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Fu una sorpresa per tutti e tre, una rivelazione, ed
anche oggi a più di quattro mesi da quel giorno nessuno riesce a
dimenticarla. Dovevano fermarsi a Cushendall, ma era evidente che il destino
non avrebbe permesso ai nostri amici di sfiorare una così grande
opportunità, e così il castello dove avevano scelto di passare la notte era
risultato misteriosamente pieno. Altrettanto misterioso fu l’ordine
impartito dal capitano di ritornare sui propri passi fino a Bally-Castle…
Qui bussarono con poca fiducia alla porta di una piccola locanda, e la
padrona, tanto gentile, li accolse con simpatia; da sopra la scale giunsero
le voci di due ragazze, una sembrava molte forte, quasi mascolina, l’altra
aveva qualcosa di inaspettato, di luminoso, e tale doveva poi rivelarsi
la figura a cui quella voce apparteneva. Giovane e bella si muoveva
misteriosamente fra le pareti della casa, e nei suoi occhi blu non riuscivi
a trovare il confine fra la tua immagine e la sua anima. Ancora più
sorprendente fu l’allegria con cui brindò insieme a loro e che contagiò
tutta la locanda, ad eccezione del comandante che pareva diffidente e
sospettoso, il suo istinto aveva fiutato qualcosa di insolito. Passarono la
serata tutti insieme, fra birra, musica e risate, la ragazza dagli occhi blu
dominava la situazione, e anche de La Vega aveva perso il suo scetticismo
iniziale, ma quando fu il momento di andare a dormire tutti e tre ebbero la
sensazione che qualcosa di imprevedibile sarebbe successo. “Have a good
night” disse la ragazza, ma non sembrava quello il vero significato delle
sue parole; immediatamente un sonno pesante chiuse loro gli occhi, e per
tutta la notte furono tormentati da una musica forte, aggressiva, incessante
e ripetitiva. Si svegliarono insieme, e fu allora che accade il miracolo, la
ragazza scese dal suo letto sopra quello del capitano, che vide sotto la
veste che indossava per la notte qualcosa di incredibile: una voglia a forma
di trifoglio, un segno inequivocabile che lei non era un
essere
umano. “Dimmi chi sei veramente” le disse de La Vega, e immediatamente si
ritrovarono in una foresta sotto un tetto di rami e foglie verdissime, in un
punto in cui si intersecavano tre sentieri diversi, e lei era lì, bellissima
e ancora più luminosa in quella magica luce. “Pochi uomini hanno avuto la
fortuna di scoprire la mia vera identità, e ancora meno lo hanno potuto
raccontare. Sono una fata, grazie alla mia bellezza porto a tutti quelli che
incontro momenti di gioia, ma solo ad alcuni regalo la felicità per la vita,
se anche voi state cercando la felicità io ve ne dò l’occasione: questi
sentieri rappresentano la vostra vita, percorreteli e trovate il momento in
cui siete stati più felici, portatemi un simbolo di quel momento ed io vi
esaudirò”. Entusiasti ma anche esterefatti i tre padani si diressero ognuno
su un sentiero diverso, ma più camminavano più rimanevano perplessi perché
non accadeva nulla, e la via sembrava sempre identica; a poco a poco però
iniziarono a pensare che il punto da cui erano partiti non era l’inizio
delle loro vite, ma dove queste si erano incontrate, e capirono che quello
era il posto in cui avevano trovato la loro felicità. Corsero immediatamente
indietro e trovarono la fata che li aspettava: “Non avete più bisogno di me,
ma ricordate sempre che dovunque andrete ci sarà sempre una fata che saprà
sorprendervi e turbare i vostri sogni, dovrete solo riconoscerla, e se non
riuscirete a scoprire il suo nome chiamatela pure come me… semplicemente
Jule.” Già, semplicemente JULE.
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