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La giovinezza (1928/1954) La rivoluzione cubana. (1955/1959) Il ministro, l'uomo di Stato. (1960/1964) > I primi incarichi. Il ministro Guevara. L'addio a Cuba. Il ritorno all'azione, la morte. (1965/1967) |
Tra il 1963 e il 1964 il "Che", forse consapevole della sconfitta a cui va
incontro nella politica interna, effettua altri importanti viaggi all'estero:
Algeria, Ginevra (Conferenza su Commercio e Sviluppo promossa dalle Nazioni
Unite), Unione Sovietica, New York (Assemblea generale dell'Onu).
Il 12 marzo 1965 Guevara dà forma definitiva alla riflessione maturata nel fuoco
degli eventi e nel ruolo di uomo di governo con il saggio "Il socialismo e
l'uomo a Cuba", pubblicato dal settimanale "Marcha" di Montevideo mentre
l'autore si trova in viaggio tra Africa e Cina. Lì sono annotate, quasi sotto
forma di un testamento politico, le cose che non gli piacciono della nuova Cuba
e le possibili correzioni che ritiene indispensabili per uscire dalle secche. Si
tratta di un testo che segnala i rischi di burocratismo della rivoluzione cubana
e che conferma la sua incrollabile fiducia nelle coscienze individuali e
collettive, oltre che in un'etica rivoluzionaria.
Il 14 marzo 1965 appare per l'ultima volta all'aeroporto dell'Avana di ritorno
da Algeri, dove il 24 febbraio - nel corso di un seminario economico
internazionale - pronuncia un discorso sullo "scambio ineguale" che manda su
tutte le furie la delegazione sovietica ("Come si può parlare di 'reciproca
utilità', quando si vendono ai prezzi del mercato mondiale le materie prime che
costano sudore e patimenti senza limiti ai paesi arretrati, e si comprano ai
prezzi del mercato mondiale le macchine prodotte dalle grandi fabbriche
automatizzate di adesso? Se stabiliremo questo tipo di relazione tra i due
gruppi di nazioni, dobbiamo convenire che i paesi socialisti sono, in un certo
modo, complici dello sfruttamento imperialista").
Ad attenderlo all'Aeroporto José Martì ci sono Fidel Castro, Carlos Rafael
Rodríguez e Osvaldo Dorticos, in quel momento presidente della Repubblica di
Cuba, sua moglie Aleida. Secondo alcune testimonianze, Castro e Guevara
trascorrono le successive quarantott'ore in una casa di Cojimar, una località
sul mare diventata famosa perché era stata frequentata a lungo da Ernest
Hemingway nel corso della sua ventennale anche se alterna presenza sull'isola.
Nessuno sa cosa si siano detti. Ma è probabile che in quel colloquio il "Che"
abbia comunicato la decisione di voler lasciare L'Avana, o che quell'intento si
sia rivelato indispensabile per ricucire i rapporti di buona amicizia con i
sovietici che avevano protestato presso il governo cubano per il discorso svolto
da Guevara ad Algeri.
Tutti gli scritti e i discorsi di Guevara che vanno dal 1961 al 1964 danno conto
della violenta contraddizione apertasi a Cuba. Da una parte c'è la Realpolitik
di chi guarda ai modelli sovietici e dell'Est (introdotti proprio dal "Che",
anche se poi ne prenderà le distanze), dall'altra c'è chi strenuamente cerca di
non arrendersi a quella sola alternativa e di far procedere la rivoluzione
cubana con la propria testa e sulle proprie gambe. E' il caso esemplare di
un'esperienza che ci consegna il dramma di tutte le rivoluzioni moderne, strette
tra l'inevitabile trasformazione in potere e la voglia di non disperdere
l'iniziale spinta utopica e di liberazione.
Dopo l'apparizione all'aeroporto, la scomparsa di Guevara da L'Avana scatena una
ridda di ipotesi. E' stato arrestato? E' vittima della prima "purga staliniana"
della giovane rivoluzione? Il 28 settembre 1965, in un discorso pubblico, Castro
accenna alle polemiche: "Parleremo al popolo del compagno Ernesto Guevara. I
nemici hanno messo in giro molte illazioni e molte voci, voci a volte confuse, a
volte tendenti a confondere, a insinuare. Noi presto leggeremo un documento che
spiegherà la sua assenza in questi mesi".
Il 3 ottobre dello stesso anno, nel presentare il comitato centrale del Partito
comunista cubano, che si costituisce solo in quella fase raccogliendo la
confluenza di tutti i movimenti che hanno contribuito alla rivoluzione e che si
erano già riconosciuti in un'unica organizzazione, Castro è obbligato a tornare
sull'argomento: "C'è un vuoto tra noi, di una persona che possiede come nessun
altro tutti i meriti e le virtù necessarie per appartenervi. Su questo il nemico
ha potuto formulare mille congetture, ha cercato di confondere le acque, di
seminare zizzania, dubbi: siccome era necessario pazientare, abbiamo pazientato.
Di modo che gli interpreti, gli specialisti di questioni cubane, le macchine
elettroniche hanno lavorato senza tregua per far luce su questo mistero. Se
Ernesto Guevara era stato vittima di un'epurazione, se era ammalato, se aveva
avuto delle divergenze e cose analoghe. I nemici calunniano: in un regime
comunista, tenebroso, terribile, gli uomini scompaiono senza lasciar traccia,
indizi. Noi replicammo, dicendo che avremmo parlato a tempo debito perché
esistevano dei motivi per aspettare a farlo".
Castro conclude quel discorso leggendo la lettera con cui il "Che" si era
congedato da Cuba e annunciava il suo impegno rivoluzionario in altre terre del
mondo.
A Cuba, dopo la vittoria della rivoluzione, iniziano ad arrivare gruppi di
guerriglieri dagli altri paesi latinoamericani. Quanto è accaduto sull'isola più
grande delle Antille viene ritenuto da molti un esempio da imitare. Nicaraguensi
e panamensi sono i primi ad addestrarsi nelle campagne cubane, mentre Fidel
Castro fa sapere che avrebbe proibito che dall'Avana partissero spedizioni
guerrigliere. Nelle sue dichiarazioni pubbliche - soprattutto in risposta alle
critiche che gli giungono dagli Stati Uniti - si limita ad affermare che il
nuovo governo cubano ospita molti esiliati politici dei regimi totalitari del
continente come atto di solidarietà.
Anche Guevara, agli inizi del 1959, è su quelle posizioni. "Siamo esportatori
dell'idea di rivoluzione, ma non cerchiamo di essere esportatori di rivoluzioni.
La rivoluzione dev'essere combattuta dal popolo del paese presieduto dal governo
tirannico insieme alla gente che lo subisce. Noi siamo solo l'esempio", dichiara
alla televisione cubana il 18 aprile. Proprio in quel mese Castro si reca in
visita negli Stati Uniti per ammorbidire i toni della polemica con Washington e
rassicurare l'establishment della Casa Bianca sulle intenzioni della rivoluzione
cubana. Il viaggio riesce a raggiungere il suo obiettivo e il presidente Dwight
David Eisenhower tira una respiro di sollievo.
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