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Lo spazio ha un'importanza strutturale. L'azione di ciascuno dei nuclei narrativi si lega ad una precisa dimensione spaziale, in associazioni che si carica di valori simbolici.
Il primo e il sesto nucleo narrativo sono ambientati in paese; la strada è lo sfondo del terzo e del quinto; gli spazi interni caratterizzano il secondo (convento) e il quarto nucleo (castello dell'Innominato).
Si può cogliere l'opposizione generale fra paese e città, ma il paese solamente nel ricordo e nel sogno (cfr. il capitolo VIII con il famoso brano «Addio, monti sorgenti dall'acque», monologo interiore di Lucia) appare connotato positivamente, perché il mondo contadino è ormai segnato da fame e da carestia, dal passaggio delle truppe e dal dominio dei signorotti locali. La Storia è penetrata nel tempo ciclioco dell'idillio, distruggendolo.
L'opposizione è fra
spazi aperti |
paese |
città |
strada |
spazi chiusi |
convento |
osteria |
lazzeretto |
Il castello è uno spazio chiuso, ma caratterizzzato daldominio fisico sull'esterno, quindi rimane un ibrido fra le due categorie.
Il concetto di cronòtopo
Cronotopo alla lettera significa "tempospazio".
Il termine è stato usato nelle scienze matematiche e fisiche (e dal famoso scienziato Einstein) per indicare l'interconnessione dei rapporti spaziali e temporali. È stato adattato alla letteratura dallo studioso Michail Bachtin in un saggio del 1937-8, divenendo, a partire dagli anni Settanta, di uso corrente nella critica letteraria. Bachtin informa che con questo termine vuole significare «l'inscindibilità dello spazio e del tempo», vale a dire il loro condizionamento reciproco nelle opere letterarie.
Nel cronotopo letterario «ha luogo la fusione dei connotati spaziali e temporali in un tutto dotato di senso e di concretezza»: infatti i «connotati del tempo si manifestano nello spazio, al quale il tempo dà senso e misura». Poiché il cronòtopo letterario implica il modo con cui è trattata da un autore l'immagine dell'uomo (che è sempre cronotopica, collocata cioè nello spazio e nel tempo), esso riguarda tanto la forma quanto il contenuto di un'opera.
1. La città
È il luogo del disorientamento, ma anche della scoperta di sé: qui Renzo avverte la propria differenza e , talora, la propria inettitudine. Nella città domina il movimento; compaiono grandi masse in azione, urlanti ed aggressive dapprima nei tumulti per il pane, poi nella caccia agli untori. Il tempo nella città è più veloce e concitato. Per due volte Renzo è costretto a fuggire, dalle guardie la prima, dai persecutori che lo scambiano per untore la seconda (cap. XXXIV). La città è il luogo della violenza non solo del potere pubblico (che vi erge le sue forche e i suoi strumenti di tortura e vi sguinzaglia i suoi monatti), ma anche del popolo, che assale i forni e la casa del vicario di provvisione o dà la caccia ai presunti untori. Il sapere contadino e artigianale di Renzo appare qui inefficace. Per ritrovare la propria identità, la sicurezza del proprio sapere e le ragioni della propria cultura, Renzo deve ritrovare l'Adda, il fiume della sua esperienza contadina e montanara. Solo allora lo smarrimento cittadino - col traviamento che comporta, fino all'ubriacatura - avrà termine.
Episodi significativi: l'«addio, monti ... » (cap. VIII); Renzo riesce a sfuggire all'arresto (cap. XIV) e poi attraversa l'Adda (cap. XVII); episodi di orrore durante la peste a Milano (cap. XXXIV); Renzo scambiato per untore riesce a scappare verso il lazzaretto (cap. XXXIV).
2. La strada
La strada è il luogo del pubblico, degli incontri e delle esperienze.
Il tempo - come lo spazio e le persone - è vario, mai monotono. La strada è l'itinerario dell'«eroe cercatore» (definizione di Renzo data da Ezio Raimondi), che ha come oggetto di ricerca se stesso, la propria identità e la propria formazione e quindi crescita interiore. Sulla strada Renzo incontra la storia pubblica del proprio tempo.
3. Il castello
Il castello è un topos del romanzo gotico (a partire già dal titolo del romanzo che dà inizio a questo sottogenere, Il castello di Otranto, 1764, dell'inglese Horace Walpole) e poi del romanzo storico di Walter Scott. Proprio in Scott si caratterizza soprattutto per due modalità:
il castello è saturo di tempo passato e di storicità;
ha un legame storico con il paesaggio e l'ambiente circostante.
Entrambi questi aspetti compaiono nel palazzotto di don Rodrigo. Gli spazi interni del castello 'dialogano' con il proprietario (cap. VII), mentre l'esterno ha una dimensione simbolica: si trova su un'altura e domina tanto un borghetto di contadini che sono anche bravi e gente di malaffare, quanto, più in basso, il paese di Renzo e Lucia. Rappresenta dunque un potere che sta in alto e che opprime.
Diverso è il «castellaccio» dell'Innominato: non ha storicità nelle stanze, ma solo armi. Non ha un passato dietro di sé, sembra non avere né storia né famiglia, dal momento che Manzoni lo vuole far emergere come figura gigantesca ed isolata. Esprime la stessa idea di grandezza e di superbia che viene emanata dal personaggio, un'aspirazione all'onnipotenza, quasi una sfida a Dio (cfr. anche la figura di Napoleone nelle prime due parti del Cinque maggio). È circondato da un paesaggio rupestre, privo di vegetazione e di vita, dove domina il senso dell'inorganico, del selvatico. Forse per questo è più vicino all'Assoluto.
Episodi significativi: il castello di don Rodrigo (cap. V) e dell'Innominato (cap. XX).
4. Le osterie
Nel romanzo si incontrano tre osterie: quella del paese natale, dove Renzo si reca con Gervasio e Tonio la sera del matrimonio a sorpresa; quella di Milano la sera dei tumulti; quella di Gorgonzola in cui il giovane ascolta da un mercante il resoconto della giornata in città e delle sue stesse gesta.
L'osteria è uno spazio chiuso in cui entra ed esce continuamente gente; dall'esterno vi penetrano tutti gli echi, le speranze, le minacce e le notizia. E tuttavia l'interno dell'osteria si contrappone all'esterno perché si fonda su un tempo improduttivo, tempo di non lavoro, di gioco. L'esterno rappresenta la serietà del lavoro o della rivolta sociale o della tirannia del potere. L'interno è invece il luogo in cui si beve e si gioca alla morra o a carte e a dadi. L'elemento potenzialmente trasgressivo è confermato dal fatto che essa è frequentata anche dagli strati più bassi della popolazione e che poliziotti e bravi la bazzicano per poter controllare o spiare i potenziali ribelli.
Episodi significativi: l'osteria del paese (cap. VII), quella della Luna Piena a Milano (cap. XIV), quella di Gorgonzola (cap. XVI).
5. Il convento
Il convento è un luogo chiuso, contrapposto all'esterno, al normale.
6. Il lazzaretto
Il lazzeretto è un recinto chiuso, a metà fra l'ospedale e il campo di concentramento: gli inferi sulla terra. Eppure, accanto alla depravazione dei monatti e alla disperazione dei malati moribondi, ci sono i frati, esempi viventi di carità evangelica e di abnegazione gratuita all'altro.