La poetica di Tasso

 

Sappiamo che si formò culturalmente a Padova, che in quel periodo era divenuta la patria dell'aristotelismo. Infatti la traduzione della Poetica di Aristotele aveva ingenerato un forte interesse nei confronti di quest'opera, con il conseguente studio dei principi estetici in essa contenuti.

Anche Tasso, quindi, studiò approfonditamente l'estetica antica e, aderendo al principio dell'imitazione dei classici propri dell'Umanesimo e del Rinascimento, fece suo quanto era stato propugnato dallo Stagirita, che andava ormai affermandosi in tutta Europa.

 

La critica ad Ariosto

 

Evidente la critica che Tasso rivolge ai letterati che avevano scritto poemi cavallereschi, e in particolare nei confronti del Furioso di Ariosto. Nei Discorsi dell'arte poetica, Tasso esplicita ciò che non si poteva assolutamente accettare:

 

1) il Furioso ha materia meravigliosa e quindi inverosimile in eccesso, descrivendo spesso scene in cui intervengono maghi, fate, esseri straordinari, e che sono ambientate in luoghi del tutto fantastici. Inoltre, Ariosto sembra dare per scontata l'esistenza di divinità pagane, a cui i protagonista parlano, si rivolgono e addirittura invocano. La nuova sensibilità e religiosità del Tasso e del suo tempo mal potevano sopportare questa presa di posizione. E infatti scrive nella prima parte dei Discorsi:

 

« Rivolgendoci a le deità de' gentili, subito cessa il verisimile; perché non può esser verisimile a gli uomini nostri quello, ch'è da lor tenuto non solo falso, ma impossìbile; ma impossibil'è che dal potere di quell'idoli vani e senza soggetto, che non sono e non furon mai, procedano cose, che di tanto la natura e l'umanità trapassino. E quanto quel meraviglioso (se pur merita tal nome) che portan seco i Giovi e gli Apolli e gli altri numi de' Gentili, sia non solo lontano da ogni verisimile, ma freddo ed insipido, e di nissuna virtù, ciascuno di mediocre giudicio se ne potrà facilmente avvedere, leggendo que' poemi che sono fondati sovra la falsità de l'antica religione ».

 

2) Ariosto non rispetta le unità di tempo, luogo e azione che Aristotele raccomanda per la fabula poetica; infatti nel Furioso troviamo un tempo difficilmente definibile, uno spazio immenso, infiniti filoni narrativi che si intrecciano fra loro, quindi in aperto contrasto con quelle che ormai sono legge ferree dell'estetica rinascimentale.

 

Seguendo i canoni rinascimentali, Tasso è consapevole che un'opera poetica deve avere il meraviglioso, per creare il diletto nei lettori; ma sa anche benissimo che il verisimile è necessario alla poesia vera. Sempre nella prima parte dei Discorsi:

 

« Poco dilettevole è veramente quel poema, che non ha seco quelle maraviglie, che tanto muovono non solo l'animo de gl'ignoranti, ma de' giudiziosi ancora: parlo di quelli anelli, di quelli scudi incantati, di que' corsieri volanti, di quelle navi converse in ninfe, di quelle larve che fra' combattenti si tramettono, e d'altre cose sí fatte; de le quali, quasi di sapori, deve il giudizioso scrittore condire il suo poema; perché con esse invita ed alletta il gusto de gli uomini vulgari, non solo senza fastidio, ma con sodisfazione ancora de' piú intendenti ».

 

E ancora: 

 

« Diversissime sono, signor Scipione (si tratta di Scipione Gonzaga, letterato amico e protettore del poeta, destinatario dell'opera), queste due nature, il meraviglioso e 'l verisimile; ed in guisa diverse, che sono quasi contrarie tra loro; nondimeno l'una e l'altra nel poema è necessaria; ma fa mestieri che arte di eccellente poeta sia quella che insieme le accoppi; il che, se ben'è stato sin'ora fatto da molti, nissuno è (ch'io mi sappia) il quale insegni come si faccia; anzi, alcuni uomini di somma dottrina, veggendo la ripugnanza di queste due nature, hanno giudicato quella parte ch'è verisimile ne' poemi non essere meravigliosa, né quella ch'è meravigliosa, verisimile; ma che nondimeno, essendo ambedue necessarie, si debba or seguire il verisimile, ora il meraviglioso, di maniera che l'una a l'altra non ceda, ma l'una da l'altra sia temperata ».

 

La soluzione di Tasso

 

Alla luce della Poetica stessa, Tasso propone le seguenti soluzioni, che sono, almeno in parte originali rispetto ad alcuni poeti a lui contemporanei (il Trissino, ad esempio, autore del poema epico L'Italia liberata dai Goti del 1547-48):

 

1) il «meraviglioso cristiano» contro il meraviglioso di Ariosto. Si tratta di miracoli, apparizioni, prodigi, opera di Dio, a cui tutto è possibile e a cui tutti i lettori credono; propone quindi qualcosa che è meraviglioso perché fuori della norma, come è fuori della norma il miracolo, ma lo ritiene verisimile perché crede che Dio possa operarlo, come lo credono tutti coloro che stanno leggendo l'opera.

 

« Attribuisca il poeta alcune operazioni, che di gran lunga eccedono il poter degli uomini, a Dio, a gli angioli suoi, a' demoni, o a coloro a' quali da Dio o da' demoni è concessa questa podestà, quali sono i santi, i maghi e le fate. Queste opere, se per sé stesse saranno considerate, meravigliose parranno; anzi miracoli sono chiamati nel commune uso di parlare. Queste medesime, se si avrà riguardo a la virtù ed a la potenza di chi l'ha operate, verisimili saranno giudicate, perché avendo gli uomini nostri bevuta ne le fasce insieme co 'l latte questa opinione, ed essendo poi in loro confermata da i maestri de la nostra santa fede, cioè che Dio e i suoi ministri, e i demoni ed i maghi, permettendolo lui, possino far cose sovra le forze de la natura meravigliose; e leggendo e sentendo ogni dì ricordarne novi esempi, non parrà loro fuori del verisimile quello, che credono non solo esser possibile, ma stimano spesse fiate esser avvenuto, e poter di novo molte volte avvenire ».

 

Con ciò Tasso inaugura già nella seconda metà del Cinquecento una tendenza che sarà forte nel Seicento, che è quella di spostare l'arte dal rappresentato all'immaginato, dal possibile al credibile.

 

 

2) Tasso è consapevole che la varietà del poema è cosa che piace molto, ma sa ugualmente che l'opera d'arte è come il mondo creato, che è molto vario, ma resta sempre e solo un'unità.

 

« Perciò che essendo la nostra umanità composta di nature assai fra loro diverse, è necessario che d’una istessa cosa sempre non si compiaccia, ma con la diversità procuri or a l'una, or a l'altra de le sue parti sodisfare. Una ragione sola, oltre le dette, si può immaginare molto più propria de le altre: questa è la varietà; la quale essendo in sua natura dilettevolissima, assai maggiore diranno che si trovi ne la moltitudine, che ne la unità de la favola. Né già io niego che la varietà non rechi piacere ».

 

E conclude con la famosa similitudine fra il poeta e Dio:

 

« Io, per me, e necessaria nel poema eroico la (= la varietà) stimo, e possibile a conseguire. Però che, sí come in questo mirabile magisterio di Dio, che mondo si chiama, e 'l cielo si vede sparso o distinto di tanta varietà di stelle; e discendendo poi giuso di mano in mano, l’aria e il mare pieni d'uccelli e di pesci; e la terra albergatrice di tanti animali cosí feroci come mansueti, ne la quale e ruscelli e fonti e laghi e prati e campagne e selve e monti si trovano; e qui frutti e fiori, là ghiacci e nevi, qui abitazioni e culture, là solitudini ed orrori; con tutto ciò, uno è il mondo che tante e sí diverse cose nel suo grembo rinchiode, una la forma e l'essenza sua, uno il modo, dal quale sono le sue parti con discorde concordia insieme congiunte e collegate; e non mancando nulla in lui, nulla però vi è di soverchio o di non necessario: cosí parimente giudico, che da eccellente poeta (il quale non per altro divino è detto, se non perché al supremo Artefice nelle sue operazioni assomigliandosi, de la sua divinità viene a partecipare) un poema formar si possa, nel quale, quasi in un picciolo mondo, qui si leggano ordinanze d'eserciti, qui battaglie terrestri e navali, qui espugnazioni di città, scaramucce e duelli, qui giostre, qui descrizioni di fame e di sete, qui tempeste, qui incendi, qui prodigi; là si trovino concili celesti ed infernali, là si veggiano sedizioni, là discordie, là errori, là venture, là incanti, là opere di crudeltà, di audacia, di cortesia, di generosità; là avvenimenti d'amore, or felici, or infelici, or lieti, or compassionevoli; ma che nondimeno uno sia il poema, che tanta varietà di materie contegna, una la forma e la favola sua, e che tutte queste cose siano di maniera composte che l'una l'altra riguardi, l'una a l'altra corrisponda, l'una da l'altra o necessariamente o verisimilmente dependa; sí che una sola parte o tolta via o mutata di sito, il tutto ruini ».

 

Si comprende allora la composizione della Gerusalemme liberata: tale evento è attestato nelle fonti e noto a tutti, non è né troppo lontana né troppo vicina nel tempo, per cui si può facilmente inserire la creatività del poeta (in cui ritroviamo il «meraviglioso cristiano») su un sostrato certo di storicità.

 

In qualche modo Tasso risponde a tutte le esigenze proprie e del tempo, creando un'opera che risulta essere

 

VERISIMILE UTILE PIACEVOLE

 

seguendo le indicazioni di

 

ARISTOTELE RIFORMA CATTOLICA RINASCIMENTO

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