La Spada a due mani tra il XIV° ed il XV° sec.

La spada a due mani consiste “nell’elemento-base” del nostro programma di scherma medioevale,.
Il Magistro Fiore dei Liberi , vissuto a cavallo tra il XIV° ed il XV° Sec. , esaltò quest’arma concedendogli un’importanza di gran lunga superiore rispetto alla spada ad una mano,alla lotta a mani nude ed all’utilizzo della daga.
La spada a due mani risulta essere per molti aspetti lo strumento-simbolo che domina il panorama cavalleresco nell’Italico basso medioevo.
Quest’arma molto raffinata nel suo utilizzo , è perciò prerogativa della classe nobile.
L’Italia dell’epoca era divisa territorialmente, non possedeva quindi un esercito nazionale come invece ne godeva i vantaggi “la primogenita figlia” terra dei Franchi.
Questa condizione storica territoriale e sociale, distinse lo sviluppo d’una scherma Cavalleresca in Italia (spada a due mani), ed una tipologia militare in territorio Francese (spada e scudo).
Ma tornando alla “nostra spada”, scomunicando alcuni luoghi comuni che ci sono stati proiettati nelle innumerevoli scene da film più o meno coreografiche, l’utilizzo della spada a due mani è molto più sobrio ed elegante di quel che possiamo immaginare.
Infatti il movimento di caricamento, non è una rotazione a “tutta spalla” che permetterebbe solo di apparire vulnerabili o scoperti all’occhio del nemico, che altro non aspetta, se non una “porta aperta” per far entrare il “debole” della propria lama (parte terminale della lama atta a ferire).
Infatti i movimenti di detta spada nascono e prendono colore dall’impugnatura stessa, movimenti rotatori sì ma dai polsi!
La lunghezza dell’impugnatura che dall’elsa al pomolo misura dai 26 ai 30 cm. lineari consente allo schermidore di sfruttare al massimo la leva che ne deriva.
Prendiamo in esame il caso tipico di un di un destrimane , ove la mano destra è salda sotto l’elsa e la sinistra vicina al pomolo; questo assestamento consente allo schermidore attraverso movimenti di distensione e di trazione contrapposti, accelerazioni impraticabili utilizzando una lama simile dotata d’una impugnatura più corta .
Gli 85-90 cm. di lama venivano utilizzati quindi tanto per parare che per offendere , preferendo il forte della lama per le parate, il medio per i legamenti , il debole per le offese.
Arma di grande versatilità utilizzata sia in combattimento con o senza armatura .
Si può suddividere la scherma da due mani in due generiche tipologie, in relazione alle distanze che intercorrono tra gli schermidori.
Una, a giusta misura ove gli schermidori si offendono con i deboli delle rispettive lame ed una a gioco stretto ove tutta la spada diventa un organo contundente.
In un combattimento reale queste due branche si intrecciano armonicamente ed la distinzione diviene puramente letteraria, in quanto gli schermidori utilizzano: lama, pomolo, elsa, forte della lama (per gli strangolamenti), in funzione del mutar della distanza che li separa.
La mano sinistra si stacca e si riattacca al pomolo e per parare il pomolo che gli si proietta contro, per afferrare il polso dell’avversario, o per proiettarlo a terra o metterlo in chiave .
Questi combattimenti poi si colorivano di spinte, calci o pedate eseguite con gli arti inferiori.
Il combattimento era ieri come oggi vincolato dai tre pilastri base che per logica hanno sempre governato la scherma di tutti i tempi, distanza, velocità, scelta di tempo (dell’azione da compiersi).
In quell’epoca questo mio linguaggio troppo tecnico sarebbe sembrato un poco asimmetrico ed avrebbe subito una dolce traduzione in auliche metafore;
abbinava la distanza e la scelta del tempo alle qualità indiscusse della Lince, la velocità d’azione alla Tigre, il coraggio al Leone, il vigore psicologico e fisico all’Elefante.







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