Assaggio 00: Recensione
D. De Masi: "Ozio
Creativo", conversazione con M.S. Palieri, Rizzoli,
Milano 2000.
"Il futuro appartiene a
coloro che saranno capaci di usare le proprie heads piuttosto
che le proprie hands"
De Masi ripercorrendo
le grandi svolte epocali della nostra storia si sofferma
principalmente sui principi della società e l'organizzazione
del lavoro della società postindustriale.Nel 1969
A. Touraine pubblica una raccolta di saggi 'La société
industrielle' sostituendo pochi anni dopo la definizione
con società programmata ('Il cuore di questa società
è la programmazione').
De Masi assegna alla creatività la centralità
data da Touraine alla programmazione e chiama l'attuale
società creativa. Laboratori, redazioni, troupe
creano; governi e multinazionali pianificano il futuro ('Il
cuore di questa società è l'informazione,
il tempo libero, la creatività scientifica ma anche
estetica: musica, arti, design, tutto ciò che è
bello e dotato di senso).
Negli anni '80 esce La terza ondata di Alvin Toffler.
L'epigrafe cita dei versi di Carlos Fuentes:
"Siamo venuti qui per ridere o per piangere,stiamo
per morire o stiamo per nascere?"
Abbiamo la responsabilità del cambiamento, la possibilità
di programmare il nostro futuro, occorre respingere gli
affossatori di idee, lottare per la libertà d'espressione.
La storia si muove per grandi onde. I principi della
società industriale hanno portato all'esaltazione
nazionalistica, all'imperialismo, alla subordinazione di
tutto all'industria. La chiave della terza ondata sta nello
sviluppo tecnologico, nella capacità d'inventare
quello che ci occorre. Altro elemento fondamentale, permesso
dallo sviluppo tecnologico e dalla maggiore cultura è
la soggettività, l'autonomia di giudizio tale da
poter scegliere in base ai miei bisogni e alle mie risorse,
non solo in base alla mia appartenenza.
Il potere non dipende più dal possesso dei mezzi
di produzione ma da quello dei mezzi d'ideazione (i laboratori)
e d'informazione (i mass media). I brevetti sono quasi tutti
statunitensi, occorre investire sulla ricerca scientifica,
sulla promozione artistica, sulla formazione dei giovani,
cioè sulla produzione di idee. Non basta opporsi
ad un progetto altrui, occorre contrapporne uno proprio.
De Masi propone una riduzione drastica dell'orario di lavoro,
a causa dell'overtime, l'abitudine degli impiegati
di restare in ufficio molto di più del tempo necessario,
un pretesa del capo e una graziosa sottomissione o una necessità
psicologica da parte del dipendente come misura di fedeltà
all'azienda. L'overtime distrugge non solo la creatività,
ma anche la vita familiare e la crescita personale del dipendente.
La convinzione che la produzione sia proporzionale al tempo
di lavoro proviene dalla catena di montaggio. Da un'indagine
sul telelavoro risulta che i compiti che in azienda richiedono
dalle 8 alle 10 ore, a casa si svolgono nella metà
del tempo. Lavorare meno avrebbe effetti positivi sia sull'assunzione
dei disoccupati, sia sulla creatività degli occupati.
Propone il telelavoro e la settimana cortissima per modificare
l'organizzazione del lavoro e della vita. Per la prima volta
dai tempi di Taylor, cambiare la prima può
significare cambiare la seconda. Vi è una doppia
resistenza: dell'azienda e del dipendente abitudinario (Tim
Robbins in Le ali della libertà racconta la storia
di un ergastolano che dopo decenni riceve la grazia e il
giorno in cui esce dal carcere s'impicca). Ci si abitua
a sentirsi indispensabili all'organizzazione e inutili e
annoiati nel tempo libero.
Nel lavoro artigianale
vita e lavoro coincidevano totalmente. Il capo famiglia
era anche capo azienda, i lavoratori erano familiari e parenti,
la formazione del bambino coincideva con l'apprendistato
e il tempo e il luogo di lavoro coincidevano con quelli
della vita. Nella bottega artigianale veniva realizzato
un intero ciclo produttivo. C'era una totale compenetrazione
tra sfera produttiva e riproduttiva, emotiva e razionale,
una grande commistione tra creatività, esecutività,
manualità. Religiosità e superstizione esaltavano
la dimensione magica, fatalistica dell'esistenza umana.
Solo nell'800 questo mondo si trasforma nella società
e nel lavoro industriale: la produzione avviene in una unità
di tempo e di luogo (la fabbrica) e vita e lavoro non coincidono
più. I prodotti sono molti e standardizzati. La fabbrica
e la città diventano funzionali. Gran parte del lavoro
è fisico ed esecutivo. Le ideologie si secolarizzano.
Il telelavoro recupera e valorizza il meglio di entrambi.
Permette il ritorno a piccole unità produttive o
a casa ma le collega tramite la telematica. Ciò è
possibile perché le materie prime sono immateriali,
sono informazioni. L'attività esecutiva, fisica e
mentale, è delegata alle macchine. I conflitti si
frammentano. Non c'è più contiguità
fisica e meccanica tra le persone. Ciò che unirà
i portatori dei medesimi interessi, rancori, sfruttamenti,
d'ora in poi sarà di tipo virtuale. L'organizzazione
è spesso a rete, una rete di piccole unità
intercomunicanti tramite Internet (i 300.000 dipendenti
dell'IBM in tutto il mondo possono dialogare in tempo reale
tramite la posta elettronica). Si riduce la divisione tra
tempo del lavoro e della vita.
Siamo in una fase di
dematerializzazione in tutti i campi. E' una fase
cominciata in Mesopotamia con l'invenzione della scrittura,
che è poi proseguita con l'invenzione della stampa,
ma che solo nel nostro secolo ha avuto una forte accellerazione
con l'invenzione della radio, della tv, dell'informatica,
di Internet. Andiamo verso la a-fisicità.
Abbiamo sempre considerato il lavoro una fatica fisica,
stancante e dolorosa. La fatica mentale creativa ammette
ed esige motivazione, amore, attrazione, piacere (un aneddoto
racconta che Edison passò la prima notte di nozze
solo, nel laboratorio dove lavorava all'invenzione della
lampadina). Applichiamo ancora al lavoro intellettuale regole
che furono pensate per quello materiale, ma il primo non
richiede la compresenza fisica e il sincronismo, eppure
gli orari sono ancora gli stessi e molti impiegati e manager
timbrano ancora il cartellino.
Altro elemento distintivo è lo sconfinamento nell'ozio
e nello studio. Le attività fisiche erano di tipo
strumentale, un mezzo per sostenere se stessi e la propria
famiglia. Quelle intellettuali sono per lo più espressive.
Nel lavoro creativo le regole sono una sfida, in quello
esecutivo solo un limite. Le condizioni di lavoro che rendono
molto attiva la macchina fisica (continua) sono in parte
diverse da quelle che mantengono attiva la macchina psichica
(discontinua). La creatività è legata piuttosto
che alle risorse, alla capacità di cogliere stimoli
e di elaborarli, alla risonanza tra due creativi. Le condizioni
ideali, per De Masi, sono quelle illustrate nel Simposio
da Platone: comodità essenziale, un gruppo di amici
creativi, passione per il bello e per il vero, leadership
carismatica, tempo disponibile, non angustiato da scadenze
improrogabili. La creatività ha bisogno di vincoli
e di sfide, non di barriere burocratiche. L'ozio creativo
è il lavorio della mente, che avviene quando restiamo
fermi fisicamente o dormiamo. Oziare significa non pensare
secondo regole obbligatorie. L'ozio creativo è
il nutrimento dell'ideazione. L'ozio che arricchisce
è quello ricco di stimoli ed interdisciplinarietà.
Gli spunti vengono dall'ibridazione di mondi diversi.
Un numero crescente
di persone, i digitali, ha imboccato questo modo
di vivere del tutto nuovo. Essi formano ormai una massa
sufficientemente corposa, omogenea e compatta. Negroponte
indica il nocciolo di questa rivoluzione nel passaggio dagli
atomi ai bit; Bill Gates sostiene che è avvenuta
in due tappe: l'invenzione del personal computer e l'autostrada
informatica. Entrambi sottolineano il ruolo dell'elettronica.
De Masi non la riconduce ad una sola causa, ma ad un complesso
di novità emerse per conto proprio e via via confluite
in un sistema coerente, definibile digitale, ma che travalica
la digitalità e riguarda campi come la tecnologia,
l'estetica, la biologia, il lavoro, il tempo libero, il
costume. I digitali sono ottimisti sul futuro, fiduciosi
nell'informatica, soddisfatti per la conquistata ubiquità,
speranzosi sull'ingegneria genetica, gioiosi riguardo la
femminilizzazione sociale. Amano il tempo libero almeno
quanto il tempo del lavoro, la notte almeno quanto il giorno,
l'arte contemporanea ed il design almeno quanto l'arte classica.
Tendono all'eclettismo, al collage, al patchwork. Essi (per
lo più giovani e disoccupati) aderiscono in blocco
a queste novità epocali che hanno finito per comporre
un nuovo paradigma (un insieme di elementi, caratteristiche,
modi di pensare e vivere che contraddistinguono un nuovo
gruppo sociale). Sono sensibili all'ecologia, accettano
con entusiasmo la multirazzialità e la convivenza
pacifica di razze e religioni. Non fanno troppa distinzione
tra studio, lavoro, tempo libero. Comunicano per mezzo della
musica rock, dell'arte postmoderna, della disinvoltura dei
rapporti sessuali e dell'assenza di ideologie forti. Apprezzano
più la conoscenza che l'apparenza, hanno cercato
lavoro e solo dopo hanno ripiegato su un genere di vita
digitale, basato cioè sulla riduzione al minimo dei
consumi vistosi e superflui, sul clan amicale, sui circuiti
esistenziali e culturali di tipo alternativo: producono
cinema e musica sperimentale, assistono gli anziani, viaggiano,
navigano, animano i centri sociali.
|