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La giovinezza. (1928/1954) La rivoluzione cubana. (1955/1959) Il ministro, l'uomo di Stato. (1960/1964) Il ritorno all'azione, la morte. (1965/1967) > La politica cubana L'internazionalismo rivoluzionario. La morte del che. |
Dagli Stati Uniti il "Che" parte in un viaggio che durerà tre mesi: Africa,
Cina, Parigi, Praga, Irlanda. Sessanta giorni li trascorre ininterrottamente in
Africa e Medio Oriente: Congo, Guinea, Ghana, Algeria, Egitto, Angola. Per
Guevara "l'Africa è uno dei più importanti campi di battaglia contro tutte le
forme di sfruttamento esistenti nel mondo, contro l'imperialismo, il
colonialismo e il neocolonialismo". In quelle settimane matura la decisione di
partecipare in prima persona al conflitto che si sta svolgendo in Congo. Nel
viaggio a Pechino cerca di smussare la diffidenza cinese nei confronti di Cuba e
riscontra l'interesse della Cina per quanto sta accadendo in Africa.
I primi incontri con i rivoluzionari congolesi sono deludenti. Guevara rimane
ben impressionato solo da Laurent Kabila, un giovane di venticinque anni che ha
il grado di comandante. Con lui si trova politicamente in sintonia nel
considerare il Congo un "problema mondiale": una vittoria delle forze
progressiste avrebbe avuto ripercussioni sull'intero continente africano. In
Congo ormai da tre mesi, non riuscirà a incontrarlo e l'episodio contribuirà al
suo progressivo scoraggiamento. Il 25 febbraio il "Che" svolge il suo discorso
al Secondo seminario economico di solidarietà afroasiatica che gli vale la
definitiva scomunica di Mosca e i rimbrotti di Castro quando fa ritorno a
L'Avana.
Con l'accordo di Castro, Guevara mette a punto la sua partenza per il Congo, nel
quale dovrà guidare un gruppo di guerriglieri cubani che da qualche tempo si
stanno addestrando per questa missione. Quanto accade nei mesi successivi è
annotato scrupolosamente nei diari di Guevara, ma la loro versione integrale non
è mai stata pubblicata. Dalle pagine che sono state rese note si apprende come
il dirigente della rivoluzione cubana rimanga sempre più deluso dalla situazione
congolese e dai movimenti di quel paese che lottano per l'indipendenza. La
missione si rivela un'amara sconfitta politica e militare, nonostante i contatti
e gli aiuti che vengono da Cuba. Le difficoltà logistiche e militari prendono il
sopravvento, la rivalità tra Cina e Urss finisce per paralizzare i movimenti
guerriglieri fino a rendere del tutto marginale la presenza di Guevara sul campo
di battaglia. Il "Che" si rende conto (lo scrive nei suoi diari) dell'inutilità
di permanere a oltranza in quel paese. A fine novembre abbandona il Congo. Il 25
di quello stesso mese Joseph Mobutu, capo delle forze armate, si insedia al
potere stroncando ogni ipotesi rivoluzionaria. Il suo regime crolla solo nella
primavera del 1997.
Prima di partire per l'Africa il "Che" scrive alcune lettere che hanno il
sapore dell'addio: una è per Castro, una è per i genitori, una è per i figli. Ad
Aleida lascia un nastro registrato in cui recita alcune poesie d'amore di Pablo
Neruda. Il 15 aprile, mentre è già in viaggio per l'Africa, la rivista delle
forze armate "Verde olivo" pubblica un saggio di Guevara dal titolo "Il
socialismo e l'uomo a Cuba", nel quale sono fissate le idee di politica interna
e di politica estera del ministro dell'industria che sta per abbandonare tutti i
suoi incarichi dirigenti a L'Avana.
L'assenza del "Che" a Cuba scatena una ridda di voci e di preoccupazioni. Il 20
aprile Castro si limita a commentare che Guevara sta bene e si trova "dove è più
utile alla rivoluzione". In molti pensano che possa essere stato arrestato e
rinchiuso in un carcere a causa delle sue posizioni politiche, che probabilmente
divergono da quelle di Castro e del gruppo dirigente cubano. Anche la madre
Celia è preoccupatissima per la sorte del figlio, mentre le sue condizioni di
salute si aggravano: gli scrive chiedendo di incontrarlo. Muore senza che venga
esaudito il suo ultimo desiderio (il padre, Guevara Lynch, morirà a L'Avana
molti anni dopo, nel 1987). Solo nell'ottobre del 1965 Fidel rende pubblica la
lettera con cui Guevara gli ha comunicato la decisione di lasciare l'isola.
Dopo la sconfitta in Congo, il "Che" si rende conto che non può tornare a
occupare i suoi ruoli di responsabilità a L'Avana. La notizia di lasciare per
sempre l'isola è stata resa ufficiale e lui medita una nuova destinazione di
lotta in un paese dell'America Latina. Del suo destino si occupa la rete dei
servizi cubani alle dipendenze di "Barba Roja" Piñeiro, che lo assiste in un
rifugio provvisorio in Tanzania dove viene raggiunto nel gennaio 1966 dalla
moglie Aleida. In quei mesi Guevara inizia a scrivere un libro sulla sua
esperienza in Congo e riprende il progetto di stendere in forma
compiuta i suoi
appunti filosofici e economici.
Da L'Avana arriva la decisione che il "Che" deve recarsi a Praga, considerato un
rifugio molto più sicuro della Tanzania. In quelle settimane Fidel Castro
insiste per riaverlo a Cuba, anche se la politica della rivoluzione ha
nuovamente smussato le incomprensioni con l'Unione Sovietica mentre la presenza
dell'ex ministro dell'industria avrebbe potuto riaccenderle. Guevara accetta, a
condizione che il suo ritorno rimanga del tutto segreto. La richiesta viene
esaudita.
Nel maggio 1965 e nel gennaio 1966 (in quel periodo si svolge la Prima
conferenza tricontinentale dei movimenti di liberazione di Asia, Africa e
America Latina) Castro rilancia le sue critiche nei confronti della "coesistenza
pacifica" praticata da Usa e Urss. Con un pizzico di polemica, il 1966viene
dichiarato a Cuba "anno della solidarietà": la rivoluzione si impegna a
sostenere tutte le cause dei popoli oppressi. Fidel sfrutta sapientemente anche
le divergenze tra Mosca e Pechino per lanciare l'idea di un terzo polo del
movimento comunista internazionale: L'Avana, secondo le sue intenzioni, può
diventare il punto di riferimento dei popoli del Terzo Mondo. Queste mosse di
Castro sono tattiche, o sui suoi proclami pesa il riavvicinamento con il "Che"?
Guevara, che è rientrato a Cuba in incognito, cerca di mettere a punto una
spedizione rivoluzionaria in America Latina. La scelta si concentra sulla
Bolivia, dove i militari hanno deposto il presidente Victor Paz Estenssoro. Per
quella soluzione opera direttamente Castro, che la ritiene la più opportuna per
dare il via a un "foco" guerrigliero che potrebbe estendersi fino ad Argentina,
Venezuela e Colombia: per questo incontra ripetutamente Mario Monje, segretario
del Partito comunista boliviano, che si dimostra però scettico sulla possibilità
che Guevara vada con i suoi guerriglieri in Bolivia.
L'idea che si fa strada nel "Che" è quella di "creare due, tre, molti Vietnam".
Il suo quartier generale per i preparativi del trasferimento in Bolivia diventa
la zona di Pinar del Rio, la punta occidentale dell'isola. Con lui ci sono
alcuni uomini che lo hanno accompagnato sulla Sierra Maestra negli anni della
guerriglia cubana e seguito perfino in Congo: Harry Villegas (da tutti chiamato
"Pombo"), Carlos Coello, José Maria Tamajo, Octavio de la Concepción, Israel
Reyes Zayas. Si aggiungono al gruppo i boliviani Coco e Inti Peredo (che hanno
abbandonato in dissenso il partito comunista del paese d'origine), Vesquez
Viana. Tamara Bunke sta già operando in incognito dai primi mesi del 1966 a La
Paz, dove è riuscita a ottenere un lavoro e la cittadinanza grazie a un
matrimonio di convenienza. La raggiunge molto presto Tamajo, che ha il compito
di preparare le condizioni logistiche per l'insediamento dei guerriglieri. Nel
Partito comunista boliviano la prospettiva dell'arrivo dei combattenti cubani
acutizza le divisioni tra filocinesi e filosovietici: sono i primi i più
convinti della necessità di appoggiare la guerriglia, anche se il "Che" rifiuta
di schierarsi con gli uni o con gli altri. Dei contatti con i comunisti
boliviani si occupa in una seconda fase Regis Debray, giovane intellettuale
francese entrato nelle grazie di Castro e soprattutto del "Che".
La zona prescelta da Guevara in Bolivia è in un primo momento l'Alto Beni, dove
- secondo le informazioni che ha ricevuto - potrebbe contare sull'aiuto dei
contadini e su una vegetazione che avrebbe favorito i movimenti clandestini dei
suoi uomini. Poi, su consiglio di Monje, sceglie la zona di Nacahuasu. I
rapporti tra l'ex ministro dell'industria di Cuba e i comunisti boliviani si
deteriorano già nel settembre del 1966, mentre sono allo studio i preparativi
della missione: non c'è convinzione rispetto all'avvio dell'insurrezione e il
partito vuole controllare ogni mossa di quello che può accadere sul campo di
battaglia. Guevara reagisce cercando di ottenere l'appoggio sia di Mosca che di
Pechino (tenta di convincere Monje a recarsi in Unione Sovietica; invia una
lettera personale a Chu En Lai, il prestigioso ministro degli esteri cinese che
ha conosciuto nel suo viaggio a Pechino).
Il "Che" giunge a La Paz il 3 novembre 1966, dopo un viaggio lunghissimo:
Parigi, Mosca, Praga, Madrid, San Paolo. Sul suo passaporto reca il nome di un
cittadino uruguaiano: Adolfo Mena González che avrebbe il compito ufficiale di
stendere un rapporto sulla situazione socio-economica della Bolivia su richiesta
dell'Organizzazione degli Stati americani. Prima di partire è andato a salutare
i figli (Aleidita, Camilo, Celia e Ernesto avuti da Aleida March e Hildita avuta
da Hilda Gadea) fingendosi Ramón, un amico di loro padre (il trucco lo ha
invecchiato e gli ha prodotto una incipiente calvizie). Nelle settimane
precedenti - presentato da Castro ad altri dirigenti in occasione di un
ristretto ricevimento - è riuscito a non farsi riconoscere neppure dagli amici
più stretti. Le ultime ore a L'Avana le ha passate con sua moglie Aleida e con
Castro.
Quando Guevara incontra Monje in Bolivia, il 31 dicembre 1966, il dissidio si
rivela non ricomponibile: il segretario dei comunisti boliviani chiede la
direzione politica dell'attività guerrigliera, proponendo una miscela tra
iniziative legali e illegali. In pratica vuole il controllo politico delle
azioni del gruppo al comando del "Che": una richiesta inaccettabile. Questa
frattura costituisce un primo handicap per la guerriglia: ne accentua
l'isolamento e le impedisce di lavorare alla più ampia unità del fronte della
sinistra boliviana. Il gruppo di guerriglieri resta composto da sedici cubani,
trenta boliviani, due argentini e tre peruviani. Castro scrive a Guevara: "Si è
completata l'équipe cubana con successo; il morale della gente è buono e ci sono
solo piccoli problemi. I boliviani vanno bene, anche se sono pochi. L'attitudine
di Monje può da un lato ritardare lo sviluppo dell'azione, ma contribuire
dall'altro a liberarmi da eccessivi compromessi politici".
Tutte le fasi di ciò che accade in Bolivia - dal 7 novembre 1966 al 7 ottobre
1967 - sono raccolte scrupolosamente nel "Diario" di Guevara. Il primo scontro
con l'esercito si svolge il 23 marzo 1967, a nord di Camiri, nella zona di
Nancahuazu: il conflitto a fuoco è casuale, una pattuglia di militari viene
chiamata sul luogo a causa di alcuni movimenti sospetti. I piani del "Che" non
prevedono che le autorità boliviane vengano a conoscenza così presto delle sue
mosse: avrebbe voluto preparare le condizioni dello scontro per altri nove mesi.
Come mai si verifica quell'incidente? Errori logistici di sicuro, ma è anche
probabile che nel gruppo vicino ai guerriglieri ci sia qualche delatore. Ormai
il governo di La Paz è a conoscenza che un gruppo gerrigliero è presente sul suo
territorio: non sa che è agli ordini di Guevara. La prima misura che si adotta
nella capitale boliviana è quella di mettere fuori legge il Partito comunista
(il provvedimento è datato 11 aprile). Guevara, amaramente, annota nel suo
diario che "la base contadina non si sviluppa" e che "le malattie hanno minato
la salute di alcuni compagni".
Il gruppo guerrigliero - a cui si sono uniti nel frattempo Regis Debray, il
pittore argentino Roberto Bustos, il fotografo cileno George Roth - cerca di
raggiungere una zona più sicura. Ma a Muyupampa, il 20 aprile, vengono arrestati
Debray e Bustos. Quest'ultimo - dopo alcune settimane di carcere - rivela i
piani della guerriglia e disegna gli identikit dei suoi protagonisti. Anche
Debray, sotto tortura, finisce per parlare ("Debray ha parlato più del
necessario", scrive il "Che" nel riepilogo del suo "Diario" nel mese di aprile).
Altri scontri con l'esercito si verificano a maggio. Guevara prende nota che non
ci sono contatti con La Paz e che il reclutamento dei contadini non fa un passo
in avanti. Nella capitale il governo decide di decretare lo stato d'assedio e di
arrestare molti esponenti della sinistra. I consiglieri statunitensi -
prontamente giunti in Bolivia - iniziano l'addestramento di reparti speciali
anti-guerriglia.
Il successo più importante per gli uomini di Guevara si verifica il 7 luglio,
quando occupano la città di Samijpata, che taglia in due la Bolivia lungo la
strada che unisce Cochabamba a Santa Cruz. La controffensiva dell'esercito non
si fa attendere e la zona viene riconquistata. Da quel momento in poi isolamento
e scoramento vincono sulle possibilità di organizzare l'insurrezione. Il gruppo
si è intanto diviso in due. Quello di cui fa parte Tania Bunke viene individuato
e sterminato il 31 agosto a Vado del Yeso. Guevara ne ha notizia dalla radio
boliviana, ma spera in una montatura e nel possibile ricongiungimento. Nel
"Diario" vengono intanto appuntati i sintomi della disgregazione del manipolo
guerrigliero che inizia a vagare sulle montagne boliviane senza un piano
preciso.
Le comunicazioni con L'Avana sono difficili. Il "Che" riceve dei messaggi in
codice ascoltando le trasmissioni di "Radio Avana" con la sua radio da campo.
Castro, quando ha potuto comunicare con lui, lo ha sempre rassicurato sulla rete
di rapporti politici che si sta tessendo a Cuba per non lasciarlo isolato. Resta
il fatto che il quartier generale cubano non fa granché per tirare fuori Guevara
dal labirinto boliviano: non si organizza una spedizione ad hoc, mentre dalla
Bolivia giungono notizie sempre più preoccupanti sulla sorte di quel manipolo di
guerriglieri. Non manca certo la solidarietà politica, è però assente quella
militare e logistica.
Il 10 agosto 1967 - a riprova che Cuba sostiene il tentativo di Guevara - Castro
conclude a L'Avana, presso il cinema Chaplin, la prima conferenza
dell'Organizzazione di solidarietà latinoamericana: il suo discorso è di pieno
appoggio alle guerriglie del continente e di critica rispetto alle prudenze
dell'Unione Sovietica. Il "Che" ha indirizzato a quella conferenza un messaggio
- attraverso le pagine della rivista "Tricontinental" nel suo numero di aprile -
in cui ripropone la sua idea di creare "due, tre, molti Vietnam". Quella
conferenza non piace ai movimenti rivoluzionari che si riconoscono nelle
posizioni dell'Unione Sovietica. Ed è probabile che il Kgb, il servizio segreto
sovietico, abbia concorso dopo quest'episodio ad accrescere l'isolamento del
"Che" in Bolivia (Tania Bunke aveva il compito di sorvegliare le sue mosse e di
tenere informato il Cremlino?).
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