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Movimenti un passo in più
di Nicola Tranfaglia

Con la riunione tenuta domenica a Bologna (56 rappresentanti di gruppi e associazioni provenienti da 15 città, da Torino a Palermo) i movimenti che hanno rappresentato il risveglio della sinistra di fronte a una maggioranza contrassegnata dagli interessi del suo leader e da un progetto di smantellamento della democrazia, si è aperta una fase nuova della battaglia politico-culturale nel nostro Paese.

Due novità hanno segnato la riunione bolognese e vale la pena comunicarlo a tutti quelli che si collocano nel centrosinistra e non vogliono aspettare la data fatidica del 2006 per proseguire la lotta contro il governo Berlusconi e il suo progetto di costruire, al posto della costituzione, un regime mediatico-autoritario che è già stato in buona parte costruito nel primo anno di potere.

Ai movimenti, in gran parte spontanei e autoconvocati, interessa anzitutto consolidare la rete nazionale che già in varie occasioni ha fatto sì che in più di venti città e in quasi tutte le regioni alcune manifestazioni per la libertà di informazione, per la scuola, per la giustizia assumessero un carattere nazionale e diffuso su tutto il territorio.

Non pensiamo a nulla che assomigli a un comitato centrale o a un coordinamento esecutivo: una delle caratteristiche iniziali che vogliamo conservare è proprio la partecipazione di cittadini che magari hanno abbandonato le urne da molti anni per un giudizio negativo sulle forze politiche in campo anche a sinistra o per una scarsa fiducia nelle troppe poche occasioni di far sentire la propria voce o anche perché hanno votato le volte scorse per centrodestra prima di verificare che ai programmi e alle promesse di Berlusconi non è seguita un'azione di governo lontanamente corrispondente a quelle parole.

Ma nella riunione bolognese si è discusso anche dell'esigenza sempre più forte di far seguire all'indignazione che nessuno di noi, a differenza di alcuno pseudo-riformisti, sarebbe indice di bassezza morale, un lavoro di riflessione e di elaborazione culturale e politica in vista di disegnare una carta programmatica utile alla coalizione che nei prossimi dovrà affrontare lo scontro con il centrodestra.

Il primo passo di questa elaborazione culturale sarà la stesura di una Carta dei movimenti che indichi i filoni di pensiero e di tradizione a cui vogliamo riferirci e che includono, a giudicare dai discorsi che abbiamo sentito, il cattolicesimo democratico, il pensiero liberale e democratico che si rifà tra l'altro all'esperienza di "Giustizia e Libertà" e di Carlo Rosselli, al socialismo che ha tratto la giusta lezione dai fallimenti del comunismo staliniano o cinese che sia e a tanti altri contributi che nell'Europa e negli Stati Uniti del secolo scorso hanno fissato princìpi importanti e anche nuovi per una sinistra che non voglia perdere la sua identità e non abbandoni i poveri e gli umili alle lusinghe e alle favole educolcorate della destra berlusconiana.

Sappiamo anche, peraltro, che, con l'attuale dittatura mediatica, non sarà facile far sentire la nostra voce e allora pensiamo a nuove iniziative nei prossimi mesi che cercheranno di parlare a quella parte dell'opinione pubblica del paese che è preoccupata per gli abusi costituzionali a cui stiamo assistendo da un anno e non intende arrendersi di fronte alla prepotenza del governo e di una maggioranza che sembra aver perduto (ammesso che l'abbia avuta prima) il senso di quello che deve essere una democrazia moderna.

Rispetto all'arma del referendum che resta tra le poche a disposizione della sinistra di fronte all'ampiezza della maggioranza parlamentare di cui dispone la Casa delle libertà, non c'è un pregiudizio negativo da parte nostra ma una certa indispensabile cautela sicuramente, anche perché non è ancora chiaro quale sia l'atteggiamento delle forze politiche che compongono l'opposizione parlamentare: si vuole percorrere davvero questa strada e con quali tempi, visto che la raccolta delle firme necessarie non è neppure iniziata. Si tratta, come si può immaginare, di un interrogativo importante e sarebbe utile, a mio avviso, che le forze raccolte nell'Ulivo allargato chiarissero al più presto i dubbi che su questo piano ancora permangono.

In questo momento c'è una prima scadenza rispetto al quale i movimenti non vogliono mancare e riguarda la legge delega sull'ordinamento giudiziario che ha provocato lo sciopero dei magistrati. La legge delega, per chi abbia voglia di leggerla con attenzione, rappresenta una seconda ferita gravissima per lo Stato di diritto dopo quella rappresentata dal conflitto di interesse aperto e dalla abnorme concentrazione delle televisioni e dei mezzi di comunicazione di massa giacché ridisegna l'organizzazione della giustizia nel nostro Paese sottoponendo i giudici alla maggioranza parlamentare e al potere esecutivo e a un edificio piramidale in cui la Corte di Cassazione decide tutto quello che riguarda la progressione di carriera dei magistrati svuotando completamente delle sue funzioni l'organo di autogoverno dei giudici, cioè il Consiglio Superiore della magistratura. È di ieri una nuova dichiarazione di Berlusconi e del suo ministro Castelli che non fa un passo indietro e mostra con chiarezza che le pretese aperture al dialogo erano pura apparenza.

Crediamo che, al di là delle posizioni politiche, chiunque abbia a cuore la difesa della Costituzione repubblicana e dello Stato di diritto debba partecipare alle decine di dibattiti e di manifestazioni che si svolgeranno in Italia a partire da oggi e che vogliono far capire all'opinione pubblica il significato di una lotta che una volta tanto non è corporativa ma si preoccupa delle conseguenze che, oltre che sui giudici, su tutti i cittadini si rovesceranno se il progetto berlusconiano andrà avanti.

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