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LA COOPERAZIONE TRA BIBLIOTECHE |
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Nel 1968 a Sangineto (Cosenza), durante il XXVIII Congresso dell'AIB, Angela Vinay, allora presidente dell'AIB, il direttore dell'ICCU, e Michel Boisset, allora vicedirettore della neonata Biblioteca dell'Istituto Universitario Europeo, stabilirono di lanciare un ambizioso programma di cooperazione su scala nazionale,
SBN. Negli anni Novanta, le tecnologie dell'informazione e della comunicazione hanno realizzato un forte salto di qualità: ma queste nuove potenzialità pongono una complessità di problemi sia organizzativi, che tecnici, che legali, che culturali per cui qualunque soluzione non potrà attuarsi che in un'ottica di cooperazione su larga scala, perché nessuna biblioteca può illudersi di affrontare da sola questi ostacoli in quanto tutto questo richiede l'adeguamento di norme, funzioni e infrastrutture. La vera sfida consiste nel saper sfruttare la tecnologia per migliorare la produttività a basso costo; ma per un'operazione di questa portata occorre soprattutto capacità organizzative e l'abbandono della propria gelosa indipendenza. Sono questi in sostanza i nodi che le biblioteche devono affrontare per riaffermare nel futuro la loro autonomia e il loro ruolo.
Rispetto all'Italia, l'America è risultata essere il terreno più fertile per lo sviluppo della cooperazione (che ultimamente ha allargato le frontiere includendo anche le biblioteche della Gran Bretagna), ma questo grazie ad un concorso di fattori che purtroppo il nostro Paese è ancora ben lungi dal possedere: finanziamenti da parte dei governi, coinvolgimento dei grandi laboratori di ricerca tecnologica e collocazione di alcune iniziative nel quadro delle attività di ricerca e sviluppo, lo sforzo a superare le frontiere nazionali della cooperazione, la consapevolezza che per realizzare progetti di tale portata occorre superare l'innato senso di competizione tra grandi e prestigiose istituzioni.
Solo negli ultimi tempi di dar vita a sporadici fenomeni di cooperazione: un caso per tutti è l'attività che la Soprintendenza per i beni librari e documentari dell'Emilia - Romagna sta conducendo nella regione. La recente apertura dei due portali Librit e SuperDante aveva fatto sperare in un svolta decisiva verso alla creazione di banche dati multimediali ma le attese sono state per ora deludenti. La maggior parte dei progetti resta un evento episodico, spesso senza un'effettiva realizzazione, privo di qualunque coordinazione e carente dal punto di vista dei fondi, delle norme biblioteconomiche seguite e delle competenze professionali.
Vent'anni dopo Sangineto, all'inizio del III Millennio, le biblioteche si trovano, quindi, di nuovo di fronte a una fase che prelude grandi scelte. La biblioteca digitale, per definizione, nasce su un'infrastruttura, la rete, che rende più facile la cooperazione; per questo motivo è diventata la porta bandiera della tendenza ad ottimizzare le risorse umane ed economiche, condividere l'esperienza che maturata nel corso della conduzione dei vari progetti e costituire consorzi fra biblioteche. Il modello proposto dallo Studio di fattibilità per la realizzazione di una Biblioteca Digitale Italiana propone la creazione di un centro predisposto per interagire con tutte quelle biblioteche che estendono le loro competenze e i loro servizi all'ambito digitale. La soluzione, quindi, non mira solo a formare un archivio di dati digitali ma un punto di coordinamento e supporto alla gestione del materiale elettronico. In questo modo, le singole iniziative dovranno essere costruite secondo criteri di standard e di qualità e potranno confluire all'interno di quel colossale progetto che è, appunto, la Biblioteca Digitale Italiana (BDI).
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