TESI
DI MASTER: MARKETING E PALINSESTO RADIOFONICO
Storia
e legislazione del settore radiofonico
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1. La storia della
radio
Il padre della tecnologia radiofonica è ufficialmente riconosciuto in Guglielmo Marconi (1874-1937), che la brevettò in Inghilterra nel 1897. Si trattava di uno strumento in grado di trasmettere messaggi telegrafici a postazioni irraggiungibili dai cavi (radiotelegrafia). Inoltre, a differenza del telegrafo, che trasmetteva da punto a punto, le trasmissioni radiofoniche permettevano la diffusione circolare e la possibilità di ricezione a chiunque disponesse di un apparecchio ricevente.
Fu quello solo l’inizio di una vera e propria rivoluzione. E le innovazioni sarebbero continuate fino ai giorni nostri, basti pensare all’introduzione dell’elettronica, il triodo, alla radio a transistor, alle radio via satellite o alle web radio
La radio era arrivata in
Italia nel 1924[1]
quando il Ministero delle Comunicazioni aveva firmato la
convenzione di
servizio con l’Uri (Unione radiofonica italiana), nata da una
società del
gruppo Marconi e
In Italia, l’Uri[2]
prima, e dal 1928 l’Eiar (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche), nazionalizzato nel 1933, assolsero
per il regime un ruolo
pedagogico-propagandistico centrato sul mondo rurale più che
cittadino. In
questa fase, la radio tarda a diventare uno
strumento domestico diffuso nella massa, nel 1927 gli
abbonati della
radio sono 40.778, in Inghilterra
Al contrario dell’Europa,
gli Usa organizzano il broadcasting come propulsore dei consumi
privati; i
primi grandi imprenditori radiofonici intuiscono infatti la
possibilità di
trarre profitto vendendo alle aziende interessate spazi pubblicitari
all’interno dei programmi trasmessi via radio.
Dagli anni ‘30 c’è tuttavia
uno sviluppo della radio anche in Italia grazie anche alla diffusione
degli
apparecchi portatili. Prima della guerra gli abbonati salgono a
1.194.849 e
contemporaneamente cresce il numero delle ore di programmazione, anche
grazie
alla diffusione degli apparecchi (è del 1939 la diffusione del
modello
“Balilla” della Radiomarelli, solo due chili di peso).
Nel 1926 era intanto nata
Dalla fine della guerra
all’avvento della Tv, la radiofonia in Italia subisce un’enorme
trasformazione.
Dopo la liberazione di Roma nascerà
Gli anni Novanta hanno poi mostrato la capacità della radio di adattarsi alle innovazioni, basti pensare all’interessante connubio con internet. Oggi moltissime radio si sono espanse in rete e, anche in Italia si cominciano a notare interessanti fenomeni: "comunità telematiche" che nascono intorno ai programmi con la possibilità di interagire con la redazione e con altri ascoltatori (email, forum, ecc), l’utilizzo dello streaming[7] per l’ascolto radiofonico che permette di continuare ad utilizzare il proprio computer su altre applicazioni, il podcasting[8] ovvero la possibilità di ascoltare il proprio programma d'affezione in orario più comodo e non condizionato dalle rigidità di palinsesto.
Oggi
la normativa di riferimento, oltre il testo unico D.Lgs 31
luglio
2005, n. 177 che ha raccolto
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2. Il mercato radiofonico
Il mercato radiofonico, dopo una prima fase monopolistica ed una seconda di proliferazione incontrollata di diversi soggetti competitori[10], si è stabilizzato oggi su un modello basato su alcuni «macro poli», con reti fortemente specializzate. E’ in via di superamento il modello generalista e si sta lentamente transitando verso una radio in grado di segmentarsi[11] , di selezionare il pubblico con una comunicazione sempre più mirata.
A partire dalla Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato - Legge 223 del 6.8.1990 (Legge Mammì) si è osservata una ristrutturazione del mercato: dal 1990 al 1993 si è infatti passati da circa 6000 a 4500 emittenti ed oggi possiamo contare[12] 1100 radio locali, 13 network (le radio nazionali) e le reti pubbliche[13].
La legge pone inoltre norme molto importanti sull’assetto societario[14], gli affollamenti pubblicitari, la proprietà e il trasferimento di essa, l’antitrust.
Rimane invece irrisolto il problema della ripartizione delle frequenze. Lo sviluppo delle varie emittenti è infatti avvenuto in modo spontaneo a partire dal ‘74 ed ancora oggi permangono interferenze sul territorio italiano e verso paesi confinanti.
All’interno del mercato radiofonico distinguiamo[15] poi tra:
- radio nazionali, quelle emittenti che trasmettono un unico programma su tutto il territorio nazionale ed hanno il divieto di trasmettere pubblicità locale, di differenziare cioè il programma per aree territoriali
- radio locali, quelle radio che possono coprire un’area (anche non contigua di territorio) che comprenda fino a 15 milioni di abitanti
- syndication o circuito collegato, sono radio che non hanno antenne e frequenze proprie in tutta Italia, ma che si posso ascoltare in diverse regioni grazie all'appoggio delle affiliate locali che trasmettono i loro programmi.[16]
Altra fondamentale
distinzione è tra radio commerciali e radio comunitarie.
Per radio commerciali intendiamo quelle radio che possono trasmettere pubblicità fino al 25% dell’orario giornaliero[17], le radio comunitarie sono invece quelle che hanno un oggetto sociale definito (di carattere politico, religioso, ecc), possono finanziarsi con pubblicità fino al 10% dell’orario giornaliero e devono dedicare almeno il 50% della programmazione all’oggetto sociale della radio.
L’ultima
legge importante, oltre il testo unico D.Lgs 31 luglio
2005, n. 177 che ha raccolto
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[1] La prima trasmissione è quella che si avvale della voce di Maria Luisa Boncompagni, è un programma composto di musica operistica, bollettinometeorologico, notizie di borsa.
[2] L’agenzia giornalistica
Stefani, controllata dal regime, era l’unica fonte delle notizie per
l’Uri.
[3] “L’industria culturale in Italia”, Michele Sorice Editori riuniti,1998
[4] Le prime sponsorizzazioni dei programmi (ad opera di Perugina e Buitoni) sono del 1936. Un concorso metteva in palio, attraverso una raccolta di figurine, una Topolino, commercializzata in quegli anni dalla Fiat.
[5] Cfr. Sentenza della Corte Costituzionale 202 del 28 luglio 1976. con la quale si dichiarava incostituzionale il monopolio Rai relativamente alle trasmissioni via etere in ambito locale.
[6] La legge prevede che le aziende radiofoniche siano almeno società a responsabilità limitata, elimina le ditta individuali e forme di associazionismo.
[7] Tecnica di erogazione di audio e/o video su internet (cfr. Di Carlo G. (2000) La musica online. La sfida di Internet su diritti distribuzione, e-commerce e marketing, ETAS)
[8] Per podcasting si intende la registrazione digitale di una trasmissione radiofonica o simili, resa disponibile su internet con lo scopo di permettere il download su riproduttori audio personali".Podcasting è un neologismo basato sulla fusione di due parole: iPod (il popolare riproduttore di file audio mp3 di Apple), e broadcasting.
[9] La tecnologia oggi più evoluta è quella del DMB (digital mondial broadcast , basato sullo standard di compressione mpeg-4) che ha sostituito il DAB.
[10] Cfr. Sentenza
della Corte Costituzionale 202 del 28 luglio
1976. con la quale
si dichiarava incostituzionale il monopolio Rai relativamente alle
trasmissioni
via etere in ambito locale.
[11] Menduni, Enrico, Il mondo della
radio
dal
transistor ad Internet, Bologna, Il Mulino, 2001, pagg. 18-19
[12] Cfr. Audiradio - http://www.audiradio.it
[13] Attualmente le trasmissioni vanno in onda su tre canali nazionali: Radiouno, Radiodue, Radiotre ai quali si affiancano 22 programmi regionali e 3 locali, i programmi del Notturno Italiano, Gr Parlamento, i due canali della Filodiffusione, Isoradio e programmi diffusi all’estero. Oggi Radio Rai è realizzata nei quattro centri di produzione di Roma, Milano, Torino, Napoli, e per l’informazione presso altre sei regionali (cfr www.rai.it/radio).
[14] La legge prevede che le aziende radiofoniche siano almeno società a responsabilità limitata, elimina le ditta individuali e forme di associazionismo.
[15] Cfr. Testo Unico della
Radiotelevisione D.Lgs
31 luglio 2005, n. 177
[16] Le radio “syndication” possono
trasmettere in tutta
Italia con un marchio unico (p.e. RadioItalia) purchè entro le
sei ore di
diretta giornaliera (è consentita sia pubblicità locale
che nazionale, sempre
entro le sei ore), per le restanti ore di programmazione devono
trasmettere
come emittente locale. Questi limiti sono spesso disattesi e di fatto
tendono a
trasformarsi in radio nazionali.
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