VELITRAE
ORIGINI
L’origine di Velletri, così come quello di molte altre città la cui storia "si perde, nell’oscurità dei tempi, è incerta per cui, in mancanza di testimonianze certe ed univoche, si è cercato di ricostruirla attraverso "fonti" rilevatosi successivamente inattendibili e "congetture" che non hanno retto neanche al primo riscontro. Nessuno degli antichi storici parlano della fondazione di Velletri, né di quella delle altre città del Lazio; essi si limitano a ricordarle indirettamente, nelle narrazioni delle gesta romane.
C’è chi ritiene che Velletri sia stata fondata dai Volsci, di cui ne divenne la capitale e chi sostiene invece che la nostra città nacque etrusca intorno al 700 a.C., tanto per citare due tesi del tutto contrastanti quanto puntigliosamente difese.
I Volsci erano un popolo forte e guerriero che verso il VI sec. a.C. vennero a stabilirsi sui monti Lepini occupando quella vasta zona di territorio che si estendeva da Segni sino a Sora e Cassino attraverso la valle del Sacco e da Sezze e Priverno sino a Terracina, Fondi e Formia, attraverso le Paludi pontine. Più che i fertili campi della Campagna veliterna deve essere stata l’invidiabile posizione strategica della città ad indurli ad occupare Velletri.
A riprova di ciò Svetonio, ne Le vite dei dodici Cesari, riferisce che a Velletri si trovava un tempio di Marte, nume tutelare della gente volsca. Questo tempio era in grande rinomanza presso tutta la nazione, la quale vi conveniva a sacrificare per la pubblica prosperità e a prendere i presagi. Il che diede motivo ai poeti di chiamare Velletri Urbs inclyta Martis, celebre città di Marte.
Gli Etruschi, invece, provenivano dall’Etruria da dove si spinsero verso il Sud per barattare i loro utensili in metallo con quelli di altre civiltà e lungo il percorso di questa lenta ma costante marcia ad ogni tappa ponevano la base di una città in cui si soffermavano per qualche tempo. Possiamo quindi ricostruire l’itinerario del loro avvicinamento al mondo greco dalle città da essi fondate: Veio a nord del luogo dove qualche secolo dopo sarebbe sorta Roma, Tivoli su una altura lontana dagli acquitrini paludosi e malarici, Tusculum, l’attuale Frascati, Praeneste ossia Palestrina, Cori sino a Capua dove vennero in contatto con i Greci ivi stanziati.
MUNICIPIUM ROMANUM
Con la nascita di Roma la città di Velletri, volsca o etrusca che fosse, dopo aver resistito per circa due secoli alle forti pressioni espansionistiche veniva conquistata dai romani.
Velletri fu una civitas opulenta, come lo attestano le sue mura preromanee, le artistiche terrecotte volsche, preziosi tesori del VI sec. a.C., conservati nel museo di Napoli e in quello della nostra città. Fiera del suo Senato, della sua forza e della sua autorità, resistette lungamente contro la prepotenza accentratrice di Roma; e quando, domata da Furio Camillo, le dovette cedere il passo, essa divenne il più apprezzato Municipium Romanum.
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Per la tenace resistenza opposta le sue fortificazioni vennero rase al suolo ed i suoi cittadini portati a forza a Roma al di là del Tevere (ossia nell’attuale quartiere di Trastevere) ripopolandosi la città con coloni per la coltivazione di quelle fertili terre che l’Urbs tanto aveva desiderato possedere per l’invidiabile posizione strategica della nostra città. |
Pur ultima dopo gli Equi, gli Enrici e gli Aurunci, quindi, anche a Velletri nel 338 a.C. alla fine di una guerra che Livio definì "eterna" e Cicerone "gravissima", veniva soggiogata da Roma e finiva così il regno dei Volsci con il leggendario re Metabo e sua figlia Camilla di cui ci ha lasciato memoria Virgilio nell’Eneide.
Le prime ostitilà sorsero sotto il re Anco Marzio; conquistata dal console Aulo Virginio, ricevette una colonia romana nel 493 a.C. e un’altra nel 404; poco dopo la Guerra Gallica passò ad una aperta rivolta contro Roma e venne infine sconfitta sulle sponde dell’Astura nel 338 a.C. Divenne, pertanto, come abbiamo appena ricordato prima una colonia e subito dopo il più apprezzato Municipium Romanum concorrendo con il valore ed il sangue dei suoi figli alle vittorie su Pirro e su Annibale.
Era inevitabile, però, che il dominio romano imponesse a Velitrae e ai suoi abitanti la sua religione, i suoi costumi e la sua lingua facendo a poco a poco perdere memorie di tutto quello che rimaneva della passata civiltà. Anche se Strabone scrisse: "Quando il popolo dei Volsci venne assorbito dai Romani, rimase presso questi la loro lingua, tanto che si rappresentavano in Roma commedie in lingua volsca".
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