Luigi
De Bellis

 


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Eduardo De Filippo



NATALE IN CASA CUPIELLO: Commedia


Nella prima rappresentazione, messa in scena dalla «Compagnia Umoristica I De Filippo», il dramma, in dialetto napoletano, era un atto unico (corrispondente all'attuale secondo atto); nel 1932 l'autore aggiunse l'attuale primo atto e nel '34 l'attuale terzo atto. In questa stesura ampliata uscì nel numero 397-98 della rivista «Il Dramma» (1943); venne poi incluso nella raccolta Cantata dei giorni pari (con modifiche nell'edizione '79). In volume singolo apparve nel 1964.

Nel primo atto, ambientato il giorno dell'antivigilia di Natale, nella povera camera da letto di Luca Cupiello, il sipario si alza sul risveglio del capofamiglia, Luca, a cui la moglie Concetta ricorda che sono già le nove del mattino. Anche il figlio, Tommasino detto Nennillo, sia pure a malincuore, è costretto ad alzarsi. I due personaggi, padre e figlio, sono caratterizzati fin dalle prime battute: il padre è maniacalmente preso dalla costruzione del presepio, mentre il figlio, fannullone ed egoista, lo contraddice per puro dispetto. Lo scontro tra i due è reso dal ricorrente battibecco, espresso con una battuta leggendaria: «Nun te piace? Nun ti piace 'o presebbio?» «Nun me piace» (si cita dall'edizione '59. poi modificata). In casa Cupiello è ospite pagante il fratello di Luca, Pasqualino, che, alzandosi anche lui, ma dopo un'influenza durata una settimana, non trova più le scarpe e il cappotto, di cui si è impossessato Nennillo. Alle sue rimostranze, Nennillo ammette il furto e il padre, esasperato, lo caccia di casa, manifestando però anche insofferenza per il fratello. Solo la madre difende il figlio, assorbito dalla colazione mattutina e poco disposto a chiedere scusa allo zio. A questo punto entra in scena Ninuccia, la figlia sposata dei Cupiello, che rivela alla madre l'intenzione di lasciare il marito, geloso, Nicola, per un altro uomo. Lo svenimento di Concetta e l'arrivo di Nicola sembrano per il momento accomodare le cose, mentre tra padre e figlio scoppia una nuova lite, causata dall'osservazione scherzosa di Luca al genero, con la quale, nel tentativo di riappacificare gli sposi, dice che sarebbe stato meglio se Nicola avesse sposato Nennillo. Al rifiuto seccato dell'assurda ipotesi da parte di Nennillo, il padre sconsolato dice: «È inutile. Quello mi deve contraddire pure con le cose impossibili!»; e torna al suo presepio, che la figlia in un gesto d'ira ha rovesciato.

Il secondo atto si apre sulla sala da pranzo dei Cupiello il giorno della vigilia di Natale, mentre fervono i preparativi della cena. Nennillo presenta alla madre l'amico Vittorio, senza sapere che si tratta dell'uomo amato dalla sorella e che anche il marito Nicola conosce. Dopo l'ennesima lite tra Pasqualino e il nipote, che gli ha rubato cinque lire, peraltro rubate dallo zio al fratello, Concetta tenta in ogni modo di allontanare Vittorio da casa, prima che arrivino la figlia e il genero. S'intromette Luca, che, tutto preso dall'evento familiare della cena e dal presepio che finalmente troneggia nella sala, all'oscuro di tutto, invita il giovane a restare. Ai complimenti ironici di Vittorio, che gli chiede se il presepio sia tutto opera sua, risponde con ingenuità e foga infantile: «Tutto, tutto. E contrastato in famiglia. Qua non mi capiscono... Io faccio il presepio perché quando avevo i figli piccoli, lo facevo... Sapete, era un'allegrezza... E anche adesso che sono grandi, io ogni anno debbo farlo... Mi sembra di avere sempre i figli miei piccoli... Sapete... anche per religione. È bello fare il presepio... E l'ho fatto senza l'aiuto di nessuno».
Segue una ricostruzione delle vicende familiari in cui ogni difficoltà, ogni asprezza viene taciuta o minimizzata, perché a Natale la famiglia deve riunirsi secondo la tradizione (ma alla parola «riuniamo», che Luca significativamente non riesce a pronunciare, è legato uno dei tanti momenti di comicità irrefrenabile). La cerimonia prevede, ogni anno, una piccola e scherzosa processione per recare doni a Concetta. Nella lettera che Nennillo scrive per augurare a tutti buon Natale, manca però un accenno all'odiato zio, che, offeso, costringe il nipote ad aggiungerlo nei voti di lunga vita. L'arrivo di Ninuccia con il marito fa precipitare la situazione: Nicola ha un violento alterco con il rivale che sfida a raggiungerlo in strada, mentre Concetta sviene per la seconda volta e gli ignari Luca, Pasqualino e Nennillo fanno la loro comparsa con i doni cantando Tu scendi dalle stelle.

Tre giorni dopo, il terzo atto ha come scena ancora la camera da letto dei coniugi Cupiello, dove Luca giace gravemente malato. La scoperta dei rapporti tra la figlia e il genero lo ha sconvolto. Un gruppo di vicine e vicini di casa lo attornia come per una veglia funebre, interrotta solo dal rito del caffè. Il malato mormora di quando in quando il nome del genero, che dopo la scenata ha abbandonato la moglie. Nennillo e lo zio al solito litigano, mentre Concetta e la figlia assistono il malato. All'arrivo del dottore, Ninuccia gli chiede come stia il padre. Il medico pronuncia una sorta di discorso funebre, che è anche un ritratto veritiero di Luca: «Cara Ninuccia, io ti conosco da bambina... non ti posso ingannare. Luca Cupiello è stato sempre un grande bambino che considerava il mondo un enorme giocattolo... quando ha capito che con questo giocattolo si doveva scherzare non più da bambino ma da uomo... non ha potuto. L'uomo Luca Cupiello non c'è. E il bambino aveva vissuto già troppo». Arriva anche Vittorio, che si sente colpevole di tutto quello che è accaduto. In un soprassalto di coscienza, benché offuscata, Luca lo scambia per il genero e, prendendo la sua mano e quella della figlia, vuole che si riconcilino. In quel momento entra Nicola, che a stento viene trascinato via in preda alla collera per ciò che, equivocando, ha visto. Alla fine Luca chiama presso di sé il figlio e gli chiede: «Tommasi', te piace o' presebbio?»; e il figlio, in preda alla commozione, finalmente risponde di si.

Al centro della commedia, una delle più amate di Eduardo, c'è il personaggio di Luca Cupiello, che incarna, con una sorta di follia, l'estraneità alle miserie, e dunque alla realtà, familiari. Il presepio, attorno al quale si accanisce con tanta cieca ostinazione, è solo la forma tangibile del suo rifiuto ad accettare il tempo che passa, la mutevolezza dei sentimenti e la fatale degradazione di ogni cosa. Aggrappato al Natale come a una indistruttibile certezza, fatta di rituali inalterati, di cordialità e di buoni sentimenti, egli oppone all'evidenza degli egoismi e delle ragioni altrui, il suo egoismo, che non ammette, come in un cerimoniale inflessibile, la minima infrazione, La commedia è solo apparentemente un Kammerspiel giocato sul registro sentimentale. In questo, che è uno dei testi eduardiani più vicini alla poetica di Pirandello, ogni personaggio recita la parte obbligata della propria ossessione. E se la parte del protagonista è la più scoperta e dunque vulnerabile, ciò accade per ritrarre meglio quelle degli altri: la scioperataggine del figlio, il parassitismo del fratello, il desiderio incurante degli amanti, il perbenismo offeso del genero. Unica eccezione è quella di Concetta, costretta, lei sì da una dolente e umanissima pietà, a dividersi sulle opposte sponde della realtà e del delirio.

Memorabile l'edizione televisiva andata in onda, su Rai Uno, nel dicembre del 1977, con la regia dell'autore; sceneggiatura di Raimonda Gaetani; interpreti Eduardo (Luca), Pupella Maggio (Concetta), Luca De Filippo (Tommasino). Lini Sastri (Ninuccia). Luigi Uzzo (Nicolino), Gino Maringola (Pasqualino), Marzio Onorato (Vittorio Elia).

 

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