". E quando Bêlit, la regina dei pirati della Costa
Nera, gli chiede se c'è almeno speranza dopo la morte, Conan le
risponde: "Non c'è speranza né qui né dopo, nel culto del
mio popolo. In questo mondo gli uomini lottano e soffrono invano,
trovando piacere solo nella lucente follia della battaglia;
morendo, le loro anime entrano in un reame grigio e nebbioso di
nuvole e venti gelidi, per vagare tristemente
nell'eternità".
É quindi un eroe complesso il nostro Conan, che presenta varie sfaccettature sia positive che negative. Egli è la personificazione dell'istinto, delle pulsioni che eludono ogni razionalizzazione. Insomma Conan rappresenta la costante rincorsa del destino che l'uomo intraprende per realizzarsi, un destino che a volte può assumere un tono colorato e gioioso, altre volte, invece, essere cupo e disperato. "La vita va presa com'è: l'importante è essere i maestri del proprio destino", questo è in sostanza il credo di uno degli eroi più importanti di tutto il genere fantasy. Un credo forse un po' spicciolo e semplicistico, ma che nel caso del nostro barbaro gli ha permesso di superare innumerevoli ostacoli, portandolo fino alla conquista del trono di Aquilonia.
Tratto da Atlantis 8 , luglio-agosto 1998.
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