Anticipazioni dell'ultimo romanzo di Calvino si possono ravvisare nel breve
testo del 1975, La squadratura, dove l'autore paragona il lavoro dello scrittore
a quello del pittore. Ricorrono in questo brano il tema dell'incipit narrativo
inteso come ingresso «ufficiale» nella finzione e l'affermazione dell'assoluta
«impersonalità» del testo. In una versione inedita e più ampia della Squadratura
compare, invece, il nucleo dell'ottavo capitolo, cioè il diario di Silas
Flannery, personaggio sotto le cui vesti si cela l'autore, e per il quale
materia fondamentale dello scrivere è l'atto della lettura stesso. Alla fine
della Squadratura, Calvino traccia la trama del romanzo che l'autore comincerà a
scrivere nel 1977. Parti di questa prima embrionale stesura compaiono nel
contributo Al di là dell'autore, pubblicato nel volume Creatività, educazione e
cultura. In una conferenza tenuta all'Istituto italiano di cultura di Buenos
Aires nel 1984, Calvino definì Se una notte d'inverno un viaggiatore «un romanzo
sul piacere di leggere romanzi», in cui «protagonista è il Lettore, che per
dieci volte comincia a leggere un libro che per vicissitudini estranee alla sua
volontà non riesce a finire».
La storia si snoda in dodici capitoli, ciascuno dei quali è l'incípit di un
romanzo diverso. Comincia in libreria, dove il Lettore acquista il nuovo libro
di Italo Calvino, Se una notte d'inverno un viaggiatore: qui incontra la
Lettrice (Ludmilla), che lo accompagnerà in tutte le peripezie del suo viaggio
alla ricerca del romanzo «compiuto», fino a sposarlo nell'ultimo capitolo. La
lettura, infatti, è forzatamente interrotta perché, per un errore di rilegatura,
le pagine si ripetono sempre uguali. Il Lettore torna indietro per cambiare la
copia, ma viene a sapere che la casa editrice ha confuso l'ultimo romanzo di
Calvino con quello di uno scrittore polacco, di cui egli ha cominciato a leggere
le prime pagine: «Fuori dall'abitato di Malbork» (capitolo secondo).
Ormai appassionato a quella vicenda, il Lettore chiede il romanzo polacco, ma
gliene viene ancora una volta venduto un altro. Anche questo libro è difettoso
e, allora, poiché Ludmilla ha comprato il suo stesso romanzo, il Lettore la
cerca in università. Qui un professore di «cimmerio», una misteriosa lingua
morta, gli sottopone il terzo racconto: «Sporgendosi dalla costa scoscesa»
(capitolo terzo). Il Lettore partecipa quindi a un gruppo di studio sul romanzo
rivoluzionario «Senza temere il vento e la vertigine» (capitolo quarto). La
catena degli equivoci prosegue lungo tutto il corso del libro, senza che egli
riesca a finire uno solo dei romanzi che comincia a leggere: nel capitolo
quinto, «Guarda in basso dove l'ombra si addensa»; nel sesto, «In una rete di
linee che si allacciano»; nel settimo, « In una rete di linee che si
intersecano», nell'ottavo, «Su un tappeto di foglie illuminate dalla luna»; nel
nono, «Intorno a una fossa vuota»; nel decimo, «Quale storia laggiù attende la
fine»; nell'undicesimo, «Chiede ansioso di ascoltare un racconto». All'interno
di questa struttura si susseguono, quindi, dieci trame narrative diverse, mai
concluse, che rientrano in altrettanti generi letterari (dal poliziesco al
romanzo di impegno politico-sociale, fino a quello erotico) e che lasciano il
Lettore protagonista del romanzo come anche il lettore reale sempre «derubato»
del finale.
Al centro di tutta la vicenda si rivelano alla fine due scrittori: Silas
Flannery e Ermes Marana. Flannery è autore di uno dei romanzi di cui il Lettore
comincia a leggere la trama e, forse, di un altro ancora. Dalla pagina di un suo
diario si evince che vorrebbe scrivere un romanzo che lo metta in comunicazione
immediata con il lettore, un romanzo in cui scompaia la mediazione ingombrante e
limitante dell'io dell'autore «per trasmettere lo scrivibile che attende
d'essere scritto, il narrabile che nessuno racconta». Questo concetto aveva
guidato la narrativa di Calvino fin dal 1967, quando, nella conferenza
Cibernetica e fantasmi (appunti sulla narrativa come processo combinatorio) -
poi in Una pietra sopra. Discorsi di letteratura e società, sosteneva che è «al
lettore che spetta far sì che la letteratura esplichi la sua forza critica, e
ciò può avvenire indipendentemente dalla funzione dell'autore». Ermes Marana,
invece, è il grande mistificatore che falsifica, scambiandoli, componendoli e
decomponendoli, i romanzi di Flannery. Scopo di Marana è dimostrare che «dietro
la pagina scritta c'è il nulla; il mondo esiste solo come artificio, finzione,
malinteso, menzogna». Ma nella lettura avviene qualcosa su cui nessuno può
agire, qualcosa di misterioso e inafferrabile che non può essere manovrato e,
finché esisteranno lettrici sensibili questo "qualcosa", l'inganno non potrà del
tutto riuscire. Alla «definitiva sparizione dell'io» corrisponde, dunque - come
osserva Nino Borsellino - «l'impossibilità di determinare l'ultimo oggetto dello
scrivere». Nel dodicesimo e ultimo capitolo, l'incipit del romanzo in cui si
imbatte il lettore è la composizione dei titoli di tutti gli altri undici: «Se
una notte d'inverno un viaggiatore, fuori dall'abitato di Malbork, sporgendosi
dalla costa scoscesa. senza temere il vento e la vertigine, guarda in basso dove
l'ombra si addensa, in una rete di linee che si allacciano, in una rete di linee
che si intersecano, su un tappeto di foglie illuminate dalla luna, intorno a una
fossa vuota, quale storia laggiù attende la fine, chiede ansioso di ascoltare un
racconto».
Alla fine del suo peregrinare, il Lettore approda in una grande biblioteca,
nella quale cerca ancora inutilmente i dieci libri e decide, invece, di sposare
la sua Ludmilla.
L'ultimo romanzo di Calvino può essere considerato l'opera riassuntiva del
cammino compiuto dallo scrittore a partire dalla fine degli anni Cinquanta,
quando abbandonò il neorealismo. Negli anni Sessanta egli cominciò a manifestare
interesse per le moderne teorie della letteratura, specialmente per lo
strutturalismo e per la semiotica: i suoi riferimenti letterari diventarono
allora Roland Barthes, gli strutturalisti francesi, Raymond Quenau e il gruppo
dell'Oulipo, forge Luis Borges. Tra gli immediati interventi critici sul
romanzo, sono da segnalare le Domande per Italo Calvino di Angelo Guglielmi (in
«Alfabeta»), che indussero l'autore a riflettere ulteriormente sulla propria
opera. Il critico accusava, tra l'altro, lo scrittore di «voler far tornare i
conti» dell'intricata trama con una soluzione troppo facile, introducendo come
deus ex machina il Gran Mistificatore. Calvino gli ribatté che il suo romanzo
rispondeva intenzionalmente a un modello chiuso e calcolato di narrazione, nel
quale il «far tornare i conti» è «un esercizio acrobatico per sfidare - e
indicare - il vuoto sottostante» («Alfabeta»). Allo stesso criterio è ispirata
la conclusione «romantica» della vicenda del Lettore, che nel finale sposa la
Lettrice. Integrando l'autointerpretazione di Calvíno, Cesare Segre afferma che
Se una notte d'inverno un viaggiatore è un «romanzo sulla teoria del romanzo»,
il cui vero protagonista è lo Scrittore, che mette in mostra i suoi meccanismi,
giocando abilmente con le strutture linguistiche e narrative, Dentro queste
strutture si riflette, sebbene mai definitivamente rappresentata, la continuità
della vita che, densa delle sue realtà empiriche, è sempre il fine della
tensione narrativa. Lo scrittore approderà così al suo testamento umano e
artistico nelle prose di Palomar, nelle quali si ríconferma questa volontà di
narrare, perché «se il tempo deve finire, lo si può descrivere istante per
istante e ogni istante, a descriverlo, si dilata tanto che non se ne vede più la
fine».
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