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Vediamoci per piantare il nuovo Ulivo
Di Nicola Tranfaglia
Sul
"Corriere della sera" del 25 settembre, all'indomani delle
elezioni tedesche vinte dalla coalizione rosso-verde, sia
pure di un soffio e contro tutte le previsioni degli ultimi
mesi, Paolo Franchi ha messo da parte, per una volta, la polemica
trita e a mio avviso infondata, sulla divisione della sinistra
italiana tra riformisti e radicali ed ha affrontato quelli
che, anche secondo me e la maggioranza dei cittadini che hanno
animato i movimenti, sono i problemi essenziali da affrontare
per tornare a vincere.
Il primo aspetto fondamentale è quello della nascita di un
progetto culturale e politico da proporre agli italiani al
più presto possibile. Non è necessario in questo momento scrivere
un programma dettagliato su tutte le questioni attuali. Ma
piuttosto contrapporre al modello culturale (in senso antropologico,
si intende) di Berlusconi un modello del nuovo Ulivo in grado
di costruire una società diversa da quella attuale e tale
da coinvolgere il maggior numero possibile di individui e
gruppi sociali.
Un simile progetto deve contenere il riferimento esplicito
ai valori che già nel 1996 costituirono la piattaforma programmatica
di Prodi: la solidarietà concreta verso i più deboli e tutti
i lavoratori, la difesa dei princìpi fondamentali della prima
parte della Costituzione repubblicana, una politica internazionale
ispirata all'unificazione politica ed economica dell'Europa,
la difesa dell'ambiente naturale e della pace, regole democratiche
in ogni campo e anche in quello della selezione di una nuova
classe politica di governo, la coerenza richiesta a tutti
tra le idee che si propugnano e i comportamenti individuali
sul piano politico ed umano.
Tutto questo deve condurre di necessità a un rinnovamento
effettivo dei partiti e a una costruzione dei movimenti che
non si contrapponga ad essi ma costituisca uno stimolo permanente
nelle battaglie che in questi anni dovremo sostenere.
Ma è altresì importante che il progetto del nuovo Ulivo guardi
al futuro, sia nel nostro paese che nel mondo che ci circonda.
Dal punto di vista internazionale occorre prender atto che
oggi in Europa esistono due linee di politica estera: una
che si rifà soprattutto ai due governi di centrodestra della
Spagna e dell'Italia e che si appiattisce completamente dietro
la politica della presidenza americana, mettendo in secondo
piano le esigenze della comunità internazionale non solo occidentale
raccolta nelle Nazioni Unite, l'altra che fa capo alla Francia
e alla Germania che cerca di salvaguardare le ragioni del
vecchio continente e di stabilire un confronto, a volte anche
difficile, con gli Stati Uniti.
L'Inghilterra di Tony Blair si colloca a metà tra le due linee
per esigenze nazionali antiche e in questo momento cerca di
mediare, non si sa con quanto successo, tra le due linee.
Certo è che la linea del governo Berlusconi rischia di far
conflagare un aspro conflitto tra la maggioranza degli italiani
e il governo visto che, anche a stare a recenti sondaggi,
i primi continuano ad essere per gran maggioranza sfavorevoli
al nostro ingresso nella guerra imminente contro l'Iraq, guerra
che resta preventiva e che può innestare un conflitto senza
fine contro molti altri paesi presenti nell'assembla dell'Onu.
Come si uscirà da questa situazione? Non è facile prevederlo
ma è indubbio che il governo italiano dovrebbe far di tutto
per riportare il discorso sul ruolo dell'Onu e sui pericoli
di una guerra infinita voluta da Bush. Sul piano interno,
la situazione si presenta con caratteri di ancora maggiore
difficoltà perché è ormai chiaro che la maggioranza di centrodestra
mostra una fretta particolare per portare a termine due operazioni
complementari e strettamente collegate tra loro: da una parte
distruggere l'edificio normativo che presiede allo stato di
diritto e alla prima parte della Costituzione.
È significativo che soltanto pochi giorni fa è partita finalmente
dalla magistratura (per la precisione, da parte della procura
milanese) la richiesta di sottoporre a giudizio davanti alla
Corte una delle leggi approvate l'anno scorso, cioè quella
sul falso in bilancio, ritenendola lesiva della parità di
trattamento tra i cittadini. Se il tribunale riterrà "non
manifestamente infondata" la questione, il processo sarà sospeso
e gli atti andranno alla Corte Costituzionale che dovrà pronunziarsi
sulla legittimità costituzionale del provvedimento legislativo.
Se queste iniziative della magistratura dovessero moltiplicarsi
sarebbe messa in discussione tutta la legislazione del governo
che ha forte attinenza con i princìpi costituzionali.
La seconda operazione in corso è quella di smantellare il
welfare e costruire un modello che non potrà non essere contrastato
dalle organizzazioni dei lavoratori. In questo senso, il problema
non è soltanto l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori
ma una serie di tutele che hanno contrassegnato la legislazione
italiana negli ultimi quarant'anni.
Di fronte a questa situazione complessiva, sul piano interno
e internazionale, l'esigenza dell'unità delle opposizioni
è essenziale. Se in Parlamento e nelle piazze non faremo sentire
alla maggioranza parlamentare che non potrà compiere la duplice
operazione senza suscitare nel paese una protesta e una rivolta
morale e politica sempre più forte, le cose andranno avanti
verso una china sempre più disastrosa sul piano interno come
su quello internazionale. Ma è necessario anche, e su questo
punto dissento da quel che ha scritto Paolo Flores soprattutto
dopo aver visto il suo presentarsi come leader dei movimenti
senza che ci siano state elezioni democratiche fino a questo
momento, che i movimenti si diano un minimo di coordinamento
e istituiscano gruppi di lavoro per contribuire a delineare
il progetto culturale di cui abbiamo parlato finora.
Per questa ragione riteniamo di doverci incontrare da tutta
Italia a Castel San Pietro Terme, in provincia di Bologna
sabato e domenica 26 e 27 ottobre prossimi in uno spirito
fortemente unitario, democratico e costruttivo.
Noi ci auguriamo che al progetto pensino concretamente anche
i partiti del centrosinistra e apprezziamo le parole che a
questo riguardo ha detto il segretario dei Democratici di
sinistra, Piero Fassino, ma finora questo non è avvenuto e
sarebbe forse il caso che tra partiti e movimenti si creasse
una collaborazione sul piano politico e culturale, pur nell'ovvio
rispetto delle posizioni maturate quest'anno di fronte all'avvento
della destra.
Ha sicuramente ragione Paolo Franchi a scrivere che la sinistra
deve presentare un progetto agli italiani per superare l'egemonia
culturale conquistata dalla destra e questa mi pare un'esigenza
ormai matura, ma questo non esclude, mi pare, l'indicazione
dei gravi danni che il governo Berlusconi sta provocando all'Italia?
O bisogna far finta di nulla per essere riconosciuti come
riformisti affidabili?
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