LANUVIUM


Lanuvio, che fino al 1914 mantenne il nome medioevale di Civita Lavinia, è tra gli insediamenti più antichi dei Castelli Romani. Assieme ad Ariccia e Velletri è infatti tra quei pochi centri che dopo quasi tremila anni occupano ancora esattamente lo stesso luogo sul quale furono fondati. La cittadina vanta la nascita di importanti personaggi, quali l'imperatore romano Antonino Pio, il condottiero Marcantonio Colonna, vincitore della battaglia di Lepanto

Il ritrovamento a Nord del paese di suppellettili preistoriche attesta che esso era abitato già nell'età del ferro, mentre la costruzione di una poderosa cinta di mura, della quale ancora oggi sono visibili cospicui avanzi, risalirebbe al V secolo a. C. 

L'antica Lanuvium dalla forma irregolarmente ellissoidale era attraversata da una via mediana che si sviluppava da nordest a sudovest seguendo il profilo del colle, secondo un percorso che la presenza di poligoni di basalte, accertata in più tratti ed in periodi diversi, consente di ricostruire. 

Essa aveva origine a sud della città con la porta meridionale che si apriva sulla via di Astura (ancora riconoscibile negli anni trenta dal taglio praticato nello strato di tufo per aprirla) e risaliva per un tratto di 25 metri lungo il ciglio sinistro della moderna via delle Grazie. Piegando poi leggermente verso est, la strada attraversava la via di Borgo San Giovanni per raggiungere il Largo Tempio di Ercole e la poderosa costruzione in grandi blocchi di peperino che sorregge la terrazza dove nel secolo XI si sviluppò il centro medievale

Il nome di Lanuvio appare ben presto negli annali di Roma, e così sappiamo che nel 341 a.C. prese parte alla sollevazione delle città latine contro Roma e con queste fu sconfitta dai Romani nei pressi di Astura. I vincitori tuttavia riservarono alla città un trattamento di grande favore, mantenendo in vigore gli antichi ordinamenti municipali e lasciando che il culto maggiore di Lanuvio divenisse anche patrimonio dei Romani stessi. Durante il periodo dell'Impero Romano la parte di territorio a nord, attreversato dalla via Appia, venne occupato da ville sontuose che spesso avevano ospiti illustri, tra cui anche Cicerone.

Si trattava del santuario di Giunone Sospita, luogo sacro famosissimo non solo nel Lazio antico, ma nell'intera area mediterranea. Durante il periodo romano, fino alla caduta dell'Impero d'occidente, le fortune della città furono praticamente legate a questo santuario, nel quale accaddero prodigi strepitosi, narrati da Livio, Cicerone, Giulio Ossequiente ed altri autori classici.

Durante le guerre civili, avendo Lanuvio parteggiato per Silla, fu occupata da Mario e ridotta a colonia militare, ma seppe rialzarsi e raggiungere il massimo splendore all'epoca degli Antonini. E proprio nella villa imperiale lanuvina ebbero i natali gli imperatori Antonino Pio e Commodo, mentre Marco Aurelio, nato altrove, vi passò certamente lunghi soggiorni.

Molte notizie preziose relative alla storia antica di Lanuvio ci provengono dall'epigrafia, e meritano particolare attenzione due epigrafi di notevole importanza. La prima, meglio nota come  "legge del Collegio di Diana ed Antinoo ", rinvenuta a Lanuvio nel 1816 ed oggi conservata presso il Museo Nazionale Romano, ci ha tramandato lo statuto di una singolare associazione popolare, che garantiva ai propri associati un funerale decoroso. Da essa apprendiamo tra l'altro, che già nell'antichità si produceva a Lanuvio un ottimo vino, del quale l'odierno D.O.C. 'Colli Lanuvini' è un degnissimo erede.

La seconda iscrizione, rinvenuta nel 1962 nella cittadina siciliana di Centuripe, ci ha tramandato il ricordo del gemellaggio tra Lanuvio e la cittadina siciliana, celebrato attorno al secondo secolo a.C., rinnovato solennemente nel 1974. Se delle epoche più remote ci sono noti anche diversi particolari, molto meno sappiamo di Lanuvio nell'alto medioevo.

È probabile che la decadenza s'iniziasse nell'anno 391 d.C. con la promulgazione della legge di Valentiniano e Teodosio, che decretava la chiusura di tutti i templi pagani. Diverse memorie cristiane dei secoli IV e VI sembrano tuttavia dimostrare che il sito non fu mai completamente abbandonato all'epoca delle invasioni barbariche, ipotesi altresì confortata dall'ascrizione ai secoli V e VI delle tracce della primitiva chiesa collegiata descritta nei verbali delle visite pastorali dei secoli XVI e XVII.

Tempio di Giunone Sospita

Si trovava sull'acropoli di Lanuvio ed era costituita da una serie di strutture monumentali.
I resti del Tempio, venuti allo luce dagli scavi di inizio secolo, si trovano oggi all'interno dell'Istituto Salesiano. Il Tempio è di tipo tuscanico con alae. Vi si sono distinte almeno tre fasi edilizie. 

La seconda fase costruttiva è del periodo Medio-Repubblicano (IV-III a.C.) e deve essere messo in relazione con la sconfitta della lega latina (quindi di Lanuvio) del 338 a.C., e con l'inizio dello cogestione romano del culto (a tale epoca è attribuita lo testa del secondo simulacro dello Giunone Sospita). La datazione della terza fase ancora è incerta: si ritiene che essa vada fatto risalire alla metà del I sec. a.C.. e messa in relazione alla famiglia Murena (lanuvina), ed in particolare a quel L. Licinius Murena che nel 62 a.C. rivestì il consolato. A tale epoca risalirebbero anche i resti principali del secondo complesso edilizio, visibile nella Villa Sforza di proprietà comunale, che consistono in un portico ad arcate con semicolonne doriche, in opera mista, e concamerazione ad esso adiacenti.

Tali volte mostravano nello faccia superiore evidenti tracce di mosaico, chiaro indizio che tali edifici constavano almeno di due piani. In fondo al portico c'è una porticina, da dove si dipartono una serie di cunicoli che alcuni identificano con la grotta dove era custodito il serpente sacro a Giunone Sospita. Infatti sappiamo sia da Properzio (IV. 8, 3-14) che da Eliano (Perì zoon, XI, l6) che nel Santuario ogni anno all'approssimarsi della primavera si svolgeva una cerimonia. Alcune fanciulle dovevano porgere delle focacce ad un grosso serpente che si trovava all'interno di un antro. Se l'animale accettava il cibo offertogli dalla fanciulla (indizio di verginità di quest'ultima), si prospettavano raccolti fecondi; in caso contrario, la fanciulla (rivelatasi impura), veniva sacrificata per scongiurare la carestia. Un'ipotesi da tener presente è che questo antro potrebbe essere localizzato, in base o dati toponomastici, in località Stragonello. Stragonello deriverebbe da Dragone: non a caso nelle fonti antiche sopra menzionate si parla di "draco" e di "dracon". Nella parte opposta rispetto al portico si trovano i resti di un grosso pilone in opera quadrata di peperino, pertinenti probabilmente ad un arco di ingresso che immetteva nell'Acropoli. Vicino a tale pilone furono rinvenuti alla fine del secolo scorso i resti di un gruppo marmoreo di statue equestri con lorica, oggi conservate al British Museum ed al Museo di Leeds, ad eccezione di un torso che si trova invece al Museo Civico lanuvino. 

Coarelli ritiene che il gruppo lanuvino si rifaccia ad un gruppo bronzeo da attribuire o Lisippo, rappresentante Alessandro e i cavalieri caduti nello battaglia del Granico. L'opera si trovava fino alla metà del II sec. a.C. nel Santuario di Dion in Macedonia, da dove Scipione Metello Macedonico la trasferì a Roma, dopo la conquista della stessa Mocedonia. E' probabile, secondo lo studioso, che la copia in marmo e la ricostruzione di tutto il Santuario siano da attribuire a quel L. Licino Murena console nel 62 a.C. e che fu vittorioso insieme a Lucullo in Oriente contro Mitridate, in prossimità del Granico. L'opera dovrebbe quindi raffigurare al posto di Alessandro Magno Licinio Murena o Lucullo, ed al posto dei generali macedoni gli ufficiali romani; ed essere letta come una "imitotio Alexondri".

Sappiamo anche da testimonianze epigrafiche (C.I.L. XIV n.2088), di un intervento di restauro da parte di Adriano, dovuto allo stato di disastrosa rovina in cui versava la struttura nel I sec. d.C. (Plin. N. H. XXXV, 17), il che potrebbe anche far supporre, distaccandosi in questo dal Coarelli, che tutto il complesso, compreso il portico, non vada attribuito al I sec. a.C., ma ad età Antonina.


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