Il partigiano Johnny rappresenta probabilmente il caso filologico più intricato
della letteratura italiana del secondo Novecento. Il romanzo fu pubblicato
postumo a cura di Lorenzo Mondo, che, trovatosi di fronte a due stesure molto
diverse (delle quali la più antica era completa, mentre la più recente copriva
solo gli ultimi diciannove capitoli) le contaminò con una certa libertà,
nell'intenzione di presentare ai lettori un testo quanto più organico e
definitivo possibile. Dieci anni dopo, approntando l'edizione critica di tutte
le Opere di Fenoglio, Maria Corti e Maria Antonietta Grignani optarono invece
per la soluzione più conservativa, riproducendo interamente, una dopo l'altra,
le due versioni di Fenoglio ed evitando così ogni montaggio arbitrario. In tal
modo però, sconfessata l'edizione Mondo e rinunciato ad approntarne una nuova
veniva a mancare un'edizione di base a cui potessero rivolgersi i non
specialisti. A questa esigenza va incontro il nuovo assetto testuale proposto da
Dante Isella nella «Biblioteca della Pléiade». Isella riproduce sostanzialmente
immutata la lezione della Corti, ma a partire dal ventunesimo capitolo (con cui
comincia la doppia redazione) accoglie la stesura più recente, dove i blocchi in
inglese sono assai più rari (come è noto, Fenoglio scriveva sempre una prima
versione in questa lingua) e la prosa appare in generale più sorvegliata. La
questione è in ogni caso ulteriormente complicata dalle polemiche sorte tra gli
studiosi a proposito della data di composizione del romanzo (per Maria Corti gli
anni immediatamente successivi alla guerra, per Bigazzi e Saccone - seguiti oggi
dalla maggior parte dei critici - il biennio 1956-1958) e dei rapporti con
Primavera di bellezza, il romanzo nato dalla costola di un originario progetto
di "ciclo resistenziale" che coprisse interamente il periodo dal 1943 alla
Liberazione.
Johnny (tutti lo chiamano soltanto col suo soprannome) è un ventiduenne studente
universitario di Alba, arruolato nell'esercito nonostante l'insofferenza verso
il fascismo e la passione per la cultura anglosassone, e sfuggito
miracolosamente al tracollo dell'8 settembre. Rientrato in Piemonte, i genitori
benestanti hanno provveduto a imboscarlo in una casa in collina, sulle pendici
di Alba, per sottrarlo al bando del maresciallo Graziani che impone la
coscrizione obbligatoria (nelle file della ricostituenda armata di Salò) a tutti
i maschi in età di portare la divisa. L'alimentazione abbondante, il riposo, i
libri più amati, la volontà di non procurare sofferenza ai genitori esponendosi
a rischi non necessari, non bastano però a placare il suo desiderio di azione.
Su Johnny influisce anche la severa lezione antifascista dei due più amati
professori del liceo, Chiodi e Cocito (entrambi personaggi realmente esistiti),
anche se gli incontri clandestini con loro più che altro lo confondono per via
delle interminabili discussioni politiche di cui non capisce molto (Cocito è
comunista).
Procuratasi una pistola, Johnny indugia ancora: sono gli eventi stessi ad
affrettare la sua risoluzione quando, in applicazione del decreto di Graziani, i
fascisti imprigionano i genitori dei giovani renitenti e li affidano ai
sonnacchiosi carabinieri di Alba. Una piccola sollevazione popolare ne provoca
l'immediata liberazione, ma il passo è ormai compiuto: lasciata una lettera
d'addio, Johnny si dirige verso le colline per unirsi ai partigiani. Per Johnny
comincia a tutti gli effetti una nuova esistenza (capitoli 1-4).
L'incontro fortuito con una squadra di partigiani garibaldini, sulla strada che
avrebbe dovuto condurlo al loro presidio, delude profondamente Johnny al posto
degli «arcangeli» sognati, ecco «un testo integrale di sintomatologia criminale
lombrosiana», che lo persuade ancor più che il suo posto non è tra i comunisti,
ma altrove, con gli anglofili badogliani («Really I'm in the wrong sector of the
right side»). La vita partigiana scorre noiosa, senza gloria né azione, tra
preparativi infiniti, patetiche scaramucce con i carabinieri e dolorose
requisizioni ai contadini. La strategia dei partigiani appare a Johnny affidata
al caso e all'improvvisazione: catturati involontariamente alcuni soldati
tedeschi, il presidio di Mombarcaro si ritrova circondato da un vasto
spiegamento di forze e gli uomini sono costretti ad attraversare ad uno ad uno
le linee nemiche, nella speranza di sottrarsi alla manovra a tenaglia. Scampato
ai fascisti, invece di raggiungere i propri compagni, Johnny decide di mettersi
in cerca dei sospirati «azzurri» (capitoli 5-12).
La libertà riconquistata (la «sospensione di partigianesimo») mette a Johnny una
strana euforia, ma non smorza la sua determinazione a essere «partigiano in
aeternum». Senza più un centro (nemmeno quello provvisorio di Mombarcaro),
Johnny prova per la prima volta «il senso dell'esilio» e una violenta nostalgia
per Alba, da poco occupata dai fascisti. L'incontro fortuito con l'industriale
enologico B. (una vecchia conoscenza), che lo invita a una breve sosta nella
casa in collina, dove si è rifugiato con la moglie e la figlia, dà vita a una
delle scene più toccanti dell'intero romanzo, e culmina nella precisa percezione
da parte di Johnny di non avere più nulla da spartire con quel mondo di lusso e
di frivole conversazioni che si è ormai lasciato dietro per sempre. Vinte le
sirene del passato, può finalmente ripartire alla volta delle formazioni
badogliane (capitolo 13).
Johnny capisce subito di aver trovato le persone che fanno per lui: il
bellissimo comandante Nord, innanzitutto, e Pierre, Ettore e Kyra (il cui
fratello - tipico esempio dei drammi della guerra civile - è ufficiale nel
presidio fascista di Asti), Ben presto gli scontri riprendono secondo un rituale
stabilito: «turistici» rastrellamenti dei fascisti, logorante ma quasi íncruento
assedio alle postazioni partigiane, ritirata e infine attacco alla retroguardia
repubblichina mentre si appresta a riguadagnare la città. Padroni delle colline,
badogliani e garibaldini concordano di occupare la poco difesa Alba, nonostante
il parere negativo di quanti (come Johnny sanno che poi non sarà possibile
resistere in campo aperto all'inevitabile controffensiva (capitoli 14-20).
Occupata Alba senza colpo ferire (dopo una previdente ritirata dei fascisti), i
partigiani sciamano in città in cerca di divertimento, come si trattasse di un
«viaggio premio», ma diventa presto chiaro a tutti che non sarà possibile
tenerla a lungo, Nessuno vorrebbe combattere, poiché l'esito dello scontro è già
segnato e tutti e due i contendenti temono i costi di un impegno diretto, ma,
dopo che un'ambasciata dei fascisti si è risolta in una «commedia delle
reticenze», non rimane altra soluzione che affrontarsi sul campo. Sotto una
pioggia scrosciante, Johnny sì batte per qualche ora in prima linea al comando
di una truppa di «minorenni», ma nonostante il sacrificio di molti dei
partigiani impegnati nella difesa della città (la maggior parte era stata già
fatta evacuare sulle colline), nelle prime ore del pomeriggio Alba viene
rioccupata dai fascisti (capitoli 21-24: «La città»).
La rapida sconfitta delle "repubbliche partigiane" inaugura un nuovo corso della
guerra in collina, in cui l'iniziativa passa di nuovo ai fascisti, riorganizzati
e validamente soccorsi dalle milizie tedesche. L'approssimarsi della cattiva
stagione rende ancora peggiore la situazione dei partigiani, nelle cui file le
diserzioni si contano ormai a dozzine. Johnny trascorre l'attesa dell'imminente
offensiva in vigile rassegnazione, sapendo che la prova più dura si sta
avvicinando. Dopo una breve e insoddisfacente parentesi sentimentale con una
ragazza di Torino, l'attacco fascista si scatena in tutta la sua violenza e
brutalità. In poche ore la linea badogliana frana sotto i colpi nemici, che si
abbandonano a una feroce e indiscriminata rappresaglia sui civili. La formazione
di Johnny rimane indietro per proteggere la ritirata del gruppo di Nord, ma è
presto accerchiata dai fascisti e costretta a una disordinata fuga per i boschi.
Il rastrellamento è condotto con abilità e determinazione che nulla hanno a che
vedere con l'inoffensiva ritualità delle precedenti operazioni. Per tre giorni,
senza cibo e senza difese contro il freddo novembre delle Langhe, gli amici si
sottraggono con ogni espediente alle pattuglie nemiche che approfittano dello
sbandamento totale delle forze partigiane. Dopo aver rischiato numerose volte la
vita. Johnny, Ettore e Pierre riescono però finalmente a guadare il fiume
Tanaro, sottraendosi ai fascisti (capitoli 25-30: «Preinverno»).
Dopo il successo dei rastrellamenti, i fascisti ormai spadroneggiano anche nei
piccoli centri, incrudeliti dalla consapevolezza che la primavera porterà su
tutto il fronte l'avanzata vittoriosa delle forze alleate. Nei villaggi si sono
infiltrate intanto delle pericolosissime spie che, travestite da venditori
ambulanti, segnalano l'ubicazione dei partigiani e denunciano i borghesi che li
accolgono in casa. In una di queste retate viene appunto catturato Ettore, e
poiché Pierre, malato, si è fatto nascondere dalla sua fidanzata, Johnny rimane
ora completamente solo (in realtà Johnny riesce a catturare un fascista con cui
riscattare l'amico, ma nelle pagine successive tutto continua come se lo scambio
non fosse mai avvenuto: si tratta evidentemente di una contraddizione a cui
Fenoglio non ha fatto in tempo a porre mano). Fin dall'inizio Johnny ha dovuto
lottare contro gli inviti a non esporsi troppo che gli venivano rivolti da più
parti, ma nel momento del tracollo partigiano le vie di uscita si fanno di colpo
tutte più allettanti. Eppure Johnny non vuole mancare a un impegno etico che ha
preso innanzitutto con se stesso e continua da solo una guerra divenuta ormai
sempre più personale, riuscendo anche a uccidere una delle pericolosissime spie
fasciste (capitoli 31-38: «Inverno»).
Alla ricostituzione delle bande partigiane, Johnny si scopre profondamente
cambiato, incapace di riprendere la consueta vita di gruppo e, ora che i momenti
più difficili sembrano dietro le spalle, quasi spaventato dall'imminenza della
vittoria. "Tentato" dalla morte, Johnny decide di non raggiungere subito la
missione inglese appena paracadutata, dove è atteso come traduttore e rimane
ucciso in un'azione del tutto insignificante (nella prima stesura il romanzo si
concludeva invece con la vittoria dei partigiani) (capitolo 39: «Fine»).
«L'interesse così stilistico come etico per il caso Fenoglio» (Gianfranco
Contini) nasce dalla assoluta singolarità di questo narratore che sfugge ancora
oggi a tutte le consuete classificazioni della narrativa italiana del Novecento
(realismo/espressionismo; tradizione/avanguardia...). Proprio per questo la
critica ha insistito molto sulla vocazione fenogliana di presentarsi
immediatamente come "classico", già sottratto in partenza alle mode e al
divenire, e Gian Luigi Beccaria ha parlato per Il partigiano Johnny di «grande
stile», che «permette allo scrittore la trasposizione degli avvenimenti -
scelti, strutturati, trasformati, eppure credibili - nell'esemplarità simbolica
di una lingua epica». Utilizzando la grande "metafora" della Resistenza,
Fenoglio ha scritto così un romanzo indimenticabile sulla crescita, la scelta
morale e la morte, che insieme è anche una delle più belle pagine "romanzate"
della storia italiana.
Da Il partigiano Johnny è stato tratto, nell'autunno del 2000, l'omonimo film di
Guido Chiesa: protagonista Stefano Dionisi; altri interpreti Claudio Amendola,
Fabrizìo Bentivoglio, Sergio Castellitto, Giancarlo Giannini.
|