LA ROCCAFORTE NAVALE
PUNICA: MARSALA
Otto chilometri da Mozia, Marsala ci nasconde quasi del tutto i suoi
segreti.
Eppure, fu rinomata nell'antichità specialmente per il suo porto,
deteminante sia per i
Cartaginesi, sia,
dopo, per i Romani. Era chiamata Lilibeo, sdraiata su Capo Boeo, fondata su un piccolo preesistente insediamento arcaico dai superstiti
di Mozia nel 397 a. C. Divenne la più impor- tante e munita base
navale punica della Sicilia, tale da resistere agli attacchi di
Dionigi, di Timolconte, di Pirro, di Roma.
Gli scavi e le recenti ricerche ci consento- no di avere un'idea più
precisa delle sue imprendibili fortificazioni, ricordate da Polibio e
da Diodoro, rafforzate sui due la- ti del promontorio da un fossato,
le cui tracce, a tratti, compaiono in occasione di lavori edilizi.
Vicino porta Trapani, rimane una porta fiancheggiata da due torri
rettangolari dalla struttura imponente, probabili caposaldi della
linea di difesa della città. Nella zona nord, presso Capo Boeo, tra
ruderi di cisterne e magazzini, entriamo in una grande casa con un atrio
e un peristilio intorno al quale si aprono alcune stanze di un
ambiente termale, databile al III secolo a. C., con salette per bagni
di sudo- re e tracce di impianti idrici. Splendidi i
pavimenti con i mosaici di stile naturalistico, uno dei quali
raffigura quattro gruppi di belve che assalgono un cervo; altri hanno
decorazioni a motivi vegetali e geometrici di tipo nord-africano. Un
esempio del lusso di cui doveva godere -la città, passata ai Romani
nel 241, e da allora testa di ponte per la conquista di Cartagine e
l'invasione dell'Africa.
Fra i tanti relitti che seppellisce il Mediterraneo, l'unico esemplare di nave punica finora noto - parzialmente
recuperata - è visibile presso il Baglio Anselmi: la parte posteriore
e il lato di babordo di un'imbarcazione da guerra, -di linea
slanciata, nel cui scafo si scorgono lettere dipinte dell'alfabeto
fenicio-punico.
Di epoca romana (11 secolo d. C.) è la camera funeraria
sotterranea scoperta recentemente e per caso nel centro della città.
Attraverso una scala nella roccia, a tre metri di profondità, la
camera (5 metri per 5), di forma trapezoidale, possiede sei sepolture scavate lungo i lati. Ma quel che col- pisce è l'esplosione di
vita in un luogo di morti. Una vivacissima decorazione pittorica
corre sulle pareti: scene di banchetto, di danza e di musica, figure
alate e pavoni in un tripudio policromo di fiori, ghirlande e festoni,
secondo l'iconografia funeraria romana che rimandava al viaggio dei
defunti nei Campi Elisi. t l'ipogeo di Crispia Salvia: un'iscrizione
indica con questo nome la defunta alla quale (uxori dul- cissiiiia)
teneramente il marito, julius D(,ine,iiiiis, dedicò l'epigrafe.
(26 febbraio 2001)
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