L'idea, e con essa la speranza o il timore, che la Terra non sia l'unico pianeta abitato da esseri viventi nell'Universo ha un fascino irresistibile. E la ricerca di esseri extraterrestri intelligenti (denominata SETI, Search for Extraterrestrial Intelligence), svolta ormai da diversi anni per mezzo di grandi radiotelescopi, fra cui spicca quello di Arecibo in Portorico, ubicato in un enorme bacino naturale del diametro di 330 metri, che dedica una piccola porzione del suo tempo all'ascolto ed all'invio di segnali interstellari per eventuali contatti, poggia la sua validità su solidi argomenti scientifici.
I primi ad ipotizzare una possibile comunicazione
extraterrestre furono l'italiano Giuseppe Cocconi e lo
statunitense Philip Morrison, che, nel lontano 1959, pubblicarono
sulla prestigiosa rivista Nature un breve articolo
intitolato Alla ricerca di
comunicazioni interstellari
, dove affrontavano le
possibilità offerte dalla moderna radioastronomia per una
risposta sperimentale al problema. L'anno successivo Frank Drake,
assieme a Carl Sagan fra i più grandi sostenitori del
progetto SETI, fece i primi tentativi di ricezione col
radiotelescopio di Green Bank (USA) e successivamente
sviluppò una formula, che porta il suo nome, ancora oggi
impiegata per il calcolo della probabilità di esistenza di
forme di vita intelligenti su altri pianeti. Da questa, a seconda
che si sia ottimisti o pessimisti, possiamo pensare di entrare in
contatto con almeno una delle 100 milioni di civiltà
intelligenti attualmente presenti nella Galassia oppure di essere
l'unica civiltà tecnologica esistente.
Ricerche di questo tipo sono costose e col passare degli anni
e dei primi entusiasmi, i finanziamenti sono andati via via
diminuendo, tanto da poter essere sostenute soltanto grazie a
contributi privati. Fra questi un grosso sforzo l'ha compiuto la
Planetary Society, associazione che fra i suoi compiti ha proprio
quello di sviluppare lo studio dell'esobiologia e la ricerca di
forme di vita extraterrestri. Ecco i motivi per cui ha
sponsorizzato unx progetto, denominato SETI@home
(letteralmente SETI a casa
),
operativo ormai da oltre due anni e mezzo e che ha incontrato
anche in Italia - e non solo fra gli astrofili e gli appassionati
di astronomia - un grande successo.
A SETI@home può infatti partecipare chiunque in qualunque parte del mondo, è sufficiente essere dotati di un computer e di un collegamento ad Internet. SETI@home è infatti un semplice programma salva-schermo (sono così detti quei software che proteggono il monitor quando il computer è inutilizzato) che parte automaticamente quando il vostro computer non ha altri particolari compiti da svolgere, mettendosi ad elaborare i dati provenienti dal radiotelescopio di Arecibo. Il programma, facilissimo da installare e totalmente gratuito, richiede di collegarsi al punto di raccolta di questi dati, un server Web a Berkeley in California, soltanto una volta ogni qualche giorno e per appena 5 minuti.
Louis Friedman, direttore esecutivo della Planetary Society, all'inaugurazione del progetto dichiarò:
Con SETI@home chiunque, dovunque, potrebbe essere la persona
che contribuisce alla scoperta di vita intelligente
nell'universo. Questo è un grande esperimento -
scientifico, tecnologico e sociologico - ed uno sforzo
cooperativo globale alle frontiere della conoscenza.
Perché allora non rispondere all'appello e provare ad unirsi a questo grande progetto, reso possibile solo grazie ad Internet? Per scaricare lo screensaver ed aderire così a questa impresa di cooperazione mondiale basta collegarsi al sito: http://setiathome.ssl.berkeley.edu/
Chissà che non siate proprio voi a trovare il primo segnale di un'altra forma di vita intelligente nella nostra Galassia! In bocca al lupo!
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