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La giovinezza (1928/1954) La rivoluzione cubana. (1955/1959) > La spedizione verso Cuba. La Rivoluzione. Le prime opere del Che. Il ministro, l'uomo di Stato. (1960/1964) Il ritorno all'azione, la morte. (1965/1967) |
Cuba, in quel momento, appare agli osservatori della diplomazia internazionale
un'isola imperscrutabile. E' diventata indipendente dalla Spagna solo nel 1898.
Ha subito negli anni successivi una sorta di protettorato da parte degli Stati
Uniti. Dagli anni Trenta in poi ha conosciuto una serie quasi ininterrotta di
governi autoritari. L'estrema povertà delle campagne convive con la ricca
borghesia dello zucchero e del tabacco formatasi nel corso del dominio spagnolo.
L'Avana è anche un luogo mitico nei racconti di viaggio di Ottocento e inizio
Novecento: tra i porti più importanti del mondo, tra le città dell'America
Latina dalla vita culturale più intensa e vivace. E a Cuba - prima che in molti
paesi europei, compresa l'Italia - arrivano prestissimo i treni su rotaia e,
agli inizi degli anni Cinquanta, la televisione, anche quella a colori: gli
Stati Uniti hanno infatti usato l'isola come luogo di sperimentazione
tecnologica, oltre che come meta di turismo, sale da gioco e sesso a pagamento
(la moda si era intensificata negli anni del "proibizionismo" americano).
Washington considera l'isola più grande delle Antille come un suo territorio
oltre confine.
All'inizio si sa ben poco dei programmi di quel gruppo di guerriglieri che,
sbarcati a Cuba il 2 dicembre 1956 a bordo di un'imbarcazione denominata Granma,
sono sopravvissuti in una dozzina a una spietata repressione (qualcuno scriverà
"come gli Apostoli di Gesù Cristo", contribuendo alla leggenda) e poi si sono
riorganizzati sulla Sierra Maestra, dove dopo due anni di combattimenti hanno
dato scacco a esercito e aviazione. A guidarli è Fidel Castro, ex leader
studentesco dell'Università dell'Avana, avvocato di belle speranze e dalla
sperimentata arte oratoria, che il 26 luglio del 1953 - richiamandosi a José
Martl, eroe della guerra d'indipendenza contro la Spagna - aveva tentato di
assaltare la caserma Moncada di Santiago di Cuba. Sopravvissuto con pochi altri
allo scontro con i militari, era stato arrestato e condannato a quindici anni di
carcere alla fine di un processo nel quale si era difeso da solo pronunciando
un'interminabile arringa. Un'amnistia lo aveva liberato il 15 maggio 1955.
Castro prendeva contatto con gli esuli cubani a New York al fine di lanciare una
sottoscrizione per il suo Movimento 26 luglio e conquistare una certa
benevolenza nell'opinione pubblica democratica degli Stati Uniti. Poi faceva
rotta verso il Messico per iniziare l'addestramento militare di un manipolo di
uomini e tentare l'avventura del ritorno in patria e della sfida decisiva al
governo di Batista.
I preparativi non sono facili. Il 20 giugno 1956 Fidel Castro viene arrestato a
Città del Messico. La polizia accusa lui e i militanti del Movimento 26 luglio
di progettare con i comunisti cubani e messicani l'assassinio di Batista: Cuba
chiede la loro estradizione. In pochi giorni vengono arrestati quasi tutti
coloro che avevano collaborato con Castro, tra i quali Guevara e sua moglie
Hilda (Fidel usava il recapito di quest'ultima per la corrispondenza
clandestina). Castro si difende dalle accuse segnalando il pieno accordo con
Eduardo Chibas, leader del Partito ortodoxo e anticomunista dichiarato. Guevara,
per i suoi precedenti viaggi in America Latina, viene indicato come il probabile
trait d'union tra il Movimento 26 luglio e le centrali del comunismo
internazionale.
Castro viene liberato il 24 luglio: l'accordo con le autorità prevede che lasci
il Messico entro due settimane. Guevara viene liberato a metà agosto. Anche per
lui vale la stessa clausola: deve abbandonare il paese. Fidel ha deciso di
aspettarlo prima di decidere il da farsi. L'intero gruppo del Movimento 26
luglio si disperde sul territorio messicano.
A fine settembre si accelerano i preparativi del ritorno a Cuba. Castro acquista
il Granma, uno yacht di proprietà dell'americano Robert Erickson che svendeva
anche la propria casa a Tuxpan. Il prezzo pattuito è di quarantamila dollari per
l'uno e l'altra. Intanto crescono i dissapori tra Fidel e il Partito socialista
popolare cubano (il locale partito comunista), contrario a intraprendere la
lotta insurrezionale. Nella notte del 24 novembre il Granma salpa alla volta di
Cuba: a bordo ci sono ottantadue uomini, molti di più di quanti ne possa
contenere quell'imbarcazione. Guevara viene arruolato come medico con il grado
di tenente. Prima di partire invia una lettera alla madre che ha il sapore di un
possibile addio. E' consapevole che la morte può raggiungerlo da un momento
all'altro.
La spedizione si rivela un fallimento dal punto di vista militare. Castro fa
sapere a Frank Pais, il dirigente del Movimento 26 luglio a Santiago di Cuba,
che il Granma sarebbe sbarcato a Playas las Coloradas il 30 novembre. Per quella
data Pais si impegna a organizzare manifestazioni di protesta nella capitale
orientale dell'isola. Ma lo yacht con a bordo gli ottantadue uomini sbaglia
rotta e subisce dei ritardi a causa delle condizioni atmosferiche: tocca la
costa cubana solo il 2 dicembre, quando la polizia ha già represso la protesta
di Santiago. Esercito e aviazione sono intanto nella zona di Niquero, dove è
avvenuto lo sbarco. Il 5 dicembre l'esercito sorprende i rivoluzionari nella
località di Alegria de Pio: è una strage. Si salvano in quindici, che si
dividono per sfuggire
ai militari. Tra i superstiti c'è pure Gino Doné Paro, un
ex partigiano italiano che da Cuba si era unito al drappello rivoluzionario in
Messico: riesce a raggiungere Santa Clara per partire alcuni mesi dopo alla
volta degli Stati Uniti.
A L'Avana il governo di Batista è convinto di aver stroncato l'insurrezione e
che tra i morti possa esserci anche Fidel Castro. I giornali messicani danno
l'annuncio che la stessa sorte è toccata a Guevara. Il Movimento 26 luglio, come
era avvenuto nel 1953 nel tentativo di assalto alla caserma militare Moncada di
Santiago, sembra condannato alla sconfitta. Sarà un'intervista concessa al
corrispondente del "New York Times" Herbert Matthews nel febbraio del 1957 a
rivelare all'opinione pubblica cubana e internazionale che il "comandante en
jefe" Fidel Castro è ancora vivo e sta riorganizzando il suo movimento in una
vera e propria guerriglia lungo i tornanti e la foresta della Sierra Maestra.
La notizia dello scontro a fuoco a Alegría de Pio giunge ben presto a Hilda
Gadea e ai genitori di Guevara. Per alcuni giorni non riescono a verificare se
anche il "Che" sia tra le vittime. Ernesto, invece, è riuscito a salvarsi: ha
solo una leggera ferita al collo. Il 31 dicembre i coniugi Guevara ricevono un
biglietto firmato Tete (uno dei nomignoli usati da Ernesto quando era bambino)
che li rassicura: "Cari vecchi, ne ho consumate solo due e me ne restano cinque.
Sto lavorando alle stesse cose, le notizie sono sporadiche e continueranno a
esserlo, però abbiate fiducia che Dio sia argentino. Un abbraccio a tutti". Tete
si paragona a un gatto dalle sette vite. La notizia viene subito trasmessa a
Hilda, che decide di recarsi a Buenos Aires con sua figlia per conoscere i
suoceri. E' lei che deve spiegare a Celia de la Serna e a Guevara senior cosa ha
indotto il "Che" a partire per l'avventura cubana: il loro figlio è ormai
diventato un uomo politico e d'azione; l'incontro con gli esuli cubani lo ha
trasformato definitivamente.
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