Trenta righe

Sapete com'e', non sapevamo come piazzare in pagina alcuni pezzetti che ci arrivano. Non sono notizie secche secche. Quelle le mettiamo nel notiziario del mese. Non sono nemmeno lettere. E neanche articoli veri e propri. Sono proprio pezzetti brevi. Quindi e' nata questa nuova pagina. Trentarighe. Se poi sono trentuno o ventinove, fa niente. Scrivete, gente, scrivete. Finche' si scrive c'e' speranza.


2 Maggio 2001 - Il Calabrese suonato 

Caro Figaro, ho passato la domenica, aihmè, in casa a guardare la tele e sono molto, molto preoccupato. Retequattro, dopo avermi promesso "Il sipario strappato" (il capolavoro di Alfred Hitchcock), ha mandato in onda un comizio di Rutelli (sfigato in mezzo a qualche decina di sfigatissimi giovani elettori molto marginali e a qualche confuso corrispondente straniero di improbabili testate) e quello di Berlusconi-no-limits: bello, giovanile, perfetto.  

Quasi due ore di delirio-mediatico. Rutelli è bravo, educato e tollerante e lo applaudono: rapite, convinte, caricatissime. Il Cavaliere affronta la questione della modifica della Costituzione Italiana: un argomento che pare marginale ma non lo è affatto. E dice: se avremo i numeri la cambieremo anche senza l'accordo del centro-sinistra. Io non so se i giornalisti italiani afferrino il concetto: per oltre 50 anni il sistema italiano si è basato su un sistema di fondo condiviso, nel quale maggioranza ed opposizione condividevano le regole di fondo (la Costituzione, scusate se è poco...). 

Adesso si cambia: come? Il 13 maggio il Cavaliere vince le elezioni. Il 14 maggio c'è un forte rischio, certezza dico io, che una parte consistente del centro-sinistra gli si presenti col cappello in mano: la grande industria che non è già passata con lui lo farà: vi immaginate la Fiat (uguale "La Stampa") o Telecom Italia (uguale "Telemontecarlo"), o le banche all'opposizione di un governo che durerà almeno 5 anni? Non scherziamo.  

A quel punto il gioco sarà fatto. Berlusconi lo ha spiegato domenica pomeriggio. Alla sera è andato in replica. Capite o no? Alle 23.30, quindi, su Raitre è andato in onda "Telecamere" il programma della giornalista La Rosa con, in studio, l'ex direttore del Messaggero (e fino a ieri grande sponsorizzato da Rutelli allora sindaco di Roma) Pietro Calabrese.

Un'ora e mezza di maxi-spot: Berlusconi-no-limits ha detto qualunque cosa senza che i due colleghi accennassero mai ad incalzarlo seriamente. Il mio amico Pietro sembrava un pugile suonato:l'unico attimo di risveglio da un torpore che pareva infinito si è registrato quando ha ricordato con orgoglio i suoi anni giovanili nella squadra palermitana del Bacicalupo. Una compagine guidata da un grande di Forza Italia: l'on Marcello Dell'Utri: bei tempi, bel calcio,eravamo giovani allora, ah come ci piaceva, dice Calabrese a un Berlusconi compiaciutissimo.   

Mafia? Frequentazioni ambigue? Amicizie molto, molto imbarazzanti? Certo, ne parlano già i giornali di mezzo  mondo, che bisogno c'è di parlarne ancora, deve essersi chiesto Calabrese che evita di parlarne e anzi si lancia in valutazioni lusinghiere per quel giovane di Palermo che lo ha fatto tanto divertire da giovane.

Caro Figaro, due colleghi per un'ora e mezza non provano neppure ad incalzare il candidato del centro-destra, anzi.
Ma quale giornalismo anglosassone, ma quale giornalismo e basta... Nessuno che abbia chiesto al Cavaliere, per esempio, se  è al corrente che il direttore generale della sua Mondadori e il capo delle relazioni esterne della sua Mediaset hanno convocato nei giorni scorsi l'editore di "Diario", Luca Formenton, uno dei pochi giornali che sta tentando di porre domande "scomode" al Cavaliere per dirgli che così proprio non va. Perché une editore apparentemente estraneo all'impero Fininvest viene convocato in piena campagna elettorale? Guardate il "tamburino" del Diario e capirete...  

E perché nessuno dei giornalisti presenti ha chiesto al Cavaliere se considera giusta la protesta della collega, ebrea, di Studio Aperto che ha protestato pubblicamente per gli incredibili servizi sul 25 aprile che cercavano di mettere sullo stesso piano la Liberazione e i nazi-fascisti, insinuando che la colpa della mancata "rivalutazione" degli "sconfitti" è anche degli ebrei? Il servizio più grave è stato firmato, non da un redattore qualunque, ma dal giornalista-principe, quello che per primo ha lavorato per il Cavaliere, quello che tra i primi si era esposto nella "discesa in campo" del 1994. Mica un pazzoide, un irresponsabile, ma uno che la sa lunga.

Se i toni sono questi prima delle elezioni, cosa capiterà il 14 maggio? Se anche la nostra "categoria" rinuncia sostanzialmente ad un ruolo di critica adesso, cosa diventerà l'Italia tra due settimane? Già abbiamo delegato all' "Economist" il compito di incalzare il Cavaliere,dopo le elezioni dovremo andare a comprare l'"Economist" all'edicola della stazione di Chiasso, Svizzera, come si faceva negli anni '60 col mitico, e vietatissimo "Playboy"?
Apriti cielo


2 Maggio 2001 - Barzellette, mica uno scherzo 

Tra qualche giorno il Cavalier Berlusconi vincerà le elezioni: molto  probabilmente con un margine notevole. Mi chiedo: se il 25 aprile, festa della Liberazione dalla dittatura nazi-fascista il direttore di uno dei suoi tg ("Studio Aperto") ha potuto mandare in onda affermazioni che offendono la sensibilità  di tutti noi, cosa accadrà tra due settimane?

Le battute antisemite non devono ferire solo una giornalista ebrea: devono preoccupare tutti noi. La scelta del direttore Mario Giordano è molto grave: si comincia con le barzellette contro negri, ebrei, omosessuali ma si sa come va a finire.

Mediaset può tollerare queste cose? Il suo presidente Fedele Confalonieri può fingere che si sia trattato di una "ragazzata" (tre servizi nello stesso giorno...)? Secondo me no.
grazie
alfredo


2 Maggio 2001 - Il derby val bene un collega

Prima del derby, un operatore del Tg3 è stato accoltellato per aver ripeso scontri fra teppisti. Più tardi, un altro operatore, del Tg1, è stato ferito e la sua telecamera è stata danneggiata. Alla fine, un giornalista del Tg2 si è trovato un coltello puntato alla gola.  

Se gli stessi fatti fossero successi a inviati di guerra in Bosnia, qualcuno avrebbe speso parole di solidarietà. O se gli accoltellatori fossero stati zingari o albanesi, tutti i giornali ne avrebbero parlato; quelli di destra per soffiare sul fuoco della "gente che vuole sicurezza", quelli di sinistra per dire che non bisogna essere razzisti e che certe cose le fanno anche gli italiani.  

Invece niente. Neppure il solito commentino di Bruno Tucci sul Corriere della Sera parla di questi fatti (mentre riferisce estasiato della partita). Eppure credo che si tratti dello stesso Tucci che quando Lucia Annunziata fu fermata dalla polizia a Belgrado durante la guerra per il Kosovo, arrivò a chiedere per ritorsione l'espulsione dei giornalisti jugoslavi dall'Italia. Eppure è lo stesso Tucci che, come presidente dell'Ordine del Lazio e del Molise dovrebbe avere come dovere morale (e giuridico) l'impegno alla solidarietà attiva e pubblica con chi passa certe avventure per informare i cittadini. Si vede che il derby vale più dei doveri di solidarietà, e non è il caso di disturbare lo spettacolo che "la ggente" vuole.

Durante il fascismo c'era uno slogan che diceva "Me ne frego!", e nei locali pubblici c'era scritto "Qui non si parla di politica". Del derby invece si poteva parlare e nessuno se ne fregava. Ma qui si è fatto un passo avanti: quando c'e' di mezzo il pallone, oltre che di politica non si parla neppure di cronaca nera. E nemmeno quando le vittime sono tuoi colleghi.  
Giovanni Graziani  


28 Aprile 2001 - I ragazzi di Salò e quelli di Studio Aperto

25 aprile, ore 12 e 30, Studio Aperto, servizio di Giorgio Medail, il primo assunto a Mediaset, quasi in contemporanea con Berlusconi. 

Parte De Gregori con Il cuoco di Salò. Sullo sfondo immagini in bianco e nero del maresciallo d’Italia Graziani (comandante, al fianco dei nazisti, dell’esercito di Salò, processato e condannato –pena amnistiata- per le violenze e massacri nelle colonie africane libica e etiopica, comandante dell’armata italo- tedesca Liguria, nell’elenco dei criminali di guerra, mai processati, a suo tempo stilato dagli anglo-americani).  

Voce fuori campo ‘Sono stati 25.000 i caduti della Repubblica sociale italiana, ma è vietato ricordarli’. Si prosegue citando date di ‘iniziative da dimenticare’ perché ‘l’Anpi protesta’. Nel ’94 la provincia di Milano nega la sala per ricordare i repubblichini di Salò, nel ’95 s’intitola a Magenta una piazza, nel ’98 a Torino un presidente di circoscrizione commemora, nel novembre 2000 il sindaco Albertini ricorda i caduti nel Cimitero Monumentale di Milano. In quest’ultima occasione non solo l’Anpi insorge, ma ‘gli ebrei contestano’ (come da trascrizione della trasmissione).

Dalla parte sbagliata si muore’ canta De Gregori. Speaker ‘La differenza è che dalla parte sbagliata non si muore una sola volta’. Segue intervista a un ex ‘ragazzo di Salò’, Giorgio Albertazzi. Ricorda che ‘non c’era un’altra parte, c’erano gli anglo- americani’, ricorda che gli antifascisti dell’Emilia rossa erano molto impegnati nel tappezzare le città con manifesti contro i suoi spettacoli, ricorda che antifascismo e antiamericanismo sono ‘professione e luogo comune’. ‘Antifascisti e antiamericanisti si trovano i nemici. Anche Hitler ha inventato il nemico ebreo’. 

E’ forse la prima volta che in Mediaset si dà spazio all’antisemitismo. Alice Werblowsky il 25 aprile segue il concerto organizzato al Paolo Pini di Milano in occasione della Festa della Liberazione. Ha visto il servizio di Studio Aperto, ma dopo 12 anni di onesto lavoro per gli spettacoli a Mediaset, seppure indignata, non teme interferenze.

Propone, va, intervista, torna in redazione. Dove il capo servizio le comunica che al direttore il servizio va bene, basta che ‘non gli si dia un taglio da 25 aprile’. Non è questione di difficoltà (nel giornalismo, si sa, tutto è possibile), ma in questo caso, oscurando tutto, è forse possibile evitare che appaia la data, sempre che i testi o gli artisti evitino di citarla in una performance dedicata al 25 aprile. E per la Werblowsky, ‘giornalista ed ebrea’, comunque, è ormai troppo. 

Alice prende carta e penna e- con riferimento al suo lavoro, alle sue origini, al servizio del giorno precedente e al servizio impossibile- chiede il trasferimento ad altra testata. La lettera è di dominio pubblico, resa nota l’altro ieri da numerose testate, in primis l’Unità. Il direttore, Mario Giordano, le suggerisce di prendere ferie. Il Cdr è solidale. L’editore l’ha ricevuta immediatamente, garantendo la massima attenzione per il suo caso, su cui deciderà lo stesso Confalonieri. 

L’Anpi, quell’associazione che protesta, le ha inviato ieri una testimonianza di solidarietà. ‘Consci come siamo, della sua amarezza, nel contempo vogliamo dirle con riconoscente affetto che non è cosa meschina e rituale, ma nobile e doverosa, tramandare i fatti e gli accadimenti della Resistenza che sostanziano i valori della nostra democrazia alla comunità intesa come popolo’.

Anche Giordano ha risposto all’editore, ma non si conoscono i contenuti. Chissà se, prima di andare a colloquio, s’è preparato almeno sulla differenza tra guerra e Olocausto?
La ragazza del bar


28 Aprile 2001 - Vacci tu a fare il giornalista in Africa

E' stato presentato venerdì 27 aprile alle ore 11.30 a Roma, nel Salone dell'Associazione stampa estera, “Africa: a caccia di giornalisti”. 

Un titolo eloquente per il Rapporto 2001 sulla libertà di stampa nel continente africano, promosso da Informazione senza frontiere. “Un buon viatico per cominciare la carriera giornalistica - lo definisce il direttore dell’Istituto per la formazione al giornalismo di Bologna Giovanni Rossi - il lavoro di traduzione e di sistemazione dei testi e delle notizie giunte dai Paesi del continente africano svolto dagli allievi del secondo corso della Scuola superiore di giornalismo (Ssg) della Facoltà di Lettere e filosofia dell’Università di Bologna. 

Un lavoro nel quale si fondono la curiosità giornalistica di conoscere con l’impegno di solidarietà nei confronti dei colleghi la cui libertà professionale e personale è messa in discussione.

 Anche questo é un modo di insegnare il giornalismo, al di fuori dei luoghi comuni sul "sacro fuoco" professionale e sulla "praticaccia redazionale", troppo spesso chiusa su se stessa e limitata in un ambito provinciale”. 

Replica Francesca De Sanctis una delle studentesse che ha partecipato alla stesura del rapporto: “Non vogliamo polemizzare, ma non si è trattato solo di un lavoro di traduzione.
Il punto di partenza è stato il materiale fornito dal Misna (l'agenzia di stampa missionaria) e dall'International Press Institute di Vienna. Che, però, noi abbiamo verificato e integrato con ricerche, acquisizione di fonti su Internet, interviste ai giornalisti che lavorano nei paesi africani, contatti con associazioni che si occupano di diritti umani, come Amnesty International”. 

Insomma, la Scuola di Bologna è una scuola di giornalismo, mica un istituto per interpreti e traduttori. "Africa: a caccia di giornalisti"’ è un rapporto sulla situazione dei media e dei giornalisti indipendenti in Africa nel corso del 2000 curato da Informazione senza frontiere, oltre che dalla Ssg. 

Dice Pino Rea, segretario di Isf: “Almeno sei dei nove giornalisti uccisi nel corso dell’anno 2000 sono caduti in agguati di stampo mafioso o in attacchi da parte di gruppi armati e milizie ribelli. Le pressioni vanno dall’uso massiccio delle querele per diffamazione al monopolio di carta e tipografie, dagli arresti alle devastazioni di redazioni. Oltre alla pratica di continui interrogatori e minacce anche per i familiari dei giornalisti. In Mozambico ad alcuni giornalisti e' stata tagliata la lingua perche' ''parlavano troppo''. 

Nel porto somalo di Bosasso sono stati arrestati dalla Polizia e poi rinchiusi per punizioni nei container al sole. O ancora, in una zona dello Zwaziland, deportati nel deserto, senza cibo ne' tetto, perche' colpevoli di parteggiare per l'uno o l'altro ex capotribu' in lotta per la supremazia sul territorio”. 

Racconta un altro degli allievi, Cesare Buquicchio: “Parlando con Stefano Neri e Pino Rea, responsabili di Informazione senza frontiere, era nata l'idea di far collaborare la nostra scuola alla realizzazione del rapporto relativo al 2000. Dopo un paio di incontri preliminari, Isf ci ha assegnato l'Africa e, dopo esserci divisi i paesi africani (una media di 3 a testa), ci siamo messi al lavoro. Aggiungono gli altri suoi compagni di corso: "Quella che all'inizio poteva rappresentare solo un'occasione di formazione è diventata, in questi 2 mesi di lavoro, anche una possibilità per riflettere sulla nostra futura professione.

Occuparci delle drammatiche vicende di chi fa informazione in Africa, ci ha riavvicinato alla passione e alle ragioni che stanno alla base del giornalismo". 

Era importante intrecciare dei rapporti tra giornalisti italiani e giornalisti africani - sostiene ancora Pino Rea – i quali dimostrano coraggio nel vero senso della parola. E bisogna dare testimonianza del grande impegno che organizzazioni come Journalistes en danger o il Media institute of south Africa mettono in campo per frenare e denunciare le violenze e le sopraffazioni degli apparati statali e dei clan, in nome della liberta' di espressione e di critica''. 

Avere, insomma, un’ottica internazionale, per osservare ciò che avviene anche negli altri Paesi. Come ribadisce un’altra studentessa: “E’ un modo per non perdere di vista problemi seri sulla limitazione della libertà di stampa, un modo per spingere lo sguardo oltre le beghe dell’Inpgi o la recente vicenda del contratto giornalistico”.

Lametta

Ed ecco i nomi dei 25 allievi che hanno collaborato alla realizzazione del rapporto:

Alessio Alessi, Barbara Benini, Andrea Bonzi, Giovanni Bua, Cesare Buquicchio, Raffaella Calandra, Laura Cavestri, Adriana Comaschi, Paola Dall'Anese, Francesca De Sanctis, Serena Destito, Anna Di Biase, Amelia Esposito, Elisa Ferrari, Alessandra Greco, Antonella Lami, Susanna La Polla, Micaela Lucidi, Stefania Mazzoni, Gabriele Orsi, Giuseppe Pilloni, Marco Sampognaro, Roberta Silverio, Michela Trigari, Giorgia Zamboni.

28 Aprile 2001 - Giornalista o farmacista?

Caro Barbiere,
sono sempre io, il vostro affezionato Lucky. Dopo tutti questi mesi è arrivato il momento di fare a voi e a tutti i colleghi una domanda che forse era intrinseca nell'idea stessa del vostro sito: Cosa significa fare i giornalisti oggi?

Mi faccio questa domanda proprio adesso perchè, da buon osservatore (al bando la modestia ipocrita), mi pare che stiamo vivendo un fase un po' strana in questo Paese. Sembra di assistere ad una sorta di "ultima cena" collettiva. La follia aumenta, i freni inibitori della società stanno cedendo tutti, ad uno ad uno, di fermo sta restando poco.

Allora avevo due piccoli punti fermi sul nostro ruolo nella società. Il primo era che i giornalisti sono una sorta di garanti nei confronti del cittadino. Cioè: le informazioni utili sono in determinati posti e i cittadini sono garantiti dal fatto che un giornalista (cioè una persona che per deontologia non può dire il falso) va a raccogliere queste informazioni e gliele racconta.
Ad esempio un giornalista va a seguire i lavori del Consiglio Comunale poichè non tutti i cittadini possono essere presenti. Ecc, Ecc.

Ora sento il sottosegretario Chiti (dello stesso partito per cui voto) che dice che non occorre l'iscrizione all'elenco dei giornalisti.

Da buon utilizzatore di internet dico che è una follia. Quando leggo un sito di informazione su internet io voglio che sia informazione vera. Quando leggo un giornale pretendo che ci siano notizie vere. L'iscrizione dei giornalisti all'ordine e della testata al tribunale è una garanzia per me. E' una garanzia per il cittadino.

Pensate se domani un sito fosse gestito da investitori di borsa che tutti i giorni parlano bene del loro titolo. E dicono falsità palesi. E fanno insider trading e aggiotaggio. Ecc. ecc.. Chi mi garantisce?

Pensate ad un sito degli avvocati italiani (il primo partito già oggi in parlamento): tutti gli imputati avrebbero un'incredibile megafono senza limiti (ma forse accade già oggi?) ecc. ecc.
Pensate se un sito pubblica la mia foto, il mio nome e dice che sono un rapinatore, o un pedofilo, o un assassino. A chi mi rivolgo?

E' vero che internet deve rimanere libero nelle sue innumerevoli attività, ma sull'informazione pura non si scherza.
Anzi io propongo che sopra ogni sito di informazione deve esserci, come nel colophon dei giornali, registrazione e firme dei giornalisti. L'informazione deve essere doc. Pensate in questo Paese fra un po' verrà garantito il pecorino garganico e non le notizie che vi circolano.

Eppure tutti si affrettano a dire che le notizie oggi sono la merce più preziosa... Spesso nelle lezioni che ho fatto nelle scuole (come giornalista professionista) ho paragonato il mestiere di giornalista a quello di farmacista. Pensateci. le analogie ci sono. Chi si sognerebbe di non far verificare dei farmaci in nome della liberta di ricerca?

Una seconda domanda che (un pò conseguentemente) mi pongo è questa: ma i giornalisti non avevano il divieto di fare la pubblicità? Perchè guardando la tv mi accorgo che una vicedirettrice di un settimanale rosa pubblicizza telefonini, che Cecchi Paone pubblicizza riviste. Nella mia città addirittura una (che è anche addetto stampa in un comune) pubblicizza un pranoterapeuta...ma cosa sta accadendo?????
Lucky


28 Aprile 2001 - Katia, che spot

Mercoledì 25 aprile, Rai Uno. Intervallo dell’incontro amichevole di calcio Italia – Sudafrica. Il cronista dà l’annuncio della morte di Michele Alboreto. Segue qualche ricordo dell’ex ferrarista, poi si torna a parlare di calcio. 

In tribuna d’onore, allo stadio Curi di Perugia, ecco spuntare Katia Ricciarelli, accanto al giornalista con microfono in pugno: cinque minuti d’intervista per commentare il primo tempo della gara e fare il paragone tra partite di calcio amichevoli e prove di concerti. 

Interessante, può darsi. Peccato che la signora Ricciarelli in Baudo sia candidata nel proporzionale alle politiche del 13 maggio per un seggio alla Camera dei Deputati: è infatti capolista di Democrazia Europea, la neo formazione di D’Antoni e Andreotti, proprio nella circoscrizione elettorale dell’Umbria oltre che in Marche e Lombardia.
   
La Vispa Teresa


27 Aprile 2001 – Le lunghezze dei maschi italiani sono meglio del meteo 


Per rispondere alla signora Magicabula, mi sono subito data da fare e ho provveduto a un’inchiesta su campo. I risultati danno i 16/17 centimetri come misura standard anche se, in assenza di infermiere e solo con una giornalista professionista, il campione è risultato estremamente limitato. Alcuni infatti si sono rifiutati di sottoporsi al test perché si trattava di giornalista, altri perché non erano convinti che per il professionismo facesse fede la tessera dell’Ordine. Domani provvederò a segnalare il fatto a Petrina, in attesa di un suo intervento. Francamente le misure fornite dagli americani mi sembrano riduttive e, quel che peggio, penalizzanti per i maschi nord africani, che s’aggirano sui 18 cm, quando non oltre. 

Confesso, però, che certe inchieste su campo, stimolate da una stampa attenta alla salute di cittadini e cittadine, mi piacciono. Servizi così si potrebbero fare con frequenza bisettimanale, permettendo ai lettori di aggiornarsi su variazioni che coinvolgono più dell’indice Mibtel o del meteo.

Metti un Tg regionale che apre con ‘La lunghezza media del pene eretto è oggi di 10 centimetri, fino a 12 con venti in direzione nord est. Si prevede, per domani, un allargamento del fronte di alta pressione che porterà l’erezione fino a 15/16 cm’. 

Cavolo, prenoto il parrucchiere e mi preparo. Oppure: ‘Oggi il pene eretto è crollato dello 0, 25%’. Catastrofe. Già era poco, ma che cavolo te ne fai del niente? Vendi. In attesa della notizia: ‘Si rialza del 2,5% la lunghezza media del pene eretto’. Cazzo. Finalmente.

Ironizziamo
colleghe. Non ci resta altro (a proposito: scambio 13 cm pari diametro con 18 cm diametro 10. Posto auto extra, trattative riservate).
La ragazza del bar


 
27 Aprile 2001 - Giornalista dove vai, se la storia non la sai

Foibe e fobie vanno a braccetto con l'Italietta balcanizzata e ignorante che la Casa delle Libertà dalla Libertà promuove a ogni piè (di Silvio) sospinto. Non si tratta più di una riscrittura della Storia perchè questo comporterebbe a monte (cioè, kazzo, compagno....) una sua seppur larvata conoscenza. Ci troviamo di fronte a una patologia ben nota tra lo psichiatra alteretnico Karadzic che pullulava e pullula nell'ex Jugoslavia: il morbo di Nullison. O sindrome da memoria deficiente acquisita (Mda) di cui è portatrice in somma la triplice telepadanitalica di Berluska, Fini e Bossi.

Tra i tre, l'unico che ha sentito parlare della fobia della foiba e viceversa è il buon camerata Fini imbeccato dal buon camerata Menia a sua volta imbeccato dalla buona libellistica nazionalfascista sul tema e alla quale si rifà il buon sito proposto dal buon giornalista Travan scandalizzato dalle sfuriate grottesco ironiche del cattivo Virgilio. Ke palle, buon Travan, ke palle...nessuno mette in dubbio la tragedia delle...ecc. ecc. ecc. anche perchè sono cose dette, stradette, digerite in queste lande desolate della Venezia Giulia...ecc ecc.  

Ma mi si consenta (una locuzione che tenta) un paio di riflessioni su Bossi, Fini e Berlusconi, questi nostri buoni ai quali il buon Haider, considerato dai buoni psicopompi buonisti la punta di diamante del nullisonismo neonazi europeo, può farci solo un baff...und so weiter.

Dicevo. Questi tre s'ignori sono loro stessi, mi si consenta il paradosso, gli infoibatori delle foibe. Perché? Perché le foibe sono attaccate alla Storia e chi la Storia non la conosce o la vilipende - perché lo studio pretende un minimo di intelligente cura e per i piazzisti nostri è cosa dura – preferisce starne senza o la inventa di sana (mala) pianta.
FRANCESCA


26 Aprile 2001 - Quanto ce l'hanno lungo i messicani di Cancun

Lo ammetto: la colpa è mia. Ma è davvero difficile resistere alla tentazione di leggere l’ultima pagina dell’inserto “Salute” di Repubblica. Riporto fedelmente il pezzo contenuto nella rubrica “Letto & dintorni”, dopo di che, per cortesia, spiegatemi, qual è la notizia.

Da “Salute” del 19 aprile 2001:

Quanto è lungo
Dopo che  il leggendario rapporto Kinsey  gettò nell’angoscia milioni di uomini, stabilendo che la lunghezza media del pene eretto era di 16 centimetri, un numero rassicurante arriva, finalmente, da una ricerca commissionata da un gruppo di produttori americani di profilattici, per dare le giuste dimensioni ai loro condom. 

L’équipe, due medici e quattro infermiere, si è recata nelle discoteche di Cancun, nota località turistica messicana ed ha, dopo opportune stimolazioni prese le misure. Risultato: il 75% dei 300 maschi misurati ha una lunghezza del pene in erezione compresa tra il 12,9 e 15,7 ed una circonferenza di 12,4 centimetri.”

A questo punto mi domando:

a) In che misura la notizia, o meglio, il “numero” è rassicurante?

b) Se la ricerca è stata fatta nelle discoteche di Cancun, quelli che in discoteca vanno a Rimini possono stare ugualmente sereni e tranquilli?

c) L’équipe è composta da due medici e quattro infermiere. Secondo voi chi prendeva le misure? 

Vostra fedelissima
Magicabula


21 Aprile 2001 – Non infoibatevi da soli…

Sabato 21 aprile una parte di giornalisti italiani sarà deportata al seguito di Gianfranco Fini a Trieste e nella Venezia Giulia in senso lato. Non preoccupatevi, ci sarò anch’io, sempre a disposizione per darvi una mano. Anche il candidato locale di An, Roberto Mena!, pardon, Roberto Menia, da molto tempo è proprio un bravo ragazzo e facilmente riportabile.

Basta un taccuino e una penna. Si parlerà di foibe, ma non preoccupatevi. Se volete scrivere che nella Venezia Giulia in senso lato (si va alla grande, includendo anche terre oggi slovene e croate) sono scomparse dalle 4 alle 6.500 persone tra il ’43 e il ’45 –chi per stenti, chi per violenze e chi anche nelle foibe- farete una cortesia agli storici che da più di cinquant’anni si danno da far per fornire dati attendibili e non strumentali. Se però volete scrivere 20.000 infoibati, va bene lo stesso, anche i parenti delle vittime si sono abituati, tanto che questa volta hanno deciso di schierarsi col Terzo Polo.

Indi suggerisco:

1)     Intervista a Dennis Zigante, rappresentante degli esuli.

2)     Intervista a Spadaro Stelio, l’infoibatore della Storia, anche segretario regionale Ds e grande sponsor del futuro potenziale candidato sindaco del centro-sinistra

3)     Intervista al futuro potenziale candidato sindaco del centro-sinistra, Federico Pacorini, ex presidente di Assindustria, tenuto presente che: a) è completamente privo di sense of humor b) non è nemmeno mancino e quindi in un servizio su Fini ci va benone.

4)     Altre ed eventuali (Menia, Fini e q.b.)

5)     FINALMENTE A TRIESTE –DA UNA DECINA DI GIORNI- C’E’ UN RISTORANTE. Cena a base di pesce, fresco e ben cucinato. Si gira intorno alle 75/100.000, menù vario, non da nouvelle cusine, ma saporito. Ogni pescetto e verdurina vengono amorevolmente scelti e cucinati separatamente e indi legati tra loro con sapienti accorgimenti. Paradossalmente si viene serviti con affettuosa complicità, nutriti con amore dall’antipasto al dolce (suggerisco la sfoglia di crema carsolina al Piccolit). E’ l’unica novità che la città ha saputo offrire in piena campagna elettorale. Ristorante dei Duchi d’Aosta.Sempre a Vostra disposizione,

 Virgilio


21 Aprile 2001 – Dichiariamo guerra alla Svizzera

Settimana di Pasqua terribile qui dalle nostre parti ma anche in Medio Oriente non si e’ scherzato. Sabato Santo al grido di “Shalom” i soldati di Israele hanno invaso la
Palestina con armi e caterpillar sparacchiando qua e la’ e abbattendo le
case dei poveri Cristi. Bilancio tre morti e trentanove feriti. Lunedi’, in risposta a un bombardamento nemico, guerra alla striscia di Gaza e bombe al confine con il Libano. Bilancio, un morto e ventidue feriti.

Martedi’ la Polizia Stradale Italiana alla fine del Ponte di Pasqua ha fatto i conti del week-end piovoso di Pasqua e Pasquetta. Bilancio cinquantanove morti e duemila feriti. Ma allora, dico io, non e’ meglio avere una bella guerra ai confini che
partire per il ponte? E’ anche piu’ sicuro, se pensate che la guerra contro Saddam ha causato undici morti tra i soldati americani che si sono attrezzati e per la guerra
in Bosnia ne hanno avuti solo quattro!

E allora, qual’e’ la mia proposta? Dichiariamo guerra alla Svizzera, adesso. Proponiamo un referendum da effettuarsi con le elezioni del 13 Maggio che se le cose andranno bene potremmo muovere le nostre truppe per il ponte di Ferragosto, salvando un casino di vite umane!

Che se per caso vinciamo, facciamo un bottino di guerra da far impallidire Giulio Cesare, Alessandro Magno e Gengis Kahan, tutti insieme. Se invece perdiamo, come lo stato del nostro esercito, ci lascia supporre, niente paura, perche’ i prigionieri verranno deportati a San Moritz e in altre localita’ turistiche delle Alpi Svizzere, tutti su comodi e puntuali treni Svizzeri, che sono molto piu’ sicuri dei nostri. Attendo che partecipiate compatti alla raccolta delle firme. (Compatti, non con Patty, che l’ultima volta quel fumato di Vasco Rossi, mi ha mandato due biglietti del concerto di Patty Pravo! )

Aldo Vincent
Il Gelataio di Corfu'


18 Aprile 2001 - Noi, sventolatori di taccuini

Noi, portatori sani di microfono, sventolatori imperterriti di taccuini (ma spesso con una penna da chiedere in prestito a qualcuno); noi, occhiuti trafugatori di istantanee sorridenti di suicidi e morti ammazzati; sì, a volte sembriamo proprio degli scarafaggi e in molti casi anche bravi a far profumare di violetta persino la cacca che ci mandano a raccogliere.

Noi, giornalisti, professionisti di un mestiere che sta evaporando inesorabilmente, per far posto solo al bisogno di compiacere il pubblico. Anzi, solo le curiosita’ piu’ morbose di un’audience a cui spiattellare tette e splatter, risse e casi umani, senza piu’ chiedersi il perche’  e perche' i fatti accadano.

Perche’ i fatti accadono, e noi li ingoiamo come un cheeseburger, li confezioniamo graziosamente e altrettanto graziosamente li dimentichiamo, li facciamo dimenticare.

Ricordate il caso Di Bella? Ricordate Michele Profeta: chi era costui? E Tangentopoli, o il caso Marta Russo? o le morti inspiegate di Ilaria Alpi, Miran Hrovatin, Leonardo Palmisano? il caso Somalia?

Troppe ce ne sarebbero di dimenticanze, ma col Nasdaq che dondola, l’euro che si impalla, il mibtel che si intimidisce e il dollaro che gonfia i muscoli, volete che si abbia il tempo di investigare, di scavare, di capire e di far capire?

No, non abbiamo più il tempo di fare il mestiere, e magari di finire sotto scorta perche' si è imbroccata la pista giusta: dobbiamo tutti rincorrere l’ “evento” e che nessuno lo perda!!! E allora, via col valzer delle desistenze editoriali, del volemose bbbene telegiornalistico, della melassa informativa che ci rende tutti uguali, appunto, come scarafaggi.

No, i suicidi non si menzionano, per evitare che qualcuno possa emularli, e men che meno si sbattono in prima pagina. Ma qualcuno lo fa e qualcun altro continuera’ a farlo, finche’ il blade runner che è in ognuno di noi non si ribellera’, magari confortato da chi avrebbe il dovere istituzionale di intervenire per salvare un mestiere tra i piu’ belli e dannatamente difficili al mondo.

Quel giorno sta arrivando, tanto piu’ veloce quanto piu’ massiccia diventa l’onda di sdegno di chi quotidianamente decide di toglierci il saluto: non leggendoci e non guardandoci piu’..

Luigi Monfredi


17 Aprile 2001 - Una cosa di sinistra

Ehi, c’è nessuno in bottega? Ragazzi, sono preoccupato. Leggo sul Foglio (giornale della moglie di Berlusconi, da non confondersi con il Giornale, che è del fratello, nè con Mediaset, che è sua ma è gestita dai figli) che le tv di Berlusconi non faranno trasmissioni di approfondimento politico in campagna elettorale.  

Bella notizia, direte voi. Bella un corno, rispondo io. Possibile che nessuno noti quello che sta succedendo? Berlusconi è avanti nei sondaggi, dunque meno si parla di politica in tv meglio è: c’è meno rischio che Rutelli recuperi. Nel ’94, quando Berlusconi doveva guadagnare consenso, le sue tv erano infarcite di programmi di vero o pseudo-approfondimento (ricordo “O di qua o di là”, di Liguori, “Italia Parla”, di Medail, “Uno contro uno” di Mentana, Tg che non parlavano d’altro che di politica). Oggi niente.  

Ora, Berlusconi si appresta a controllare anche la Rai, dunque prossimamente, suppongo, se il Cavaliere sarà avanti nei sondaggi, non avremo approfondimenti neppure sulla Rai. Magari i nuovi dirigenti, per evitare fastidi al capo, limiteranno al minimo la politica nei Tg, magari la toglieranno del tutto. Oppure, in caso di sondaggi negativi, tornerà la politica in stile Fede-Liguori, con Mentana al Tg1 che farà da paravento.  

Non vorrei dire, ma la Fininvest (di Berlusconi) sta acquistando quote di Olivetti e dice di voler contare in futuro sulle decisioni della holding di Colaninno. Olivetti controlla Telecom, che controlla Seat, che è il nuovo proprietario di Telemontecarlo.  

I giornalisti, ovviamente, sono lì ad aspettare che qualcuno li compri o li venda, che dica loro se possono o no occuparsi di politica. Ma diamine: quanto dovremo aspettare perchè la Federazione, l’Ordine, i singoli giornalisti si ribellino ad un signore che si sta comprando tutti i mezzi d’informazione televisiva e che considera l’informazione televisiva come un rubinetto da aprire o chiudere a seconda di come gli fa più comodo?  

I candidi Mentana, Sposini, Pamparana, lo stucchevole Mischi o l’incazzosa Silvia Carella, hanno qualcosa da dire (a parte, ovviamente, che sono di sinistra)? Grazie dello spazio, Barbiere, ripasso più tardi per vedere se qualcuno ha risposto.  
Red


3 Aprile 2001 - Bellino, lavato con Perlana?

Caro Barbiere, vorrei aggiungere una cosa alla testimonianza da Napoli, provincia separatista macedone, di quel guerrigliero dell'U.C.K. di nome Bellino. Episodi come quello di Napoli, prima che divengano la normalità, non possono lasciare indifferenti, né può ammettersi che nell'indifferenza generale la critica degli stessi sia prerogativa di riserve indiane in cerca d'autore.

Anzi, sulla condotta violenta di organi dello Stato nell'esercizio delle proprie funzioni, per il ruolo di governo che le forze di sinistra rivestono e che le obbliga ad assumere la responsabilità delle azioni compiute dalle amministrazioni che dirigono, è possibile per l'opinione pubblica aprire un confronto senza condizionamenti ideologici, ma attenendosi all'inequivocabilità dei fatti.

Se, infatti, nei casi di violenza privata la vittima è in astratto tutelata, dalla violenza pubblica non solo nessuno può veramente dirsi al riparo, ma, inoltre, una volta compiuta, allorché si chieda all'ordinamento di attivarsi per rimediare al torto ingiustamente subito, l'offeso dovrà solitamente difendersi da accuse di carattere penale, in quanto, per il principio secondo cui la legittimità dell'azione amministrativa si presume, deciso, ad esempio, un fermo di polizia, è tutta da dimostrare l'illegittimità del provvedimento (e se sei fermato un motivo c'è di sicuro, mica te l'ha chiesto il Ministero dell'Interno di cercare rogna, magari ora l'hai pure imparato che nel salotto di casa certe cose non succedono.).

Qualora, poi, sia stato caricato un testimone degli avvenimenti, quale ad es. un giornalista, difficilmente ciò avviene per puro caso, infatti, quel che in assoluto anche l'ultimo dei celerini non vuole è che siano create prove, soprattutto filmate e fotografiche, della propria condotta, mentre, semmai, le contusioni causate dalle cariche sono esse stesse controprova di opposta resistenza (più te ne danno, più sei, in tutti i sensi, 'resistente'), per cui deve essere, al solito, dimostrato da chi le botte le prende che sia possibile essere all'interno di una manifestazione sediziosa non per parteciparvi, ma per contare i sampietrini della piazza o per provare, una volta nella vita, il senso più profondo e ameno della parola sicurezza (che Bellino di sicuro ha sperimentato, tant'è vero che il cellulare anche se gli è caduto, lo ha ritrovato, perché i ladri quel giorno erano più furbi degli antiglobalizzatori).

Tuttavia, deve essere così poco interessante quanto accade per opera di novelli, nonché numerosi, Bava Beccaris, da esser ormai lecito pensare che sia giusto che chi entri in questura in salute, ne esca un paio d'ore dopo in barella e che per le cronache locali il pestaggio sia comunque 'presunto' (effettivamente potrebbe anche essere che a causa di un improvviso e improvvido 'malore fattivo' cinque ventenni abbiano avviato a sbattere testa, reni e testicoli sulla finestra della questura alla quale è bene dare atto che, essendo chiusa, quantomeno ha impedito che i fermati volassero 'fattivamente' sui binari sottostanti); che un adolescente in motorino che non porta il casco sia freddato a colpi di pistola, ma che volete farci l'agente tanto normale non era, però teneva famiglia; che un altro tutore della legge si autotuteli sequestrando un autobus e quasi faccia una strage, perché nessuno gli vuol sparare, non avesse a morire.

Forse è tempo di sollevare una questione sicurezza in termini di controllo sulle forze istituzionalmente chiamate a garantirla prima che il problema si ingigantisca, quale corrispettivo del numero crescente degli organici delle forze dell'ordine e della esasperata sovraesposizione di fatti criminosi da una parte, e dei conflitti sociali dall'altra.

Penso che nessuno gradisca di essere borseggiato, rapinato o quant'altro, ma, ripeto, nella sventurata ipotesi che ciò accada non esiste alcuna norma astratta che lo consenta anche solo in parte o che ponga la vittima in una condizione di inferiorità rispetto a chi il delitto lo commette.

Ciascuno si occupi di ciò che vuole, ma la libertà di espressione e di cronaca non sono un optional e questo dovrebbe essere chiaro anche per chi persegua o abbia a cuore istanze di ordine e legalità.
Salu', Pep


2 Aprile 2001 - Mannheimer come Figaro: tutti lo cercano, tutti lo vogliono

Renato Mannheimer ha un problema, nella sua vita, e non di poco conto: tutti lo cercano, tutti lo vogliono, specialmente sotto elezioni. Parlargli, dunque, non è facile Il Barbiere ci è riuscito, ma il tempo del professore era poco e le sue risposte sono state succinte. Ma di sicuro danno da pensare. D’altra parte, ci sarà pure una ragione se Mannheimer è considerato “il re” dei sondaggi politici.

Professor Mannheimer, allora: i politici all’assalto delle trasmissioni di satira, i comici che fanno politica. Ma cosa sta succedendo? E chi realmente “sposta” cosa, nelle campagne elettorali in tv? 

Nessun singola presenza del politico, anche quello più importante, sposta nulla, in termini di consenso, ma l’insieme delle presenze ottenute dal politico nel medio periodo sposta il consenso, e anche di molto. Il processo che fa breccia nell’elettorato è dunque un processo di sedimentazione. Ma per il politico non basta esserci: bisogna essere capaci e bravi, bisogna saperci fare, e fare bene.  

E il caso Luttazzi, professore, che riflessioni le suscita? Quanti voti sposta, una puntata di Satyricon?  

Pochissimo, forse lo 0,3% dell’elettorato, non di più, in termini di voti secchi, ma sul medio periodo – come le dicevo – sposta molto di più, contribuendo a creare, in particolare, due effetti: da un lato rafforza l’opinione degli elettori del centro-sinistra, anche di quelli indecisi, a tornare a votare Ulivo, dall’altro rafforza l’immagine di vittima che di se' sta propagandando Berlusconi, lo rafforza.  

E i conduttori dei talk show politici d’informazione, i Santoro, i Vespa, quanti voti spostano?  

Senta, io guardo poco la tv, non ho neanche il tempo per farlo, quindi non le saprei dire se esistono conduttori televisivi che riescono davvero ad orientare il voto degli elettori. Conosco poco il settore.  

Ci può almeno dire – tra i vari mezzi d’informazione – qual è quello che sposta più voti? La tv, Internet, i giornali, le affissioni murali?  

Sì, a questa domanda posso rispondere con cognizione di causa. La tv, naturalmente, è il mezzo di comunicazione che sposta più voti di tutti. Lo dicono tutti i sondaggi, ma anche i fatti e i comportamenti elettorali. I giornali, invece, spostano molti meno voti, pochissimi direi. Internet sarà fondamentale nel futuro, ma oggi non conta quasi nulla: coinvolge poca gente ne sposta ancora meno. Le campagne di affissioni murali, invece, spostano e contano moltissimo, questo è un dato importante quanto poco conosciuto: Berlusconi, infatti, ha fatto benissimo a puntare su una forta campagna di affissione di manifesti pubblicitari. I poster, incredibilmente, pesano e spostano voti.

Grazie, professore. Una bella notizia, non c’è che dire, sapere che il nostro Paese, a suo giudizio, segue e si fa orientare nel voto da mezzi di comunicazione che sembrano usciti dagli anni Cinquanta, i cartelloni e la tv. Una bella notizia, non c’è che dire, anche per uno come lei che ha appena fondato e lanciato “il” nuovo portale “indipendente” della politica italiana, www.polix.it.
Ambrogio


 
 

 

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