Nostalgia del ritorno

"Dirò di me stesso un canto vero, i viaggi narrerò. Come in giorni duri spesso ho sofferto tempi di pena, ho sentito nel cuore amara la cura, nelle chiglie trovato dimore di dolore, sulle onde in tumulto dove spesso mi tenne veglia ansiosa di notte, alla prua della nave, che rollava alle rocce. Eran dal gelo i piedi premuti, legati dal ghiaccio in fredde catene, mentre pene soffiavano calde dal cuore e fame strappava lo spirito dentro, stanco del mare. Quell'uomo non sa, cui tocca su terra di vivere bene, come miserando sul gelido oceano, d'inverno ha percorso le vie dell'esilio, privato d'amici, pendevano attorno verghe di ghiaccio. Turbinava la grandine".
The shiffer - racconto medievale

In greco si dice nòstosalgos. La nostalgia è dunque la sofferenza provocata dal desiderio inappagato di ritornare. Per questa nozione fondamentale la maggioranza degli europei può utilizzare una parola di origine greca (nostalgia), poi altre parole che hanno radici nella lingua nazionale : gli spagnoli dicono anoranza, i portoghesi saudade. In ciascuna lingua queste parole hanno una diversa sfumatura semantica. Spesso indicano esclusivamente la tristezza provocata dalla impossibilità di ritornare in patria. Rimpianto della propria terra. Rimpianto del paese natio. Ma è una riduzione spaziale di questa grande nozione. In spagnolo anoranza viene dal verbo anorar (provare nostalgia), a sua volta derivato dal latino ignorare. Alla luce di questa etimologia, la nostalgia appare come la sofferenza dell'ignoranza. Tu sei lontano, ed io non so che ne è di te. …………………………….. ……………………………..

L'Odissea, l'epopea fondatrice della nostalgia, è nata agli albori dell'antica cultura greca. Va sottolineato: Ulisse, il più grande avventuriero di tutti i tempi, è anche il più grande nostalgico. Partì per la guerra di Troia e vi rimase dieci anni. Poi si affrettò a tornare alla natia Itaca, ma gli intrighi degli dei prolungarono il suo periplo, dapprima di tre anni pieni dei più bizzarri avvenimenti, poi di altri sette, che trascorse, ostaggio e amante, presso la dea Calipso, la quale, innamorata, non lo lasciava andare via dalla sua isola.
Nel quinto canto dell'Odissea, Ulisse le dice "So anch'io, e molto bene, che a tuo cospetto la saggia Penelope per aspetto e grandezza non val niente a vederla…Ma anche così desidero e invoco ogni giorno di tornarmene a casa, vedere il ritorno" E Omero prosegue "Così diceva e il sole s'immerse e venne giù l'ombra; entrando allora sotto la grotta profonda l'amore godettero, stesi vicino l'uno all'altra". ………………………. ……………………….

Senza svegliarlo, i marinai di Feacia adagiarono Ulisse avvolto nei lini sulla spiaggia di Itaca, ai piedi di un ulivo, e se ne andarono. Fu questa la fine del viaggio. Ulisse dormiva, esausto. Quando si svegliò, non sapeva dov'era. Poi Atena disperse la nebbia dai suoi occhi e fu l'ebbrezza: l'ebbrezza del Grande Ritorno; l'estasi del noto; la musica che fece vibrare l'aria fra la terra e il cielo; vide l'insenatura che conosceva sin dall'infanzia, i due monti che la sovrastavano, e carezzò il vecchio ulivo per assicurarsi che fosse ancora quello di vent'anni prima.
Milan kundera, l'ignoranza