L'uso del "problem solving" nella didattica della fisica in un triennio di liceo scientifico |
Prof. Vincenzo Calabrò - Liceo Ginnasio "B.Russell" di Roma
Questa pagina è la pagina di riferimento del «Progetto Problem Solving» relativo al corso di Fisica di una classe di fine ciclo di Liceo Scientifico. Essa contiene documenti del corso che includono informazioni generali e specifiche relativi a tante sezioni :
1.Alonso-Finn (esempi di problemi di fisica svolti dal testo)
2.Halliday-Resnick-Walker (altri esempi di problemi svolti dal testo)
3.didattica della risoluzione di problemi di fisica (casi di studio, documenti e articoli)
4.un esempio di risoluzione di un problema di fisica (il cui testo si trova nell'eccellente libro del corso PSSC).
5.un modello di risoluzione di un semplice problema di fisica (presente nel testo Halliday-Resnick-Walker).
6.racconti (più o meno inverosimili sulla risoluzione di problemi di fisica a scuola)
Le soluzioni dei problemi possono essere stampate liberamente con una semplice stampante. Buona esercitazione e ... in bocca al lupo.
LA RISOLUZIONE DEI PROBLEMI DI FISICA
1 - Perchè i problemi di Fisica
Partiamo da un dato di fatto acquisito: la fisica è uno "strumento culturale" e non potrebbe essere diversamente. La ragione sta nel fatto che essa consente di capire e di interpretare meglio il mondo che ci circonda. Se per cultura si intende l'acquisizione di una visione globale della vita e del mondo in cui si vive e il possesso dei mezzi atti a permettere la formulazione di un giudizio critico sugli avvenimenti e sui fenomeni che ci circondano, dico subito che, a mio parere, non è possibile ottenere tale risultato in maniera completa e adeguata prescindendo dalla necessità di conoscere i fondamenti della risoluzione dei problemi di fisica e, in particolare, di conoscenze relative a tecniche, metodi, esemplari e fatti che si riferiscono alla tematica della risoluzione di problemi afferenti alla cultura scientifica che la fisica produce e sedimenta nel mondo della cultura.
Bruno Ferretti, insigne professore di fisica teorica all'Università di Bologna, quando eravamo giovani studenti universitari, scrisse la prefazione a uno straordinario libro di esercizi, in cui tra l'altro disse: «Un proverbio cinese dice pressappoco, se ben ricordo, "ascolti e dimentichi; vedi e ricordi; fai e sai". Questo proverbio traduce una situazione ben nota a chiunque si sia occupato di insegnamento, anche senza esercitare la professione di pedagogista, e che è valida per qualsiasi tipo di apprendimento. Quando si tratti di apprendere cose che rientrano con grande facilità in schemi acquisiti da tempo, forse l'udire o il vedere possono essere sufficienti al comprendere, almeno a una prima comprensione che dovrà poi essere soltanto approfondita mediante il "fare". Ma quando si tratti di entrare in un dominio di pensiero con elementi di di profonda originalità, che si stacchi in qualche modo essenziale dagli schemi che più comunemente servono e bastano alla comprensione e alla attività umana, il "fare" diventa del tutto essenziale per rendere possibile anche un primo superficiale intendere, per non parlare di una conoscenza veramente approfondita. Ora, io non conosco nessun campo delle scienze in cui il modo di svolgersi del pensiero si stacchi da quello comune, più profondamente e più sottilmente insieme, quanto quello della ... [fisica]».
Mi rendo perfettamente conto che non è facile, anzi è estremamente difficile, nella scuola secondaria italiana inserire in maniera organica e avveduta una sequenza ragionata di interventi didattici volti a trattare esaurientemente e con largo respiro le metodologie della risoluzione dei problemi di fisica. La relativa giovane età degli studenti, l'inerzia del corpo insegnante, la mancanza di linee direttive prescrittive da parte delle autorità scolastiche "sconsigliano" di formalizzare adeguatamente il discorso della metodologia del problem solving che sia da un lato di un certo spessore metodologico e dall'altro di abituare gli studenti a utilizzare algoritmi matematici di una certa consistenza logica e razionale. Tuttavia questi non sono dei buoni motivi per trascurare (o addirittura eliminare) completamente gli argomenti che si riferiscono al problem solving nella scuola secondaria superiore italiana. Scopo di queste poche e modeste righe è permettere una conoscenza delle problematiche relative alla risoluzione di problemi scientifici secondo una visione, probabilmente parziale e personale, dell'importanza e del ruolo che possono svolgere queste metodologie di risoluzione nel processo di apprendimento e di crescita degli studenti
La tematica inerente alla risoluzione di elaborati teorici di fisica, quali problemi ed esercizi, costituisce uno degli aspetti più importanti da tenere presente in un corso di fisica. Attraverso questa delicata fase didattica, infatti, ci si pone l'obiettivo, sul piano applicativo, di fare acquisire agli studenti una mentalità di carattere scientifico, altrimenti irrealizzabile con un apprendimento tradizionale di tipo mnemonico-recettivo. Con la risoluzione di problemi di fisica, in altre parole, ci si pone la finalità di incrementare le facoltà logico-deduttive degli alunni, di stimolarne le capacità razionali, di analisi e di sintesi e, in ultima istanza, di fornire loro gli strumenti di carattere raziocinante, suscettibili di fare interpretare correttamente la complessa fenomenologia fisica. In verità, la metodologia di apprendimento della fisica mediante la risoluzione di problemi ci ricorda un percorso di metodo, una iniziazione alle meraviglie della ragione, un viaggio, che viene effettuato attraverso l'ordine e la chiarezza della ragione stessa perchè permette di sviluppare conoscenza scientifica attraverso uno dei momenti più significativi dell'apprendimento stesso, che è il "diventare protagonisti" mediante l'invenzione e la scoperta. Perchè di questo si tratta. Inoltre, una esercitazione scritta di fisica costituisce, per altro verso, una prova importante e significativa del lavoro scolastico, perchè per mezzo di essa si riesce a ottenere una verifica del grado di conoscenza e di comprensione dei contenuti specifici trattati via via durante il corso. La prova scritta permette, quindi, non solo di porre i giovani in grado di pensare da sé e di ragionare autonomamente con la propria testa, ma fornisce anche al docente delle importanti informazioni di carattere valutativo di alto contenuto docimologico. È infatti evidente come dall'analisi delle discussioni dei risultati e delle risposte date alle prove scritte e dal modo in cui gli studenti presentano le conclusioni si riesca spesso efficacemente ad approfondire e integrare la fase delicata della valutazione.
La possibilità di risolvere problemi di fisica educa, senza ombra di dubbio, gli allievi alla maturazione dei propri interessi ed alla pratica dell'approfondimento nello studio. L'abitudine a risolvere problemi - ben al di là dal costituire un allenamento per ottenere buone valutazioni - induce ad appropriarsi dei concetti con spirito critico e a dominare le metodologie in maniera non ripetitiva. La medesima abitudine diventa metodo e strumento di educazione alla razionalità ed all'autonomia di giudizio nel confronto con situazioni concrete e spesso inusuali. Non secondaria è poi l'osservazione che questa abitudine influisce positivamente sulla formazione dei giovani perchè crea autostima e consapevolezza delle proprie capacità. Il che non è poco in una società che diseduca i giovani al ragionamento e allo sviluppo delle capacità critiche.
La funzione dei problemi nell'insegnamento della Fisica è molto importante anche per un'altra ragione. Essi svolgono un ruolo fondamentale nella didattica della fisica perchè insegnano a ragionare per modelli e analogie e ciò, come è noto, sta alla base della cultura scientifica e di ogni formazione significativa in fisica.
Nel liceo scientifico sperimentale la risoluzione dei problemi di fisica costituisce un cardine nell'insegnamento della fisica, perchè durante gli esami di stato costituisce una delle prove scritte obbligatorie. Con questa attività si vuole dare agli allievi strumenti concettuali e logici. Il metodo della risoluzione dei problemi, nella prospettiva della dialettica «problema-risoluzione» obbliga ad un rigore espressivo, ad esplicitare in modo chiaro e univoco le ipotesi, all'individuazione di un processo risolutivo e alla sua successiva formalizzazione. L'esercitazione scritta costituisce, così, uno strumento essenziale nel lavoro didattico e acquista il sapore di una scelta fondamentale di principio dell'insegnante. Quest'ultimo deve comprendere che, attraverso un intelligente e razionale utilizzo di questo valido ed efficace strumento pedagogico, rende costruttiva, più varia e articolata la dinamica attiva dell'insegnamento della disciplina scientifica in oggetto. Tuttavia, ci contenteremmo di poco se ci limitassimo a indicare soltanto questo tipo di conquista. In verità, l'obiettivo didattico sopra indicato, riguardante cioè alcune caratteristiche peculiari che si riferiscono alla fase della risoluzione di problemi di fisica, non è che una componente della più ampia e articolata problematica dell'insegnamento della fisica. In realtà si tratta di tutta una serie di problemi e interventi che investono temi e aspetti della più vasta situazione di carattere educativo che non possono essere settorializzati, nel senso che le attività nelle quali si espleta la funzione docente di un insegnante di fisica non è costituita da una somma aritmetica di interventi e obiettivi presi a se stante, senza nessuna intenzionalità trasversale e alcun raccordo tra le diverse fasi formative. La risoluzione dei problemi deve, quindi, essere vista come uno dei tanti interventi progettati nella Programmazione Didattica all'inizio del corso.
Davanti alla strisciante mutazione del mondo contemporaneo e della sempre più crescente ostilità allo sviluppo scientifico che si registra in larghi strati della società civile e religiosa, è necessario difendere la ricchezza conoscitiva e metodologica del sapere scientifico in generale e della fisica in particolare. L’insegnante, pertanto, nella quotidiana azione didattica in favore dell’apprendimento delle idee fisiche pregnanti non deve rinunciare alla complessità dei temi e dei linguaggi adoperati, probabilmente perché con l’attuale andamento di diseducativa fuga che si è instaurata nella scuola di oggi nel richiedere rigore agli studi della fisica, in futuro non avremo più gli strumenti necessari per ricordare taluni fatti e certe cose che prima conoscevamo in profondità. Il pericolo è pertanto quello di abituare gli studenti alla banalità e alla superficialità dei fatti della fisica, alla pochezza dei metodi e al pressappochismo dei linguaggi. Il “problem solving” costringe, chi vuole risolvere problemi, a faticare nel senso di evitare il pericolo di una dequalificazione del sapere fisico. Perchè in fondo in fondo di questo si tratta. La scienza non può ammettere conoscenze indefinite e saperi incerti. Ecco perchè nella mia didattica la risoluzione dei problemi è considerata didattica per eccellenza.
2. Alcune importanti premesse
Iniziamo col dire che le abilità cognitive (e metacognitive) nell'apprendimento della fisica, come in tutte le altre materie scientifiche, non sorgono negli studenti per bontà divina, né per caso. Lo sviluppo di competenze e capacità di risoluzione di problemi è un obiettivo specifico, pedagogicamente prevedibile e scientificamente programmabile, da progettare con attenzione e professionalità. Non ci si stancherà mai di ricordare che l'attività di risoluzione di problemi facilita gli apprendimenti e permette ai soggetti dell'educazione di apprendere una metodologia di studio e di lavoro che è da considerare euristica nella loro vita.
E' mia intenzione, pertanto, perorare la causa della didattica della fisica realizzata con il "problem solving" perché dopo tanti anni di insegnamento sono arrivato alla conclusione che essa sia la migliore didattica possibile per conseguire efficacemente obiettivi formativi ed educativi di rilievo in grado di fornire allo studente quel largo spettro di conoscenze, competenze e capacità che altre didattiche, a mio parere, non riescono a realizzare significativamente. E questo non per incapacità degli insegnanti, ma per la decisione infelice di questi ultimi di non svolgere problemi. Ripeto che non si tratta di incapacità degli insegnanti, ma di impossibilità, nelle poche ore settimanali del curricolo, di poter riflettere in maniera adeguata e cognitivamente fondante sugli aspetti legati alle implicazioni fisiche insite nelle leggi fisiche. Dove, a mio parere, solo una procedura di problem solving riesce a tirar fuori e a esaltare nella loro dimensione cognitiva e razionale.
Si badi bene, che non ho considerato esclusivi del problem solving anche "le conoscenze" perché queste ultime, in verità, si possono conseguire abbastanza bene anche utilizzando altre modalità di insegnamento. E' evidente, poi, che non posso non riconoscere agli altri elementi culturali della comunicazione scientifica (aspetti storici, epistemologici, e in certi casi quelli sperimentali) validità ed efficacia culturale. Tuttavia, non ritengo che questi aspetti possano da soli determinare completezza metodologica per far imparare "la fisica" agli studenti. In altre parole, per non essere frainteso, io riconosco che parlare nell'insegnamento della fisica di storia delle idee fisiche, di genesi della scoperta, di nodi concettuali, ecc... è importante. Anch'io propongo idee storiche ed epistemologiche a scuola. Dico solo che esse non influiscono adeguatamente sulle "capacità" e sulle "competenze" che lo studente deve sviluppare.
Mi chiedo: che senso ha insegnare una fisica in cui uno studente non risolve problemi. Qui per problema non intendo solo l'uso mirato della catena di operazioni "dati-ragionamento-soluzione", ma anche in generale "problema" come ricerca, come rompicapo, come sfida intellettuale a trovare una soluzione. Insomma, per riprendere una frase famosa di Popper, "Das leben ist problemenlosen", cioè la vita è una continua ricerca di soluzioni di problemi, senza i quali la didattica si spegne in una serie di informazioni che non hanno grande valenza formativa perché non impegnano a ragionare, a inventare, a fantasticare, a curiosare ma semplicemente informano.
Attenzione, non sto dicendo che una didattica della fisica incentrata su aspetti storici, epistemologici e sperimentali non permetta al docente di fare bellissime lezioni, di proporre sviluppi scientifici di grande eleganza e di dotte considerazioni, per esempio storiche o letterarie. Al contrario! Riconosco che queste didattiche interessano moltissimo e sono motivanti dal punto di vista filosofico o storico o letterario. Ma questa è un'altra cosa che insegnare a riconoscere fenomeni, proporre ipotesi di soluzione con leggi adeguate che permettano di calcolare, dedurre, trovare soluzioni, valori, numeri, misure, quantità, ordini di grandezza delle grandezze fisiche incognite.
Attenzione! Insegnare fisica con il problem solving è difficile, rischioso ed estremamente faticoso, perché significa imbarcarsi in un'avventura piena di insidie didattiche, di difficoltà a far comprendere come si perviene a una soluzione. Non basta ricordare una legge se poi non la si sa applicare. Non basta ricordare formule se poi non si riescono a calcolare soluzioni. Ricordatevi che lo "studente quadratico medio" italiano non e' assolutamente abituato a risolvere problemi che non siano quelli algebrici (ho dei dubbi già sui problemi geometrici, immaginate i problemi di altre scienze, come la fisica e la chimica). Mi corre l'obbligo di avvertire che non si può utilizzare questo metodo se poi non si ha la capacità di spiegare e di risolvere concretamente nella prassi didattica, ripetutamente, che cosa significa risolvere un problema, come si può e si deve tentare di arrivare a una soluzione.
Il metodo del problem solving prevede ragionamenti a più livelli, a strati, come in una cipolla. La sua importanza non è solo per il ruolo decisivo che essa riveste all’interno dello studio della fisica e per le ricadute che mostra nell’apprendimento, ma anche perché è una metodologia che fornisce dei concetti chiave e delle procedure razionali che sono validi ben oltre la fisica medesima, in quanto forniscono allo studente strumenti intellettuali di analisi e di sintesi della complessa realtà nella quale egli vive. La sua base metodologica consiste, almeno all’inizio, nel capire la necessità di operare sempre a diversi livelli, come facendo astrazioni sul fenomeno, astrazioni sui dati e suddivisione e gerarchie di relazioni matematiche.
Il metodo del problem solving è, a mio giudizio, un buon metodo per imparare la fisica. Costringe a ragionare, sviluppa una logica operazionale e fornisce una traccia precisa per ricercare la soluzione. Naturalmente è necessario non essere meccanici e ripetitivi nella applicazione concreta del metodo. Come in tutte le cose che prevedono una comprensione metodologica è necessario avere una certa fantasia e una certa elasticità mentale, ed è importante che lo studente si appropri del metodo, lo faccia suo, lo interiorizzi, lo utilizzi criticamente, più volte, per abituarsi a ragionare. E’ evidente che alcuni problemi possono risultare di difficile risoluzione. Non ci si deve meravigliare se il metodo non da' subito i risultati voluti. Si tenga conto che, come dice Giuliana Cavaggioni nell’utile libro dell'Editore Zanichelli Le Olimpiadi della Fisica, "anche gli insuccessi che seguono a un attento impegno possono essere utili a sviluppare le capacità di analisi e di comprensione dei concetti della fisica più che un precoce ricorso a soluzioni proposte da altri". Dunque, ancora una volta è valida la massima che afferma: "sbagliando si impara".
Ed ora una osservazione conclusiva che prevede due citazioni. La prima di Edoardo Amaldi che in una sua famosa intervista pubblicata da Laterza in un libro dal titolo Intervista sulla materia dal nucleo alle galassie, Roma-Bari, 1980, a pag.146, dice che "se si vogliono avere dei cavalli da corsa bisogna mettere la grebbia alta. Le vacche hanno la mangiatoia bassa, ma il cavallo da corsa deve avere la mangiatoia alta, per sviluppare i muscoli pettorali [...]". La seconda di Franco Bassani e Altri che nel libro Problemi di fisica della Scuola Normale, Bologna, Zanichelli, 1987, propongono le soluzioni originali dei problemi risolti da Fermi e Rubbia per l'ammissione alla Scuola Normale di Pisa. Nelle risoluzioni di problemi di fisica svolti dagli studenti ammessi si rilevano esempi inimitabili di acquisizione di chiarezza linguistica, di impostazione metodologica e di correttezza matematica finalizzati a comprendere, spiegare e calcolare correttamente le grandezze fisiche presenti nel fenomeno indagato.
Senza intento polemico mi sento di affermare che sarebbe interessante ribaltare il problema posto dai detrattori della didattica della fisica mediante il problem solving. E cioè, che questa volta sono io a non riuscire a immaginare con chiarezza una impostazione didattica fondata sul fatto che un docente propone delle lezioni - per esempio, sui tre principi della dinamica, o sui principi di conservazione - e poi non svolge esercizi e problemi. Come è possibile, mi chiedo, che insegnanti esperti e/o motivati non trovino in sé, come insegnanti di fisica, altra strada che proporre delle informazioni di fisica e non sottoporli a conferme se non attraverso la risoluzione di problemi? Come si può pensare di svolgere attività di insegnamento/apprendimento senza che il progetto didattico preveda una applicazione dei contenuti appresi? Un detto cinese dice: «ascolti e dimentichi, vedi e ricordi, fai e sai»! Il fare è in questi casi fondamentale. Il non fare, viceversa, propone una attività di pseudo-apprendimento in cui i concetti acquistano solo il significato di conoscenze e di informazione sui fatti. Chiedo pertanto: gli obiettivi di competenza e di capacità come si conseguono? Forse con una dissertazione storica sul fatto che a Newton venne in mente l'idea di forza gravitazionale vedendo cadere una mela? O, piuttosto, con ragionamenti matematici, con attività raziocinanti di sviluppo di catene di deduzioni, con la formulazione di modelli matematici relativi ai fenomeni fisici indagati, con confronti critici tra equazioni e condizioni fisiche, che presuppongono calcoli, dimostrazioni e, in definitiva, calcolare incognite, cioè risolvere problemi? Suvvia, si tratterebbe solo di mere conoscenze ma non di competenze. Quello che conta nell'apprendimento è la capacità di padroneggiare, in contesti diversi, le leggi della fisica. Poi il come vengono risolti i problemi e come vengono giustificate le varie strategie di risoluzione, questo è un altro discorso, interessante, che meriterebbe di essere approfondito. Tuttavia, gli interventi critici, ancorché interessanti, degli oppositori al problem solving confermano, a mio giudizio, quello che temevo già prima: e cioè che le didattiche, questa volta "dell’insegnante quadratico medio" italiano, non prevedono quasi per niente la risoluzione di problemi. Io considero ciò un fatto negativo ma naturalmente, come si dice in questi casi, "my opinions do not necessarily have to be true". Aggiungo che comunque non basta risolvere uno, due, tre problemi per unità didattica. In questi casi sarebbe meglio non risolverne nemmeno uno. Le prese in giro non mi sono mai piaciute. Il fatto è che l'attività di problem solving è una autentica arte di vivere lo studio della fisica, nel senso che si tratta di una vera e propria sfida tra l'inventore del testo di un problema e colui che intende risolverlo. Accettare la sfida e rischiare di non risolvere il problema è autenticamente una vera scelta di vita, che evidenzia coraggio e intraprendenza che meritano di essere premiati. Di problemi io ne ho risolto molti e, comunque, mai abbastanza. Ecco una serie di foto che permettono di evidenziare la mole di esempi svolti negli anni. E' stato bellissimo lavorarci su. Ma è stato più bello trascorrere giorni e giorni arrovellandomi per trovare la soluzione di un problema che "non voleva essere risolto". Consiglio a tutti di provare il piacere della sfida. [1] [2] [3] [4]
3 - La struttura di un problema di Fisica e le finalità di tipo formativo in esso presente
Innanzitutto, è bene chiarire subito che cosa s'intende per problema di fisica e quale importanza esso può rivestire nello studio di questa disciplina scientifica. Alla prima domanda, risponderemo senz'altro mediante una definizione che evidenzia, in modo molto rigoroso, la sostanza dell'argomento in oggetto.
Per «problema» s'intende una questione di cui, note alcune condizioni chiamate dati del problema, si chiede di determinarne altre, che prendono il nome di soluzioni, che sono legate alle prime da opportuni collegamenti fisici e da certe precise scelte risolutive. In sintesi, si dice che si pone un problema di fisica quando si domanda in che modo si può pervenire a un dato risultato in una questione fisica. L'obiettivo di un problema è, quindi, quello di risolvere il problema, cioè di determinare - attraverso un procedimento logico e razionale - la soluzione del problema stesso. Aggiungiamo, poi, che i problemi di fisica possono essere o di tipo ripetitivo o di tipo complesso. I primi, per l'elevato grado di ripetitività, hanno quasi esclusivamente lo scopo di favorire la memorizzazione delle formule e non saranno qui prese in considerazione. Diversa è la funzione del secondo tipo di problemi. Essi presentando un elevato grado di complessità permettono di sviluppare in pieno le capacità logiche e di astrazione degli allievi. In ogni esercizio di questo tipo è necessario riconoscere tutte le parti in cui si articola il problema, quali i dati forniti, i dati mancanti e quelli da calcolare. Questi ultimi, che costituiscono la «soluzione del problema», si determinano in maniera sempre diversa da problema a problema, e non esiste uno schema logico prefissato che permetta di risolvere tutti i casi possibili. Al contrario, essendo la risoluzione degli esercizi complessi il punto di arrivo e non di partenza dell'attività di insegnamento della Fisica è necessario essere consapevoli che le capacità di astrazione e di risoluzione si sviluppano progressivamente e con continuità mediante una critica e significativa azione didattica di tipo formativo. In ogni caso per soluzione di un problema si possono intendere, indifferentemente, sia il valore di una grandezza fisica non conosciuta (l'intervallo di tempo impiegato da un punto materiale a percorrere una certa distanza; la forza necessaria per imprimere ad un corpo una certa accelerazione; il lavoro eseguito da una forza costante nello spostare il suo punto di applicazione di una certa distanza; etc...), sia una relazione tra variabili fisiche da determinare (l'espressione F=f(x) della forza gravitazionale esercitata dalla corteccia sferica di una sfera cava su una particella di data massa in funzione della distanza; l'andamento U=f(r) della funzione energia potenziale di un corpo di data massa, in funzione della distanza; etc...), sia il grafico di una funzione da disegnare (il diagramma dell'energia potenziale per un elettrone in presenza di un protone in funzione della distanza; etc...). Lo scopo di una tale metodologia operativa è - sulla falsariga dell'analoga questione matematica di geometria o di algebra - quello di individuare, mediante operazioni mentali deduttive, la o le condizioni richieste dal testo del problema, senza per questo essere contagiati dagli aspetti negativi tipici di una impostazione di tipo assiomatico-deduttiva. In relazione a quanto detto sopra ci si può porre la domanda: "che cosa c'è di difficile in un problema"? La risposta ci informa che sono necessarie delle operazioni complesse tese a costruire reti di concetti. In forma sintetica la struttura di un procedimento di risoluzione di un problema di fisica prevede diverse tipologie di attività. Si va dalla attività di modellizzazione a quella di schematizzazione, per finire con quella di matematizzazione. Importante è sapere che durante la risoluzione di un problema vi sono degli aspetti nascosti che è necessario conoscere. In sintesi possiamo dire che si parte con la trasformazione di espressioni del linguaggio comune (aperto) in asserzioni del linguaggio proprio della disciplina (chiuso). Si prosegue con la identificazione di fenomeni che non sono esplicitamente citati nel testo. Si continua con le condizioni da assumere e che ineriscono con la validità delle leggi, la semplificazione dei calcoli e la semplificazione del modello. Si aggiunge che l'algoritmo risolutivo ha sempre a che fare con le leggi fisiche implicate nel fenomeno.
La seconda domanda, invece, necessita di una considerazione che riguarda direttamente gli obiettivi che ci si propone di conseguire attraverso lo studio di un corso di Fisica e in quanto tale è di valore pedagogico più elevato - e si riferisce più in generale alle finalità di carattere formativo che si intendono conseguire. E' chiaro che uno studente di scuola media superiore deve acquisire degli strumenti di logica, di razionalità, di osservazione e di elaborazione critica di una certa consistenza e spessore culturale. Ed è anche chiaro che questi strumenti di interpretazione scientifica si acquisiscono soltanto mediante un allenamento mentale particolare, nell'ambito delle diverse discipline di carattere scientifico. D'altro canto, è anche importante tenere presente l'età media degli allievi che frequentano una classe di scuola media superiore.
E' a tutti noto dalla Psicologia dell'età evolutiva, che il modello di sviluppo intellettuale piagetiano, universalmente accettato, consiste in un certo numero di stadi di sviluppo mentale, di cui gli ultimi due, il concreto e il formale, sono quelli che interessano più da vicino i giovani che frequentano en qualunque iniziale corso di Fisica. Ebbene, l'importanza della risoluzione dei problemi di Fisica consiste allora non solo nella possibilità che si ha attraverso essi di sviluppare e potenziare certe capacità superiori degli allievi (creatività, spirito critico, capacità di comunicazione, padronanza di linguaggi specifici, abilità nell'adoperare certi strumenti matematici, etc...), ma anche e soprattutto nell'aiutare i giovani a uscire, nella maniera più ordinata possibile, dalla fase di sviluppo mentale del concreto per entrare in quella più preziosa e importante del formale. Il perchè è da ricercarsi nel fatto che lo stadio di sviluppo cosiddetto «formale» è caratterizzato dalle più sviluppate capacità di astrazione e dalla maggiore abilità di usare le tre strutture intellettuali del ragionamento con proporzioni, delle combinazioni logiche e della separazione e controllo delle variabili, importantissime per completare la preparazione specifica di base e la struttura del pensiero scientifico degli allievi.
Balza subito agli occhi l'importanza di una tale questione. E' chiaro che l'uso di una didattica basata su concetti formali (e nella scuola italiana, purtroppo, si usa e si abusa di un simile modus operandi) è destinato a risultati sicuramente fallimentari quando venga applicato a giovani in età post-adolescenziali per la gran parte ancora al livello concreto, e, comunque, non ancora appieno nello stadio formale. Gli studenti, non essendo in grado di apprendere e digerire i concetti fisici presentati dall'insegnante, sono costretti a imparare gli argomenti a memoria, in maniera appiccicaticcia, a scapito naturalmente di una corretta comprensione e di una effettiva assimilazione. Si viene, così, a perpetuare il solito falso luogo comune che la Fisica è una materia di studio difficile e incomprensibile. Il rischio che si corre è quello di considerare questa disciplina come una specie di ricettario, o, peggio, un lungo e sterile elenco di regole e formule da imparare a memoria, con la conclusione di avere così della Fisica la visione più falsa, più infelice e meno corrispondente alla realtà.
In questa prospettiva, bisogna quindi che gli allievi vengano posti nelle condizioni di trarre il maggior beneficio possibile (se occorre anche con accorgimenti di carattere ludico) dalla partecipazione alle discussioni e dell'attenzione prestata nel dibattito. Al momento culturale capace di suscitare nei discenti stimoli e sollecitazioni che li portino ad elaborare una visione critica della realtà, si può e si deve sovrapporre una fase ludica di soddisfazione che è sottesa al sottile piacere di riuscire a risolvere correttamente una esercitazione teorica di Fisica.
4 - Indicazioni di carattere generale
Sia chiaro subito, e comunque, che qui non si ha la pretesa di dare certezze o indicazioni definitive per la risoluzione di qualunque problema di fisica, anche perchè non solo non si possono indicare metodi più o meno generali (per motivi molto ovvi), ma anche perchè molte volte per uno stesso problema possono coesistere più strade che conducono alla stessa soluzione. La scelta del metodo è affidata esclusivamente all'abilità del solutore, alle sue doti e risorse culturali, alle sue inclinazioni e alle sue preferenze, alle sue qualità mentali e intellettive, alle sue capacità di astrazione e di riflessione : sembra noioso a dirlo, ma la tecnica si acquista solo con l'uso sistematico dell'esercizio e della pazienza.
La risoluzione di un problema di Fisica necessita di una conoscenza delle linee di sviluppo essenziali del programma di studio, in modo tale che si abbia sempre un sicuro riferimento e una efficace traccia ai quali potersi sempre appigliare.
In questa prospettiva, diciamo subito che un problema di Fisica si risolve sempre mediante l'ausilio dell'algebra e della geometria e, nella quasi totalità dei casi, per una migliore comprensione fenomenologica, è necessario anche impostare un disegno geometrico o uno schema grafico, per cui un problema di Fisica, al contrario di quello matematico, è contemporaneamente sintetico e analitico. E' sintetico, perchè bisogna costruire, o meglio inventare, una figura fisico-geometrica mediante gli elementi dati (naturalmente giustificandone le operazioni eseguite). E' analitico, perchè i problemi di Fisica si risolvono sempre lavorando intorno a equazioni che soddisfano certe condizioni al contorno, a eguaglianze provenienti da equazioni del moto, da equazioni d'onda, da leggi e principi fisici, a relazioni di posizione tra grandezze fisiche, a identità tra variabili e parametri fisici, a condizioni di equilibrio e, in definitiva, a espressioni algebriche e funzionali.
Tenuto presente che, dal punto di vista metrologico, le stesse relazioni esistenti tra due grandezze equivalgono sempre a relazioni tra le loro misure, ci corre l'obbligo di dire che effettuando tale sostituzione il problema si trasforma da questione fisica a espressione algebrica, la risoluzione della quale permette di assegnare il valore alla grandezza incognita cercata.
E' importante comprendere, dunque, che l'aspetto determinante di tale tecnica consiste nel riuscire a convertire in linguaggio algebrico la tematica fisica del problema in esame. Una volta che dalle relazioni tra gli elementi noti e quelli da determinarsi saranno dedotte una o più equazioni ad una o più incognite (o un sistema di equazioni, come è generalmente previsto, per esempio, nella risoluzione di reti elettriche in c.c. mediante i principi di Kirchhoff), in pratica il problema, almeno per la parte strettamente algebrica, si potrà dire risolto : mancherà a questo punto la ritrasformazione della questione di nuovo in situazione fisica per una conclusiva interpretazione fisica del risultato numerico. E' evidente che la parte più difficile della sequenza di operazioni mentali da eseguire, sta proprio nel riuscire a tradurre e risolvere in chiave algebrica le implicazioni fisiche insite nel problema stesso. E' proprio questa la fase più delicata che, nel mentre sollecita tutte le facoltà razionali del soggetto ad uno sforzo intellettivo notevole, abitua i giovani a superare (non ad evitare, si badi bene) gli ostacoli che via via essi incontreranno dapprima nell'attività scolastica e poi nella vita.
Così, l'abitudine ad affrontare i problemi, la sollecitazione alla ricerca di una soluzione presentata da una questione fisica, l'elaborazione critica di argomentazioni fenomeniche, riguardanti cioè l'interpretazione della realtà che circonda e coinvolge i giovani e, infine, il continuo approfondimento dei vari aspetti della complessa fenomenologia fisica, rappresentano una buona strada e una accorta soluzione didattica, in grado di guidare gli allievi verso alcune idee fondamentali della Fisica.
5 - Metodologia operativa
E' intanto doveroso, e non banale, ribadire che per poter risolvere correttamente un problema di fisica bisogna necessariamente possedere, in maniera piena e convincente, gli argomenti specifici di carattere contenutistico previsti dal piano di studi scolastico. Naturalmente, è anche necessario avere, da un punto di vista propedeutico, un buon bagaglio di conoscenze di base di carattere matematico, sempre indispensabili per una piena comprensione della disciplina in oggetto, perchè allora non ci saranno metodi o artifici immaginabili che possano aiutare chi non è, obiettivamente, nelle condizioni di essere aiutato. É ovvio che l'intendimento metodologico qui prospettato non pretende di proporre magiche soluzioni o rimedi universali da una riflessione di carattere esclusivamente didattica che intendiamo presentare.
Fatte queste dovute precisazioni d'obbligo, diciamo allora che la risoluzione di un problema di fisica consta di un certo numero di operazioni fondamentali, tra le quali acquista particolare significato quella che permette al giovane di non scoraggiarsi di fronte a un testo apparentemente difficile e irresolubile. Ci si riferisce alla fase preliminare del lavoro, che consiste in una sequenza di operazioni di catalogazione degli elementi noti del problema. Inizialmente, si avrà cura di rilevare i dati presentati dal testo e subito dopo sarà cura di ridurre allo stesso sistema di misura (SI) tutte le unità delle grandezze fisiche presenti nei dati, omogeneizzando i valori conosciuti, in modo tale da evitare banali ma frequenti errori di distrazione nella sostituzione delle misure delle grandezze nelle formule. E a proposito di quest'ultima operazione, cioè della sostituzione dei valori numerici che esprimono le misure delle grandezze fisiche conosciute, non è superfluo ricordare che è più conveniente aspettare che vengano ricavate le relazioni letterali contenenti tutti gli elementi noti, piuttosto che sostituire i valori numerici subito e parzialmente, in maniera incompleta, nelle formule relative agli elementi incogniti da calcolare.
E' bene chiarire subito, onde evitare equivoci e false interpretazioni, che questa prima elementare, ma non inutile, operazione di raccoglimento, catalogazione dei dati e omogeneizzazione delle unità di misura ha, più che altro, un valore dichiaratamente psicologico. Nel senso che rappresenta per l'allievo un momento positivo di inizio della successiva e più importante fase di ricerca della soluzione. Deve, altresì, avere l'obiettivo di fornire agli allievi la possibilità di sfruttare appieno tutti gli elementi fisici e matematici noti, le loro proprietà e le caratteristiche peculiari delle grandezze fisiche in gioco.
E' di grande importanza, poi, una rappresentazione schematica della dinamica del fenomeno in esame. Il disegno che ne vien fuori ha lo scopo di monopolizzare l'attenzione durante la successiva fase di riflessione e di concentrazione. Chiaramente, con uno schema visivo sottomano, si può seguire meglio il fenomeno fisico nella sua essenza e problematicità e si riesce sicuramente meglio a cogliere i tratti caratteristici del rapporto causa-effetto della fenomenologia fisica. Per fare degli esempi pratici si pensi, per esempio, ai problemi che trattano della descrizione di traiettorie originate nel tempo da punti materiali che si muovono in campi gravitazionali (moti parabolici o ellittici o circolari di oggetti materiali lanciati) o elettromagnetici (moti parabolici o circolari di cariche elettriche in campi elettrici o magnetici), oppure di circuiti elettrici nei quali il disegno e lo schema elettrico è di rilevante importanza(circuiti elettrici con resistori, condensatori e induttori in correnti continue o alternate).
Con un disegno che ne evidenzi contemporaneamente caratteristiche geometriche e fisiche, il fenomeno in esame acquista intelligibilità e chiarezza. Chi scrive ha modo di immaginare meglio nella sua mente il modo di evolversi del fenomeno. Egli vede nei dettagli i contorni e le delimitazioni fisiche. Vede come si svolgono gli avvenimenti fisici sia nel tempo, sia nello spazio. Ne segue, uno dopo l'altro, lo sviluppo con naturale passaggio. Ha modo di svilupparne meglio il ragionamento, di riflettere con maggior potere riflessivo sul testo, di elaborare idee e riordinare conoscenze : in sintesi, ha la possibilità di esercitare molto meglio la propria facoltà di scelta, di analisi e di deduzione logica. Probabilmente non stiamo dicendo nulla di nuovo e tutto quanto precede può non rappresentare nulla dal punto di vista della ricerca della soluzione. E però vi è il convincimento che questa prima fase abbia, tutto sommato, un suo valore educativo.
Molte volte il risultato di una certa impostazione metodologica si vede in ritardo o acquista significato solo gradatamente nel tempo. Qui si cerca solo di far intendere che l'obiettivo fondamentale di una tale scelta, non è tanto quello di suggerire un'arida tecnica di tipo mnemonico-ripetitivo, quanto quello di una precisazione di metodo. Più semplicemente, si vuol dire che una ricerca precisa e sistematica dell'ordine metodologico aiuta notevolmente i giovani a intraprendere la via della conoscenza e del sapere scientifico.
E veniamo adesso a indicare il come si realizzano i suggerimenti metodologici suggerendo un certo numero di tempi di esecuzione così suddivisi:
a) la preparazione, che consiste nella individuazione dei dati conosciuti e da calcolare, nell'analisi del testo e nella riflessione;
b) la risoluzione, comprendente anche un'eventuale discussione, che è imperniata sia nella fase di matematizzazione dei concetti fisici, sia nello svolgimento vero e proprio del problema, cioè nello sviluppo analitico della parte di risoluzione matematica;
c) la revisione del testo, che dà la possibilità di correggere eventuali errori di calcolo e di distrazione.
Comunque sia la risoluzione di un problema di Fisica dovrebbe sempre iniziare con una lettura attenta e riflessiva del testo, in modo tale da comprendere bene e compiutamente su quali argomenti ruota e si articola la prova, che cosa si vuole determinare e quali sono le grandezze fisiche che bisogna calcolare.
E' importante rendersi conto del significato di ogni proposizione presentata dal testo, e si ricordi che la risoluzione deve nascere sempre dalla combinazione logica di elementi e parametri fisici, alcuni dei quali sono noti e altri, invece, da determinare.
E' altrettanto importante soffermarsi sufficientemente sulle espressioni che si ritengono le più importanti e cariche di significato. Ciò perchè il collegamento dei dati con i risultati richiesti passa sempre attraverso la capacità di individuazione degli elementi fisici e matematici primari e secondari che intervengono nella descrizione fisica del fenomeno considerato.
Elementi fisici primari sono qui considerati i dati presentati direttamente dal testo, mentre elementi secondari sono quelli che non sono esplicitamente esposti dall'oggetto del problema ma che bisogna calcolare in via preliminare e che hanno la caratteristica di rappresentare un essenziale strumento attraverso il quale poi si costruisce la risoluzione della prova scritta.
In genere, se si interpreta bene e con esattezza ciò che il testo intende dire, è possibile che qualche espressione, per la sua carica di significatività concettuale, per il suo contenuto fisico e per il suo profondo significato colpisca la nostra mente e muova le idee indirizzandoci verso un filo conduttore o una traccia che guidi alla risoluzione del problema stesso.
Molta attenzione deve essere posta nei calcoli algebrici, soprattutto per quanto riguarda il calcolo numerico dei valori delle gg.ff. Potrà sembrare banale ma si consiglia di adoperare una calcolatrice scientifica. Ottimi esempi sono le calcolatrici della Texas Instrument, o della Casio, oppure della Sony. Economiche e pratiche sono quelle che si trovano installate come applicazioni nei palmari. Il sottoscritto per anni ha adoperato, nel modello Palm m515 , l'applicazione SC_102 che simula alla perfezione una calcolatrice scientifica completa ed efficiente.
A puro titolo esemplificativo e in maniera molto riduttiva diamo qui di seguito un prospetto riassuntivo di tutte le operazioni necessarie alla risoluzione di un problema di fisica cos' come proposto precedentemente:
1. Rilevazione dei dati del problema;
2. Eventuale riduzione di tutte le unità di misura al SI;
3. Raffigurazione schematico-visivo della dinamica del fenomeno e individuazione dei dati inerenti ad esso;
4. Formulario;
5. Analisi critica del testo, mediante rilettura attenta e ripetuta ed eventuale disegno del "diagramma delle forze";
6. Individuazione della o delle condizioni fisiche che permettono di tradurre l'aspetto fisico in relazioni matematiche tra gli elementi noti e quelli incogniti;
7. Traduzione del problema in linguaggio algebrico e conseguente risoluzione matematica;
8. Accertamento critico della soluzione del problema mediante interpretazione fisica della soluzione algebrica ottenuta (necessità di stabilire se determinate soluzioni ottenute siano fisicamente possibili e accettabili);
9. Operazione di controllo e di revisione dell'elaborato allo scopo di accertare la presenza di eventuali errori.
Lo schema sopra riportato può costituire, tra le tante cose, una buona indicazione di metodo e un ottimo riferimento sistematico. Per essere più completi proponiamo un'altra serie di suggerimenti nel caso specifico di un problema di dinamica.
1. Disegnare la figura riportando tutte le
indicazioni riguardanti la dinamica del fenomeno meccanico in esame;
2. Individuare e disegnare il Sistema di Riferimento (SR) facendo molta
attenzione alla scelta dell'origine e del verso positivo degli assi cartesiani;
3. Individuare e disegnare tramite vettori tutte le forze agenti sul corpo
indicandole con il loro corretto simbolo;
4. Individuare e segnare tutti gli angoli che caratterizzano la figura
(triangoli e poligoni vari) e quelli tra le forze e gli assi cartesiani;
4. Disegnare il diagramma delle forze;
5. Introdurre delle ipotesi semplificatrici e individuare tutte le grandezze
fisiche incognite;
6. Per ogni asse applicare il 2° Principio della dinamica di Newton e scrivere
le corrispondenti equazioni;
7. Risolvere la/le equazioni calcolando le incognite;
8. Riflettere criticamente sui risultati numerici (scartando valori impossibili
o assurdi, evidenziando segni errati, escludendo tempi e masse negative,
velocità di oggetti superiore a quella della luce, ecc...).
6 - Conclusioni
Molto brevemente ci sembra opportuno tentare una conclusione che riguardi direttamente gli obiettivi che ci si prefigge conseguire con l'impostazione metodologica precedentemente illustrata. Ricordando ancora una volta che la traccia proposta, per quanto lineare ed efficace, non può risolvere da sola e isolata i numerosi problemi che riguardano sia la risoluzione dei problemi di fisica, sia l'apprendimento della fisica, essa non rappresenta altro che una componente del più vasto processo formativo che si attua completamente solo prendendo in considerazione aspetti e tematiche di ampio respiro, come quelle viste in precedenza. Tuttavia se si avrà l'accortezza e la lungimiranza di inserire questa traccia di lavoro in maniera armonica e articolata nel contesto di una proposta più generale allora la proposta metodologica, che diventa proposta pedagogica, acquista nuova luce e profondo significato.
Questa impostazione, per esempio, abitua al metodo scientifico e al rigore critico perchè stimola le capacità di osservazione, di analisi, di sintesi e di elaborazione; educa al ragionamento perchè conferisce agilità mentale al processo di ideazione e di creatività; consente di individuare problemi e prospettare ipotesi interpretative e soluzioni; stimola l'inventiva, impegna a inventare modi di concepire la realtà e sviluppa, in senso operativo, l'originalità degli interventi. A causa della naturale interconnessione con la Matematica, permette, altresì, di sviluppare meglio l'interdisciplinarità, realizzando una fusione più stretta e aggregante tra le due discipline. Opera pertanto, nella logica di sviluppare i fattori positivi del ragionamento e di dotare la struttura intellettiva di duttilità mentale tale da esaltare le capacità razionali del soggetto. Da un punto di vista docimologico, poi, dà la possibilità di effettuare verifiche e controlli sul livello delle conoscenze specifiche, rende minimo il cosiddetto effetto alone e opera per un'analisi conoscitiva abbastanza varia e articolata, dando dignità e serietà all'intero processo valutativo.
Non appare banale a questo punto informare il lettore che un corso di fisica che preveda il "problem solving" anche come valutazione degli apprendimenti può incontrare facilmente aspetti antipatici e, spesso, insuccessi. E' frequente la possibilità, in presenza di indicatori pedagogici che evidenziano classi di studenti con lacune di base e poca voglia di studiare, di andare incontro a esiti negativi e, in alcuni casi, anche a fiaschi o smacchi considerevoli nei risultati. Anche se il tema è interessante, non ci sembra il caso in questa sede di approfondire l'argomento. Ci piace, tuttavia, proporre un caso, non certamente isolato, in cui l'autore di queste pagine web è incorso nella sua attività di insegnante di fisica che adopera il problem solving. Pubblico per curiosità copia della lettera che gli studenti di un ultimo anno di liceo scientifico mi hanno inviato alcuni anni fa per informarmi dei cattivi esiti a cui si è prestata l'azione didattica del sottoscritto insegnando fisica con il problem solving. Si sappia: l'insuccesso può verificarsi in ogni momento. E' necessario essere consapevoli che si impara molto dai propri errori e che gli errori si presentano sempre. L'importante è imparare criticamente dai propri errori, se si vuole evitarli in futuro. Di seguito pubblico una lettera garbata ma critica inviatami dagli studenti di una mia classe di maturità scientifica a seguito di un corso di fisica che prevedeva il problem solving sviluppato probabilmente in forme didattiche inadeguate. La critica rivoltami dagli studenti mi ha fatto comprendere che nella didattica del problem solving "non tutto ciò che luccica è oro" e, pertanto, ho dovuto risintonizzare la didattica per orientarla meglio sul piano dei risultati. Cliccare qui.
Ed ora un esempio di applicazione concreta di problem solving spiegato mediante giustificazione pedagogica e didattica. Cliccare qui.
Ulteriori elementi di riflessione sulla tematica del problem solving possono essere raggiunti al seguente link: Cliccare qui.
Note
Il “problem solving” potrebbe essere definito come un approccio didattico
teso a sviluppare, sul piano razionale ed operativo, l'abilità di soluzione di
problemi (nel nostro caso di fisica). Inoltre il metodo dei problemi, del
quale il problem solving è una sfaccettatura, pone come nucleo operativo la scoperta ed
il dominio di situazioni problematiche in generale, al fine di sviluppare le
potenzialità euristiche dell'allievo, e le sue abilità di valutazione e di
giudizio obiettivo. Il problem solving trasforma
il problema in un progetto ben definito, da gestire secondo le tecniche della
risoluzione matematica.
Il "problem setting" risponde alla domanda: «che cosa fare»?
Il "problem solving" risponde alla domanda: «come fare»?
Il piano di lavoro intende porre come punto centrale privilegiato proprio il
processo di problem solving, che sviluppa, in modo consapevole e articolato, abilità metacognitive
di controllo esecutivo del compito e di verifica sistematica degli apprendimenti
specifici.
Il problem
solving cognitivo è un palestra per l'abilità di autocomprensione
della fisica poiché, in modo sempre più puntuale, i ragazzi saranno in grado di
analizzare i fenomeni fisici e le loro leggi e di valutare l'utilità,
la necessità e l'appropriatezza dei diversi processi risolutivi, nonché di
classificare le rappresentazioni personali di procedure, attivando positivi
trasferimenti degli apprendimenti.
Creare un ambiente di apprendimento rispondente a canoni di didattica
metacognitiva, infine, potenzierà lo sviluppo di una generazione di "buoni
pensatori", che sapranno orientarsi in un panorama di vita in incessante e
imprevedibile cambiamento, che saranno efficaci risolutori di problemi e
permetterà loro di essere studenti che possono apprendere per tutta la vita.
La procedura del problem solving prevede diversi momenti, durante i quali possono essere sviluppati diversi processi di controllo propri delle abilità metacognitive. Procediamo per ordine. Intanto introduciamo alcune definizioni.
Definizioni
Problem solving è risolvere il problema
Problem reading è rendersi conto del problema (lettura del testo)
Problem setting è definire il problema
Problem analysis è scomporre il problema principale in problemi secondari.
In un lavoro sul «problem solving» la prima cosa da fare è definire il problema, cioè i dati e le incognite. "Problem setting" significa "definizione del problema". Questo vale anche come metodologia generale. Prima di affrontare la risoluzione di un qualsiasi problema di fisica è bene avere chiaro il significato dei dati (problem reading), per essere sicuri che non vengano intesi in modo differente. Per dati del problema si intendono gli elementi noti, per incognite del problema si intendono gli elementi da calcolare. Ecco un possibile modello di riferimento.
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