Trenta righe

Sapete com'e', non sapevamo come piazzare in pagina alcuni pezzetti che ci arrivano. Non sono notizie secche secche. Quelle le mettiamo nel notiziario del mese. Non sono nemmeno lettere. E neanche articoli veri e propri. Sono proprio pezzetti brevi. Quindi e' nata questa nuova pagina. Trentarighe. Se poi sono trentuno o ventinove, fa niente. Scrivete, gente, scrivete.
 Finche' si scrive c'e speranza.

4 Settembre 2001 - La signorina Tim mi dice: "Ma lei e' una troglodita"

Carissimo Bettanini, mi rivolgo a te, in qualità di esperto della comunicazione, per approfondire alcuni meccanismi che a me paiono demenziali, non fosse che, alla resa dei conti, la demente sono io. Il caso che ti esporrò è relativo a Tim, ma può essere esteso tranquillamente a tutte quelle aziende private che forniscono servizi o para-obbligatori (vedi assicurazioni) o già pubblici (telefonia, ferrovie, luce, acqua e gas, ecc). 

Premetto che non sono una fanatica dei cellulari, strumento di tortura che uso esclusivamente quando sono fuori casa e solo perché ormai sono scomparse le cabine telefoniche.

Tant’è, ormai ne ho uno anch’io…Per una serie di ragioni inessenziali (non ultimo il fatto che avevo un po’ di tempo da perdere) decido di appurare qual è il farraginoso sistema alla base degli scatti, ossia come ho fatto a consumare 50.000 lire di scheda in due giorni tenendo il cellulare quasi sempre spento, e telefono al 119.

Incappo nell’ormai consueta segreteria digitale (sempre più gradevole di quella metallizzata ‘se vuole …dica 33’), digito una buona mezza dozzina di numeri e finalmente arrivo alla solerte impiegata, che mi saluta con il consueto ‘Sono bzzbzzbzz. Posso esserle utile?’. Mi rimangio per la milionesima volta la frase che mi verrebbe spontaneo pronunciare (‘No, volevo solo parlare con qualcuno…’ et similia) ed espongo il mio problema.

L’impiegata è di quelle più che efficienti: mi elenca ogni dettaglio, mi spiega il funzionamento degli aggiornamenti sulle telefonate lunghe, mi ricorda che ho appena ricaricato la scheda e in finale mi pone la fatidica domanda ‘Posso farle un paio di domande? Lei è contenta del servizio Tim?’. Risposta ‘No’.

Caro Bettanini, per motivi inessenziali, la mia vita trasuda domande e risposte di questo tipo. Chiudere bruscamente una telefonata di lavoro perché il telefono squilla sull’altra linea e incappare nella soave voce di un’impiegata Telecom, che vuole sapere se sono soddisfatta del servizio, è ormai parte integrante della mia quotidianità.

L’ex municipalizzata luce- acqua – gas m’invia bollette ogni quindici giorni (più o meno attendibili), spesso corredate da richieste di suggerimenti per migliorare il servizio (una bolletta alla settimana?).

Le assicurazioni, ad ogni rinnovo polizza, me la riaggiornano ‘certi di fare cosa gradita’, invitandomi, in caso non fossi soddisfatta, a recarmi all’agenzia dove il loro esperto m’attende con ansia per studiare soluzioni ottimali (ossia riconsegnarmi il vecchio contratto con bollettino annesso). La stessa Tim mi blocca sul più bello una chiamata (magari urgente) con un garbato Sms che magnifica nuovi prodotti.

Vedi Bettanini, per una questione d’età e forse d’educazione, faccio parte di quella categoria di consumatori che: 1) Ignorano l’esistenza della pubblicità, degli spot, dei gadget, delle promozioni, dei testimonial e di quant’altro. 2) Comprano e pagano in contanti quanto serve (o anche no) sulla base delle situazioni contingenti, partendo dal presupposto che anche il tempo è denaro.

Dalla gentilissima signorina Tim ho appreso di essere quanto meno un reperto giurassico. ‘Lo sa che Tim le offre 10 Sms gratis per un mese?’. Lo so, stavo per chiamare una persona per motivi di lavoro e ho dovuto cancellare l’Sms e ridigitare il numero.

Rispondo sinteticamente: ‘Lo so, ma non mando Sms, anzi li detesto…’. ‘Non manda Sms? Forse non ne conosce i vantaggi…’ Affermativo, non interrogativo, dal momento che la fanciulla tenta di spalancarmi le porte di questo nuovo tipo di comunicazione (che consento a mia figlia, la minore, solo per non farla sentire una disadattata).

Concordiamo sul fatto (bontà sua) che sono troppo vecchia e con problemi di vista per picchiettare sui tasti di un cellulare. Quale? Leggo la marca e la sigla. ‘Ma è un rottame…per forza che non è soddisfatta dei servizi…’

Rispondo (anche se non era una domanda) che mi va a pennello, essendo l’unico compatibile col computer portatile, ossia, per me, l’unico al momento che mi consente di collegarmi in Internet anche in viaggio.

La mia idiozia pare basirla per una frazione di secondo. Poi, basita ma non domata, la ragazza riprende: ‘Lei non può incolpare Tim di problemi esterni’. Io non incolpo Tim di nulla, sta di fatto che s’è ciucciata 50.000 lire in due giorni e in massimo dieci telefonate, che ogni dieci parole casca la linea o sono costretta a urlare ‘Scusa, puoi ripetere…’, che ricaricare la scheda dal Bancomat in alcune zone d’Italia (quelle di villeggiatura, in particolare) è impresa ciclopica.

Ignoro chi abbia tenuto i corsi di formazione, ignoro se la signorina Tim in questione abbia sembianze umane o sia un modello sofisticato di segreteria telefonica dell’ultima generazione.

Sta di fatto che in un’ora mi ha spiegato che: 1) Sono colpevole per non aver mai dato, neanche per sbaglio, un’occhiata a tutta la pubblicità che Tim sta facendo anche per gente come me (quelli, per capirsi, con tariffe obsolete), né di aver telefonato prima al 119 (‘aperto 24 ore su 24’) al fine di ottenere una tariffa adeguata alle mie necessità.

Ne abbiamo concordata una nuova (10.000 lire di spesa e passa la paura)- ma sono rimasta irremovibile sul contratto carta di credito/banca (perché ne ho abbastanza anche delle loro ‘promozioni’)- e abbiamo convenuto che è necessario aggiornarsi ogni tre mesi ‘Perché siamo nel libero mercato, c’è la concorrenza e Tim è all’avanguardia…’

2) Se mi casca la linea è perché ho un telefonino obsoleto e vivo e frequento località che storicamente danno problemi (città di confine, località montane, o Roma, dove pare che la concorrenza spopoli nei ristoranti…). E, chi è causa del suo mal, pianga se stesso.

Se telefono da Milano per sapere a che ora buttare la pasta o se lui mi ama, tutto funziona a meraviglia.

3) Perla finale, mi legge l’elenco delle banche-Bancomat munite a cui posso far riferimento per le ricariche, nel caso escludessi definitivamente la possibilità di stipulare –solo altre 100.000 lire- il contrattino di cui sopra.

Con la mia obiezione –‘Non ho visto nessuna indicazione sul servizio nelle filiali delle banche che mi cita, né nella mia città, né in villeggiatura’- vengo seduta stante incaricata di denunciare tali anomalie con particolari precisi, ora, luogo e quant’altro.

Felice di aver trovato un nuovo lavoro non retribuito, ma fisso, chiedo a Bettanini: i grandi comunicatori, consulenti delle grandi aziende di comunicazione, hanno intenzione di comunicare anche con noi, grandi consumatori coatti della comunicazione?
La Ragazza del Bar

3 Settembre 2001 - Che bello lavorare in un service

Caro Barbiere, sono un giornalista e lavoro in un service, oltre a collaborare con chiunque capiti, anche la giustizia.

Che bello lavorare in un service. I grandi giornali spendono miliardi per mettere in piedi una sorta di redazione, mentre un service con due lire é capace di confezionare più di cento pagine al mese. Tanto chi nota la differenza?

Per fare un bel giornale basta prendere qualche scribacchino, un buon grafico e un archivio fotografico porno-soft. Metti insieme la squadra, prendi qualche Mac, e la redazione è fatta.

Poi proponi a tutti un contrattino di un anno o sei mesi (se c'é qualcuno che la beve), illustri il progetto del giornale ("per ora duriamo un anno, ma se le vendite vanno bene e la pubblicità ci sostiene, c'è trippa per tutti"), e abbozzi una sorta di linea editoriale.

"Siamo una rivista di settore ma dobbiamo farci capire da tutti" che tradotto in italiano vuol dire "so che di queste cose non ci capisce un cazzo nessuno, ma con una buona enciclopedia e l'aiuto di internet non sarà difficile scrivere un pezzo da 2000 battute".

Tanto - diciamocelo pure - chi è che va ad esaminare i contenuti? I mensili e i settimanali sono fatti a colori proprio perché alla gente piace guardare le foto, sfogliare le pagine di carta lucida e sentire quel buon profumo di colla che si sprigiona dalla rilegatura, poi, se ci sono un paio di tette o qualche posa allusiva, mica si volta pagina, anzi.

Così, con un pizzico di fantasia e qualche foto "d'autore", un buon service riesce a confezionare per le grandi case editrici fior fior di riviste specializzate. Che si tratti di cucina, computer, vacanze, moda viaggi, creme di bellezza, fitness, tutto fa brodo, l'importante è sapersi riciclare: se dovesse andare male il mensile di fitness si chiude tutto e ci si trasferisce a quello di scienze biologiche.

La differenza fra un bicipite e una molecola mica sarà fondamentale, poi non è un furto farsi pagare due lire per scrivere di argomenti che non si conoscono. L'unico fastidio è che quando un giornale va male o il direttore del service ha deciso che ci sono nuovi campi dello scibile umano da esplorare, cominciano i tagli e i riassetti.

"Quand'è che ti scade il contratto?" "Hai voglia di occuparti di viaggi esotici?". Non c'è problema, è tutto regolare, e poi nei service per fortuna non ci sono quei rompicoglioni del Cdr che la menano con il riassorbimento, il ricollocamento, i diritti dei giornalisti.

Ma quali diritti? I giornalisti mica ci mettono i loro soldi nel giornale, al massimo perdono qualche mese di stipendio. Già, perché quando il giornale va male i soldi non arrivano, come ai bei tempi del cottimo. Se si vende ti puoi pagare l'affitto, altrimenti vai a dormire da un amico/a.

Se consideri che il pagamento è a 90 giorni, che poi diventano 120 perché si calcola il mese della pubblicazione e non quello in cui hai consegnato il pezzo, che poi diventano 180 perché il ragioniere è in vacanze e le notule sono nel suo ufficio, non è mica un problema se alla fine i tuoi soldi non li vedi proprio.

Già, che bello lavorare in un service. Questo è il futuro. Niente costi fissi, niente redattori, niente sindacato. Solo collaboratori pagati a pezzo e un redattore che passa il giorno al telefono per raccogliere gli articoli. Qualche copertina spiritosa, magari una firma prestigiosa e una serie di allegati studiati da quei geni del marketing.

D'estate c'é l'inserto sul sesso, d'inverno quello sulle diete, a Natale lo speciale regali. Magari, se si è in buona con le case discografiche, un Cd sui ritmi caraibici o la favolosa musica degli Anni 70, tanto Battisti e Mina tirano sempre e fanno molto "nostalgia canaglia".

Poi basta lamentarsi dei service o dei siti internet, con tutti i disoccupati che ci sono in giro. Per un redattore deluso ce ne sono altri mille pronti a scrivere al Barbiere per dire che chi si lamenta è un represso, non sa fare il proprio lavoro, come dimostra la sua lettera piena di errori grammaticali.

Se uno scrive che nei portali si lavora giorno e notte senza staccarsi dalla sedia e senza crescere dal punto di vista professionale, arriva subito la risposta "vorrei dire al collega (posso chiamarlo così)...", tanto per far capire che quella dei giornalisti è una casta solidale. Che bello lavorare in un service. Se non fosse che il giornale per cui scrivevo non esiste più, ci resterei per tutta la vita.
Lavoratore di un service


3 Settembre 2001 - Bruno Socillo e la sua bionda

Siate bipartisan. È il ragionevole appello lanciato dal Capo dello Stato e dalle colombe dei due schieramenti politici. Ma ciò non vale nel mondo del giornalismo, soprattutto se targato Rai.

Se volete far carriera a Saxa Rubra prima di flirtare con un (-a) collega verificate che appartenga ad un partito che conta. Infatti, nell’ultimo numero di Sette, in un boxino dedicato ai media, leggo un pezzo a firma Valeria Paniccia che dopo aver dato alcune “anticipazioni” molte delle quali già note persino alle piante della cittadella dell’informazione, altre – credetemi – assolutamente infondate conclude con questa chicca che riporto testualmente: “Bruno Socillo (vice direttore del Tg 2 e che non fa mistero delle sue propensioni politiche per An, ndr) punta a Rai International ma le sue simpatie per una bionda giornalista di sinistra potrebbero bloccarne l’ascesa”.

Una delle regole che dovrebbe regolare qualunque consesso di persone civili sarebbe quella di glissare su faccende strettamente personali: soldi, letto et similia. Tale norma, che mi risulti, viene rispettata anche dalle pescivendole della Vucciria.

Lungi da me impressionarmi se notizie del genere appaiono su Eva Express o Novella 2000, ma che il primo quotidiano d’Italia si presti a fare da pattumiera a porcherie di questo genere lo ritengo ignobile.

Non trovo nel tamburino il nome di Valeria Paniccia e ne deduco si tratti di una delle tante collaboratrici alla ricerca del sospirato scoop che dia loro quei quindici minuti di celebrità ai quali – secondo Andy Warhol – ognuno di noi ha diritto.

Curiosa per natura mi viene voglia di saperne qualcosa di più sulla (si fa per dire) signora e mi affido come sempre a google – se avete altri motori di ricerca abbandonateli, google è eccezionale – e voila, sono fortunata: la nostra, come tutte le persone che veramente contano, ha nientepopodimenoche un suo sito personale all’indirizzo
www.diginet/valeriapaniccia/home.htm.

Dove, oltre alla sua foto con lungo capello sciolto, capino inclinato e sorriso suadente fa sfoggio della sua dote principale: l’umiltà. Ci rende noto che il suo sito offre “servizio unico in Italia”, la mappa delle migliori scuole per attori e di essere l’autrice di Eros italiano, da lei stessa modestamente definito “un’antologia unica al mondo”.

Ma come mai è approdata al giornalismo? Troppo buona per lasciare che questo dubbio renda insonni le nostri notti, ci confida di “avere cominciato a scrivere in cambio di un abbonamento gratis al teatro della sua città”. Risolto un dilemma ne nasce però un altro non meno angoscioso: perché, ottenuto l’abbonamento, non abbia smesso. Vi prego, chi sa parli, voglio ricominciare a dormire.
Mata Hari
mata_hari@katamail.com


3 Settembre 2001 - Anche le spie nel loro piccolo dissentono

Anche le spie nel loro piccolo talvolta dissentono per cui mi trovo in totale disaccordo con quanto ha scritto la Ragazza del Bar (che resta comunque la mia barista preferita) circa il nuovo movimento virtuale il Mo’ Basta ekkekkazz. Finalmente, dico fra me e me, qualcosa si muove nella morta gora della politica italiana. Leggo che è “divertente e interessante” e mi fiondo sul sito dei mobbastisti, www.lonelyplanet.it.

La prima impressione è quella di essere capitata a casa della Famiglia Addams ma poiché sono abituata a trovare del buono in ogni cosa finalmente capisco cosa si vede dopo che ci si è impasticcati di LSD. Già qualcosa; è una delle (poche) esperienze che mi mancava.

Ma sarebbe ingeneroso fermarsi al puro giudizio estetico. Entro nel forum e le sorprese non mancano. Oltre al totale disprezzo per la lingua ufficiale della Repubblica mi colpisce la pochezza delle idee e immagino i partecipanti come una via di mezzo fra gli Indiani Metropolitani anni ’70 (quello di Cavallo Pazzo, ricordate?) e i Figli dei Fiori anni ’60. Niente di male però, ognuno ha il diritto di divertirsi come crede. Qui, però, si ha la pretesa di fare politica.

Non ci sto. Il discorso diventa serio, perché seria è la politica. L’autrice del pezzo parla del “duri e puri dei Ds”. Non so se posso ritenermi una dura; quanto alla purezza per trovarne tracce bisogna risalire al pleistocene; diessina sì. Come sono stata figiciotta in gioventù, elettrice del Pci prima, dei Pds poi, dei Ds adesso; tutte cose di cui meno vanto. Dire che la sinistra è in crisi equivale a scoprire l’acqua calda e la crisi coincide con quella dei Ds, che della sinistra sono (ancora) la formazione numericamente più consistente.

Ma escludo che si possa uscire da questo avvitamento con iniziative velleitarie, goliardiche e folkloristiche come quelle veicolate dai mobbastisti o da caravanserragli similari. La via d’uscita è nella riscoperta del senso dei nostri valori, delle nostre radici. Senza la memoria del proprio passato c’è solo spazio per la barbarie e la violenza. Cerchiamo di portare avanti un discorso serio che vada un oltre le incursioni da commandos nel sito de L’Unità.

Le proteste abbondano ma è al di sopra delle mie capacità fare intendere ai partecipanti al forum che la protesta, senza una proposta alternativa, è solo flatus vocis. Ci si lamenta dell’oscuramento di Agnoletto e Casarini; per me invece ignorarli sarebbe un fatto di igiene pubblica, una Zucchet mediatica.

Siete contro la globalizzazione? Bene è un vostro diritto. Ma basterebbe avere un minimo di senso della storia (sì, lo so, parlare di storia in un sito del genere è come invitare un vampiro ad una cena a base di aglio) per capire che si tratta di un fenomeno irreversibile.

Cerchiamo piuttosto di gestirla, di controllarla e non credo che il metodo migliore sia andando a fare casino a Genova, Napoli o che so io esponendo striscioni i cui contenuti erano già stantii trent’anni fa. Il tutto però con le mani dipinte di bianco, con le Nike ai piedi e dissetandosi fra uno slogan e l’altro con una bella lattina di Coca Cola.

Mi soffermo sul manifesto programmatico del sito e poiché credo di sapere leggere fra righe intuisco che un buon ottanta per cento degli adepti alle ultime elezioni non ha votato facendo più o meno un ragionamento similare: “Sono di sinistra ma poiché in questa sinistra non mi riconosco, mi astengo”.

Ancora al di sopra delle mie capacità spiegare quanto sia politicamente sterile ed autolesionistico questo ragionamento poiché la sensibilità politica dei mobbastisti e dei loro sodali è più o meno pari a quella di un dado da brodo. Di questo astensionismo, della smania di protagonismo e della ninfomania da telecamera di Fausto Bertinotti, Berlusconi e Fini sentitamente ringraziano.

La sinistra è alla frutta, ma se speriamo di risalire la china con questi sistemi vuol dire che la canna del gas è lì, pronta per l’uso. Ekkekkazz, ma stavolta lo dico io.  
Mata Hari
mata_hari@katamail.com


3 Settembre 2001 - Emilio, non sparire nell'etere

Leggo con orrore la notizia riportata da un noto settimanale, tanto noto che non mi pare il caso di farlo "notare" ancora di più citandolo, che dal 2003 Rete 4 verrà trasmessa "in nero", cioè potrà essere seguita solo pagando un abbonamento, tipo Tele + per capirci.

E' solo una proposta, ma il sangue si è gelato nelle vene. Ed Emilio Fido? Cos'è, alla fine per mettere a tacere quelli che chiedono di risolvere la questione del conflitto di interessi del Cavaliere - ma quanti Paesi possono vantare un premier Cavaliere? - si decide di oscurare il giornalista - show man?

Ma come, proprio ora che si era rifatto gli occhi - proprio nel vero senso della parola - e aveva assunto quell'aria da satiro? Proprio ora che stavo imparando ad apprezzarne coerenza e temerarietà?


Sì, perché Emilio Fido, nonostante ad uno primo sguardo passi per venduto e galoppino, è un esempio di giornalismo impegnato. Non si contano i giornalisti che, con la vittoria della Casa delle Libertà, hanno cercato di ingraziarsi i nuovi governanti - ma insomma è vero che Lasorella si è umiliata con Gasparri per ritornare in video, ditemi che non è scesa così in basso! - e i numerosi cambi di bandiera di cui devo leggere con tanta pena.

Ma Emilio no, lui sono anni che si sa per chi tiene! Gli altri salgono sul carro del vincitore? Lui già c'è, e almeno c'è salito in tempi non sospetti. Quanti giornalisti si legherebbero così ostinatamente e indissolubilmente ad un politico, precludendosi ogni via di migrazione verso nuovi eroi in caso di cambiamento del vento?


Nessuno crederebbe mai ad Emilio se dicesse: "voto Rutelli”. Emilio "in nero" no, vi prego, trovate un'altra soluzione, non posso pensare che ci verrà tolta l'unica voce del giornalismo trasparente.se mettete Emilio in controluce si vede il Cavaliere, potreste fare lo stesso con un altro giornalista?

Ma non vorrei venire fraintesa. Io ammiro Emilio, proprio perché è Fido. Quanti Fidi ci sono che si celano sotto tante pelli da non riuscire a capire cosa pensano veramente? Schierarsi politicamente è un rischio immenso, cioè, farlo apertamente, alla luce del sole; è più facile dichiararsi indipendenti eppoi lavorare sottobanco.


Tra il giornalista-che-lavora-negli-antri muscosi preferisco colui che sposa una bandiera e con essa cadrà e risorgerà. Un altro dolore, anche se un po' più piccolo del precedente, mi rende amara la notizia.

Francesca Senette. Una Bambina Inviata qualche mese fa - forse era la sua prima volta - ad accogliere la Regina inglese al suo viaggio in Italia, su cui Fido infieriva in ogni modo, riprendendola come se fosse un po' dura di comprendonio, mettendola in imbarazzo in maniera quasi dolorosa per chi guardava.


Un Bocciolo Timido che invece è sbocciato al sole dell'Emilio nazionale, che, contrariamente alla prima impressione, quella bambina l'aveva presa sotto la sua ala, nonostante in video evocasse un po' Flavia Vento, e questo non giocava a suo favore.

Oggi Francesca ha la scrivania alla Destra del Padre; Emilio la chiama in causa a leggere le agenzie nel tg serale, e lei è talmente diligente e succube dell'Emilio che i suoi occhioni adoranti hanno tolto in me ogni briciolo di antipatia per la "Paola Barale del Tg4".


Quante avrebbero resistito agli insulti in diretta del Direttore? Francesca conduce il Tg4 all'ora di pranzo, vi prego, guardatela, è meravigliosa, la sua somiglianza con Fido è inquietante. Quando il Direttore la lascia sola alla conduzione del Tg, lei dà il meglio di sé.

Gesticola, mima, usa il linguaggio dei sordomuti, poggia il gomito e stende l'altro braccio in maniera perfettamente speculare ad Emilio; legge le notizie interpretandole magnificamente, accompagna la lettura con le mani traducendo le parole in musica; è la prova che qualcuno, mentre Antinori getta fumo negli occhi dalle tribune dei convegni ai politici scandalizzati, nell'ombra, sta già clonando gli esseri umani.

Lasciare che solo i ricchi possano accedere a tali perle è ingiusto, Rete4 deve rimanere accessibile a tutti, in uno Stato democratico non si può lasciare che l'unica voce trasparente e annesso clone in versione femminile diventino beni di lusso.
Giovanna d'Arco


31 Agosto 2001 - Non accettate piu' di un Campari soda

Leggo in bottega una denuncia in cui un amico riporta una frase pronunciata da un non identificato collega del Tg 4 che, parlando nella rassegna stampa serale della compravendita di bambine africane dice testualmente che "una cosa sono dodici anni in Italia, una cosa in Africa: là sono già considerate delle donne mature". Non sono d’accordo.

Leggo su la Repubblica di oggi il tradizionale e solitamente delizioso boxino di Michele Serra, L’Amaca che, cito sempre testualmente, “il capo del governo, a Porto Rotondo, ha regalato un gioiello a una delle giornaliste che lo seguivano durante il suo shopping. Mi chiedo – prosegue Serra - se la giornalista ha gentilmente rifiutato, come sarebbe stato suo elementare dovere, ma temo di no”. Lo temo anch’io e anche stavolta non sono d’accordo. E per due ragioni. 

La prima è che simili episodi non meritano di essere coperti dall’anonimato; la seconda, ben più importante, è che senza fare nomi e cognomi, il sospetto rischia di estendersi ai tanti colleghi per bene che lavorano al Tg 4 o alle tante colleghe che, al seguito del nostro raffinatissimo premier, non si sarebbero mai peritate di accettare qualcosa di più che un semplice Campari soda

Se fossi stata inviata al seguito di Berlusconi avrei preteso da la Repubblica, con la stessa evidenza, nella stessa posizione e bla, bla, bla la seguente dichiarazione: “La sottoscritta Mata Hari sottolinea di non essere la giornalista che ha ricevuto ed accettato il souvenir di Silvio Berlusconi”. E voi, gente, come la pensate?
Mata Hari


31 Agosto 2001 - Biscotti per chi non ha i denti per mangiarli

Sempre meglio che lavorare? Sarà, eppure non mi sembra che ci sia al mondo un "mestiere" più bello. E' una passione, e chi non la concepisce come tale dovrebbe fare l'impiegato delle Poste.

Aprire il giornale, leggere la pagina, leggere le tue fatiche, le tue ricerche, il tuo modo di offrirle al mondo, pensare che c'è al mondo una persona, una sola che in quel momento "ti" sta leggendo, bè, è dare un senso alla tua giornata, è spalancare le braccia verso il cielo, è rompere il velo sottile che ti rende unico e separato dal tutto.

Vedere la pagina, il servizio realizzato, è il tassello che va al suo posto, è il fiore sbocciato nel giardino, è la luna che sorge per sistemarsi esattamente dove deve stare. E' liberare l'energia, è offrire te stesso al mondo a piene mani per non smettere mai, è svuotarsi per poter dare ancora.

Domani ci sarà ancora tempo ed energia per ricominciare. Ma per quanti questo è solo un volo pindarico? Quasi per tutti i "giornalisti" che non sanno neanche usare la punteggiatura, che non conoscono l'italiano, che non amano la sottile musicalità della lingua, che non conoscono il raffinato piacere di "raccontare" il fatto, la notizia, la storia. Dio, anche in questo caso, ha dato molti biscotti a chi non ha denti buoni per mangiarli. 
Mime

l.carlotta@tiscalinet.it


31 Agosto 2001 - Scrivo al Barbiere perche' Mentana intenda

Caro Figaro, scrivo a te nella speranza che questa missiva cada sotto gli occhi di Enrico Mentana, direttore del Tg5, forse il più seguito telegiornale italiano.

Ho appena assistito (sono in redazione, ore 13, 26) a un tristissimo servizio di almeno sette-otto minuti sul tormentone Milingo. Dal tono del cronista sembrava stesse intervistando, non so, Nelson Mandela alla sua uscita dal carcere dopo 40 anni di ingiusta detenzione.

Seconda notizia del Tg, subito dopo la situazione, quella si davvero tragica, del Medioriente. Ma che lavoro facciamo? Di cosa stiamo parlando? Perché tutto questo spazio a una storia davvero idiota e insignificante come questa pantomima del vescovo che si sposa con una dottoressa conosciuta 5 minuti prima (il metodo Moon funziona così...) e poi cambia idea per ragion di Stato (Vaticano, s'intende)?

Ma ci ricordiamo che Milingo era quello che diceva messa a casa sua? E cosa ce ne frega a noi che la povera Maria Sung era già sposata con un napoletano? Magari parliamo delle sette religiose, e del fatto che prendono per il culo tante persone fragili o disorientate spillando loro fino all'ultimo quattrino, invece di interrogarci su quale professione svolga oggi il misterioso ex marito della dottoressa ripudiata.

Facciamo uno sforzo di approfondimento vero, e lasciamo a "Chi" e "Oggi" il compito di indagare sui tormentoni rosa. Un Tg nazionale, del calibro di quello diretto da Mentana, dovrebbe a mio avviso fare scelte un po' coraggiose, e non appecoronarsi sull'ormai dominante stile Novella 2001. Senza offesa per nessuno.
Michele Caropreso, giornalista, Roma


31 Agosto 2001 - Come si fa a entrare alla Rai?

Caro Barbiere, rieccoci dopo le vacanze. Innanzitutto voglio fare una piccola riflessione: le vacanze mi sembrano tali soprattutto quando non leggo i giornali. Il piacere del quotidiano vivere mi sembra più grande quando non leggo i giornali che mi danno ai nervi: tutti.

Sarà perchè per noi della professione è evidente il nesso che c'è tra la comunicazione e i poteri e le ragioni che stanno a monte delle scelte editoriali? Basti vedere come ormai i tormentoni non corrispondano al reale sentire della popolazione: lipo-bayer-viagra, mucca pazza (a proposito:fa ancora male?), teatrino dei G8-antiG8 , Milingo-maria.

Noto che anche il Barbiere si è adeguato e ora ha in copertina il caso Mariangela-Pamparana. Ma voglio provare a proporvi un argomento più accattivante, che forse può avere risvolti più scabrosi di queste novelas...

Vorrei sapere, domanda dei cento dobloni: come si fa ad entrare a lavorare alla rai? anche per tre mesi anche per una settimana La domanda è tornata di attualità dopo che (a margine del concorso annullato) sono venuto a sapere di una mia collega, diventata professionista da qualche settimana (senza laurea; io mi ero battuto contro il requisito della laurea nel concorso), che subito dopo l'esame di stato ha avuto un contratto di 3 mesi con il Tg3.

Ora i maligni dicono che il cotnratto è stato ottenuto grazie ad una zia dipendente... Io non ci credo... Ma vorrei sapere dalla Rai... Ente pubblico (almeno così mi risulta) quali sono i criteri, quante sono le persone assunte a tempo determinato...

Poi, siccome la Corte dei Conti fa le pulci agli enti locali e ai ministeri, vorrei sapere se nessuno si è mai posto il problema di verificare come avvengono gli ingressi nella Rai (dove mi risulta che giornalisti si diventa dopo essere entrati con ben altre qualifiche...) Sono certo che non avrò risposta... Finchè questi segreti rimarranno tali non sorprendiamoci se questo Paese sembra più il sudamerica che l'occidente (ma forse il Sudamerica inizia ad essere più avanti...) saluti
Lucky


29 Agosto 2001 - Pamparana il modesto: "spero che mio figlio sia bravo come me".

Andrea Pamparana il vicedirettore del Tg5 assediato dalle fans perfino sulle pagine web del BdS ha da poco avuto (con la fondamentale partecipazione della moglie) un bimbo, Simone. Sono andata a sondare le aspettative paterne.

Intanto tanti auguri dal Barbiere della Sera…
Grazie!

Vogliamo parlare di questo bimbo? Cioè, tu vorresti che facesse il giornalista? 
Guarda, io ho già un altro bimbone di 16 anni…

Che vuol fare il giornalista?
No, vuol fare lo chef e studia per fare lo chef. E devo dirti che sono talmente felice che voglia fare lo chef, ma non perché non voglio che faccia il giornalista. 

Perché vorrei che facesse quello che gli piace, quello che desidera. Io volevo fare il giornalista in seconda elementare e la mia maestra mi aveva nominato responsabile del giornalino di classe. Quindi alla fine ho fatto proprio quello che volevo fare. 

Mio padre faceva il sindacalista in una grande fabbrica metalmeccanica, per cui non avevo precedenti in famiglia. Insomma, che faccia quello che gli piace! Se volesse fare il giornalista ha un vantaggio, è ovvio.

Un padre giornalista. 
Già.

Aiuta?
Secondo te no? Molto, anche.

Non lo so: mio padre non è giornalista, purtroppo per me. Dimmelo tu perché aiuta.
Beh, sai, per i contatti che hai rispetto a qualunque altra persona che deve cercare disperatamente di entrare in una redazione, soprattutto oggi (Toh, proprio il mio caso!). Poi dipende anche dal papà, se il papà giornalista ha un minimo di potere. Comunque per me è uguale. Come è stato per l’altro figlio, non l’ho mai condizionato e il giorno in cui mi ha detto: “Papà, io ho questa grande passione” ed ho scoperto che aveva talento…

Per la cucina. Ma non sono un po’ simili cucina e giornalismo? Comunque bisogna essere creativi ed anche il giornalista mischia vari ingredienti…
Sì, effettivamente hai ragione. Se mi avesse detto di voler fare il meccanico o il chirurgo forse sarei stato meno entusiasta, perché, hai ragione, in fondo lo chef  ha qualcosa a che fare con la cultura e con la fantasia.

Che consiglio si potrebbe dare a questo piccolo, se volesse fare il giornalista. Cosa gli diresti?
Beh, intanto di prendere da suo padre.

In che senso?
Cominci ad essere bravo come suo papà…

Anche modesto come il padre magari, eh?
(Risata). Intanto di essere sempre se stesso, pronto a sfidare qualsiasi cosa. Indignarsi o non indignarsi, ma prendere posizione.

Un indignato speciale baby…
Sì, sarebbe bello. Comunque una cosa è fondamentale: essere sempre capace di avere la forza di prendere posizione. Poi, magari, anche di sbagliare, ma chi se ne frega. L’importante è che tutti sappiano esattamente come tu la pensi.

Ma un giornalista non deve essere imparziale?
Non ci ho mai creduto a questa cosa. Da questo punto di vista sono un montanelliano. Io ho due grandi miti insuperabili nella mia vita: Dino Buzzati e Montanelli. 

Nessuno dei due è stato un giornalista imparziale, nel senso inesistente della parola. Cerchiamo di essere onesti tutti i giorni. Ma che vuol dire imparziale? Certo, se descrivi un incidente stradale, una guerra o anche i fatti di Genova – visto che siamo stati spesso oggetto di critiche per come noi al Tg5 avevamo seguito quelle vicende – l’importante è raccontare i fatti, attraverso le testimonianze e le immagini di quello che è accaduto. Poi, però, se vuoi esprimere la tua opinione, perché non lo devi fare una volta che firmi o metti la tua faccia?

Mi par di capire che non manderesti mai tuo figlio in una scuola di giornalismo americana, dove l’imparzialità la predicano allo stremo.
Ma se in America stanno addirittura rivalutando e ripensando a tutto quello che è stato il Watergate! Woodward e Bernstein fecero un grande lavoro in quel momento. Poi col passare del tempo, il contesto storico, politico e culturale può portare a delle modifiche. Il giornalista non è uno
storico.

Storico del presente’ è stato definito.
Però lo storico ha tutti i documenti e gli elementi per poter dire come stanno le cose. In questi giorni, in attesa, appunto, come si dice… della creatura
(il figlio, ndr) ho letto le memorie di Churchill sulla Seconda Guerra Mondiale.

Perché una simile lettura collegata con la nascita di un figlio?
Perché avevo tempo, ero in ospedale anch’io. Mentre mia moglie cercava di riposare, io, naturalmente, non riuscivo a dormire perché montava la tensione…

Vabbè, potevi leggere libri sull’infanzia o manuali tipo “Come farlo crescere sano e bello”.
Non vorrei dire, ma io ho scritto ben due libri per l’infanzia. Uno di fiabe…

Allora potevi leggere le tue fiabe per addormentarti!
Ti assicuro, una grande lettura (le sue fiabe o Churchill? Non ho avuto il coraggio di approfondire). E’ evidente che mi piace molto la storia. Però non sono uno storico, nemmeno del presente. E questo, credimi, mi lascia molto più sereno nel fare questo mestiere, perché mi dico: “Io i fatti li ho letti così”. Tanto la gente è libera di scegliere.

Senti, che mi dici di questa donna che spasima d’amore per te?
Dio mio! Ragazzi, fate qualcosa! Toglietemela  dalle palle! No, scherzo… Ti giuro, ieri sono arrivato in redazione ed era il tormentone: mi hanno preso per i fondelli tutti quanti. Puoi immaginare il tenore dei commenti: “ma che gusti orribili”; “ma che schifo”; “oramai non c’è più religione”…

Ma che considerazione hanno di te in redazione?!
Ma sai, qui…(ride). Poi sembrava una persona che mi aveva cercato disperatamente, ma non è così difficile trovarmi. Che io lavori al Tg5, credo lo sappia qualche persona. Quindi ci vuol poco. 

In più, la mia mail è sulle copertine dei libri, nella rubrica del lunedì sul Giornale e la dico tutte le domeniche alla radio. “Ti hanno salvato” mi hanno detto in redazione. In effetti, quello della paternità è un deterrente importante. Considerato poi che sono padre due volte ed il primo figlio è della prima moglie, dal punto di vista del cosiddetto ‘buon partito’, io sono un disastro!

Troppi strascichi…
Esatto. Faccio venti lavori per sopravvivere.

Sopravvivere ai mantenimenti… 
Sì. Vuoi altro da me?

Noo, direi di no. Auguri di nuovo. 
Grazie! Complimenti, perché ogni tanto ci divertite.

Solo ogni tanto? 
Beh, qualche volta ci fate incazzare giustamente…

Meno male. Dimmi quando vi facciamo incazzare. 
E’ il momento in cui diventa più interessante, perché c’è il dibattito. Io quando c’è da scrivervi, da rispondere e da entrare nell’arena mi diverto. E’ più bello ed è anche un modo per ‘allargare’ le redazioni, perché c’è troppa chiusura. Avendo lavorato in gioventù con gente come Zucconi, Levi, Bocca… questi grandi vecchi avevano le loro rivalità, però nella carta stampata è più facile la circolarità delle penne. Noi in televisione siamo un po’ militarizzati: tutti con la maglietta Mediaset o Rai. Alla fine è una cosa stancante.

Noi facciamo da collante e facciamo ridere un po’ tutti. Ridere e riflettere, si spera… 
Una funzione che anni fa aveva Prima Comunicazione. Ma era troppo per addetti ai lavori e, difatti, alla fine è diventato un giornale un po’ noiosetto… e autoreferenziale.

Non si parla male della concorrenza quindi non commento. Certo una tua fan non avrebbe trovato grande spazio se non sul Barbiere.
L’idea che questa c’ha la mia immagine sul desktop mi fa scompisciare. Infatti ho fatto leggere tutto a mia moglie, che ha detto: “E’ incredibile! Ma cosa fai alle donne?”.

Beh, lei lo saprà… La bottega alimenta tutti i tipi di contatti. 
Allucinante. Quello che è successo è grave. Dovrebbe farvi riflettere.

Dovrebbe far riflettere noi? Noi abbiamo solo dato voce ad un appello accorato…Rifletti tu casomai.
Va bene! Buon lavoro.

Pennina


29 Agosto 2001 - Come lo chiamiamo il nuovo Movimento? Ugo?

E’ il forum più divertente e interessante dell’informazione in Italia, alla faccia di chi vorrebbe la sinistra sempre ingessata. Nel forum dell’Unità quest’estate poi è nato un singolare movimento ‘virtuale’: il Mo’Basta ekkekkazz Casa dell’intolleranza.  

Nel mirino dei ‘mobbastisti’ (così si definiscono gli adepti) c’è ogni violenza contro l’intelligenza, la realtà dei fatti e la sintassi, che viene castigata con provocatorie e fantasiose estemporanee scritte (in parte riportate in un sito e in un forum parallelo, www.lonelyplanet.it).

Nel mirino c’è pure Piero Sansonetti, autore dell’articolo d’apertura del nuovo tema (‘Il movimento parla alla sinistra?’), sintesi dei quasi 4.000 interventi relativi alle prospettive del movimento nel dopo Genova, duramente contestato.

‘Non sono un appassionato di forum, però ho letto tutti gli interventi. –specifica Sansonetti al Barbiere-, Admin (ndr: il nick dell’amministratore del forum) mi ha chiesto un articolo e io l’ho fatto, premettendo che era impossibile trarre conclusioni, fare una sintesi. Si tratta di un mio intervento’. ‘Quanto alle polemiche sono inevitabili in un forum che è libero, dove ognuno può dire la sua e chiunque può rispondere. Ma se vuoi saperne di più chiama al rientro di Admin dalle ferie’.

In realtà non c’è molto di più da sapere, almeno in casa Unità. La parte del leone la fanno i vari nick, protagonisti di una piece virtuale in progress gustosissima. 

I polemici col titolo (‘Il movimento parla? La sinistra ascolta? Come si chiama il movimento? Chiamiamolo Ugo.ecc) si scontrano con i diessini duri e puri –in materia di nomi, più interessati a quello del prossimo segretario del partito-, coi difensori ad oltranza del Gsf (hanno tolto a Casarini e Agnoletto visibilità, chiamandoli °° e ++), con i berlusconiani convinti (capeggiati da Linarena, nota frequentatrice di forum e abituè anche di Radio Radicale e di Prima Pagina).
 

Gli intolleranti stanno progettando un meeting per l’8 settembre a Venezia. Incontro che, per una singolare forma d’intolleranza, è aperto a tutti…hanno invitato persino Furio Colombo!
La Ragazza del Bar


28 Agosto 2001 - Aiutatemi a trovare Andrea Pamparana
Caro Barbiere della Sera, chi ti scrive è una giovane donna che da settimane cerca in ogni modo - legale , almeno fino ad ora - di mettersi in contatto con l'Uomo.

L'uomo che vide un giorno distrattamente tra un cappuccione e una bomba con la nutella, con gli occhi abbottonati e il pigiamone stinto/maculato - mamma l'ha messo in lavatrice con il terribile calzino celeste - .

Da quel momento nulla è stato più lo stesso. Ho iniziato con una e-mail, romantica come una lettera ma molto più veloce; ho continuato con altre email, ma ad un indirizzo al quale sicuramente Lui non ha diretto accesso, perchè non c'è altra spiegazione al fatto che non mi risponde.

Così mi rendo conto che avrà affidato l'ingrato compito di scaricare la posta a qualcun'altro, e il tipo in questione, geloso per il successo dell'Altro, cestina puntualmente le mie email; così Lui non sa.

Passo alla rapida ricerca on line, - se sei minimo un lustrascarpe che si rispetti hai il sito - certa che Lui ci doveva essere, sotto qualche forma, e , in effetti, c'era. Scopro così qualche notizia, cose di poco conto - è vicedirettore di un Tg, è dell'Inter - e altre di molto interesse - si è trasferito da poco a Roma - altre che mi preoccupano per un istante - ha scritto qualche decina di libri - ma giusto un istante, perchè vado forte con i congiuntivi.

Da attente analisi della sua immagine scopro che non ha anelli dorati nelle parti del corpo visibili - soprattutto l'abbronzatura all'anulare sinistro è omogenea al resto della mano - e questo mi incoraggia a proseguire nella sempre piu' difficile impresa.

Scrivo alla casa editrice con la quale ha pubblicato alcuni titoli chiedendo la mail dell'Autore e tacendo le mie intenzioni "marpionesche", l'indirizzo arriva. Sono Felice. Gli scrivo l'ennesima lettera, sicura che questa volta mi risponderà. Nulla.

Così mi viene il sospetto che la diligente impiegata si sia burlata di me o, più probabile, abbia sbagliato a darmi la mail, come si può del resto pretendere che si ricordi a memoria tutti i recapiti degli autori di una casa editrice?

Così vado sul sito del Tg da lui Vicediretto, trovo la mail, scrivo di nuovo, la mail torna indietro, c'è un errore nel server. Tutto sembra remare contro ma, come la Ballerina di Siviglia, continuo a stare dritta e fiera sulla mia sedia a cantare lo stornello con l'espressione di chi, prima o poi, sa che ce la farà.

Così metto su un elenco di circa 15 indirizzi email che contengono il Suo nome e cognome, me li invento di sana pianta ma sono tutti indirizzi che potrebbero essere veri; uno, mi dico, almeno lo azzeccherò. Ma non ottengo nessuna risposta. Evidentemente ho sbagliato tutti gli indirizzi, nessuno è il suo, chiaro, che altra spiegazione potrebbe esserci sennò?

Medito un "attacco frontale", ma sin dall'inizio non mi ha attratto troppo l'idea di una incursione impositiva. Mi sento molto Maria Sung, ma non pensavo che Lui fosse il clone di Milingo...in effetti non mi ha sposata "al buio", ma non gli ho mai chiesto tanto e subito!

Ho deciso, gli mando un mazzo di fiori in ufficio, so dove lavora. Vado su internet, novello esercito della salvezza, e cerco un sito dedicato al linguaggio dei fiori, lo trovo. Ma non immaginavo che ogni fiore fosse una Divina Commedia con i petali! Desisto, chissà, magari non ama i fiori recisi, poi gli lascio un segno negativo indelebile come mio ricordo; magari una pianta....e se non ha il pollice verde?

Allora vado sul sito ufficiale della radio per la quale conduce un programma settimanale, scovo la mail di un tipo che lavora nella radio nativo di un paese in provincia di Potenza, gli scrivo, facendo leva sulle origini comuni - io veramente sono romana ma i miei genitori sono di un paese in provincia di Potenza... - lo imploro di essere il mio " 'ngucchiaviddichi" (trad. colui che unisce gli ombelichi. Al di là dell'allusione erotica io lo intendevo nel significato lato, cioé: colui che avvicina le anime ), ma temo lui abbia frainteso e mi abbia scambiato per una maniaca erotomane, infatti non mi risponde.

E io continuo a spiare il suo volto che mi sorride sul desktop, dove è diventato sfondo a tempo indeterminato. Oggi gli ho mandato l'ennesima mail, ma temo andrà a finire come al solito...con il suo vice che cestina la mia mail...! cosa avevi capito?

Medito seriamente di emulare Maria (Sung) e di fare uno sciopero della fame, ma mi piace troppo mangiare, magari prometto uno streap-alla-Ferilli se qualcuno riuscirà a rompere la cortina di ferro che i terribili guardiani hanno eretto attorno a Lui per rendermi difficile la missione....

Già, missione, perchè finchè Lui non saprà che su questa terra ci sono io, si sentirà infelice, non completamente appagato, gli mancherà sempre qualcosa....sic sic....e mancherà anche a me.

Caro Barbiere, vuoi almeno tu, aiutare due anime a ritrovarsi? Insomma, Caro barbiere, comprendi il mio affanno sentimentale? Ti eleggo in questa situazione a Papa......dov'è Milingo.....ooops scusami, mi sono lasciata prendere.......Andrea Pamparana?

Grazie, spero vorrai aiutarmi a raggiungerlo, un saluto da parte mia alla Ballerina di Siviglia, della cui opera condivido la motivazione e l'impegno sociale, e Maria Sung, la Donna Innamorata che scambiava un calcio in faccia con una carezza....ma Andrea è diverso, se solo lui sapesse che sto qua non mi lascerebbe andar via.....
Mariangela

Cara Mariangela, comprendiamo i tuoi affanni. Ma piu' che segnalarli al mitico indignato speciale non possiamo. Speriamo che ti legga.
Bds


27 Agosto 2001 - Quando un editore e' di Rigore

Rigore si è trasformato in autogol e deve chiudere bottega. Parliamo dell’atipico settimanale di calcio e cultura ‘Rigore’, che così si presentava ai suoi lettori: “Su Rigore troverete, accanto agli approfondimenti tecnico-tattici e ai ritratti dei protagonisti, anche notizie inedite, comprese quelle che possono dar fastidio a questo o quel potente. Insomma, il giornalismo scomodo come missione.

Ho fatto quattro chiacchiere con Gianfranco Teotino, il direttore.

Come va?  
Tutto bene.

A parte che il giornale chiude…  
Già. Ci vuole un editore. Una figura che in realtà non abbiamo mai avuto, perché il giornale era sostenuto da una società che era un gruppo di amici. Questo è stato, fin dall’inizio, il punto debole della nostra avventura. Quindi se ci fosse qualcuno disposto ad investire una cifra anche non molto impegnativa su questo prodotto, si potrebbe ripartire anche subito.

Il problema è che la società ha esaurito il budget iniziale, che aveva a disposizione un anno e mezzo fa. Si è subito capito che il giornale, da solo, non poteva autofinanziarsi. Abbiamo iniziato a diversificare facendo da content provider per il sito internet Goalcity, proprietà di una società partecipata da Matrix (la società proprietaria di Virgilio, ndr).  


Non potevate estendere l’attività di content provider?
 
Probabilmente sì, con un maggiore dinamismo manageriale che non abbiamo avuto. Ci è mancata una gestione manageriale della società. A volte me ne sono occupato anch’io, però fare le due cose contemporaneamente è un po’ difficile.

Cerchiamo un editore a tempo pieno, in grado di avere una minima sinergia. Comunque è clamoroso che questo giornale abbia resistito per un anno e mezzo, perché ha sfidato tutte le leggi dell’editoria: è mancato un editore professionista e, soprattutto, noi non abbiamo mai fatto una campagna pubblicitaria.

Siamo usciti con un minilancio, che è consistito nella stampa di un numero zero distribuito gratuitamente e con un impegno finanziario servito a farci distribuire, tra le altre cose, insieme a Panorama. Per il resto non abbiamo fatto nulla né sulle televisioni, né sulle radio. Questo giornale ha fatto parlare di sé grazie alle sue campagne. A loro si deve la sua esistenza.

Quanto ha influito sulla chiusura il fatto di essere dei rompiballe?
Mah… ha influito anche questo, certamente. Per quanto riguarda la raccolta della pubblicità, credo che molte società che vivono ed investono nel calcio hanno avuto, probabilmente, dei suggerimenti da parte dei ‘Palazzi del Calcio’ di non darci molto appoggio.

Però, da un punto di vista imprenditoriale, non è stata la causa principale. Il problema è che avevamo un budget troppo ridotto. Siamo costretti a sospendere adesso le pubblicazioni avendo la certezza che, se fossimo andati avanti fino alla fine dell’anno, i conti della società del 2001 sarebbero stati certamente migliori di quelli del 2000.

Perché non c’è stato un calo nelle vendite. C’è stato un calo di pubblicità, ma ampiamente ripagato da questa nostra attività di cessione di servizi. Perciò credo che imprenditorialmente la cosa potrebbe avere ancora un interesse: eravamo in una fase di miglioramento. Penso che, nel giro di tre anni, saremmo andati non solo in pareggio, ma anche in attivo.

Un calo di copie però l’avete avuto.  
Sì, dei primi tre numeri abbiamo venduto quindicimila copie. Ma, come per tutti i giornali nuovi, poi il calo è fisiologico. Ci siamo attestati sulle sei-settemila copie dopo due mesi. Uno dei più gravi problemi italiani dell’editoria è la distribuzione, che è pazzesca e costosissima.

Specie per le iniziative più piccole.  
Sì, i giornali di nicchia che vendono poche copie e che hanno un prezzo di copertina basso sono i più danneggiati, perché sulla distribuzione ci devono guadagnare l’edicolante, il distributore locale ed il distributore nazionale. Con la rivista patinata già hai margini di manovra superiori. Abbiamo anche provato a cambiar distributore, ci siamo sempre rivolti a distributori importanti. Però non è bastato.

Se c’è una cosa buona di internet è che non ha costi di distribuzione. Non avete pensato di rimanere vivi on-line?  

Ci abbiamo anche pensato, ma questo andava all’interno di un piano industriale che dopo i primi tre mesi non è mai più stato fatto. Torniamo al dilettantismo di chi ha gestito la cosa. Siccome con internet non hai nessuna entrata, perché la pubblicità è comunque nettamente inferiore anche al poco che puoi raccogliere sul giornale, il sito andava accompagnato con un’attività di content providing sviluppata meglio di come l’abbiamo sviluppata noi.

In ogni caso, questa è una possibilità intelligente a cui pensare, nel caso ci fosse un editore interessato a subentrare solo on-line. Anche se mi pare che i conti dei migliori giornali on-line tipo IlNuovo non siano molto incoraggianti, dal punto di vista economico.

Ci siamo anche noi del Barbiere che prosperiamo senza bilanci di sorta (anche senza paga di sorta, a dir la verità).  
Sì, vabbè… però… voi siete una cosa un po’… più… così… insomma! (che saremo? Boh?!) Poi sono giornalista da 24 anni. Ho sempre lavorato sulla carta, per cui faccio fatica, nonostante tutto, ad abituarmi all’idea che la carta non ci sia proprio più.

Che idea romantica!
Sì, un po’ sì. Poi è solo l’idea, eh… In realtà mi rendo conto perfettamente.

A.A.A. editore cercasi…  
Sì, diciamo così. Penso che il nostro know-how nella materia calcistica, il nostro modo di parlare e di discutere di calcio siano abbastanza importanti. Quindi potrebbero essere coltivati.

Per ora non avete nessun contatto?  
No.

Quindi non avete idea di quanto tempo resterete chiusi.
 
No, non abbiamo nessuna idea. Non c’è nulla di concreto. Solo parole, nessuna trattativa avviata.

Noi intanto pubblichiamo l’appello… sperando di fare goal!  
Pennina


27 Agosto 2001 - Pensierini sulla notiziabilita'

La contingenza feriaiola e la temporanea chiusura della bottega (ci stiamo lavorando come matti; ragazzi, non perdetevi la rentrée) mi hanno consentito qualche riflessione sul nostro mondo e in particolare sulla “notiziabilità” - termine che non conoscevo e che considero inverecondo – di un evento.

Ignoranza per la quale sono stata bacchettata da una giovane collega che mi ha dato della retro e alla quale ho replicato che sarò obsoleta ma ancora convinta che prima di usare un qualsivoglia termine è bene accertarsi, possibilmente su un buon vocabolario, che faccia parte del patrimonio lessicale italiano.

Ma andiamo a noi. Ieri (venerdì) il Tg 1 delle 20 ha aperto con un pezzo di circa cinque minuti o giù di lì sulla partenza del primo contingente della forza di pace italiana con destinazione Macedonia.

Poca cronaca (anche perché poco da dire c’era), una rievocazione patriottarda della Brigata Sassari e una lunga intervista al generale Rolando Mosca Moschini che per circa due minuti ha invaso i tubi catodici del Bel Paese con gli stessi toni che usò Ike Eisenhower quel cinque giugno 1944 quando convocò i suoi generali dicendo: “Ragazzi, il D-Day è arrivato; domani si parte, destinazione Normandia”.

Mentre invece, cito testualmente il comunicato del Ministero della Difesa, sarà “un’operazione di raccolta delle armi che i guerriglieri dell’Uck si sono impegnati a consegnare spontaneamente”. Insomma, un ritiro Dhl o Traco un po’ più complicato.

E checché ne dica l’intrepido comandante Centonze (occhiello: “Pronti a rispondere al fuoco”), sono pronta a scommettere cento contro uno che non verrà sparato un solo colpo e che nessuno si farà nemmeno un graffio a meno che non ci sia qualche demente che dica ad altri due poveri ragazzi che un elicottero, ancora fra le nuvole, è invece a qualche centimetro da terra.

Il Corsera di oggi rilancia il tutto con un’intera pagina (la 7) dove si ripropone l’intervista a Mosca Moschini, viene ricicciata la storia della Brigata Sassari e come ciliegina sulla torta Alberto Pinna ci propone un’intervista a “Passaghe Walter caporalmaggiore, anni 25, di Osilo”, il quale, sempre per il tramite di Pinna, comunica ai lettori di “tenere alla pelle e di essere fidanzato” oltre che portare sempre nello zainetto, “il ricordo degli occhi lucidi” della sua bella e un “pupazzetto a forma di serpente”. Chapeau ragazzi, questo sì che è grande giornalismo.

Alla missione partecipano anche forze francesi, inglesi, ceche, greche e turche. Ignorando il ceco, il turco e il greco mi sono limitata a dare un’occhiata, via Internet, ai maggiori quotidiani francesi e inglesi. Le Monde e The Times hanno ignorato la (non) notizia, una breve di dieci righe o giù di lì l’ho scovata su Le Figaro e su The Guardian. Due colonne su The Sun (qualcosa di molto simile ad un Eva Express in versione britannica e quotidiana).

Spaparanzata in poltrona, continuo a seguire il Tg 1. Come seconda notizia mi sarei aspettata un aggiornamento sull’affaire cerivastatina e sul fatto che una delle maggiori multinazionali del farmaco abbia coscientemente messo a rischio la vita di centinaia di migliaia di esseri umani ma il Tg 1 l’ha scalettata come settima notizia mentre sul Corsera per trovarla devo sfogliare sino a pagina 15.

Preceduta (titolo a sette colonne) dalla drammatica lacerazione psicologica e dall’eroismo del sor Carletto “Magara” Mazzone che offre il suo virile petto capitolino alla furia degli ultras e sprezzante del pericolo (“Non ho paura”, titolo a sette colonne) torna ad allenare il Brescia nonché (titolo a nove colonne con foto centrale in cui trionfa il sorriso meneghin cavallino di Letizia Brichetto Arnaboldi coniugata Moratti) dalla sorprendente e inedita dichiarazione in cui la sullodata, così come hanno fatto i dieci o quindici precedenti ministri della Pubblica Istruzione, proclama che “serve una nuova maturità”.

Notizia numero due della corazzata di Saxa (e intera seconda pagina dell’altra corazzata, quella di via Solferino) il dramma di monsignor Milingo e della sua pseudo consorte Maria Sung.

Mi rifiuto di ricapitolare la vicenda sia per rispetto verso i miei venti (o giù di lì) lettori. La pagina contiene un lungo mea culpa del monsignore intervistato da Luigi Accattoli che culmina con un “Maria ho sbagliato, ti amerò come una sorella” (titolo a sette colonne) e un’intervista strappalacrime di Giovanna Cavalli a Maria Sung con toni che sarebbero stati esagerati anche per suor Teresa di Calcutta e che se siete di stomaco forte vi invito a leggere.

Francamente (chissà, forse sarò retro come dice la mia giovane collega) non riesco a comprendere come si possa dare tale risonanza ad una notizia che, ben che vada, può interessare solo una sciampista di terza classe o qualche portinaia di periferia.

Chi a mio avviso ne esce con le ossa rotte da questa vicenda è la Chiesa (al cui gregge mi vanto di non appartenere) che è scesa a mediazione per riportare all’ovile un vescovo pruriginoso offrendogli ciò che negò a Galileo, Giordano Bruno o Girolamo Savonarola. Ne valeva la pena? Boh, contenti loro...

Mata Hari
mata_hari@katamail.com


23 Agosto 2001 - Peccato che Navarro era in ferie

Due i grandi tormentoni d’agosto. Il primo riguarda la Bayer, il cui errore principale è stato -finora almeno- di avere sottovalutato che il ritiro volontario del Lipobay alla vigilia dell’estate avrebbe prodotto più danni della permanenza del prodotto-sospetto sul mercato americano anche in Settembre, durante la prevista (e ormai saltata) quotazione in borsa a New York.

Quotazione decisa, peraltro, per raccogliere le risorse finanziarie sufficienti ad evitare la vendita della divisione farmaceutica a un concorrente. Vendita ormai -si suppone- scontata….e in tutti i sensi, anche quello del prezzo!
Il secondo riguarda il Vaticano e il Papa, il cui errore principale è di avere mandato in vacanza in Agosto il portavoce Navarro e di essersi trovato, del tutto disarmato, in balia di una squadra di guastatori del reverendo Moon. Una squadra che in pochi giorni di telenovela ha prodotto tanti danni quanti –a occhio e croce- i vantaggi ricavati per la Chiesa da un anno intero di celebrazioni giubilari.

Rispetto al caso Bayer confesso di essere, da molti anni, consumatore di statine di varie famiglie, di avere sempre saputo che ogni farmaco ha effetti collaterali e di essere sempre stato al corrente che le statine possono produrre problemi ai muscoli.

Sono una eccezione? Se si, allora non si capisce perché il procuratore Guariniello non se la prenda con i medici e con i malati i cui comportamenti scriteriati producono danni gravissimi alle imprese. Paradossale? Mica tanto, e immagino che gli avvocati-cacciatori-di-taglie pronti a qualsiasi battaglia in cui sia percepibile l’odore del dollaro, potrebbero pensarci bene.

Del resto di Guariniello, anche prima dell’ultimo exploit, si sa tutto salvo di quale fine abbiano fatto le sue mille e una iniziative-media avviate in questi decenni, fin da quando era giovane pretore. Bolle di sapone?

Ma perché mai la stampa dovrebbe indagare sul passato prima di affidare cieca credibilità a personaggi del genere ? Meglio gonfiare i titoli sulle perquisizioni, gli interrogatori notturni, la diffusione della sindrome-da-risarcimento che aumenta a dismisura il numero di casi sospetti..fino a quando non si scoprirà (ma chi se lo ricorderà la prossima volta che succede?) ciò che era verosimile fin dal primo giorno, e cioè che tutti i farmaci producono effetti collaterali, che per alcuni di questi farmaci, ad esempio le statine, questi effetti possono essere anche mortali e che conviene assumerli solo se strettamente necessario e sotto il controllo del medico curante.

E i danni irreversibili prodotti alla Bayer chi li paga? Guariniello? Il vice ministro della salute tedesco? Gli avvocati-predoni americani? Il Codacons?

Due soli gli elementi non disperanti: i comportamenti pubblici dei dirigenti della Bayer e del Ministro Sirchia. Sobrietà, comprensione e misura. Non è una gran consolazione ma, come dicono, sempre meglio di un calcio in bocca..

Rispetto al caso Milingo siamo invece al puro camp (termine con cui Susan Sontag definisce ciò che è talmente di cattivo gusto da essere ridicolo).

Proprio negli stessi giorni in cui Panebianco, Galli della Loggia e Scoppola affrontano incerti l’ambiguo rapporto fra chiesa cattolica e globalizzazione, un arcivescovo esorcista fuori-di-testa, che canta e balla il church-blues (straordinario quel superblob che Ghezzi gli ha dedicato!!!), si fa incastrare da una agopunturista koreana….ma con lunga esperienza di lavoro a Napoli… che il più furbo e più ricco fra i tanti capi-setta del mondo gli mette nel letto: quel reverendo Moon che da almeno venti anni dedica alla stampa e alla comunicazione la gran parte della sua giornata, essendo fra l’altro proprietario del Washington Times, il quotidiano maverick della Capitale americana.

E questo, dopo avere reso ridicolo Arcivescovo e Vaticano davanti al mondo intero con una cerimonia farsa di matrimonio collettivo. Scottato per l’affronto in diretta e privo di consiglieri intelligenti, anziché il benign neglect che sicuramente Navarro avrebbe consigliato se non fosse stato in vacanza (e se non era in vacanza, allora ci sarebbe da fare uno scoop per capire perché non gli abbiano dato retta: possibile che abbia perso potere?), il Papa ha preso la questione di petto esercitando pressioni su Milingo perché tornasse all’ovile e sequestrandolo dalle grinfie non tanto della moglie quanto quelle assai più pericolose delle troupe di giornalisti mobilitati dai pierre di Moone. Un vero e proprio disastro comunicativo….

E qui l’unico elemento non negativo è di avere reso in diretta tv il medioevo che pervade la Chiesa: nessun anticlericale-di-ferro avrebbe potuto inventare una storia così disastrosa per l’immagine del Papa! I due tormentoni hanno anche un legame farmaceutico: non tanto la droga che il Vaticano propinerebbe all’Arcivescovo quanto il test di gravidanza negativo della signora Sung/Milingo: immaginate se fosse stato positivo!

Ma, teniamoci forte, sono in arrivo il conflitto di interesse, i vertici no-global, le primarie fra i successori potenziali di Casarini, le scuse di Francesco Caruso alla Iervolino, Mastella che passa a Berlusca, Rutelli che affoga nel nulla e, dimenticavo, la gara della solitudine fra Berlinguer e Fassino…

Il lavoro, ai lettori del Barbiere e ai sempre più numerosi afflitti da piombo-etere-dipendenza, non manca…

Pistino


6 Agosto 2001 - La Ragazza del Bar in tubino di seta color sabbia

Siamo stati premiati. Spero di non aver fatto sfigurare nessuno, nonostante l'emozione (dettata unicamente dal fatto che il premio mi è stato consegnato dall’onorevole Olivieri che ho avuto modo di conoscere e apprezzare ai tempi della Commissione parlamentare sulla tragedia del Cermis) affiancato dell’on. Ferri.

Comunque vi avverto che il Barbiere ha ricevuto due sculture su quarzo e argento raffiguranti una stella alpina e un gruppo di cardi e una pergamena. Già prevedo la giusta delusione di Pennina che non ha ricevuto un premio personalizzato e il subbuglio della redazione, ma soprattutto la difficoltà di far arrivare i premi a chi li ha meritati, dal momento che ne ignoro identità e indirizzo).

Invito pertanto Pennina a fornirmi via mail nome e indirizzo per farle avere il ‘Premio per il giornalismo trasparente’ dal momento che più trasparente di una giovane penna che crede ancora che in questo paese si possa fare del giornalismo non ne ho conosciute (almeno non a Folgarida).

Invito quella donnaccia fedifraga di Mata Hari a fare altrettanto dal momento che, a quanto ho capito, monopolizza l’attenzione delle annunciatrici del Tg2 (se Daniela Vergara, in Trentino con Luca Giurato, ci disistima, con classe e senza scendere in particolari personali, ci sarà pure un motivo…).

E già che ci sono chiedo a Figaro di farmi sapere chi è… manterrò il massimo riserbo, ma, visto che dal 3 agosto 2001, ogni protesta contro il Barbiere arriverà a casa mia, vorrei condividere col capo le responsabilità o almeno avere una spalla su cui piangere non virtuale… Fine delle comunicazioni di servizio.

Se noi, che possiamo contare solo sulle nostre risorse di tempo e Figaro anche su quelle (sue) bancarie, abbiamo vinto due sculture Mentana, che conta, ha incassato milioni (6.000 Euro in assegno), una scultura (un albero in argento dell’artista trentino Diego Rudellin) e una pergamena.

Ho tentato di barattare tutto con l'assegno, anche la sottoscritta (dopo decenni senza sesso se po' fa' pure questo)... Ho dato in diretta l'annuncio a Radio Dolomiti dell'intenzione di Mentana di devolvere il premio in beneficenza al Barbiere della Sera, ma lui mi ha immediatamente smentito.

Ha anche aggiunto che sperava di trovare sul palco qualcosa di meglio di un'umile ragazza del bar... diciamocelo in tutta franchezza: voleva o le talpe o almeno un giornalista di chiara fama...

Sono salita sul palco a ritirare il premio in un affascinante tubino di seta sabbia con caban a ramage in tinta. Sono riuscita a infilare, tra le domande di Oliviero Beha a cui in linea di massima non ho risposto, quanto concordato, quasi tutto: il Barbiere è un sito dove i giornalisti parlano di giornalismo usando gli stessi strumenti che dovrebbero usare nella professione. Siamo anonimi per permettere a tutti di raccontarsi e per sottrarci ai condizionamenti (mentre mi sono dimenticata di dire che lo facciamo anche per valorizzare i ‘contenuti’ rispetto alla ‘firma’).

Ho spiegato che ad esempio il Tenente Colombo è Mentana, che pertanto così veniva premiato due volte. Poi ho ricordato quanto sia importante la nostra professione per garantire lo stato di diritto, come dimostrato da molti giornalisti, soprattutto fotografi e cineoperatori, a Genova, in una situazione che persino Mentana ha trattato decentemente. Non so perché la gente ha riso… tutti, tranne Mentana!!!

Vi ho ricordato a memoria quasi tutti dall'autorevole Conte d'Almaviva a Ambrogio, purtroppo non ho avuto tempo per dire, come concordato con una claque di simpaticissime signore, che il Trentino è terra di fatti e non parole e nessuno può restare insensibile di fronte alla tenacia delle sue genti, anche se ‘se avessi un albergo in Trentino m’impiccherei in un giorno di bassa stagione’ (Gianmaria Testa).

Per il resto ho trascorso cinque giorni al fresco. La vacanza in Trentino è molto rilassante. Sveglia, colazione e –se sfigati a piedi, se giornalisti in auto o pullman- ci si dirige in un luogo pieno di cibo ottimo, di fantastici vini e grappe strepitose e, dopo ore, sempre a piedi (se in discesa, per digerire), ci si sposta verso un nuovo luogo trasudante funghi, tartufi e quant’altro dove innaffiare con vini e grappe la cena.

Deliziosa la compagnia di molti dei premiati, in particolare di Olivella Foresta autrice di Geo & Geo, del meraviglioso Nino Randazzo, direttore del Globo di Melbourne (l’ho intervistato, prossimamente sbobino e metto in linea), di Milena Gabanelli, Report, di Rita Bernardini che è venuta a ritirare una medaglia alla memoria di Antonio Russo, giornalista di Radio radicale ammazzato in Georgia e ricordato per ‘ben’ 15 secondi dal Tg1 (come ha polemicamente rilevato Rita).

Deliziosa anche la compagnia dei trentini (Albasini sindaco però mi è persino più simpatico di Albasini organizzatore) sia di quelli rimasti in patria che quelli emigrati in Cile, protagonisti di un convegno. Per non parlare della trevisana e del bosniaco alla reception… Poco posso dire di Luca Giurato e Daniela Vergara, dal momento che del loro passaggio per Folgarida si sta occupando la troupe di ‘Chi l’ha visto’.

Ma io lo so, voi volete sapere tutto sulla mia love story con Mentana e del mio nuovo incarico di direttrice del TG1, al posto di Albino Longhi. Ho l’esclusiva per Novella 2000 e Il Cuore, ma per il Barbiere farò un’eccezione…

Solo che questo pezzo è già troppo lungo, vi rimando a un articolo a parte…voglio infatti concludere ricordando che una vacanza premio ci permette di osservarci anche in quel nostro privato che, per obbligo professionale, finisce per essere pure pubblico.

E allora il premio Val di Sole quello vero, quello per la trasparenza, io –come unico volto noto di questo sito e quindi ufficialmente responsabile di eventuali proteste o quant’altro- lo assegno a Oliviero Beha. Se lo merita. Con una sola motivazione: non è un personaggio, ma una persona. Di questi tempi e nel nostro pianeta, una rarità (io, al solito, posso consegnare simpatia, stima e affetto, per gli assegni, recatevi altrove…).

La Ragazza del Bar


3 Agosto 2001 - Giuliano, do you remember Valle Giulia?

Quel titolo, "Processo alla polizia", non è piaciuto a nessuno: paradossalmente nemmeno a Gad Lerner, che era l'ideatore, il presentatore del programma, e che dunque portava la responsabilità della scelta. 

Ma è stata la forza trainante di quelle tre parole, oltre alla curiosità di vedere come funziona "La Sette", che ha convinto il Conte a resistere in piedi sino alle 23, nonostante un lungo viaggio reso sfiancante dal caldo, e nonostante "Sfera", un programma alla Piero Angela forse troppo lungo per reggere la prima serata, nonostante un Andrea Monti assai spigliato nelle vesti di presentatore-attore. 

Un "Processo alla polizia", con filmati e  testimonianze sui pestaggi - dei 93 fermati alla scuola Diaz, 62 si sono fatti medicare, continuava a ripetere Lerner - , ma che alla fine si è ridotto al solito gioco delle parti. Luciano Violante, capogruppo dei Ds, recitava quella di distinguere le minoranze che hanno sbagliato dalla massa delle forze dell'ordine italiane, un esercito di 300 mila uomini di indiscussa fedeltà democratica. 

 La parte di Alfredo Mantovano, sottosegretario all'Interno di Alleanza nazionale, consisteva nel presentare analoghi pestaggi operati dalla polizia nel marzo scorso a Napoli, disinnescando così la mina secondo cui sarebbe stato il nuovo clima creato dal governo di destra, o addirittura una precisa direttiva da questo impartita, a creare il patatrac. 

La parte di Oronzo Cosi, rappresentante del Siulp, sindacato di polizia, era quella di negare che fra le forze dell'ordine siano diffusi un linguaggio e una cultura alla Pinochet, e quella di Alfonso De Menno, giovane fotografo anti-global, consisteva invece nel testimoniare in studio, con un piede fratturato e altre parti del corpo ferite, cosa era avvenuto alla Diaz prima e a Bolzaneto poi. 

Ma chi ha catturato l'attenzione del Conte che, come sapete, non è più di primo pelo, sono stati Giuliano Ferrara e il suo accanimento nella difesa dei celerini. Viaggiava con il ricordo e con la fantasia, il Conte, e gli veniva in mente questa scena: un ragazzo del '68, per un prodigio della scienza dell'epoca, viene ibernato dopo una manganellata a Valle Giulia, e restituito integro, nei suoi venti anni ruggenti, proprio ieri sera, per guardare in tv il suo vecchio compagno di lotta Ferrara esibirsi in frasette del genere: "Alla terza manganellata, un poliziotto diventa sempre fascista...La verità è che quando si mena, si mena". Oppure: "Guerriglia urbana, teste rotte e chiazze di sangue non sono affatto la testimonianza di una polizia cilena...C'è stato un attacco paramilitare alle forze dell'ordine". 

Quel ragazzo ibernato e restituito dopo trent'anni alla vita, non avrebbe creduto ai suoi occhi. I pensieri del Conte tornavano dunque ad essere intrappolati in quello che, lui lo riconosce senza problemi, è anche un suo insuperato difetto: il moralismo, l'amore per la coerenza, da provare nell'arco di una vita intera. 

Ma ammetteva poi che Ferrara non è certo l'unico ad aver cambiato idea e barricata, e che senza andare tanto in là, nell'ambito del giornalismo vi sono molti altri fulgidi esempi di uomini che "stanno sempre dalla parte giusta". 

La conclusione, che solo una piccola parte della polizia, guidata da funzionari in cerca di vendette, ha creato la mattanza alla scuola Diaz e poi di Bolzaneto, era facilmente accettata dal Conte. 

Quello che è rimasto fuori, anche da questo processo, è un esame più tecnico della strategia   delle forze dell'ordine prima e durante il G8. Come è stato possibile non riuscire a prevenire e isolare 300 o forse anche 600 facinorosi, per giunta vestiti dello stesso colore? Come è stato possibile, con ben 20 mila uomini e mesi e mesi di preparazione, ridursi a difendere soltanto la "linea rossa", senza avere un piano anti-guerriglia, e senza tutelare i cittadini di Genova e i manifestanti pacifici?  

Quanti ce ne volevano, 40 mila, di agenti? Come è possibile spendere migliaia di miliardi per le forze dell'ordine e scoprire poi che, per la più importante manifestazione di piazza degli ultimi cinquanta anni, perché sotto gli occhi nel mondo intero, non c'è stata un'azione di intelligence degna di questo nome? Siamo proprio così scassati, dal punto di vista tattico e strategico? La risposta vola nel vento. Come tante altre.
Il Conte d'Almaviva


2 Agosto 2001 - Che emozione, ho conosciuto Albino Longhi

Caro Figaro, nonostante i depistaggi del Tenente Colombo che voleva mandarmi a Lavarone e quelli delle premiate (FF)SS sono arrivata a Folgarida per ritirare il premio Val di Sole per il giornalismo trasparente. 

Il viaggio è stato ottimo. Con le consuete due ore e 10 la littorina senza aria (né condizionata né normale) ha coperto i cento chilometri che separano Trieste da Mestre. 

Nella splendida cornice della meravigliosa cittadina veneta, con quaranta gradi all’ombra e umidità del 99,9%, ho tentato d’ingannare l’attesa nell’aria condizionata della saletta Eurostar, rigorosamente chiusa per trasferimento di chi vi lavora nella biglietteria di Venezia a corto di personale, come da me appurato a tempo perso. Ho comunque trascorso una quarantina di minuti indimenticabili. 

La stazione di Mestre, per incrementare il turismo, s’è infatti inventata un simpatico gioco di società (particolarmente gradito ai giapponesi): cambiare all’ultimo minuto il binario di partenza dei treni. 

Confesso che lo spettacolo di nugoli di nipponici che all’ultimo minuto e di corsa arraffano le sette o otto tonnellate di valigie per planare nel sottopassaggio con la speranza di non perdere il treno è godibilissimo. Il fatto poi che l’annuncio dei cambiamenti venga dato solo in italiano aggiunge suspence.

Purtroppo, azzeccato il binario, il treno diretto a Monaco s’è rivelato puntuale e pulito. Il resto del viaggio è stato monotono. Unico particolare singolare è la faccia dell’autista che è venuto a prendere me e il collega Randazzo, direttore del Globo, reduce da trenta ore di viaggio dall’Australia. Il giovane (e piacente) trentino non si capacitava del fatto che lui fosse così fresco e riposato, mentre io –con solo sei ore di (FF)SS alle spalle- sembravo reduce dalla ritirata di Russia.

Ma forse è questa la differenza tra un direttore di giornale e una ‘ragazza del bar’…

Mata Hari –con cui da mesi sto intrattenendo una relazione al limite del saffico- me l’ha data buca… doveva venire, ma ha atteso (e controllato) che fossi sul treno per comunicarmi che tragedie impreviste la trattenevano in Sicilia. Ho sentito chiaramente che diceva, come Belushi, ‘…il terremoto, le cavallette…’. Insomma, salta la riunione del Cdr. Pazienza. Folgarida èmolto accogliente. Peggio per lei. 

Ho goduto di una delle meraviglie del luogo, un Teroldego di produzione dell’Hotel Luna, che gentilmente mi ospita. Fa fresco e, a parte Randazzo, che è un signor giornalista, non c’è ancora un ‘giornalista’. 

Cosa posso volere di più dalla vita? La cena è stata ottima, sono al secondo grappino al Teroldego, quello che mi permetterà di scivolare lieve in un sonno non disturbato da afa e zanzare… Sono le ventidue meno un quarto e tutti si preparano ai festeggiamenti dei prossimi giorni (ossia sono già a letto)… 

Io a letto, questa sera mi porterò una rarità: il Globo. Randazzo mi ha gentilmente regalato due copie del suo giornale. Non ci crederete ma, per sapere cosa accade nell’anconitano o in Irpinia, a Faedis o a Gualdo Tadino bisogna leggere il Globo. 

Ogni giorno dedica tre pagine a tre regioni d’Italia (idea geniale che non ha mai sfiorato nessun editore nazionale, men che meno qualche direttore – e figuriamoci i giornalisti). Sono fatti di cronaca, storie, politica di quell’Italia dimenticata da tutti fatta di quaranta milioni di desaparecidos dell’informazione (gli altri venti si dividono tra Milano e Roma ). 

I necrologi poi sono una miniatura di storie di gente che noi conosciamo solo nei format ‘buonisti’ di poveri un giorno e lontani per sempre…Da farci romanzi, probabilmente più graditi del voto all’estero che, a quanto si mormora, serve solo a rimpinguare tasche già pingui… 

Vado a dormire, nel fresco, ripetendo il programma della giornata di giovedì. Arriva Mentana: mia figlia (la tredicenne) mi ha chiesto una decina d’autografi con dedica. Mi ha suggerito i nomi Giulia/o, Valentina/ Marco/ Stefano/ Federico/a/ Giovanni/a e Pamela. 

Ritiene di poterli vendere per sovvenzionare la sua ricerca della vacanze sul G8 di Genova (meglio nota come ‘Cosa ti ha colpito delle tue vacanze’). Poi, dopo gli affari, mi dedicherò al convegno sull’immigrazione. E sono sicuro che il collega Randazzo, immigrato in Australia quando io ancora saltellavo nei coglioni di mio padre per non nascere figlia di puttana, parlerà di giornalismo vero. Però, per piacere, oscuratemi le parolacce. A quella splendida persona che viene dall’Australia non piacciono. Non gli piace la volgarità. E ha ragione.
La ragazza del bar 

Ps: Ho conosciuto Albino Longhi e Oliviero Beha. Magari gli sono piaciuta, almeno in senso metempsicotico? Non lo so. E non potrò saperlo, perché la villeggiante lombarda al tavolo vicino si sta incavolando perché la nonna bluffa a ramino. 

Però a questa splendida gioventù, trentina e sarda, che raccatta due lire d’estate per l’inverno non dispiaccio…e sono loro quelli che contano (Figaro, magari è tutto compreso, però io la mancia la lascio! E di tasca mia)
L.r.B.


1 Agostro 2001 - Io lo so, perche' sono un intellettuale

PROLOGO

“Il Riccetto risvoltò di corsa giù verso il passaggio a livello, ma incontrò Agnoletto con la bicicletta per mano. Si misero insieme a farsi strada tra la folla. ‘Che d’è?’ chiese il Riccetto a un altro, perché non resisteva alla curiosità. ‘Sarà n’incendio alla Ferrobedò’ fece l’interrogato con una smorfia alzando le spalle.

Ma come arrivarono a spallate al passaggio a livello trovarono una fila di agenti che impediva il passaggio. Agnolo e il Riccetto cercarono di farsi ascoltare…, ma quelli avevano l’ordine di non far passare nessuno…” 
Pier Paolo Pasolini, ‘Ragazzi di vita’, 1955.

1 morto, 560 feriti, 219 arresti. Ministero degli Interni, Genova luglio 2001 

Dalle previsioni del Veggente P3, 1975, ‘Scritti corsari’ ossia ‘Genova, G8 del 2001’ 

INTRODUZIONE
L’epigrafe per questo capitolo della storia borghese l’ha scritta una volta per sempre Goering: ‘Quando sento parlare di cultura, tiro fuori la rivoltella’. 

I TEMI, DOMANDA? 
Non è la felicità che conta? Non è per la felicità che si fa la rivoluzione? La condizione contadina o sottoproletaria sapeva esprimere, nelle persone che la vivevano una certa felicità reale. Oggi questa felicità con lo Sviluppo è andata perduta. Ciò significa che lo sviluppo non è in nessun modo rivoluzionario, neanche quando è riformista. 

I TEMI, CONTRORISPOSTA?
Vediamo: la parola ‘Sviluppo’ ha oggi una rete di riferimenti che riguardano un contesto indubbiamente di ‘destra’. Chi vuole infatti lo sviluppo? Cioè, chi lo vuole non in astratto e idealmente, ma in concreto e per ragioni di immediato interesse economico?

E’ evidente: a volere lo sviluppo in tal senso è chi produce; sono cioè gli industriali. E poiché lo sviluppo in Italia è questo sviluppo, sono per l’esattezza, nella fattispecie, gli industriali che producono beni superflui.

La tecnologia (l’applicazione della scienza) ha creato la possibilità di una industrializzazione praticamente illimitata, e i cui caratteri sono ormai in concreto transnazionali. I consumatori di beni superflui sono da parte loro irrazionalmente e inconsapevolmente d’accordo nel volere lo sviluppo (questo sviluppo).

Per essi significa promozione sociale e liberazione, con conseguente abiura dei valori culturali che avevano loro fornito i modelli di poveri, di lavoratori, di risparmiatori, di soldati, di credenti. La massa è dunque lo sviluppo: ma vive questa sua ideologia solo esistenzialmente, ed esistenzialmente è portatrice dei nuovi valori del consumo.

Ciò non toglie che la sua scelta sia decisiva, trionfalistica e accanita. Chi vuole invece il progresso? Lo vogliono coloro che non hanno interessi immediati da soddisfare attraverso il progresso: lo vogliono gli operai, i contadini, gli intellettuali di sinistra. Lo vuole chi lavora e chi è dunque sfruttato. Quando dico ‘lo vuole’ lo dico in senso reale… Il progresso è una nozione ideale (sociale e politica): là dove lo sviluppo è un fatto pragmatico ed economico. 

I GRANDI?
In pochi mesi essi sono diventati delle maschere funebri. E’ vero: essi continuano a sfoderare radiosi sorrisi, di una sincerità incredibile. Nelle loro pupille si raggruma della vera, beata luce di buon umore.

Quando non si tratti dell’ ammiccante luce dell’arguzia e della furberia. Cosa che agli elettori piace, pare, quanto la piena felicità. Inoltre, i nostri potenti continuano imperterriti i lori sproloqui incomprensibili: in cui galleggiano i flatus vocis delle solite promesse stereotipe. In realtà essi sono appunto delle maschere.

Sono certo che, a sollevare quelle maschere, non si troverebbe nemmeno un mucchio d’ossa o di cenere: ci sarebbe il nulla, il vuoto. La spiegazione è semplice: oggi in Italia c’è un drammatico vuoto di potere. Ma questo è il punto: non un vuoto di potere legislativo o esecutivo, non un vuoto di potere dirigenziale, né infine un vuoto di potere politico in qualsiasi senso tradizionale. Ma un vuoto di potere in sé. 

GLI ANTAGONISTI?
…essi volevano evidentemente dire due cose
1) la nostra ineffabilità si rivela sempre più di tipo irrazionalistico e pragmatico: la preminenza che noi silenziosamente attribuiamo all’azione è di carattere sottoculturale, e quindi sostanzialmente di destra.
2) Noi siamo stati adottati anche dai provocatori fascisti, che si mescolano ai rivoluzionari verbali (il verbalismo può portare però anche all’azione, quando la mitizza): e costituiamo una maschera perfetta, non solo dal punto di vista fisico –il nostro disordinato fluire e ondeggiare tende a omologare tutte le facce- ma anche dal punto di vista culturale: infatti una sottocultura di Destra può benissimo essere confusa con una sottocultura di Sinistra’. 

GLI SPETTATORI? 
1) I ceti medi sono radicalmente, direi antropologicamente, cambiati: i loro valori positivi non sono più i valori sanfedisti e clericali ma sono i valori (ancora vissuti solo esistenzialmente e non ‘nominati’) dell’ideologia edonistica del consumo e della conseguente tolleranza modernistica di tipo americano.

E’ stato lo stesso Potere, attraverso lo ‘sviluppo’ della produzione di beni superflui, l’imposizione della smania del consumo, la moda, l’informazione (soprattutto, in maniera imponente, la televisione) a creare tali valori, gettando a mare cinicamente i valori tradizionali e la Chiesa stessa, che ne era il simbolo.

2) l’Italia contadina e paleoindustriale è crollata, si è disfatta, non c’è più e al suo posto c’è un vuoto che aspetta di essere colmato da una completa borghesizzazione, del tipo che ho accennato (modernizzante, falsamente tollerante, americaneggiante, ecc.) 

CONCLUSIONE PARTE PRIMA?
Io so. Io so i nomi di quello che viene chiamato golpe (e che in realtà è una serie di golpes istituitasi a sistema di protezione del potere). Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969…

Io so i nomi di coloro che, tra una messa e l’altra, hanno dato le disposizioni e assicurato la protezione politica a vecchi generali (per tenere in piedi, di riserva, l’organizzazione di un potenziale colpo di stato), a giovani neofascisti, anzi neo-nazisti (per creare in concreto la tensione anticomunista) e infine a criminali comuni, fino a questo momento, e forse per sempre, senza nome (per creare la successiva tensione antifascista). Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro a dei personaggi comici o a dei personaggi grigi e puramente organizzativi…

Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina anche fatti lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero. 

CONCLUSIONE PARTE SECONDA?
Tuttavia nella storia il ‘vuoto’ non può sussistere: esso può essere predicato solo in astratto  e per assurdo. E’ probabile che in effetti il ‘vuoto’ di cui parlo stia già riempiendosi, attraverso una crisi e un riassestamento che non può non sconvolgere l’intera nazione.

Ne è un indice ad esempio l’attesa ‘morbosa’ del colpo di Stato. Quasi che si trattasse soltanto di ‘sostituire’ il gruppo di uomini che ci ha tanto spaventosamente governati per trent’anni, portando l’Italia al disastro economico, ecologico, urbanistico, antropologico. In realtà la falsa sostituzione  di queste ‘teste di legno’ con altre ‘teste di legno’ (non meno, anzi più funereamente carnevalesche), attuata attraverso l’artificiale rinforzamento dei vecchi apparati del potere fascista, non servirebbe a niente (e sia chiaro che, in tal caso, la ‘truppa’ sarebbe, già per sua costituzione, nazista).

Il potere reale che da una decina di anni le ‘teste di legno’ hanno servito senza accorgersi della sua realtà: ecco qualcosa che potrebbe aver già riempito il vuoto… Di tale potere reale noi abbiamo immagini astratte e in fondo apocalittiche: non sappiamo immaginare quali forme esso assumerebbe sostituendosi direttamente ai servi che lo hanno preso per una semplice ‘modernizzazione’ di tecniche. Ad ogni modo, quanto a me (se ciò ha qualche interesse per il lettore) sia chiaro: io, ancorchè multinazionale, darei l’intera Montedison per una lucciola. 

Collage a cura di Francesca Longo


6 Luglio 2001 - Tour romano della siciliana Mata Hari

Poche volte mi sono emozionata come accaduto leggendo sul Barbiere della Sera del 4 luglio Scoop, masturbarsi è un reato a firma de La ragazza del bar. Sono stata colpita come giornalista, come donna e come cittadina e nel contempo la mia stima verso l’autrice, già elevata, si è ancor più accresciuta.

Ho ammirato il suo coraggio: era una di quelle notizie che, come si dice in gergo, non si vorrebbero mai dare; ho apprezzato il mix di logica cartesiana, di rigore hegeliano e di pragmatismo degno del miglior Dewey col quale ha sciorinato i cinque argomenti cinque, clou dell’articolo.

Non so perché ma, d’istinto, la prima cosa che mi è venuta in mente è che La ragazza del bar, che mi riprometto di conoscere al più presto o quanto meno di scoprire la sua identità, è o è stata allieva del prof. Magrit.

Infine mi sono resa compartecipe del travaglio psicologico al quale l’intrepida collega si è  sottoposta. Ho ammirato la levità con la quale ha affrontato l’argomento senza mai scadere nel grossolano o nel pecoreccio: brava.

E poi, da donna delicata e sensibile come più volte nei suoi scritti ha mostrato di essere, si sarà chiesta scrivendo: “Cosa avrei provato se fossi stata io l’oggetto dei pensieri lascivi di quel mascalzone in quegli attimi di frenetica attività manuale?” Chissà se un giorno ce lo dirà!

Ho atteso tre giorni prima di mettere nero su bianco i miei pensieri e ciò perché non volevo scrivere sotto l’impatto emotivo: il coacervo di suggestioni che le parole della Ragazza del bar ha suscitato in me mi avrebbe impedito di essere lucida.

E poi ho meditato, da cittadina, sul perverso impatto che si avrebbe sulla società italiana se passasse il teorema che farsi seghe è reato: le nostre carceri, già sull’orlo del collasso non reggerebbero all’impatto e le ricadute sociali sarebbero gravissime.

L’alternativa sarebbe quella di mettere i segaioli sotto l’ombrello protettivo dell’immunità parlamentare ma in tal caso le sedute della Camera si dovrebbero tenere all’Olimpico e quelle del Senato a San Siro, con disappunto dei colleghi giornalisti parlamentari che verrebbero privati del loro passatempo preferito: lo struscio nel Transatlantico e gli inciuci che ne derivano.

Conscia dei miei limiti e incapace di affrontare in maniera adeguata il problema ho tagliato il nodo di Gordio. Ho lasciato per un giorno la mia amata Sicilia, mi sono fiondata a Roma, ho rimediato un motore (non è un refuso, che vi piaccia o meno a Palermo il motorino si chiama motore ed io cosi l’ho sempre chiamato e lo chiamerò) e sono andata in giro per sentire voci ben più autorevoli delle mie: quelle delle istituzioni.

Prima tappa Palazzo Madama. Non riesco nemmeno a ottenere il passi. Appena il commesso vede il tesserino dell’Ordine mi blocca. 

“Perde il suo tempo” dice. “Da quando un suo collega che si credeva spiritoso ha scritto che ogni volta che il presidente apre bocca fa discorsi a Pera abbiamo l’ordine di non lasciarvi passare. Anzi di non rispondervi nemmeno se ci chiedete che ore sono”.

Da Palazzo Madama a Montecitorio il tragitto è breve.

“Accomodati” dice un collega dell’ufficio stampa” il presidente sarà qui a minuti”.

Quasi subito entra Pierferdinando Casini. “Signora che piacere, sono in debito con lei: non l’ho nemmeno ringraziata dopo quella splendida intervista di tre mesi addietro ma sa com’è, sono stato travolto dagli impegni”.

“Ma s’immagini presidente; la vedo infatti  un po’ stanco”.

“Non ho un minuto di tregua. Passo le prime quattro ore della mia giornata a baciare tutti i visitatori: bambini, delegazioni di metalmeccanici, casalinghe, turisti giapponesi. Una media di 320 al giorno che fanno 8.000 al mese, 96.000 l’anno. 

Aggiunga i dipendenti del Palazzo, che bacio però una tantum e superiamo i 100.000. E poiché ognuno di questi ha due guance superiamo i 200.000 baci annui. So che è stressante ma è il miglior modo per far sentire le Istituzioni vicine al cittadino.

Ma torniamo a noi. Sega sì o sega no? No comment. Da quando mi sono spogliato (idealmente, perché materialmente non mi spoglio più da quando undici anni addietro mi hanno beccato col culo di fuori e sbattuto sulla copertina di Novella 2000) della mia veste politica per rivestire quella istituzionale ho deciso di astenermi da qualunque tipo di commento.

Piuttosto voglio regalarle questa immagine della Madonna di San Luca: so che lei è laica, ma mi creda, fa dei miracoli incredibili. Prenda il mio caso: alle elezioni non ho raggiunto il quorum, nemmeno uno straccio di 4% e nonostante ciò sono diventato presidente della Camera. Non è un vero miracolo? Ma adesso la lascio perché devo andare a baciare un gruppo di pescatori delle Galapagos di passaggio a Roma”. 

È sulla porta ma fa rapidamente marcia indietro. “Mi scusi, avevo dimenticato di baciarla”. Due rapidi baci sulle guance e scappa via. 

Via col motore: corso Rinascimento, Botteghe Oscure (lacrimuccia quando passo davanti al Bottegone), via IV Novembre, via Nazionale contromano e Viminale. Ad attendermi il sottosegretario agli Interni Carlo Taormina.

“Quanto riportato sul suo giornale, cara signora, rientra perfettamente nella logica dei pubblici ministeri e dei gip loro degni compari. Chi ci dice “prosegue Taormina “che si tratta di un massaggiatore che si fa le seghe e non invece di un segaiolo che fa i massaggi?

Se così fosse tutto sarebbe assolutamente legittimo. Ma anche in questo caso, mi creda, i magistrati sosterrebbero che fare massaggi è reato. Ma se ne accorgeranno questi signori che per loro il... Carnevale è finito, altro che!

Quanto alla Ragazza del bar, beh, lasciamo stare. Lo sappiamo tutti che è un’agit prop dei Ds e che prima di venire da voi lavorava come vice banconista al bar della Procura di Milano e non faceva pagare il caffè alla Boccassini. E si ricordi: dietro ogni sega c’è una mano, e quella è una mano rossa. Adesso la lascio perché sono stato invitato, non a titolo personale ma a nome del Governo, alla festa per l’assoluzione di Mannino e sono già in ritardo”. 

Già che ci sono decido di passare dal Ministero delle Politiche Comunitarie. Rocco Buttiglione mi riceve immediatamente.
“Conti sempre sulla mia disponibilità signora” questo l’esordio. “Sono ministro ma non conto assolutamente nulla. Sono qui perché da oltre Tevere qualche amico influente ci ha messo una buona parola e del resto il premier non poteva dire di no dopo tutto quello che la Curia ha fatto per lui in campagna elettorale. Essendo il mio dicastero inutile l’unico modo per avere un po’ di visibilità è quello di spararacchiare qua e la'".

Più grosse sono più se ne parla. Rivedere la legge sull’aborto? Titoli a sette colonne. Abolire l’inno di Mameli? Venti secondi al Tg 1 delle 20. Ma andiamo a noi. La sua domanda verte sulla liceità della sega. Non le rispondo né da politico né da filosofo (non sono né l’uno né l’altro) ma con un proverbio: fra i due mali scegli sempre il minore. Farsi seghe è peccato, ma abortire ancora peggio. Nessuna donna può restare incinta per una sega e se non resta incinta non può abortire. Cosa se ne deduce? Meglio una sega che scopare. Le sembra sufficientemente come conclusione?”
“Ha centrato l’obiettivo signor Ministro”.

Mi scapicollo sulla Cristoforo Colombo. Meta la Regione Lazio. Schietto come sempre, senza venir meno alla sua tradizionale signorilità, il presidente Francesco Storace.

“A Mata mia (con Francesco ci diamo del tu da anni, ndr) che er monno gira all’incontrario. Ma dimme tu: sto’ stronzo rimedia na pischella de diciassette anni e magari bbona, je sfila reggitette e mutande, la stenne sur lettino e che ffa? Invece de zompaglie addosso e farsela de tutti li pizzi come farebbi io, la massaggia, la riveste, a fa sloggià e se fa na sega. A me da quanno so’ diventato presidente me tocca essere tollerante, ma froci e pipparoli l’ammazzerebbi tutti. E nun lo scrive se no la prossima volta che l’encoccio te corco de botte”.

Rientro in centro per la mia ultima tappa: Palazzo Chigi. Avevo già appuntamento col premier Berlusconi.

Vergogna, comunista. Non creda che mi sia dimenticato di lei” è il suo esordio. “Mesi addietro lei si è introdotta subdolamente ad Arcore, col pretesto di un’intervista. Comunista, si vergogni. So benissimo perché quella vipera della sua collega ha scritto quel pezzo: per speculare poi sul conflitto di interessi”.

“Scusi presidente, ma cosa c’entra il conflitto d’interessi con le seghe?”.

“C’entra, c’entra. Sapete tutti che la Forza Sega spa di Cinisello Balsamo (leader nel settore degli utensili per falegnameria) è al 10% di mio fratello Paolo, al 20% di Fedele Confalonieri e per il restante 70% della Sega inc. una società off shore delle Cayman’s Island ma che fa capo a me. Qualunque cosa io dicessi voi del Barbiere, la Repubblica e L’Espresso ci ricamereste sopra.

Anzi le dico di più: qualora la cosa dovesse arrivare in Parlamento lascerò liberi i miei deputati di votare secondo coscienza, tanto ci penserà poi Gianni Letta a dire alla loro coscienza come devono votare. La mia è la cultura del fare, non del dire, infatti adesso la lascio. 

Devo correre a Genova ad apparecchiare la tavola per il pranzo d’apertura del G8, innaffiare le piante del salone, spolverare il tavolo delle conferenze, accertarmi che non ci siano comunisti nascosti nei bagni e così via. Fare insomma, non dire.

Mata Hari


6 Luglio 2001 - Mai far spuntare il Manifesto dalla borsa

Questa è bella: ti spunta dalla borsa "Il Manifesto" e finisci quattro ore nelle mani della polizia, prima perquisito poi costretto per tre ore in auto, mentre gli agenti, pistola in pugno, entrano nella casa dove hai preso dimora.

La sindrome anti-terrorismo, nella Genova che prepara il G8, porta le forze dell'ordine anche a simili gaffes. Ma vogliamo raccontarlo per benino, l'episodio capitato al giornalista romano Raffaele Pulika Calzini, che collabora con la rivista "Carta", ascoltando la sua versione dei fatti, ma riferendo pure le notizie fatte uscire dalla Questura di Genova, circa un suo passato da "testa calda" e lanciatore di molotov, con relative denunce a suo carico. Dando spazio, infine, alla polemica fra Pierluigi Sullo, il direttore di "Carta", con la Fnsi e la risposta di quest'ultima.

"Mi hanno fermato e poi perquisito senza un motivo serio. Solo perché, mi hanno detto, dalla mia borsa fuoriusciva "Il Manifesto". Questo ha raccontato ieri in conferenza stampa Raffaele Pulika Calzini, nella sede del quotidiano romano, con il quale collabora da anni.

Calzini ha 28 anni, da uno risiede a Parigi, è impegnato nella Commissione media del Global Social Forum e per il G8 sta preparando una tv on line per conto del periodico "Carta" e del quotidiano francese "Liberation". Nella sua borsa gli agenti trovano una lista con i materiali da tenere pronti al momento della manifestazione.

"Ma questo è un elenco noto da giorni - ha spiegato il giornalista, nella sua ricostruzione dei fatti -  Si tratta degli strumenti di cui dotarsi nel caso venga fatto uso dei lacrimogeni. Videocamere, maschere anti-smog, come debbono essere protette le camere dal getto degli idranti e così via. Insomma, le istruzioni per continuare a dare informazioni anche entrando nelle cortine fumogene". Calzini è stato fermato alle 16 del 4 luglio, assieme a Leila Dacli, esponente francese del Gsf, che in una nota denuncia come la tensione si stia alzando a Genova e che "si corrono rischi per un'informazione democratica sul Vertice".

"Eravamo vicino alla stazione di Porta Principe - ha proseguito Calzini - Ci hanno portato in un ufficio vicino all'Hotel Reale l'Aquila e ci hanno fatto un sacco di domande, fra le quali dove avevamo dormito. Abbiamo risposto che avevamo dormito in un appartamento di persone che lavorano al Gsf. Allora, con la ragazza, si sono recati in quell'alloggio, dove sono entrati con le pistole in pugno. Io intanto ho aspettato tre ore in macchina sul piazzale.

Alla fine ci hanno portato in Questura, dove abbiamo notato un gran nervosismo: qualcuno si è reso conto della messa in scena e degli effetti deliranti di questa operazione. Siamo stati in Questura circa un'ora senza alcun interrogatorio formale nè un verbale finale, poi siamo stati rilasciati. In teoria questo fatto può anche non essere accaduto".

Ma ecco un altro particolare, anticipato dal "Corriere Mercantile". Raffaele Pulika Calzini era stato denunciato nel '98 e nel '99 per reati quali la fabbricazione di materiale esplosivo, lesioni personali volontarie, oltraggio, resistenza a pubblico ufficiale, furto, danneggiamenti e altro.

La polizia ha confermato queste notizie, facendo sapere che buona parte delle denunce si riferiscono a una manifestazione contro l'estradizione del leader curdo Abdullah Ocalan, nel '99 a Piazza della Repubblica a Roma, durante la quale furono lanciate molotov contro la compagnia aeronautica turca.

E' evidente che, in questa luce, un'azione preventiva della polizia avrebbe avuto un fondamento. Ma cosa risponde Calzini? "Io non ho mai tirato molotov, non ho mai spaccato vetrine e non so neppure cosa avrei rubato. Le denunce che ho sono la risposta dello Stato italiano a chi fa politica in un certo modo. Si distribuiscono denunce a pioggia per tenere la gente sotto pressione, farle sentire il fiato sul collo. Le accuse contro di me sono le stesse contro qualsiasi militante della sinistra antagonista".

Pierluigi Sullo, direttore di "Carta",  ha sollecitato una presa di posizione della Fnsi sull'accaduto: "Se non fosse quel sindacato corporativo che è, dovrebbe dire qualcosa". Replica di Marcello Zinola, segretario dell'Assostampa ligure: "Sul caso abbiamo già preso posizione il 4 sera con un comunicato, interessandoci anche delle eventuali necessità di aiuto del collega".

In serata, un comunicato anche della Fnsi, che annuncia l'intervento di Paolo Serventi Longhi ad una conferenza stampa che sarà indetta a Genova il 12 luglio, nell'imminenza del G8.

"Alcuni episodi avvenuti a Genova e Roma - scrive la Fnsi - che hanno visto giornalisti al centro di discutibili iniziative delle forze di polizia, fanno nascere forti preoccupazioni sulla delicata fase che precede il G8". Annunciando la conferenza stampa, la federazione guidata da Serventi Longhi "rivendica con grande determinazione la totale libertà di movimento di tutti i giornalisti" e riafferma "con forza" il diritto di cronaca.
Bds


4 Luglio 2001 - Ho una notizia: farsi le seghe e' reato

Io finalmente una notizia ce l’ho ed è anche grossa: farsi seghe è un reato. Un avventore di passaggio ha lasciato al bar un quotidiano. Me caduto l’occhio sul maschione della foto, un massaggiatore sulla quarantina (c’è anche nome cognome e età precisa), che è stato arrestato e adesso è in galera per aver sfilato reggiseno e mutandine a una cliente di diciassette anni.

A un’altra, maggiorenne, ha fatto il massaggio e poi, quando la ragazza se n’è andata, s’è fatto una bella sega. Il tutto è stato ripreso dalle microspie degli inquirenti, infilate nello studio dell’uomo dopo che la minorenne e i genitori avevano denunciato questa barbara pratica.

La ragazza, dopo il primo appuntamento, aveva infatti confidato ai genitori che, dopo averla fatta spogliare, l’uomo l’aveva massaggiata. Turbata, ha sporto denuncia, prestandosi a fare da esca. E’ quindi tornata nello studio (monitorato dalle telecamere) e al momento di sfilare le mutande ha pronunciato la frase convenzionale ‘Ho comprato un coniglio bianco’. Irruzione della polizia e fine dell’incubo.  

Contro questo ‘dispensatore di spermatozoi’, più o meno al vento, c’è una prova schiacciante: i filmati infatti confermano che faceva togliere mutandine e reggiseno solo alle giovani bellocce.

Le vecchie, le ciccione, gli scorfani, invece, erano costrette a sottoporsi alla terapia con tutto l’intimo addosso. In un caso poi, il bruto in questione (che è per giunta sposato) s’è addirittura scopato (traduzione brutale di un più fine ‘s’è spinto ben oltre’) una cliente.

Ma siccome era consenziente gli inquirenti hanno preferito soprassedere, invitandola a testimoniare con molta circospezione, in quanto felicemente coniugata. In difesa del porcellone è intervenuta un’attempata cliente. Ma non fa testo, nonostante, per sua stessa ammissione, da mesi sia riuscita con la sua avvenenza a irretire uno con dieci anni di meno.  

I dati insomma di questo infame crimine ci sono tutti, riportati con ammirevole precisione. Io però non ho capito molte cose:

1)     Un massaggiatore può fare massaggi?

2)      E’ vietato fare massaggi a ragazze prima del compimento del diciottesimo anno d’età?

3)     È vietato ai massaggiatori invitare i clienti a spogliarsi del tutto (e in tal caso la mia massaggiatrice dev’essere lesbica)?

4)     È vietato non spogliare le cessone (reato che mi piace molto, logica spiegazione della mia castità coatta)?

5)     E’ vietato farsi una sega da soli e non in compagnia? O è semplicemente comunque vietato farsi una sega?  

Si tratta, come vedete, di interrogativi di profonda valenza esistenziale a cui il cronista –limitandosi a riportare dettagliatamente i fatti- non ha ovviamente potuto rispondere. Siccome la storia m’intriga molto, prego i lettori di farlo per lui.  

A proposito: ammesso e non concesso che uno che si fa una sega possa essere considerato innocente, metti che non si ravvedano gli estremi di reato (masturbazione dopo l’esercizio della professione?) e che l’uomo esca dal carcere e torni al lavoro… perché il cronista non fornisce anche il numero di cellulare per un eventuale appuntamento? Legge sulla privacy?  
La ragazza del bar


4 Luglio 2001 - Chi trova Berlusca, trova un tesoro

Lui era uno di quelli. Uno di quelli che sudava per uno scatto che gli valeva la giornata. Adesso ha trovato la sua miniera d’oro. Ha firmato le immagini nella campagna di Silvio Berlusconi a gennaio.

 Ma dove è finito? I suo colleghi volevano chiamare Rai tre, per rintracciarlo attraverso il programma “Chi l’ha visto”. Riesco a scovarlo.

Preferisci i “pezzi grossi” ora?  
“ In realtà è l’agenzia ad indirizzarmi verso l’uno o l’altro politico da fotografare e vado dove mi mandano! Non ho più tempo di fare niente, ora!”.

Un pub romano fa da cornice al nostro incontro. La musica è troppo alta e invece di parlarci ci ritroviamo a urlare: il fotografo preferito di Berlusconi ed io. E’ un po’ fuori tema la sua camicia di jeans, le luci soffuse, evidenziano un po’ impertinenti, le rughe sulla sua fronte.  La svolta.. dopo una vita di sacrifici….

 Nelle foto, il Presidente del consiglio dei ministri ringiovanisce di 10 anni, ma l’autore di quegli scatti, a quanto pare, non da molta importanza alla sua immagine. Ultra trentenne, robusto, pesante accento romano, un po’ tropo Kitsch. Il suo primo grande clic con l’allora solo cavaliere, leader di FI ed industriale Silvio Berlusconi è apparso a gennaio su uno di quegli enormi manifesti, tanto criticati, che hanno invaso Roma e l’Italia con frasi promettenti come: “Meno tasse per tutti”.

Lui ha poi lavorato, assieme ad altri fotografi di altre agenzie, per il portfolio utilizzato per il libro Una Storia Italiana. A quanto pare queste foto le ha scattate 6 mesi prima, in una conferenza stampa e poi…. non sa “che fine abbiano fatto”.

Fard, sorrisi, mascherone, mascara e qualche capello in più per il premier Berlusconi nelle foto dei cartelloni di gennaio. Troppo giovane il Silvio Berlusconi immortalato sugli immensi manifesti dei primi dell’anno per la campagna pre-elettorale. Il particolare non era sfuggito nemmeno ai più distratti.

 Come avranno fatto. Forse qualche trucchetto? Il fotografo sostiene di no. 

Quelle immagini sui cartelloni dei primi dell’anno erano identiche alle foto che gli hai fatto tu?  
Ti ho detto di sì! Sono piaciute così, a lui andavano bene così com’erano! 

Non si allarga più di tanto, mi dice che le ha scattate un mese e mezzo prima, poi esige l’anonimato e dice che devo consultare i comunicati stampa dell’agenzia perché la questione è ancora delicata e gli fanno storie.

Quelle immagini, nelle agenzie giornalistiche, nelle redazioni, hanno fatto concorrenza alle barzellette sui carabinieri. Bisognava, a tutti i costi, avere il fotografo che era riuscito a fare il miracolo. Berlusconi giovane, frizzante, rinvigorito. Tanti capelli e meno tasse per tutti. A chi non è passato per a testa che il leader Berlusconi avesse un po’ esagerato. Intanto però se ne parlava. Foto e immagini erano sulla bocca di tutti.

La campagna pubblicitaria ha sortito i suoi effetti, e chissà che non sia stata fatta apposta! Berlusconi stravince alle elezioni. Altro che liste civetta, che accordi con la Lega. Il vero asso nella manica di Berlusconi è lui… il suo fotoreporter preferito.

In cielo, in terra, in televisione, in stazione, sulle strade e navigando in Internet, il cavaliere Berlusconi irrompeva ovunque.  Lungo i viali dei Parioli, tra le auto parcheggiate, spuntava lui. Dalla popolosa Prenestina ai monti Tiburtini e poi nell’affollata Tiburtina lui, per elargire sorrisi immensi e parole di conforto. Con un po’ di colla in più, per far presa, i manifesti della periferia, affinché non si strappassero.

Berlusconi visione materiale e tormento dello spirito. Per telefono, dopo qualche giorno gli pongo per l‘ennesima volta la stessa domanda di quando ci siamo incontrati nel locale:

Quando hai scattato quelle foto? 
Ma come, te l’ho detto, è uscito persino un comunicato stampa dell’agenzia (Olympia press ndr) alla fine di gennaio ed è stato inviato a tutti gli organi di stampa…Quelle foto erano recentissime.

Si va be lo so, ma nessuno ci crede. Come fa un uomo ad avere 10 anni in meno, un mese, e poi 10 anni in più, il mese successivo… ?  
Le ho scattate un mese e mezzo prima, per l’agenzia. Il chiasso, le critiche sulle foto, non hanno infastidito il leader di Forza Italia, anzi, è rimasto soddisfatto del mio lavoro.

Insomma hai lavorato bene, ma da quando scatti foto?
<Da quando avevo 17 anni>.   

 
Ora lui, col suo obiettivo, non perde mai di vista il Primo ministro. E’ stato a Goteborg (Svezia), andrà a Genova per il G8. Ha studiato all’istituto di Cinematografia di Roma (lo stesso di Veltroni, sindaco di Roma). Specializzazione in fotografia.
Mi chiede se ho bisogno delle foto di 3 cuochi, visto che il suo ultimo servizio tratta proprio questo argomento. Per realizzare quest’ultimo book fotografico ha impiegato più di un anno.

Se davvero le foto di Berlusconi sono state scattate un mese e mezzo prima, una domanda sorge spontanea …Silvio Berlusconi ha un elisir di eterna giovinezza (che funziona a tempo), oppure è andato a Lourdes prima degli scatti?
La Contessa di Castiglione


4 Luglio 2001 - In Sciascia we trust

Il Borsellino dimenticato bis, il Borsellino dimenticato ter. Vecchie abitudini, non solo palermitane. Cose Strane tra Palermo e Caltanissetta, tra stampa e procure. L'Ansa virtuale a Palermo. Come da copione, gran clamore in fase di indagine e processi caduti poi nel dimenticatoio ma se non fosse per Radio Radicale.

Andiamo con ordine. Lunedì 25 giugno, udienza del processo in appello Borsellino "ter". Cupola mandante da "Totò" in poi nelle gabbie degli imputati. Fa capolino un pentito, il secondo dopo Vincenzo Scarantino, che risponde al nome di Giovanbattista Ferrante.

Come nelle migliori fotografie tragicomiche dell'isola, il collaboratore di giustizia racconta di un incontro con un membro della cupola, tale Salvatore Biondo detto "U' Curtu" (leggasi in italiano "Il corto") che si distingue da un omonimo che, manco a dirlo, si chiama "U' Luongu" (leggasi "il lungo").

Il pentito Ferrante racconta di una conversazione in carcere con Biondo. Morale della favola: gli uomini di "panza" ai vertici di Cosa Nostra contenti perché le indagini andavano nella direzione sbagliata: non fu una 126 a saltare in aria ma un bidone da 200 litri coperto di calce e carico di esplosivo!

Sempre il pentito rivela di quando in fase di ammissione al programma di protezione per i collaboratori, si è sentito dire dai PM antimafia di Caltanissetta che ciò non poteva essere accettato pena "il rischio di buttare al macero anni e anni di indagini".

La stessa cosa dissero i PM in aula a Como alcuni anni fa quando increduli si sono ritrovati, Scarantino ritrattare e accusare i vertici inquirenti e investigativi di allora, dal PM Ilda Boccassini al Questore Arnaldo La Barbera. Gli avvocati, che come ogni parte processuale tirano acqua al loro mulino, cercano di sollecitare i cronisti di giudiziaria del capoluogo.

Ansa di Palermo narcotizzata che attende "lo stenografico" della cancelleria. Quotidiani e televisioni presi dai "vasa-vasa" di Totò Cuffaro vittorioso. Chi c'era in aula quel lunedì 25? Nessun cronista tranne l’immancabile e inossidabile registratore di Radio Radicale, la cui struttura siciliana di produzione - sette tecnici di indotto, dozzine di dibattimenti registrati integralmente - creata più di dieci anni fa da Sergio Scandura, inviato dell'emittente, ha costretto persino alcuni magistrati per la prima volta ad ascoltare (e ascoltarsi) la rubrica dello "Speciale Giustizia".

Scandura infatti non ha esitato un minuto e quella udienza l'ha subito mandata in onda, imbastendo una esclusiva. La reggente dell'AdnKronos nel capoluogo Elvira Terranova (e autrice di qualche "buco" all'Ansa palermitana) annuncia la trasmissione radiofonica serale proponendo qualche "virgolettato" e al Palazzo di Giustizia di Palermo il giorno dopo non sono in pochi a parlare di Caltanissetta.

Può darsi che il pentito Ferrante racconti anche "palle" ma una cosa è certa: da alcune settimane a questa parte succedono cose strane in quei processi che dovrebbero far luce sulla strage che ha fatto saltare in aria il povero Paolo Borsellino inclusa l'assenza di un qualsiasi cronista locale.

Idem nelle settimane precedenti. Il vice questore Genchi che parla al processo di intercettazioni telefoniche tra Cosa Nostra e un centro studi a Monte Pellegrino che ospitava un capocentro SISDE; lo stesso sito del centro studi - il Castel Utveggio in cima a Monte Pellegrino - come un probabile grande fratello che poteva essere utilizzato per la detonazione della bomba, accuse su indagini frenate.

Il pentito Brusca usa il palco del processo per "lanciare "messaggi" sulla misteriosa "cattura" di Riina. Dimenticato Borsellino, e i suoi processi: bis e ter. Cari giornalisti siciliani e non, non vale la pena occuparsene, spostare magari il fondoschiena e andare ogni tanto a Caltanissetta? O qualche magistrato o investigatore che dir di voglia a voi amico poi vi toglie il saluto e non vi passa più "le carte" prima ancora che si tengano i processi? Complimenti al nasuto inviato di Radio Radicale.
In Sciascia We Trust


3 Luglio 2001 - Caso Zincone. Ve lo dico io come ando'

Vent'anni dopo la memoria può fare cilecca, anche a un simpatico amico come Tonino Bettanini. E ha ragione Giuliano Zincone a mettere i puntini sulle i.

Se a qualcuno può interessare, posso aggiungere qualche particolare di come andò quella storia. In quel periodo ero, per conto de Il Lavoro, in Irpinia a seguire il post terremoto. Ai primi di gennaio il direttore, Giuliano, mi dice di spostarmi e andare a Roma a seguire il  caso D'Urso perché stava entrando nella fase cruciale, con la richiesta delle BR di pubblicare il loro documento.

Zincone non lo scrive nel suo intervento al Barbiere, ma é giusto ricordare chi fu, allora, a decidere il "black out" per tutti i giornali del gruppo Rizzoli: l'allora amministratore delegato Bruno Tassan Din.

Come nacque la disobbedienza di Zincone? E' vero, c'era il concorrente genovese Il Secolo XIX (direttore Michele Tito, condirettore Giulio Anselmi) che stava meditando -con grande fatica e sofferenza- di rompere il cordone del black out.

A Roma lo  stesso Messaggero -direttore Vittorio Emiliani- era tentato. Zincone era, come é sempre stato, fuori da giochi politici o da cordate, ragionava -e ragiona- secondo criteri spesso e volentieri valutati come "ingenui": faceva il liberale, sempre e comunque, punto. Sceglieva, decideva, ma sapeva ascoltare i colleghi e/o colleghi-amici.

 Mi disse: vedi un pò com'é questa storia del documento Br che hanno i famigliari del magistrato rapito. Mi piazzai, praticamente, in casa D'Urso, e raccontavo a Giuliano cosa succedeva: le ipotesi, le angosce, le decisioni della moglie, i tentativi di Lorena, la figlia. Quando Zincone decise di pubblicare seppi che i tipografi de Il Lavoro, riuniti in assemblea, minacciavano uno sciopero per non far uscire il giornale con il documento in pagina.

Telefonammo da casa D'Urso in tipografia, fu Lorena a convincere il Consiglio di fabbrica. Il giorno dopo uscì Il lavoro con il documento. Dove? Nella pagina degli "entertainment": dopo i cruciverba, la striscia doppia di Tex Willer, il documento (titolino 1 colonna corpo 14) era composto in corpo 6.

Lo scandalo, in Rizzoli, fu lo stesso clamoroso. Giuliano il liberale aveva rotto il fronte. "Domani non so se sarò ancora qui", mi disse al telefono. E infatti. L'indomani chiamo il giornale, senza pensarci chiedo del direttore e -accidenti, nessuno mi avvisa- mi risponde Lorenzo Iorio.

Il direttore della Divisione Quotidiani si era fiondato da Milano a Genova in poche ore, occupando la stanza del direttore. "Che vuoi?", mi fa burbero. E io, dopo qualche balbettìo, propongo il pezzo per l'indomani. "Sessanta righe", risponde, e sbatte giù il telefono.

Cerco Giuliano all'albergo Eliseo dove viveva a Genova e mi dice che sta facendo le valigie, la Rizzoli aveva disdetto il contratto con l'albergo da quel giorno stesso (ma forse Bettanini non sapeva questi particolari). Ciao, a presto, "e lavora", conclude.

Ovviamente, benché sconcertato (e, posso dirlo? indignato), non mi faccio pregare. Tra l'altro mi accorgo che collegando cinque siti (dove erano state fatte trovare le lettere delle Br, la casa D'Urso e la sede del Psi di via del Corso- anche in quella vicenda il Psi di Craxi era "trattativista") sulla mappa di Roma si ottiene una stella a cinque punte che racchiude il centro di Roma.

Lo scrivo. Il giorno dopo questa parte non c'é. Telefono a Iorio per aveva spiegazioni. "Noi non facciamo propaganda alle Br". Risbatte giù il telefono, é l'ultima volta che l'ho sentito. Iorio lascia il posto al nuovo direttore, Ferruccio Borio, e inizia un'altra storia.

Tutto questo per confermare quello che raccontava Zincone a Bettanini: un caso di licenziamento -come dire?- assai ruvido. Una storia dalla quale chi ne é uscito in piena dignità é stato soltanto Zincone.
Daniele Protti


3 luglio 2001 - Chi ha detto che in Marocco ci troveremmo male?

Caro Barb, vorrei scrivere un paio di cosucce per il Gigio Lettore, italianoide ignorante e reazionario ma nei limiti del buon senso bottegaro, che si informa di cio' che è democratico la notte alla tv guardando il Costanzo Show per poi sparare a zero, di giorno, su immigrati, comunisti-terroristi, sieropositivi, cioè, il POPOLO DI SEATTLE

Vorrei scrivergli:
Premetto che anch'io mi spacco la schiena e allora, se abito a Genova e ho bisogno di andare in centro, mi fate passare perché ho da fare, e non me ne frega niente se Bush ha da dire qualcosa "in privato" sugli scudi spaziali

A proposito dei diritti delle minoranze: credo che siamo fortunati ad aver trovato lavoro a casa nostra e non in un altro paese o continente. E se è vero che in Marocco ci troveremmo male (ma chi lo ha detto?) ed in Algeria ci tagliano la gola, dovremmo essere noi europei a dare il buon esempio, tanto piu' se cattolici.

La polizia lavora come noi. Vero, e se qualcuno la mette contro l'"orda barabarica" dei manifestanti è perché Bush deve recitare l'imbeccata-sermone sul libero mercato e certe cerimonie richiedono il piu' ossequioso silenzio.

Ritenersi fortunati ad aver avuto un colloquio con le cariche istituzionali? Le "cariche" istituzionali non stanno dove sono per volontà divina, non piu', ma della comunità che li vuole.

Sono uomini in carica, non "cariche". Inoltre, se chi ritiene che sia giusto mangiare una mela cresciuta solo di sole, acqua e terra, o chi ritiene che certi farmaci salvavita andrebbero distribuiti gratuitamente, o chi ritiene che l'antenna cellullare "la mettano a casa loro", e mettici pure il comunista disoccupato che vuole il salario garantito e case popolari decenti, se tutti questi e diversi insomma "gridano battaglia e lotta allo Stato" solo perché gli passa per la testa un pensiero che gli rode e hanno voglia di urlarlo ai quattro venti come è loro sacrosanto diritto sancito dalla Costituzione italiana, allora sei fuori strada e ti hanno fuso il cervello, con i precotti, col micro-onde, con la tv, con i titoli di giornale, con la barzelletta dei buoni che ci provano e dei cattivi che danno fastidio, ma il mondo non è composto da due parti, il bianco e il nero, è complesso, come è complesso e vario il "popolo di Seattle" in mezzo al quale magari ci trovo pure mio zio contadino perché il fiume con gli scarichi abusivi gli ha mandato in malora l'annata.

E sparare sulla complessità, come è successo a Goteborg, non è proprio il massimo della garanzia che un nascituro sistema globale europeo puo' dare alle mille comunità che lo compongono.

"Stringendo": a tutti tocca lavorare, chi non lavora protesta, o sta zitto e incassa a nero, o, è vero, nuoce. Oppure fa migliaia di chilometri alla ricerca di uno straccio di futuro. Magari ha gente a casa che aspetta. E lavora sodo.

E non gliene frega niente che a qualcuno puo' dar fastidio e tira avanti, perché ha cose piu' serie a cui pensare. La libertà se la guadagna ora per ora, non la spreca, ma magari a Genova ci va. Magari qualcuno romperà vetrine, ma non è stato lui. Allora perché la polizia lo pesta, o meglio, chi ha ordinato alla polizia di farlo? 

E quei ragazzini del liceo che non stavano facendo un bel nulla? Se i provocatori sono scappati perché non li hanno inseguiti e presi, perché sono stati manganellati e arrestati gli studenti? Vedi, il mondo è complesso, e le cariche istituzionali, ma anche questa è una semplificazione, spesso ci sguazzano. 
Potereallezucche


2 luglio 2001 - Il soldi che lavano l'onore

Claudio Riolo, docente universitario condannato a pagare 118 milioni a Francesco “Ciccio” Musotto. Si è già visto lo stipendio decurtato di un quinto.

Umberto Santino, presidente del Centro Impastato dovrà risarcirne “soltanto” dieci a Calogero “Caliddu” Mannino.

Il primo è stato condannato per avere espresso qualche perplessità per il fatto che Musotto, da presidente della Provincia, continuasse a difendere un imputato di mafia. “Ho solo detto” afferma Riolo” che era una situazione quanto meno imbarazzante e per tale affermazione sono stato condannato”. Santino invece è stato condannato per un articolo apparso su Narcomafie di cui direttore responsabile è don Luigi Ciotti

“È palesemente in atto” dice Franco Nicastro, consigliere dell’Ordine dei giornalisti della Sicilia” il tentativo di instaurare un clima di intimidazione nei confronti di chiunque intenda far conoscere, commentare o studiare il persistente fenomeno della contiguità tra politica, mafia e affari. Nel corso della conferenza stampa tenuta a Palazzo delle Aquile il 28 giugno scorso abbiamo posto il problema ed è stata decisa la costituzione di un fondo di solidarietà che, sia chiaro, non è una colletta per Riolo e Santino bensì un primo passo per difendere la libertà di informazione, di opinione e di ricerca nell’ambito della lotta alla mafia. Tale fondo sarà gestito da un comitato di garanti di cui hanno già accettato di far parte Rita Borsellino, don Luigi Ciotti e Valentino Parlato”.  

Nicastro, perché secondo te c’è un uso sempre crescente del ricorso al procedimento civile per il risarcimento danni da diffamazione a mezzo stampa anziché, come una volta, a quello penale?”.
“Perché il primo presenta notevoli vantaggi rispetto al secondo:

1)     il risarcimento danni in sede civile può essere chiesto a distanza di cinque anni dai fatti mentre per una querela penale non si possono superare i novanta giorni;

2)     nel procedimento civile si può ottenere la condanna del presunto diffamatore senza l’onere di dover dimostrare l’esistenza del reato di diffamazione;

3)     è possibile ottenere risarcimenti sproporzionati per danno morale anche quando non si riesca a dimostrare l’esistenza di un effettivo danno materiale;

4)     la condanna è immediatamente esecutiva senza dovere attendere l’espletazione di tutti i gradi di giudizio;

5)     il giudizio civile comporta un minor clamore di quello penale, sempre sgradito al presunto diffamato

Credo che sia dovere del giornalista sottoporre l’operato di chi ricopre cariche pubbliche al vaglio critico dell’opinione pubblica e soprattutto che i politici si rendano conto di avere responsabilità aggiuntive rispetto a quelle dei comuni cittadini perché i loro comportamenti coinvolgono la credibilità delle istituzioni.

Fermo restando che l’accertamento di eventuali responsabilità penali spetta solo ed esclusivamente alla magistratura è sacrosanto diritto della nostra categoria stigmatizzare tutti quei comportamenti che configurano responsabilità politiche e morali”. 

“Insomma, pare che stia passando la tesi che i soldi ripuliscano anche l’onore?”
“Sembrerebbe di sì ma sarebbe semplicistico fermarsi a questa affermazione. Un dato: nel 2001 il tribunale di Palermo ha finora trattato undici cause e ben dieci si sono concluse con la condanna dei giornalisti a pene comprese fra i venti e i cento milioni.

Ciò che più mi preoccupa è l’inquietante tendenza generale alla limitazione dell’art. 21 della Costituzione che, ricordo, afferma il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. In più, negli ultimi anni parallelamente al processo di concentrazione della proprietà dei mezzi di comunicazione di massa si assiste a un attacco dei poteri forti alla libertà di informazione e di opinione: il risarcimento di 20 miliardi chiesto da Berlusconi a Luttazzi e Travaglio ne è un esempio”. 

Qualche caso.

Riccardo Arena (Giornale di Sicilia): l’ex ministro Mannino gli ha chiesto 500 milioni per un articolo sullo stato della Sitas. Sempre ad Arena il collaboratore di giustizia Gioacchino Pennino ha chiesto un risarcimento di 300 milioni per un articolo in cui Arena aveva riferito che il Pennino non si era presentato in udienza e aveva presentato un certificato medico. Il lato grottesco della faccenda è che quanto riferito da Arena era assolutamente vero

Franco Viviano (la Repubblica). Ha buone chances di entrare nel Guinnes dei primati con le sue venti e passa tra querele e richieste di risarcimento danni. È già stato condannato a pagare 100 milioni a Giuseppe Ayala, oggi deputato e all’epoca sostituto procuratore a Palermo.

Viviano aveva riportato le dichiarazioni di un pentito il quale aveva riferito che Ayala si sarebbe adoperato per ritrovare i mobili (rubati) di un parente di Salvatore Cancemi. La condanna, oltretutto, si riferisce non al contenuto dell’articolo ma al titolo. Il 4 luglio, davanti alla sezione civile del tribunale di Roma, si discute una richiesta di Calogero Mannino (sempre lui) che chiede un risarcimento di un miliardo. La citazione è estesa anche a Giuseppina Zacco, vedova di Pio La Torre, per alcune dichiarazioni rilasciate sulle vicende giudiziarie riguardanti Mannino. Laconico il commento di don Ciotti: “A volte i familiari delle vittime pagano due volte”.

Ma gli strali dell’instancabile Mannino non si fermano ai soli giornalisti: richiesti 700 milioni ad Alfredo Galasso, avvocato del maxiprocesso per alcune affermazioni riportate nel volume La mafia politica

Enrico Bellavia (la Repubblica). Per un articolo è stato citato per sei miliardi da un imprenditore il cui nome era emerso nell’ambito di un’inchiesta su un traffico d’armi. Sempre Bellavia è stato citato per un miliardo da mons. Salvatore Cassisa, vescovo di Monreale per avere riportato alcune accuse rivolte al prelato. Caso stavolta rigettato. 

Al fondo di solidarietà istituito giorno addietro e che ha come obiettivo avviare una campagna di sensibilizzazione e di mobilitazione dell’opinione pubblica avente come obiettivo la realizzazione di una nuova e più equilibrata regolamentazione legislativa in materia di diffamazione hanno aderito l’Arci, il Centro di documentazione Giuseppe Impastato, il Centro sociale San Francesco Saverio, Il Manifesto, Libera, Mezzocielo, Micromega, Narcomafie, Palermo anno uno, Promemoria Palermo, Scuola di formazione etico politica Giovanni Falcone, Segno, Uisp. 

Chi desiderasse sottoscrivere l’appello può utilizzare il c/c postale n. 10690907 intestato a Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato, specificando nella causale “Campagna per la libertà di stampa nella lotta alla mafia”. Ulteriori informazioni telefonando allo 091.333773 oppure 091.6259789 o infine inviando una e mail a csdgi@tin.it
Mata Hari
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2 luglio 2001 - Le nostre trascurabili esistenze

Ma ne vogliamo parlare? O dobbiamo trascinare trascurabili esistenze tra residenze inpgi, soggiorni a saxatraz, ipotesi su chi si potrebbe trombare chi, e cose comunque serissime ma insomma qualche domanda ve la sarete pur fatta, almeno dopo l’intervento di Paolo Rastelli.

 Solo la panoramica di Enrichetto? Nel frattempo a Bologna, e pare contemporaneamente a Roma, nello scorso fine settimana si sono incontrati un po’ di militanti e giornalisti in un convegno dall’esplicito titolo “Comunicare Genova”

Mediattivisti, certo, ma non solo. Indymedia, che ha funzione di coordinare l’informazione militante, e di metterla in rete, assieme a un network di radio, ma anche Unimondo, Peacelink, Redattore Sociale, Popolare Network, Carta, Rai News, Il Manifesto, osservatori vari. Intervento finale dell’ufficio stampa del Gsf.

Discussioni, testimonianze, considerazioni su come si sta facendo e si farà l’informazione sui giorni del G8. L’argomento non è semplice. Da un lato la dura a morire diffidenza del “movimento” nei confronti della stampa, da un altro la ricerca del sensazionalismo di buona parte delle testate maggiori, da un altro ancora la possibilità, data dalle nuove agevoli tecnologie, di farsi l’informazione da sé

Ci sono più di 800 associazioni e simili nel Gsf. Ci sono in rete portali che raccolgono il lavoro di centinaia di Ong. Ci saranno migliaia di anime alle porte di Genova fra una ventina di giorni. Vi siete chiesti come tutte queste facce abbiano in questi ultimi due anni imparato a convivere e agire insieme senza bandiere – ovvero senza definizione? Loro si sono chiesti come fare a comunicare questa complessità, che è reale, forse dovremmo farlo anche noi

Si passa per l’aneddotica, Studio Aperto che dice noi veniamo solo per gli scontri, Maurizio Costanzo che per l’ospite Agnoletto cerca uno coi capelli lunghi meglio se con pearcing, Il Nuovo che certe notizie non le passa, tipo il primo meeting di Attac Italia con Cassen, Benni, Paolini, Moni Ovadia (non interessa, chiaro?), parole dure per Repubblica, Panorama ormai nella leggenda, Casarini al posto delle tette. Pettegolezzi, forse, ma anche tanta disponibilità, nuova. Forse adesso che l’informazione se la fanno ne hanno compreso la difficoltà, e nello stesso tempo sono più disincantati davanti a certi trucchetti. 

Probabilmente nessuno verrà più gambizzato, e questo è un bene, ma in fondo è fiducia quella che ci viene data. Benevola e un po’ indifferente, siamo sempre dei poveri cialtroni, ma il nostro ruolo non sarà minore per questo. Liberi di insistere sul “colore” delle tute bianche, pronti a scattare per una vetrata di macdonald, ingenui nel maneggiare lanci di sangue infetto e sequestri di poliziotti da usare come scudi umani, esperti di risiko, un po’ incazzati perché con gli accrediti non si sa bene dove si potrà andare, e se sarà possibile uscirne una volta entrati. 

Liberi di ragionare sulla città blindata, sulla legittimità del vertice, sull’evento mediatico, sui pericoli reali di provocazioni dure o di veri attentati, sui temi importanti dentro e fuori il palazzo, su quello che di nuovo abbiamo davanti. E molto altro. Fatevi avanti.

Curiosa


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