TESI DI MASTER: MARKETING E PALINSESTO RADIOFONICO
Storia e legislazione del settore radiofonico  
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Stefano Latini, 1977. Studi: diploma al Liceo Classico nel 1996 all'istituto "Liceo ginnasio statale C.Tacito" di Roma, laurea in Economia e commercio presso l'Università "La Sapienza" di Roma conseguita nell'anno accademico 2003/2004 (Aprile 2005) con una tesi in Marketing dal titolo: "Il prodotto musicale dai supporti tradizionali alla rivoluzione di internet. Il caso di un'azienda multinazionale."   A Luglio 2007 ho conseguito il  Master in Economia e gestione della Comunicazione e dei Media presso la Facoltà di Economia dell'Università di Roma Tor Vergata con una tesi dal titolo "Radio Rai, marketing operativo e gestione del palinsesto alla luce dell'attuale contesto economico-tecnologico" sull'esperienza di stage a Radio Rai".


LA RADIO
– STORIA E LEGISLAZIONE, A cura di Stefano Latini
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1.  La storia della radio

Il padre della tecnologia radiofonica è ufficialmente riconosciuto in Guglielmo Marconi (1874-1937), che la brevettò in Inghilterra nel 1897. Si trattava di uno  strumento in grado di trasmettere messaggi telegrafici a postazioni irraggiungibili dai cavi (radiotelegrafia). Inoltre, a differenza del telegrafo, che trasmetteva da punto a punto, le trasmissioni radiofoniche permettevano la diffusione circolare e  la possibilità di ricezione a chiunque disponesse di un apparecchio ricevente.

Fu quello solo l’inizio di una vera e propria rivoluzione. E le innovazioni sarebbero continuate fino ai giorni nostri, basti pensare all’introduzione dell’elettronica, il triodo, alla radio a transistor, alle radio via satellite o alle web radio

La radio era arrivata in Italia nel 1924[1] quando il Ministero delle Comunicazioni aveva firmato la convenzione di servizio con l’Uri (Unione radiofonica italiana), nata da una società del gruppo Marconi e la Sirac, una società della Western Electric. In Europa  la radio venne per lo più organizzata come monopolio pubblico e assolse funzioni di natura politico-sociale.

In Italia, l’Uri[2] prima, e dal 1928 l’Eiar (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche),  nazionalizzato nel 1933,  assolsero per il regime un ruolo pedagogico-propagandistico centrato sul mondo rurale più che cittadino. In questa fase, la radio tarda a diventare  uno strumento domestico diffuso nella massa, nel 1927 gli abbonati della radio sono 40.778, in Inghilterra la BBC ne conta già 1.840.268. [3]

Al contrario dell’Europa, gli Usa organizzano il broadcasting come propulsore dei consumi privati; i primi grandi imprenditori radiofonici intuiscono infatti la possibilità di trarre profitto vendendo alle aziende interessate spazi pubblicitari all’interno dei programmi trasmessi via radio.

Dagli anni ‘30 c’è tuttavia uno sviluppo della radio anche in Italia grazie anche alla diffusione degli apparecchi portatili. Prima della guerra gli abbonati salgono a 1.194.849 e contemporaneamente cresce il numero delle ore di programmazione, anche grazie alla diffusione degli apparecchi (è del 1939 la diffusione del modello “Balilla” della Radiomarelli, solo due chili di peso).

Nel 1926 era intanto nata la Sipra (Società Italiana pubblicità radiofonica anonima)[4], la concessionaria che gestirà la pubblicità in radio: sono i primi passi di industrializzazione della cultura italiana. L’Eiar fece la scelta del sistema misto canone/pubblicità a differenza dell’inglese Bbc che scelse uno stile da servizio pubblico assolutamente non finanziato da pubblicità/sponsorizzazioni.

Dalla fine della guerra all’avvento della Tv, la radiofonia in Italia subisce un’enorme trasformazione. Dopo la liberazione di Roma nascerà la RAI e dal ’54, con l’avvento della televisione, molte delle risorse vengono spostate verso il nuovo medium. Il palinsesto radiofonico si ristruttura seguendo la linea di differenziazione tra i due mezzi: la radio si caratterizza per 24 ore di trasmissione giornaliere e per i programmi notturni. I tre canali Rai si specializzanno rispettivamente in informazione, prosa-musica-varietà, cultura, una differenziazione valida ancora oggi. Gli anni ’70 sono caratterizzati dalla libertà di antenna[5] e dall’ingresso nell’etere radiofonico di centinaia di stazioni; in ambito tecnologico l’introduzione del transistor,  fa della radio un oggetto piccolo e leggero che  può essere trasportato ovunque, innovazione questa molto importante perchè cambia il modo di “fare radio” e la modalità di fruizione. La concorrenza  porta alla Rai un calo di ascolti e accentua l’importanza della determinazione dei palinsesti per la conquista del pubblico. Nel 1988 nasce Audiradio, un organismo associativo tra le principali radio nazionali e concessionarie di pubblicità, che ha lo scopo di promuovere la ricerca sull'ascolto delle radio pubbliche e private, nazionali e locali. Del 1990 è la legge fondamentale radiofonia, la Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato - Legge 223 del 6.8.1990 (Legge Mammì), che pone norme molto importanti sull’assetto societario[6], gli affollamenti pubblicitari, la proprietà e il trasferimento di essa, l’antitrust. Rimane invece irrisolto il problema della ripartizione delle frequenze. Lo sviluppo delle varie emittenti è infatti avvenuto in modo spontaneo a partire dal ‘74 ed ancora oggi permangono interferenze sul territorio italiano e verso paesi confinanti.

Gli anni Novanta hanno poi mostrato la capacità della radio di adattarsi alle innovazioni, basti pensare all’interessante connubio con internet. Oggi moltissime radio si sono espanse in rete e, anche in Italia si cominciano a notare interessanti fenomeni: "comunità telematiche" che nascono intorno ai programmi con la possibilità di interagire con la redazione e con altri ascoltatori (email, forum, ecc), l’utilizzo dello streaming[7] per l’ascolto radiofonico che permette di continuare ad utilizzare il proprio computer su altre applicazioni, il podcasting[8] ovvero la possibilità di ascoltare il proprio programma d'affezione in orario più comodo e non condizionato dalle rigidità di palinsesto.

Oggi la normativa di riferimento, oltre il testo unico D.Lgs 31 luglio 2005, n. 177 che ha raccolto tutta la normativa, è la Legge 112 del 2004, la Legge Gasparri che ha introdotto il digitale radiofonico[9] .
 

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2. Il mercato radiofonico

Il mercato radiofonico, dopo una prima fase monopolistica ed una seconda di proliferazione incontrollata di diversi soggetti competitori[10], si è stabilizzato oggi su un modello basato su alcuni «macro poli», con reti fortemente specializzate. E’ in via di superamento il modello generalista e si sta lentamente transitando verso una radio in grado di segmentarsi[11] , di selezionare il pubblico con una comunicazione sempre più mirata.

A partire dalla Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato - Legge 223 del 6.8.1990 (Legge Mammì) si è osservata una ristrutturazione del mercato: dal 1990 al 1993 si è infatti passati da circa 6000 a 4500 emittenti ed oggi possiamo contare[12] 1100 radio locali, 13 network (le radio nazionali) e le reti pubbliche[13].

La legge pone inoltre norme molto importanti sull’assetto societario[14], gli affollamenti pubblicitari, la proprietà e il trasferimento di essa, l’antitrust.

Rimane invece irrisolto il problema della ripartizione delle frequenze. Lo sviluppo delle varie emittenti è infatti avvenuto in modo spontaneo a partire dal ‘74 ed ancora oggi permangono interferenze sul territorio italiano e verso paesi confinanti.

All’interno del mercato radiofonico distinguiamo[15] poi tra:

- radio nazionali, quelle emittenti che trasmettono un unico programma su tutto il territorio nazionale ed hanno il divieto di trasmettere pubblicità locale, di differenziare cioè il programma per aree territoriali

- radio locali, quelle  radio che possono coprire un’area (anche non contigua di territorio) che comprenda fino a 15 milioni di abitanti

- syndication o circuito collegato, sono radio che non hanno antenne e frequenze proprie in tutta Italia, ma che si posso ascoltare in diverse regioni grazie all'appoggio delle affiliate locali che trasmettono i loro programmi.[16]

Altra fondamentale distinzione è tra radio commerciali e radio comunitarie.

Per radio commerciali intendiamo quelle radio che possono trasmettere pubblicità fino al 25% dell’orario giornaliero[17], le radio comunitarie sono invece quelle che hanno un oggetto sociale definito (di carattere politico, religioso, ecc), possono finanziarsi con pubblicità fino al 10% dell’orario giornaliero e devono dedicare almeno il 50% della programmazione all’oggetto sociale della radio.

L’ultima legge importante, oltre il testo unico D.Lgs 31 luglio 2005, n. 177 che ha raccolto tutta la normativa, è la Legge 112 del 2004, la Legge Gasparri, perché ha introdotto il digitale radiofonico[18] e ha permesso all’autorità l’assegnazione delle frequenze digitali. Questa innovazione, la cui introduzione procede tuttavia molto lentamente per problemi legati soprattutto ai costi, permetterà di moltiplicare i programmi radiofonici e di eliminare le attuali interferenze. Il digitale permetterà anche di avere per una data stazione un’unica frequenza su tutto il territorio nazionale, di poter fruire di altri contenuti mentre si ascolta la radio come ad esempio testi, foto, dati, filmati, servizi interattivi.

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NOTE AL TESTO

[1] La prima trasmissione è quella che si avvale della voce di Maria Luisa Boncompagni, è un programma composto di musica operistica, bollettinometeorologico, notizie di borsa.

[2]  L’agenzia giornalistica Stefani, controllata dal regime, era l’unica fonte delle notizie per l’Uri.

[3] “L’industria culturale in Italia”, Michele Sorice Editori riuniti,1998

[4] Le prime sponsorizzazioni dei programmi (ad opera di Perugina e Buitoni) sono del 1936. Un concorso metteva in palio, attraverso una raccolta di figurine,  una Topolino, commercializzata in quegli anni dalla Fiat.

[5] Cfr. Sentenza della Corte Costituzionale 202 del 28 luglio 1976. con la quale si dichiarava incostituzionale il monopolio Rai relativamente alle trasmissioni via etere in ambito locale.

[6] La legge  prevede che le aziende radiofoniche siano almeno società a responsabilità limitata, elimina le ditta individuali e forme di associazionismo.

[7]  Tecnica di erogazione di audio e/o video su internet (cfr. Di Carlo G. (2000) La musica online. La sfida di Internet su diritti distribuzione,  e-commerce e marketing, ETAS)

[8] Per podcasting si intende la registrazione digitale di una trasmissione radiofonica o simili, resa disponibile su internet con lo scopo di permettere il download su riproduttori audio personali".Podcasting è un neologismo basato sulla fusione di due parole: iPod (il popolare riproduttore di file audio mp3 di Apple), e broadcasting.

[9] La tecnologia oggi più evoluta  è quella del DMB (digital mondial broadcast , basato sullo standard di compressione mpeg-4) che ha sostituito il DAB.

[10] Cfr. Sentenza della Corte Costituzionale 202 del 28 luglio 1976. con la quale si dichiarava incostituzionale il monopolio Rai relativamente alle trasmissioni via etere in ambito locale.

[11] Menduni, Enrico, Il mondo della radio dal transistor ad Internet, Bologna, Il Mulino, 2001, pagg. 18-19

[12] Cfr. Audiradio - http://www.audiradio.it

[13] Attualmente le trasmissioni vanno in onda su tre canali nazionali: Radiouno, Radiodue, Radiotre ai quali si affiancano 22 programmi regionali e 3 locali, i programmi del Notturno Italiano, Gr Parlamento, i due canali della Filodiffusione, Isoradio e programmi diffusi all’estero. Oggi Radio Rai è realizzata nei quattro centri di produzione di Roma, Milano, Torino, Napoli, e per l’informazione presso altre sei regionali (cfr www.rai.it/radio).

[14] La legge  prevede che le aziende radiofoniche siano almeno società a responsabilità limitata, elimina le ditta individuali e forme di associazionismo.

[15] Cfr. Testo Unico della Radiotelevisione D.Lgs 31 luglio 2005, n. 177

[16] Le radio “syndication” possono trasmettere in tutta Italia con un marchio unico (p.e. RadioItalia) purchè entro le sei ore di diretta giornaliera (è consentita sia pubblicità locale che nazionale, sempre entro le sei ore), per le restanti ore di programmazione devono trasmettere come emittente locale. Questi limiti sono spesso disattesi e di fatto tendono a trasformarsi in radio nazionali.

[17] Devono trasmettere almeno per 8 ore giornaliere, hanno obblighi di informazione pari al 20% dell’orario (50 per cento locale, 50 nazionale).
 [18] La tecnologia oggi più evoluta  è quella del DMB (digital mondial broadcast , basato sullo standard di compressione mpeg-4) che ha sostituito il DAB.


A Luglio 2007 ho conseguito il  Master in Economia e gestione della Comunicazione e dei Media presso la Facoltà di Economia dell'Università di Roma Tor Vergata con una tesi dal titolo "Radio Rai, marketing operativo e gestione del palinsesto alla luce dell'attuale contesto economico-tecnologico" sull'esperienza di stage a Radio Rai. 

Moduli didattici frequentati durante il Master:

1) Caratteri nazionali e internazionali dell’industria della comunicazione e dei media 2) Economia dei beni pubblici e dei beni privati, regolamentazione 3) Organizzazione e comunicazione 4) Tecnologie e processi produttivi 5) Strategie e strutture industriali e distributive, processi produttivi e distributivi nei Media 6) Analisi economica per le decisioni e valutazione dei progetti 7) Meccanismi di finanziamento e regole di governo (corporate finance & corporate governance) dell’industria dei media e della comunicazione 8) L’editoria dei Media: News, Entertainment e sport, pubblicità e promotion, education. I settori: Televisione e radio, stampa, cinema e web 9) Il caso della comunicazione


LA MIA TESI DI LAUREA:
"Il prodotto musicale dai supporti tradizionali alla rivoluzione di internet. Il caso di un'azienda multinazionale"



Il fonografo di Edison (1877)
Immagine tratta da :
http://www.phys.uniroma1.it/DOCS/MUSEO/acu41.htm


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