Una frizioncina al segretario della Fnsi Paolo Serventi Longhi

"Quei direttori, tutti con la Fieg..."


Figaro
  8 Dicembre 2000

Scusi lei cosa desidera?

"Sfumatura piu’ alta. Nient'altro".

Mi faccia il piacere, lei ha una zucca che sembra una lampadina a basso consumo. Le posso dare una lucidata se crede.

"Vada per la lucidata. Diciamo una frizioncina".

Si accomodi. E si presenti, se non le dispiace.

"Sono Paolo Serventi Longhi, segretario della Federazione nazionale della Stampa Italiana".

Ostrega! Mi perdoni, non l’avevo riconosciuta. Cosi’, in tuta da jogging mattutino...Del resto di questi tempi sono in parecchi a non riconoscerla. Il Giornale, il gruppo Riffeser, il Tempo, il Manifesto, il gruppo Donati, Liberazione...

"Eh no, guardi che le cose non stanno cosi’. Se vuole le spiego in due parole com’e’ la situazione".

Prego, come lei sa, il Barbiere ascolta tutti.

"Veniamo subito al punto degli scioperi. Il prossimo sara’ il decimo e quindi gia’ possiamo dire che la categoria dei giornalisti tiene bene il confronto con gli editori. Quanto alle testate che lei cita, e che sono ugualmente uscite in edicola, sapevamo bene, in Federazione, che ci sarebbero state difficolta’. Anzi, sono io a ricordarle che sono usciti anche diversi giornali nel Sud, piccoli quotidiani che spesso non fanno contratti o dove esistono seri contenziosi contributivi con l’Inpgi, dove, insomma, si violano le regole".

Io mi riferivo ai giornali piu’ grandi. Si ha l’impressione che in molte testate non si vogliano piu’ seguire le scelte della Federazione.

"D’accordo. Parliamone. Esiste un’area di giornali dove interagiscono interessi e motivazioni di ordine ideologico. Posso dire che nell’area della destra lo sciopero non e’ una forma di lotta molto popolare?".

Certo che puo’ dirlo. Talvolta non solo a destra.

"Si sono manifestate forti perplessita’ sull’arma dello sciopero, e’ vero. E infatti ne abbiamo provate di tutte. Si ricorda il giro in autotreno con rimorchio per l’Italia? Ci abbiamo provato, ma agli editori non abbiamo fatto nemmeno il solletico. Abbiamo proposto agli editori di sostituire lo sciopero con una pagina sui quotidiani a disposizione del sindacato. E loro hanno ribattuto ‘vedetevela con i direttori, sono loro che comandano’. E naturalmente i direttori hanno fatto orecchie da mercante. Gira che ti rigira, nessuna iniziativa ha mai dato i risultati che da’ lo sciopero. Queste e’ la verita’. E poi, non e’ mica vero che nei giornali dell’area di destra tutti sono contro. Niente affatto".

Ci dica, ci dica.

"Prendiamo il gruppo Riffeser. Hanno scioperato dal 90 al 95 per cento dei giornalisti. I direttori hanno fatto lavorare stagisti, contrattisti, avventizi di vario genere. Ne e' nata una marea di vertenze giudiziarie. Certo, poi il giornale esce, magari una schifezza di 12 pagine, e il risultato dello sciopero non si vede. Prenda il Tempo o Il Giornale. Al Tempo la percentuale di scioperanti e’ di circa il 50 per cento. Al Giornale, 18 colleghi si sono rifiutati di lavorare. Li ho ringraziati personalmente. Anche al Corriere dell’Umbria, del gruppo Donati, non e’ mica andata cosi’ male...".

Insomma, lei dice: lo sciopero c’e’ ma non si vede.

"Dico che molti colleghi, con l’intensificarsi dello scontro e quindi degli scioperi, hanno anche dato ascolto al canto della sirena-direttore".

Gia’, i direttori. Che ne pensa lei?

"Che con i direttori abbiamo un problema. Con qualche rara eccezione, i direttori si sono tutti schierati dalla parte della Fieg e questa e’ una brutta cosa".

Non le sembra ovvio? Il direttore e’ uomo di fiducia dell’editore. Da sempre.

"Non, non mi sembra affatto ovvio. Anche perche’ noi stiamo facendo i salti mortali per difendere, nel giornale, proprio il potere e la figura del direttore. Il fatto e’ che le aziende non sopportano l’idea di avere sul ponte di comando figure indipendenti dal padrone.

Abbiamo visto direttori impegnati a trovare di volta in volta i motivi piu’ stravaganti per convincere i giornalisti a non scioperare. Che so, il Messaggero Veneto che chiama a raccolta i redattori per una vittoria dell’Udinese, quelli che invitano a devolvere la giornata di lavoro in beneficenza o in fondi di assistenza di qualcosa e di qualcuno. Altri hanno ceduto a lusinghe piu’ pratiche: soldi".

Per esempio?

"Be’, e’ noto che l’editore del Giornale Paolo Berlusconi ha offerto 350 mila lire in busta paga a chi non sciopera. E le dico di piu’: ieri, il gruppo Riffeser ha offerto un milione in piu’ in busta ai giornalisti purche’ non scioperino. Ma io dico a questo punto: se un’azienda ha bisogno di offrire un milione in piu’ ai suoi giornalisti purche’ rompano il fronte sindacale, vuol dire che la nostra battaglia funziona. Insomma ci sono fibrillazioni di questo tipo in giro. Mi pare che anche al Sole 24 ore e alla Stampa, Auci e Sorgi si stanno muovendo per proporre alle redazioni alternative allo sciopero".

E per le prossime giornate di protesta lei che previsioni fa?

"Guardi, io dico in tutta serenita’ che i colleghi hanno capito l’importanza della battaglia. Siamo al redde rationem del negoziato. O si chiude in pochi giorni o avremo lunghi mesi di conflitto. Gli editori puntano a non farlo proprio questo contratto. Dobbiamo tenere duro. E quindi, sono certo che anche il prossimo sciopero sara’ un successo".

Senta segretario, cosa manca per questo accordo?

"Primo, i contratti a termine. Se passano i contratti a termine da capo servizio a caporedattore, questo significa che dall’oggi al domani il gruppo dirigente di un giornale puo’ essere sostituito completamente da contrattisti. Che poi, scaduto il contratto, se ne vanno a casa e tanti saluti".

Epuration?

"Veda un po’ lei, caro Figaro. Poi c’e’ la richiesta degli editori di assumere fino al 30 per cento della forza lavoro con contratti a termine. Richiesta estesa a tutte le cosiddette "nuove iniziative". E nelle nuove iniziative si dovrebbero comprendere anche gli aumenti di foliazione. Cioe’: faccio quattro pagine in piu? Assumo a termine.".

E allora?

"E allora si punta a creare redazioni spaccate. Da una parte quelli col contratto a tempo indeterminato. Dall’altra, quelli a termine, ovviamente molto piu’ soggetti a pressioni. Mi spieghi lei, come poi si potra’ protestare con l’editore, non voglio dire scioperare, quando il 30 per cento della forza lavoro sara’ ricattabile. E’ questo che i colleghi devono comprendere". 

Senta segretario. Mettiamola giu’ dura. Come mai alla gente non glie ne frega proprio niente del contratto dei giornalisti?

"Perche’, qualcuno forse sa che e’ in corso un rinnovo contrattuale? Chi dovrebbe fare informazione sul tema? La controparte, gli editori. E mi pare chiaro che i direttori hanno avuto indicazioni precise. Sul giornale, meno si parla del contratto dei giornalisti e meglio e’".

Non sara’ la Federazione che non e’ in grado di spiegare le proprie ragioni?

"Senta, anche qui abbiamo fatto i salti mortali. Ho spuntato un paio di passaggi da Costanzo, un passaggio a Uno Mattina, Vespa non mi ha mai voluto. I radicali si lamentano tanto del black out dell’informazione. E noi che dovremmo dire? Se sciopera un cobas qualunque che riunisce dieci controllori di volo, va in prima pagina. Se scioperano i giornalisti, chissenefrega. Io devo ringraziare VittorioFeltri che mi ha coperto di contumelie, ma almeno ha parlato della questione":

Meno male che c’e’ il Barbiere della Sera.

"E meno male si’".

Le preparo i pannicelli caldi per la zucca. Mentre si scaldano torniamo ai direttori. Una volta erano considerati i mediatori delle tensioni tra redazione e editore, la camera di compensazione di diritti e doveri di ciascuno. Oggi?

"Non voglio far retorica. E’ un fatto pero’ che negli ultimi 4 anni la pubblicita’ ha registrato aumenti del 20 per cento all’anno. E cosi’ il giornale tende a privilegiare il business rispetto alla qualita’ dell’informazione. Molti direttori oggi rispondono a questa logica. Una volta la sfida era rubare la grande firma alla concorrenza. Oggi si fa a gara a chi fa piu’ panini per poter dire alla concessionaria: vedi, ho aumentato la mia diffusione e quindi puoi aumentare i prezzi  delle inserzioni. Il direttore e’ diventato un mediatore tra il marketing e l’informazione".

Lei esagera, caro segretario.

"Forse. Certo, ci sono anche tanti giornalisti ancora con la schiena dritta, questo e’ fuor di dubbio. Ma i direttori mi preoccupano".

L’abbiamo capito.

"Anzi, sa cosa le dico, caro Figaro? Una volta chiuso il contratto voglio avviare un’iniziativa di dialogo proprio con loro, con i direttori. La mia paura, pero’, e’ che chi accettera’ questo dialogo verra’ fatto fuori in 24 ore dall’editore".

Arrivederci, caro segretario, e’ stato un piacere. Si ricordi, noi chiudiamo solo il lunedi’.

Figaro


 


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